Operette umorali
()
Info su questo ebook
Leggi altro di Roberto Ritondale
La città senza rughe Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl sole tra le mani Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa luna dei sogni Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Correlato a Operette umorali
Ebook correlati
Circonferenza del cuore Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniStorie dal peso leggero Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCome un riccio nelle mutande Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMa non chiamiamolo amore Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniRitrovarsi a New York Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa notte della Strige Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIo, il mostro Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniQuattro zampe nel cuore Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniUomini su Carta - Volume uno Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniFantascientifico Vol.2 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSono rimasta sola con la mia immaginazione Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl grande bang Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniThe Blue Goose, La spilla Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniBrevi pensieri o ricordi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAngelina del Faro Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTu con me Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSegreto di madre: Parole nascoste di un amore infinito Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe forme del silenzio Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniVincere la vita Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAlone. Racconti: a cura di Paolo Alberti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniPer un bell'abito Olga perse le penne Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniInnocenti Spiriti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDa quel momento in poi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniPolvere di fata Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLacrime di legno Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniNarciso Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGli aquiloni sono pazzi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniINCUBI: Dodici microstorie nel mondo del bizzarro, del terrore e dell’ignoto. Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniBlu Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAnche simpaticamente Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Narrativa generale per voi
La tomba e altri racconti dell'incubo Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Il maestro e Margherita Valutazione: 4 su 5 stelle4/5I fratelli Karamazov Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa Divina Commedia: edizione annotata Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Confessioni di uno psicopatico Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Il piacere Valutazione: 3 su 5 stelle3/5Tutti i romanzi, le novelle e il teatro Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Alla ricerca del tempo perduto Valutazione: 5 su 5 stelle5/5L'idiota Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Ulisse Valutazione: 4 su 5 stelle4/5I Malavoglia Valutazione: 4 su 5 stelle4/5La coscienza di Zeno Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Il Diario di Anne Frank Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Faust Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCome uccidere la tua famiglia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTutti i romanzi e i racconti Valutazione: 4 su 5 stelle4/5I demoni Valutazione: 4 su 5 stelle4/5L'isola misteriosa Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGiallo siciliano Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl ritorno di Sherlock Holmes Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMadame Bovary e Tre racconti Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Tutti i racconti, le poesie e «Gordon Pym» Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Le affinità elettive Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Tutte le fiabe Valutazione: 4 su 5 stelle4/5La luna e i falò Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa mia vendetta Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa metamorfosi e tutti i racconti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniRacconti dell'età del jazz Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniConfessioni di un prof Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTradizioni di famiglia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Recensioni su Operette umorali
0 valutazioni0 recensioni
Anteprima del libro
Operette umorali - Roberto Ritondale
UMORE SPERANZOSO
ALADINO
I virus sono pericolosi, spesso serve un vaccino. Ma questo virus è il peggiore di tutti: troppi morti e nessuna soluzione. Perché nessuno la trova.
Nessuno la vuole trovare.
No, non sono matto. Parlo con cognizione di causa. Sono un medico e da anni combatto in prima linea negli ospedali di frontiera. Ho visto morire tante persone e ancora non mi abituo allo sterminio.
Tra poco arriva Miguel, puntuale come sempre. È un genetista spagnolo che si occupa di biotecnologie applicate all’agricoltura. Ha uno sguardo triste, con quegli occhi che galleggiano nella malinconia. Ci siamo conosciuti qui al centro pediatrico di Mayo, in Sudan, dove offriamo cure gratuite ai bambini. Io da medico, lui da volontario.
La settimana scorsa, durante una pausa, mi ha detto in gran segreto della sua idea per sconfiggere il virus e io gli ho dato ascolto. Mi ha convinto con la sua enfasi da scienziato visionario. E così ho fissato quest’incontro, a cui ho invitato anche Anne. È un’infermiera norvegese che di scandinavo ha poco: è chiacchierona, ha i capelli rossi quasi fosse un’irlandese e si appassiona alle cose del mondo come neanche un’italiana. A pelle, mi sembra la persona giusta da imbarcare nell’impresa. E poi sento che ha doti straordinarie, di cui neanche lei è pienamente consapevole. Mi ha informato che verrà con Miguel.
Bussano alla porta, li accolgo sull’uscio.
Li faccio entrare nella mia casa a pianta circolare. Casa di argilla e paglia.
«Ti vedo sempre più pallido, Lucio.» Miguel mi saluta con uno dei suoi sorrisi malinconici. «Dovresti uscire un po’ più spesso dal tucul.»
«Fuori fa troppo caldo.» Gli porgo una tazza di chai saada, una specie di tè nero. «E il caldo non mi piace.»
«Hai scelto il posto sbagliato» ride, strizzando l’occhio complice.
«Ne vuoi anche tu?» dico ad Anne.
«Non ce l’hai, un bel caffè?»
«Chawa. Lo chiamano chawa, qui…» Fingo un tono pedante. Intanto lo preparo.
Ci sediamo intorno a un tavolino traballante e sorseggiamo con calma le nostre bevande calde. Fuori la luce si sta attenuando: sembra più morbida e accogliente, questa sera.
«Ieri mi è morto un bimbo fra le braccia» dice Miguel senza riuscire ad alzare gli occhi, appesantiti da un senso di colpa senza fondamento. Un senso di frustrazione.
«È arrivato troppo tardi. Nessuno avrebbe potuto salvarlo» lo consolo.
«Certo, nessuno…»
«Dannato virus» sospiro.
«Ma il vaccino per questo virus lo conoscono tutti. Com’è possibile che…»
«Di cosa state parlando?» interviene Anne. Ha sempre un sorriso pieno che le danza fra le lentiggini. Adesso, però, quel sorriso è un po’ obliquo.
Sono consapevole che tocca a me risponderle. Lo faccio. «Stiamo parlando del virus più letale al mondo: la povertà. E del vaccino più semplice, eppure più difficile da procurarsi, almeno qui: il cibo.»
L’infermiera norvegese annuisce e poggia sul tavolino la sua tazza di chawa.
«È la seconda volta in tre giorni che un bambino mi muore fra le braccia» dice Miguel. «Non possiamo restare impassibili. Non ce la faccio, non ce la posso fare.»
Gli chiedo di svelare anche ad Anne la sua idea. E allora lui si strappa di dosso la malinconia e comincia a parlare, infervorato. La genomica, dice, offre grandi opportunità per selezionare piante più produttive e resistenti alle malattie. La ricerca, si accalora, consente di selezionare coltivazioni migliori dal punto di vista nutrizionale e capaci di superare il problema della siccità.
La donna con le lentiggini all’inizio si mostra scettica, teme si parli di organismi geneticamente modificati.
«E anche se fosse?» replica Miguel. «Cos’è peggio: modificare il dna delle patate e del mais, o lasciar morire di fame milioni di persone?»
Io non intervengo, il genetista spagnolo mi ha già conquistato. E sono certo che riuscirà a convincere anche Anne.
«Cosa serve?» chiede alla fine la norvegese.
«Un piccolo investimento» rispondo io. «E una persona che si occupi a tempo pieno e con passione del progetto. Per i soldi, sono pronto a donare tutto quello che ho. In quanto alla passione… Per quella ho pensato a te, Anne. Ne hai tanta, che il progetto non può fallire.» Faccio silenzio, scruto la sua reazione. «Resta un solo problema.»
«Quale?» domanda Miguel, perplesso.
«Dobbiamo trovare un nome al progetto…» sorrido.
«Aladino. Progetto Aladino» dice lui di getto.
«Mi sembra una buona idea. Come il ragazzo della lampada…»
«Non il ragazzo.» Abbassa il capo. «Come il bambino che ieri è morto fra le mie braccia.»
Ne parliamo ancora a lungo. Ipotizziamo scenari, scriviamo su carta una lista di persone da coinvolgere, di altri potenziali finanziatori, degli enti da contattare. Analizziamo gli aspetti logistici e quelli burocratici. Ci ripromettiamo che daremo tutti il massimo, ognuno per la sua parte.
Fuori è buio, eppure qui dentro c’è tanta voglia di luce.
Ci salutiamo, alla fine.
«Non sono sicura che tutto questo funzionerà» dice Anne con un sorriso obliquo. «Ma ci metto il cuore.»
La stringo a me. «Allora ce la faremo. Basterà.»
Sciolgo l’abbraccio e la guardo negli occhi. Altrove, in un altro mondo, me ne sarei innamorato.
Non qui. Non ora.
«Abbi cura di te» mi dice. E mi bacia una guancia.
«Esci, Lucio. Esci più spesso» mi saluta Miguel. «Sei troppo pallido.»
«Non preoccuparti per me» lo rassicuro.
Lui non lo sa, e in fondo neanch’io lo so, quanto mi lascerà vivere l’anemia falciforme che mi sta divorando.
Per questo, anche per questo, non voglio più sprecarla, la mia vita.
Anche per questo ho fretta, ho voglia di darle un senso. E non posso attendere all’infinito un genio della lampada.
Sprecarsi, mi dico, è offendere se stessi, e tutti quelli che ci chiedono aiuto.
MI È PARSO DI CAPIRE
1
A parte una lieve imprecisione, oggi mi sento in forma. Mi sono pure fatto sentire da chi mi tiene prigioniero. Ho protestato. Non voglio più stare in isolamento, ho bisogno di un contatto, uno spiraglio che mi permetta di affacciarmi alla vita. Non potevano mettermi qualcuno, qui di fianco?
Fortuna che mi è possibile ascoltare qualche voce, di tanto in tanto. Voci lontane: a volte impercettibili, altre volte più chiare. Ma sempre attutite da questa barriera che mi separa dal mondo.
Oggi ho sentito parlare di un mio antenato. Anche lui ha conosciuto gli stenti che soffrono tutti i prigionieri. A Parigi si guadagnava da vivere pulendo automobili con l’acqua ghiacciata. Lavorava insieme a un tale Sandro. Pertini, Sandro Pertini, mi è parso di capire. Guadagnavano pochi franchi a testa e conducevano una vita miserabile. Influenzato da quel tipo, il mio bisnonno diventò socialista e appena tornò in Italia lo arrestarono. Cospirava. Non so bene cosa voglia dire, comunque doveva essere un comportamento cattivo.
Ma io? Qual è la colpa che mi obbliga a restare chiuso in questo spicchio di buio che sembra senza fine? Io sono innocente, un’anima innocente. Eppure sto rinchiuso in una gabbia.
L’unica consolazione è la salute: sono davvero in forma, l’ha detto persino il medico. Anche se mi sento dentro una lieve imprecisione.
Suggestioni. Nulla è perfetto, mi è parso di capire.
2
Oggi mia madre mi ha scritto. Una lettera tanto lunga quanto toccante, dannazione. Mi ha detto che sono la sua vita, sono il senso che illumina i suoi giorni.
Mio adorato Matteo,
Quando finalmente potrò vederti, il cuore batterà all’impazzata e le lacrime scioglieranno il mio rimmel e le mie paure. Non so se avrò la forza di guardarti subito negli occhi, e non so se tu avrai il coraggio di affrontare subito il mio sguardo. Ma, quando io troverò la forza e tu il coraggio, i nostri occhi si incroceranno e si scambieranno messaggi d’amore. Sei la mia vita, Matteo. Sei il senso che illumina i miei giorni, che rende meno amaro l’atteggiamento ostile di tuo padre. Per questo confido nel tuo arrivo, Matteo: la tua presenza sarà fonte di gioia, condivisione pura. Riscoprirò la voglia di famiglia. Scalfiremo i muri che ci separano e scolpiremo nella memoria quelle emozioni che avvicinano per sempre. Non puoi immaginare quante volte ti ho sognato, dando forma alla mia immaginazione, cullando le mie speranze. Ogni passo, lo compio incollata al pensiero di te. Ogni sospiro è un alito di cielo sgombro di nuvole in cui lasciarti libero, libero di volare.
Non vedo l’ora di abbracciarti stretto stretto e di strapazzarti, Matteo. Ti adoro. Ti aspetto.
La tua mamma Dora
Abbracci? Strapazzi? Lacrime miste a rimmel? Sarà meglio restare qui al sicuro, mi è parso di capire.
3
Mia madre ha preso appuntamento, il ginecologo ci aspetta per le sei del pomeriggio. Gli chiederò un favore: farmi uscire il prima possibile da questo imbuto nero. Anche se ammetto che l’ultima notizia appresa mi ha rincuorato: la prigionia finirà tra circa cinque mesi. Sono più o meno a metà del cammino. Un altro po’ e la mia mamma mi darà alla luce. E io scoprirò i colori e cosa vuol dire piangere e sorridere, imparerò a nutrirmi facendo a meno di un cordone che si spezza.
Forse questo nido mi mancherà. È il destino dell’uomo, mi è parso di capire: rimpiangere ciò che è stato e che non torna più.
Ma davvero ricorderò con nostalgia la mia galera amniotica? Per ora non ci credo: è troppo grande la curiosità di conoscere i volti cui appartengono le voci che ascolto, sempre più familiari. E poi voglio guardare in faccia quel pazzo di mio padre. Lui di solito non parla, grida. Alza così tanto e così spesso il volume delle sue conversazioni che mi verrebbe voglia di prendere le estremità del mio cordone e tapparmi le orecchie. Ma si può? Grida quando dormo, grida quando mi sveglio, grida quando mia madre coccola me e la luna. E poi dicono che i bambini nascono già stressati… È naturale! Io non ho un attimo di tregua, da mattina a sera.
Ma come ha fatto a sposarlo, mamma Dora? Sarà stata costretta, da un voto alla Madonna o da un ricatto del demonio. Perché ha un diavolo per capello, mia madre, e una santa pazienza.
4
Sono felice, riesco a distinguere sempre meglio le voci che attraversano la pancia di mia madre. Credo che avrò un udito straordinario. E sono felice anche perché oggi non ho sentito le urla di mio padre, ma la dolcezza inusuale di un tenero signore.
«Dora, sei più luminosa del solito» ha detto quel signore. «L’espressione del tuo viso diventa sempre più dolce con il passare dei mesi.»
«È vero, Carlo, ogni mese mi sento più bella.»
«Sembri anche più giovane.»
«Giovane… Non prendermi in giro, adesso.»
«Non hai ancora quarant’anni.»
«Ne ho trentanove, Carlo. Manca soltanto un anno. E mi manca il tuo amore.»
«Io non ho mai smesso di amarti.»
«Ma ora mi ami di un amore universale…»
«L’Universo è dentro di te, adesso che porti in grembo il mistero della vita.»
«E se questo figlio fosse tuo?»
«Sarebbe un dono meraviglioso…»
«Fammi un regalo, Carlo. Toccami la pancia.»
Ho provato una strana sensazione. Mi è sembrato quasi che il signore accarezzasse me, ho avvertito un brivido di gioia. Nessuno aveva mai coccolato in questo modo il ventre di mia madre. Nemmeno quel villano di mio padre, che domani non potrà