Total Risk: Creare valore dalla gestione dei rischi
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Partendo dalle definizioni e dai concetti principali che sono alla base del risk management, l'Autore accompagna il lettore in un interessante viaggio alla scoperta di una delle materie più attuali del XX secolo: la gestione dei rischi ed il miglioramento continuo.
Nel corso del viaggio sarà entusiasmante scoprire che esistono schemi vincenti sperimentati dai manager di successo, alla guida delle più importanti società del mercato mondiale e che possono essere applicati fin da subito da ogni imprenditore, "uomo chiave" di un'azienda moderna.
Non è necessario possedere una cultura economico-giuridica per affrontare gli argomenti descritti nell'opera. È sufficiente avere la giusta motivazione per apprendere i segreti del "risk based approach", il metodo che permette ogni giorno a migliaia di imprese di successo nel mondo di influenzare il mercato e di ottenere risultati eccellenti correndo pochissimi rischi, quasi sempre calcolati.
Nel libro sono descritte, con dovizia di particolari, le opportunità insite nelle diverse aree di esercizio aziendale che spesso, a causa di una mancata pianificazione e e di uno scarso controllo, non si concretizzeranno mai. L'Autore illustra un metodo per consolidare processi virtuosi e per standardizzare le azioni di miglioramento continuo affinché nel tempo si elevi il livello della qualità di tutti i processi e conseguentemente dell'intera organizzazione.
Un libro che promette un'applicazione immediata, pagina dopo pagina, dei contenuti descritti; uno strumento indispensabile per gli imprenditori moderni, stretti tra la morsa della burocrazia e la competitività globale con la quale sono chiamati a fare i conti ogni giorno. Un manuale ove ogni singolo processo descritto può determinare il successo delle proprie idee ed il raggiungimento dei principali obiettivi strategici.
Non un saggio dunque, non eccessivamente teorico; bensì un manuale d'uso della propria azienda e delle proprie risorse, utile a sbloccare il potenziale, proteggersi dai rischi e puntare diritti al successo.
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Anteprima del libro
Total Risk - Roberto Grattacaso
Introduzione
La consapevolezza nella percezione del rischio
Parlare di percezione del rischio nelle Piccole e Medie Imprese (PMI) è un compito arduo quanto importante per l’andamento funzionale delle stesse. Sono più di venti anni che mi relaziono con imprenditori, decision maker e altre figure che occupano un ruolo chiave per la sopravvivenza di un’azienda, e ho imparato a comprendere come il rischio sia percepito molto spesso in modo soggettivo e strettamente correlato a quelle che sono le esperienze e la cultura personale e aziendale.
Le dinamiche interne, poi, cambiano in base alla realtà in questione, e ogni organizzazione, in rapporto al concetto di gestione del rischio, si dimostra come un’entità liquida e intangibile, perché è fatta di persone che hanno conoscenze, abilità e dimestichezza diverse, con le criticità che possono presentarsi di volta in volta, specifiche per ogni settore in cui si sta operando.
Le più moderne dottrine sulla gestione delle risorse e sull’organizzazione del lavoro dichiarano che la cultura aziendale è in primis patrimonio e responsabilità del decision maker, il leader. È lui il custode dei valori chiave della comunità del lavoro e a lui spetta il compito di diffonderne i principi cardine; ed è soprattutto a lui che voglio rivolgermi in questo libro.
Perché parlare all’imprenditore e non all’impresa in quanto organizzazione complessa? Perché l’impresa beneficia dei servizi esplicitati dall’azione di risk management, ma chi prende le decisioni deve essere completamente consapevole dei rischi ai quali è esposta l’organizzazione che egli rappresenta, e di cui ne è gerarchicamente responsabile, e deve altresì poter prevedere in anticipo gli eventi che possono pregiudicare il successo della sua impresa.
Tra gli altri compiti dell’uomo chiave vi è quello di essere il tramite che conduce una visione del rischio ai propri dipendenti e collaboratori. È la figura cui spetta il compito di costruire l’imprinting culturale in ogni singolo membro dell’organizzazione.
Certo, ogni società ha una storia unica e non è affatto semplice parlare di cambiamento, di nuovo approccio, là dove certe procedure che possono esporre l’azienda a diverse tipologie di rischi sono divenute oramai routine. E, dalle mie recenti esperienze, è emerso che il settore merceologico, l’età e il momento storico della società non sono elementi determinanti per il successo di questa tipologia di intervento strutturale. La vera differenza è determinata dalle persone e dalla loro capacità di adattarsi a una nuova dimensione di organizzazione. Posso altresì affermare che uno dei motori
principali del cambiamento è la consapevolezza dello stato delle cose. Spesso si ha la sensazione che qualcosa non stia andando nel verso giusto e che i processi in uso siano inefficienti, pericolosi, non conformi; ma non si ha una visione chiara di quanto e cosa si possa davvero fare per migliorare lo stato delle cose. Bene, è proprio quello il momento migliore per intervenire, in presenza di un’esigenza nemmeno tanto latente ove la consapevolezza del problema ha generato curiosità per le soluzioni possibili e motivazione al cambiamento. In questo preciso momento si è rivelato più semplice intervenire. È solo a questo punto che l’esperienza, formatasi nella pratica quotidiana, si è rivelata la chiave più importante; è stata ciò che mi ha permesso, man mano che trascorrevano gli anni e costruivo il mio personale metodo per la consulenza nei rischi, di adattarmi alle diverse situazioni aziendali che mi si presentavano e di approcciarmi così al lavoro in un modo unico ma replicabile, attraverso uno dei più grandi doni che la vita mi ha concesso: l’empatia.
Calare teorie dall’alto appartiene ai guru
della comunicazione, agli opinion leader internazionali. La loro personalità, la loro storia, ancorché elementi intangibili, rappresentano oramai icone che difficilmente si possono rifiutare e confutare.
Un consulente aziendale, un risk manager, nonostante gli anni di esperienza e qualche significativo successo, non può che far leva sulla propria disponibilità all’ascolto, sulla capacità di immedesimarsi nelle varie controparti, provare le loro stesse sensazioni, insicurezze, disagi e provare a invertire il verso, ma soprattutto non può che far leva sulla capacità di intuire il momento giusto
.
Trasferire un metodo
, far rifiorire la motivazione
, stabilire le regole
dei processi e condividere la disciplina
necessaria alla costante applicazione del nuovo approccio:
Questi sono gli ingredienti
essenziali del lavoro di un risk manager, dopo una prima fase di analisi, studio e condivisione delle difficoltà e delle esigenze. Ovvero, dopo aver costruito la consapevolezza necessaria a predisporre l’intera organizzazione al cambiamento.
È vero, infatti, in senso più ampio, che in alcune organizzazioni più complesse, il decision maker non coincide con l’imprenditore. Un corretto sistema di deleghe, mansioni e centri di responsabilità può individuare nella figura del CFO, del CEO, del Direttore amministrativo, del Direttore legale, o altre figure di responsabilità, il decision maker. Nel nostro Paese esistono migliaia di aziende di natura familiare. È cosa nota che questa caratteristica, tipica del tessuto socio-economico prima ancora che imprenditoriale, ha determinato più volte la tenuta
del nostro modello nei momenti di crisi, rappresentando in epoche più favorevoli una delle forze motrici determinanti per lo sviluppo dell’economia italiana.
Tuttavia, se da un lato è indiscutibile che le aziende familiari abbiano nella motivazione, nella loro storia, nel loro brand
, gli asset intangibili dal valore incommensurabile, è altrettanto possibile che, a un certo punto della loro vita, esprimano limiti di managerialità, di organizzazione, di scarsa reattività alle sollecitazioni positive e negative del mercato, fattori che possono esporre a seri rischi di stallo, di crisi o addirittura di fallimento.
Ho notato, tra l’altro, nel corso della mia esperienza, che, in taluni casi, alla crescita lineare o esponenziale del fatturato non ha coinciso la crescita dei margini operativi e, più in generale, dei profitti. L’organizzazione non solo non ha saputo sfruttare il sacrosanto principio della generazione delle economie di scala
, ove al crescere del fatturato ci si aspetterebbe una migliore distribuzione dei costi operativi; ma, addirittura, ha generato ulteriori costi, diretti e indiretti, per tamponare le falle organizzative, la disorganicità delle procedure e, talvolta, l’inaffidabilità del prodotto. Tutte conseguenze di uno scarso controllo dei processi, di una limitata visione sistemica e, più in generale, come anzidetto, di una mancanza di managerialità.
Contribuire a evitare di incorrere in questi rischi e aumentare la consapevolezza circa gli scenari possibili, partendo dall’analisi dello stato soggettivo nel quale l’azienda si trova in un determinato momento storico, è la ragione del mio impegno professionale e il motivo principale per il quale nasce questo libro.
In sintesi, diffondere la mia professione è il modo migliore per dare più valore alle aziende.
Discutere di risk management con chi non ne ha mai sentito parlare o che, con molta probabilità, non vi ha dato peso nel tempo perché si è legittimamente dedicato alle attività core
della propria impresa, diventa tuttavia un’opera oratoria impegnativa.
Il risk management è composto da un’infinità di sfumature e competenze, accompagnate da