Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Doppio controllo
Doppio controllo
Doppio controllo
E-book266 pagine4 ore

Doppio controllo

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Eric Belanger, giocatore di hockey professionista non dichiarato, è innamorato cotto di un modello orgogliosamente gay. Incapace di resistere al suo fascino, supera i propri limiti, cosa che non avrebbe mai immaginato di fare. Ma Dorian è il tipo di ragazzo che merita qualcuno che non abbia paura di essere se stesso. Tuttavia, i timori di Eric riguardo le conseguenze che il coming out potrebbe avere sulla sua carriera non si conciliano con il futuro che spera di costruire con Dorian. È consapevole che alla fine dovrà fare una scelta.

Dorian Carlisle sa bene che non è il caso di frequentare un uomo che vuole tenerlo nascosto, ma c’è qualcosa in Eric che non riesce a ignorare. Decide, quindi, di correre il rischio e di godersi questa relazione perché non durerà per sempre. È felice di vivere il momento. Ma a un certo punto, in qualche modo, i sentimenti si insinuano in lui e tutto cambia. Arrivato al punto di non ritorno, anche Dorian deve prendere una decisione. Il tempo trascorso insieme sarà l’inizio di qualcosa di meraviglioso o niente più di un ricordo felice?
LinguaItaliano
Data di uscita30 mar 2022
ISBN9791220702652
Doppio controllo

Correlato a Doppio controllo

Ebook correlati

Narrativa romantica LGBTQIA+ per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Doppio controllo

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Doppio controllo - Meg Harding

    1

    Dorian non sa come, ma il suo nome è stato segnalato per una linea di abbigliamento invernale da pubblicizzare su alcune riviste sportive, quindi ora si trova su un set nel centro di New York City con cinque mastodontici giocatori di hockey. Alcuni di loro sono dannatamente attraenti e la maggior parte non sono americani. Ammette di avere un debole per gli accenti stranieri e la cosa lo distrae un po’.

    Suo fratello, Jackson, si strofina il naso. Dorian distoglie lo sguardo dall’alto ragazzo europeo che sta parlando con l’altrettanto slanciato franco-canadese, il quale si è tolto la maglietta mettendo in mostra l’addome. Pagherebbe per poterlo leccare. Strizza gli occhi imitando l’espressione del fratello e ricambia il suo sguardo giudicante. Non riesce a credere che Jackson abbia accettato questo lavoro. Non è già abbastanza grave che il più delle volte debba lavorare con Denver, il suo gemello?

    «Perché mi guardi così?» chiede, ma il suo sguardo si sta già spostando verso i ragazzi. Non può farci niente. È naturalmente predisposto ad apprezzare le cose belle.

    «Sto cercando di truccarti e mi stai rendendo il compito difficile. Smettila di guardare i giocattoli che non puoi toccare e guarda me.» Jackson gli afferra il mento, gli fa inclinare la testa e brandisce l’eyeliner con l’altra mano come se fosse un’arma.

    Dorian mette il broncio sporgendo il labbro inferiore. «Come fai a dire una cosa del genere? Potrei toccarli.» Nei miei sogni.

    Jackson gli rivolge un’occhiata severa, il che è ridicolo visto che ha un anno in meno di lui. Dovrebbe essere Dorian a intimidirlo con lo sguardo come farebbe un genitore. «Tieni le mani a posto. Gli atleti professionisti non sono mai una buona idea. Adesso apri gli occhi e non sbattere le palpebre.»

    Non lanciare occhiate furtive ai giocatori di hockey mentre si vestono e si truccano richiede molto autocontrollo. E, beh, lui non ce l’ha. Così fa in modo di dare una sbirciatina o due. L’intero processo prevede di mettere e togliere un sacco di vestiti, muscoli che si contraggono e guardare gli stilisti che passano le mani tra capelli bellissimi. È come essere in un negozio di dolciumi e sentirsi dire che non puoi mangiare niente. È così ingiusto.

    Dorian può elencare sulle dita di una mano ciò che conosce sullo sport, perlopiù informazioni sull’aspetto delle palle e la loro finalità generale: fare goal. Non è che non sia interessato, beh, okay, non lo è; semplicemente, la sua capacità di focalizzare l’attenzione sull’argomento è limitata. Ha svolto diversi lavori con molti atleti, sia maschi che femmine, e i loro sport gli sono sempre sembrati abbastanza interessanti ogni volta che gliene parlavano. Per lui, pertanto, il tutto si traduce in una mancanza di passione verso quel mondo.

    Il suo disinteresse di solito non è un problema, ma gli atleti sono una categoria peculiare e a volte questo rende difficile lavorarci insieme. Hanno difficoltà a capire che i servizi fotografici non ruotano intorno a loro. Ruotano intorno alla visione del fotografo. E a quella dello stilista. Significa servire a uno scopo. E poi ci sono occasioni in cui è come se parlassero un’altra lingua.

    Come in questo momento.

    Tutti i ragazzi sembrano conoscersi, non hanno problemi a interagire tra loro e a darsi pacche sulle spalle. Dorian si sente tagliato fuori, non conosce l’altro modello presente sul set e si chiede quale sia lo scopo di avere due persone dalla corporatura minuta. Forse per indossare i vestiti di taglia più piccola. Altrimenti, avrebbe avuto più senso usare soltanto o giocatori di hockey o modelli. Ma non importa.

    Una volta truccato, indossa il primo outfit della giornata: pantaloni da sci pesanti e un parka enorme con un cappuccio di pelliccia bianca. Sembra un marshmallow, e sul set porta più vestiti di chiunque altro.

    Uno dei ragazzi, un gigante alto un metro e novantacinque con una criniera di capelli biondi, occhi blu scuro e una cicatrice che gli attraversa il sopracciglio sinistro, gli urta la spalla quando gli si avvicina. Con tutti quegli strati addosso, Dorian non avrebbe avvertito il colpo se non lo avesse quasi fatto cadere.

    «Ehi,» esordisce il ragazzo, l’accento svedese che quasi avvolge le parole. «Sei il tipo dello spot dei jeans?»

    Dorian sbatte le palpebre e lo fissa a bocca aperta per la sorpresa. «Ehm...» Ha fatto un sacco di spot e annunci pubblicitari per i jeans. «Forse?» Si schiarisce la gola. «Probabilmente.» Oh, che gioia. Ha perso la capacità di pronunciare più di una parola alla volta.

    «Penso di sì. Ne ho un paio. Sono belli.»

    «È… un bene?» Il ragazzo può anche sembrare un dio, ma le sue capacità di conversazione sono un po’ carenti.

    Anche se non ha davvero bisogno di quelle abilità per ciò che vorrebbe fargli…

    «Guarda che stai monopolizzando il modello, Nicco. Stai cercando di sembrare meno stupido di noialtri?» Il ragazzo che si avvicina è a torso nudo, indossa solo dei leggins neri e aderenti in pile. Non parla con accento straniero, ma ha un bellissimo volto con i lineamenti marcati e i capelli neri ricci. Forse è più basso di Nicco di un paio di centimetri e, quando si avvicina, Dorian nota che il suo occhio sinistro è blu mentre il destro è marrone.

    Il ragazzo colpisce Nicco con l’anca e lo fissa. Con intensità. Dorian vorrebbe muovere un passo verso di lui e sente le farfalle nello stomaco svolazzare. Lasciamo perdere Mister Svedese, questo tipo è tutta un’altra cosa. «Stai dando a questo tizio dei consigli su come non sembrare un idiota? Non so se è possibile, amico.»

    E all’improvviso Dorian si ritrova circondato da giocatori di hockey che gli chiedono se questa o quella espressione sia attraente, ed è evidente che si sono applicati un tocco di mascara. E, wow, si sente quasi un truccatore. Uno gli chiede se può tradurre i suoi suggerimenti in metafore attinenti all’hockey e non sa neanche cosa intenda dire. Dovrebbe suggerire loro di sorridere come se avessero appena fatto qualcosa di buono con il disco? Segnato un goal? Ecco fin dove arriva la sua conoscenza dell’hockey.

    In tutta onestà si sente sopraffatto, nonostante lavori tutti i giorni con persone bellissime. Ma i modelli di solito non si comportano in quel modo e in genere non li trova sessualmente attraenti. Non è un uomo basso, ma rispetto a questi ragazzi si sente piccolo. Deve alzare lo sguardo, e poi perché così tanti di loro non indossano le magliette? È un set invernale. Non è realistico che non siano completamente vestiti. Sorride a denti stretti e con grande sforzo cerca di non lanciare occhiate a pettorali e addominali che sembrano appartenere a corpi ritoccati con Photoshop.

    È ben consapevole di non poter rivolgere a questi ragazzi alcune delle sue solite battute. Trovare un modello interessato a qualcuno dello stesso sesso è come trovare il fieno in un pagliaio. Trovare un atleta interessato a qualcuno dello stesso sesso è come trovare il classico ago. Meglio non cercare.

    «State tutti benissimo. Il fotografo vi dirà cosa fare con le vostre espressioni.»

    Jackson comprende il suo imbarazzo perché un minuto dopo si fa strada raggiungendoli per poi mettergli un braccio sulle spalle. «Sei popolare oggi.» Tende la mano al ragazzo dai capelli ricci. «Mio fratello è un tuo grande fan. Non questo,» indica Dorian, «ma l’altro. Ritiene che presto sarai richiamato per giocare nella NHL.»

    L’altro sbatte le palpebre, stringe la mano di Jackson e curva le labbra morbide in un sorriso compiaciuto. «Ringrazialo da parte mia. Quello è il piano.»

    Jackson sorride. «Lo farò. Ti dispiace se prendo in prestito Dorian? Angie ha bisogno di rivedere alcune cose con lui.» E lo trascina via.

    Dorian aspetta che siano fuori portata d’orecchio per chiedergli come ha fatto a riconoscere il ragazzo dai capelli scuri. «Qualche volta Aaron guarda l’hockey dell’AHL. E sono andato alle partite con James. È innamorato di lui, il che è piuttosto ironico dal momento che odia la sua squadra di affiliazione nella NHL. Ma penso che abbia solo una cotta.»

    Dorian può senz’altro capirlo. Lui stesso è a metà strada dal prendersi una sbandata. Si guarda alle spalle. Il ragazzo alza lo sguardo e sorride quando nota che lo sta guardando. Le farfalle nel suo stomaco iniziano a ballare. Gli risponde con un sorriso e si gira in fretta prima di rendersi in qualche modo ridicolo. «Come si chiama?»

    «Eric Belanger. Gioca per gli Scranton Wild Dogs.»

    «È davvero…»

    «Non dirlo.»

    Dorian gli dà una gomitata. «Ardente. Ardente. Ardente. Come un fuoco.» Agita le sopracciglia in modo odioso.

    Jackson geme. «A volte sei proprio un cretino.»

    «Sempre.»

    Jackson lo tiene occupato finché non viene chiamato sul set insieme a tutti gli altri. Dorian sa che è solo protettivo perché è un fratellino strambo. Gli atleti non rappresentano la strada migliore da percorrere. Dorian lo sa. Lungo quella strada non c’è altro che dolore. Un cuore spezzato in un bel pacchetto chiuso con un fiocco...

    Eric lo affianca e insieme guardano Nicco posare per alcuni scatti. Davanti all’obiettivo sembra a disagio, il suo sorriso è forzato e gli arti sono in contrasto con il resto del corpo. Dorian non riesce a non irrigidirsi un po’ quando il braccio di Eric sfiora il suo, è da molto tempo che non si sente così nervoso. «Guardi le partite di hockey?» gli chiede l’altro.

    Dannazione. Dorian sbatte le palpebre e si muove inquieto. Questa risposta non gli farà fare bella figura. «Ehm, no. Scusa.»

    «Ah. Beh... Abbiamo una partita stasera. Potrei procurarmi i biglietti per te e i tuoi fratelli, se vuoi. Potrebbe piacerti.» Lancia l’offerta in modo disinvolto e indifferente.

    In quel momento Dorian non è sicuro di cosa stia succedendo. Ci sta provando? Il ragazzo è davvero amichevole? A quanto ne sa l’AHL è una lega minore. Forse non hanno abbastanza persone che assistano alle partite. «Vuoi che venga alla tua partita?»

    Eric scrolla le grandi spalle nude e nel movimento i suoi pettorali ondeggiano. Sembra noncurante e un po’ annoiato da ciò che lo circonda. Dorian non sa cosa pensare di lui.

    «Tuo fratello pensa che passerò alla NHL.»

    Sente lo stomaco sprofondare un po’ per la delusione, non può aiutare quella piccola parte di lui che ha creduto che ci stesse provando e si è eccitata, ma James lo ucciderà se rifiuta i biglietti. «Ah, okay. Sì, certo. Sarebbe fantastico. Sarà super felice.»

    «Dorian, Eric,» grida la fotografa, Angie McKell, senza neanche alzare lo sguardo dalla macchina fotografica. «Potete venire qui fuori con Nicco? Eric a sinistra, Dorian seduto su quella roccia.»

    Questo è ciò che fa Dorian per vivere ed è bravo. Dimentica quanto siano attraenti le persone intorno a lui e smette di pensare al fatto che Eric desideri che suo fratello vada a vedere la partita. Si concentra sui muscoli e su come li muove, sul volto, sulla bocca e su quanto sono spalancati gli occhi. È profondamente consapevole del suo corpo, mentre cerca di soddisfare i desideri creativi di Angie.

    Non pensa a niente fino a quando il servizio fotografico non è finito, poi infila la sua solita giacca e le dita armeggiano con quegli stupidi bottoni. Eric gli si avvicina con Jaromir, il portiere gigante della sua squadra, al seguito. «Allora, ti do il mio numero così puoi mandarmi un messaggio con i dettagli; in questo modo saprò quanti biglietti ti occorrono e a quale nome lasciarli.»

    Giusto. I biglietti di James. «Ehm, certo, dammi un secondo.» Il telefono è da qualche parte lì intorno. È di sicuro in una delle tasche. Ci mette un minuto, ma lo trova. Consegna l’iPhone a Eric e osserva le grosse dita che digitano il suo contatto. Le loro mani si sfiorano quando glielo restituisce. «Grazie.»

    «Nessun problema.» I due se ne vanno. I giocatori di hockey sono strani.

    Dorian aspetta di essere seduto in un taxi per mandare un messaggio a Eric. Cognome Carlisle. Quattro biglietti. Jackson e James possono fare un’uscita a quattro. Lui si rilasserà sul divano con un episodio di Agent Carter.


    Eric può contare due cose sulle dita di una mano: il numero di uomini con cui è andato a letto e il numero di persone che sanno che è gay. E queste ultime lo hanno scoperto per caso quell’unica volta in cui è stato beccato in una situazione compromettente. In quell’occasione è stato fortunato. A nessuno dei suoi amici è importato, ma ha comunque imparato una lezione importante. Non dare le chiavi di casa agli amici. Le usano per entrare solo perché sono dei barbari senza buone maniere.

    Da allora non ha più osato andare a letto con qualcuno. Già è stato rischioso farlo quell’unica volta. E se venisse chiamato per giocare nella NHL e il tizio si rendesse conto di avere una potenziale notizia bomba tra le mani? La sua carriera vale più di una scopata.

    Inutile dire che non è del tutto sicuro delle proprie azioni quando invita Dorian alla partita. Sa solo che desidera che sia presente. È la prima volta che fa una cosa del genere. Di solito tiene tutto questo il più lontano possibile dall’hockey.

    Ma il ragazzo è bellissimo. Non c’è davvero un’altra parola per definirlo. I suoi corti capelli biondo scuro sembrano incredibilmente morbidi. Vorrebbe passarci sopra le mani, lasciare che le ciocche dall’aspetto setoso gli scivolino tra le dita mentre le tira. Quando gli passa vicino sente profumo di vaniglia. È muscoloso, ma non grosso come i ragazzi che frequenta. Potrebbe sollevarlo e spostarlo con facilità. Non ha cicatrici, almeno visibili, e durante i pasti non appoggia la dentiera accanto al piatto. Ed è un modello. Di successo. Non cercherà notizie che potrebbero metterlo sotto i riflettori. Quella, quindi, non è una situazione pericolosa. Giusto?

    Durante il viaggio in taxi verso l’hotel, Jaromir, una delle due persone che conosce il suo segreto, lo guarda male. «Per favore, smettila,» mormora, e sbatte la testa contro il finestrino. I ragazzi invitano sempre altri ragazzi alle partite. Non è per niente strano. E ha invitato la famiglia di Dorian. Nessuno ci farà caso. Penseranno che si è fatto un amico.

    Solo quando sono nella stanza che condividono, Jaromir gli dà uno scappellotto sulla nuca. Forte. «È una pessima idea,» afferma. «I modelli non passano inosservati.»

    «È solo una partita.» Crolla sul letto e rotola per seppellire la faccia nel cuscino. Ha l’odore del detersivo per il bucato dell’hotel. Arriccia il naso e gira la testa di lato. Respira con la bocca. Stranamente, fare il modello è un lavoro faticoso. Ama l’hockey. Ama meno l’eccesso di pubblicità che ne deriva. Si sente fuori posto davanti a un obiettivo senza un bastone in mano. «Non porterà a nulla.» Nelle sue fantasie per la verità sì, ma è abbastanza obiettivo da sapere che nel mondo reale non funziona in quel modo. Ma ci può provare, solo così riuscirà a ricordare quel momento e dire: Beh, ho fatto un tentativo.

    Jaromir grugnisce, poi Eric sente l’altro letto cedere sotto il suo peso. Il ragazzo si addormenta subito e il suo russare riempie la stanza, ma lui non riesce a rilassarsi. Chiedere a Dorian di partecipare alla partita è stato un gesto impulsivo, insolito per lui, ma ha avuto grosse difficoltà a smettere di guardarlo. Il che gli ha suggerito qualcosa, dal momento che non facevano altro che far indossare a quel poveretto dei parka che lo nascondevano quasi tutto, cazzo. Ha per caso un feticcio che non aveva mai considerato per gli Eskimo? È quasi sicuro che non sia così. Proviene dal Canada. Lì la gente porta sempre un sacco di vestiti.

    Quindi è possibile che non si tratti degli abiti. Forse è il modo in cui Dorian sembra così a suo agio quando inizia a lavorare? Era teso mentre tutti chiacchieravano, ma una volta che l’obiettivo si è posato su di lui, si è calmato e rilassato. Il suo linguaggio del corpo è cambiato. Gli ha ricordato i giocatori di hockey quando scendono in pista. Dorian era nel suo elemento ed è stato… bello.

    Se continua a pensare non riuscirà a schiacciare nessun pisolino, di conseguenza sarà stanco per la partita e renderà meno. Nessuno resta impressionato da qualcuno che sul ghiaccio sembra un idiota. Deve silenziare i pensieri per un po’. Gli viene in mente solo un modo per riuscirci in tempi brevi. Guarda Jaromir, il quale ha la testa girata dall’altra parte e sta ancora russando. Via libera, quindi. Si sdraia sulla schiena e fa scivolare la mano nei pantaloni. Un rapido orgasmo potrebbe essere ciò di cui ha bisogno per addormentarsi.

    «Non pensarci neanche,» ringhia Jaromir.

    Eric per poco non si colpisce in faccia da solo pur di togliere in fretta la mano dall’uccello. «Cazzo, amico,» esclama, poi si copre gli occhi e sente le guance scaldarsi per l’imbarazzo.

    «Vai sotto la doccia come una persona normale, se hai intenzione di farlo.»

    «Sei il peggior compagno di stanza del mondo,» piagnucola. «E dai, cazzo.»

    Uno dei cuscini supplementari di Jaromir lo colpisce in faccia. «Abbiamo un’ora per schiacciare un pisolino. Chiudi il becco.»

    Eric afferra il cuscino, se lo preme sulla faccia e urla silenziosamente come se la cosa potesse alleviare la sua frustrazione. Non funziona, ma con l’oscurità che gli circonda il volto immagina che sia notte e chiude gli occhi, strizzandoli. Conta alla rovescia partendo da dieci, ancora e ancora, e alla fine cade in un sonno leggero quasi decente che al risveglio lo lascia irritabile.

    E decisamente nervoso.

    Trema un po’ mentre pattina sul ghiaccio, più ansioso di quella volta in cui è entrato in pista per la sua prima partita nella AHL. Mentre fa il giro di riscaldamento, guarda verso i posti che ha riservato per il modello e i suoi fratelli, e sono tutti occupati. Ma nessuno dei ragazzi seduti è Dorian. Sente lo stomaco sprofondare. Riconosce il fratello, quello che durante il servizio fotografico si è in parte occupato del trucco, e nota un altro biondo che gli assomiglia. Non ha idea di chi siano gli altri, un uomo dai capelli scuri e l’altro dai capelli rossi, seduti tra i due.

    Distoglie lo sguardo e digrigna i denti. Non importa. Non sarebbe comunque successo niente ed è evidente che Dorian non è affatto interessato a lui. E perché dovrebbe esserlo? È un modello. Non ha bisogno di un giocatore di hockey al braccio… Ed eccolo lì, che scivola nell’autocommiserazione. Scuote la testa. Va tutto bene. Incanalerà la frustrazione nella partita. Chissà, forse quei ragazzi torneranno a casa e si vanteranno di lui con Dorian. Se non si trovasse di fronte a una folla decorosa, si schiaffeggerebbe. Anche se non significherebbe toglierselo dalla mente.

    Volteggia intorno a Jaromir e sbatte il proprio casco contro il suo. Jaromir è il portiere e quel gesto fa parte del loro rituale pre-partita. Fanno pugno contro pugno.

    Ha ancora abbastanza tempo per fare un po’ di stretching, poi inizia la partita. È un attaccante della prima linea, vince l’ingaggio e compete contro i Manhattan Hatters per il goal. Il gioco frenetico e la sua delusione per come vanno le cose si trasformano in una spinta determinata a segnare a qualunque costo. A prescindere da quanto possa essere brutto. Finisce in panca puniti tre volte, due per bastone alto e una per ostruzione. Solo quando cerca di pestare a sangue un difensore dell’altra squadra viene estromesso dal gioco e messo in panchina. Ma, ehi, è riuscito a segnare due goal, quindi non è un totale cazzone.

    Il coach Smith lo guarda male. «Che cavolo di problema hai?» urla.

    «Nessuno, Coach.» Guarda ovunque tranne lui. Non riesce a credere che stia giocando in quel modo. Non è quel genere di giocatore. È il tipo che segna e dà l’esempio.

    Ha la possibilità di riscattarsi nel terzo tempo e per miracolo riesce a fare un assist e a non finire in panca puniti. Però tutta la squadra continua a guardarlo e sa che si sta comportando come se fosse nervoso e teso; il fatto è che si sente nervoso e teso. Non è mai stato bravo a nascondere i propri sentimenti.

    Nonostante i tre goal fatti, perdono per due reti. Entrambe subite perché la squadra è stata costretta a giocare in inferiorità numerica a causa sua.

    Jaromir e Nicco, l’unica altra persona che sa di lui, lo chiudono in un angolo vicino al suo armadietto. «Che diavolo significa?» sibila Nicco; Eric ha impiegato mesi per abituarsi al modo in cui le parole si fondono insieme. «Da quando sei Mister Fuori di Testa?»

    Si guarda intorno, ma nessuno della squadra lo sta guardando. Si passa una mano tra i capelli. «Possiamo parlarne più tardi? Non voglio farlo adesso.»

    Nicco spalanca gli occhi mentre intuisce di cosa si tratta. «Ah, amico,» inizia. «Mi è sfuggito qualcosa, prima, vero?»

    Eric risponde di no e in contemporanea Jaromir di sì. Chiude gli occhi.

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1