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Pattinando con te (eLit): eLit
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E-book168 pagine2 ore

Pattinando con te (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Non accade tutti i giorni di essere accolti sulla porta di casa da un uomo più bello e aitante di qualsiasi fantasia. Ma la sorpresa di Janey Hart, madre single e pasticcera, dura pochi minuti, poi subentra l'istinto di sopravvivenza, che le consiglia di richiudere l'uscio. Il muscoloso sconosciuto, infatti, è un istruttore di hockey amico di suo fratello, che vuole convincerla a inserire suo figlio nella squadra locale.

Dal canto suo, Thad Lantz ha intuito subito l'imbarazzo che ha provocato l'argomento, come pure la scintilla di un'attrazione reciproca che rischia di essere spenta dal secco rifiuto di un dialogo. Che cosa può inventarsi per rivederla?
LinguaItaliano
Data di uscita31 ago 2017
ISBN9788858973578
Pattinando con te (eLit): eLit
Autore

Cathy Gillen Thacker

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Pattinando con te (eLit) - Cathy Gillen Thacker

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Secret Wedding Wish

    Harlequin American Romance

    © 2004 Cathy Gillen Thacker

    Traduzione di Edy Tassi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-357-8

    1

    Janey Hart Campbell stava chiudendo il suo negozio di dolci, Delectable Cakes, quando notò la squadra degli Hart al gran completo in avvicinamento. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era un confronto con tutti e cinque i suoi imponenti e supponenti fratelli, a proposito dell’eccessiva passione per lo sport di suo figlio Christopher. Perciò si scostò in fretta dal vetro e si diresse verso il retro della pasticceria. Afferrò la borsa e le chiavi, si precipitò fuori dalla porta di servizio e andò a sbattere contro un uomo in piedi oltre la soglia.

    Immediatamente, Janey si rese conto di una serie di particolari. Il muro di testosterone contro il quale aveva urtato era molto più alto di lei. Un metro e novantacinque contro il suo metro e ottanta. Per non parlare delle spalle muscolose, del petto ampio, dei fianchi stretti e delle cosce dure come roccia. Era vestito con vecchi jeans e una polo bianca a maniche corte che contrastava piacevolmente con la sua pelle abbronzata. E aveva un buon profumo, un misto di sapone maschile e legno di pino appena tagliato. I suoi capelli scuri, folti e ondulati, avevano il colore del caffè espresso.

    Sulla quarantina, con il volto dai lineamenti marcati, gli occhi di un blu elettrico e un intrigante velo di barba che gli accarezzava le labbra, quell’uomo era abbastanza attraente da far sfigurare perfino Mel Gibson. E, cosa più curiosa di tutte, la stava fissando come se si fosse aspettato di vederla uscire di corsa dalla porta e piombare su di lui.

    «Mi avevano detto che ci avrebbe provato» sospirò infatti l’uomo, alzando gli occhi al cielo.

    Janey arretrò di un passo. «Provato a fare cosa?»

    Lui le appoggiò una mano sulla spalla. «Scappare.»

    «E avevamo ragione, non è vero?» intervenne Dylan Hart, con lo stesso tono saccente che usava nel suo lavoro di cronista sportivo, mentre svoltava l’angolo dell’edificio.

    «Sgancia i soldi!» aggiunse Fletcher Hart, avvicinandosi dal piazzale che si apriva dietro Main Street.

    «Non dimenticarti che mi devi una birra» ridacchiò in tono di vittoria Cal Hart, che indossava ancora il tesserino identificativo dell’ospedale.

    Janey rivolse uno sguardo truce a Cal. «Non hai un intervento da eseguire o un atleta da qualche parte che ha bisogno della tua consulenza?»

    «No.» Cal sorrise. «Sono tutto vostro.»

    «Grandioso» borbottò Janey.

    Mac Hart scosse la testa. Per una volta non indossava l’uniforme e il distintivo da sceriffo. «Quando imparerai che non si risolvono i problemi scappando?» la rimproverò.

    Janey incrociò le braccia. Solo perché era scappata dalla Carolina del Nord una volta, da adolescente, non significava che lo avrebbe fatto di nuovo. A trentatré anni sapeva che ciò che desiderava nella vita lo avrebbe trovato lì dove era cresciuta, a Holly Springs.

    Ma non aveva intenzione di ammetterlo con i suoi fratelli impiccioni. «Non so. A me sembra di essere riuscita alla perfezione a evitare le vostre telefonate.»

    «E guarda che cosa hai ottenuto...» le fece notare Joe Hart in tono di disapprovazione. Con addosso un paio di pantaloncini da corsa e una maglietta dei Carolina Storm, sembrava reduce da uno dei suoi allenamenti estivi.

    L’uomo misterioso inarcò un sopracciglio. «Non sarebbe meglio rientrare?» suggerì in tono pacato.

    «Buona idea» concordarono i cinque fratelli.

    E in un battibaleno Janey venne sottratta al calore di quella giornata di luglio e sospinta verso l’interno fresco del suo negozio. Una volta dentro, si rivolse con aria polemica verso l’estraneo. «Ci conosciamo?» Dopo averlo osservato meglio gli sembrava stranamente familiare.

    Joe sospirò esasperato. «Santo cielo! Questo è Thaddeus Lantz, l’allenatore della squadra di hockey dei Carolina Storm. L’uomo per cui sto giocando ora!» le ricordò.

    «Ah, già.» Janey si morse le labbra e i suoi occhi scivolarono di nuovo verso Thad Lantz. Adesso ricordava. Così come ricordava il motivo per cui il suo inconscio non aveva voluto riconoscere l’abile stratega.

    Durante la sua carriera, Thad Lantz si era abituato ad affrontare qualsiasi tipo di reazione nei suoi confronti, ma non gli era mai capitato di vedere un bagliore di innegabile attrazione trasformarsi tanto in fretta in sospetto e disgusto. Il che era un peccato. Nessuna donna lo aveva mai attratto tanto fin dal primo istante, né gli aveva mai fatto desiderare di stringerla subito fra le braccia. Ma la cosa non lo sorprendeva. Janey Hart Campbell era una donna splendida, e molto sexy. I suoi capelli castani erano folti, lisci e come la seta. E anche se li aveva raccolti con un fermaglio sulla nuca dovevano essere lunghi almeno fino alle spalle. Gli occhi vivaci color ambra erano ombreggiati da lunghe ciglia. Aveva il labbro inferiore pieno, perfetto per essere baciato. Un mento ostinato, una spruzzata di lentiggini sul naso e la pelle color pesca. Più giù, si potevano intuire curve provocanti e femminili. Una confezione decisamente invitante.

    Janey si voltò verso Joe. «Sei tu che l’hai tirato in ballo, vero?»

    Thad avanzò di un passo e si mise fra Janey e Joe. «A dire il vero, sono io che ho contattato suo fratello» confessò con candore.

    «E io sono quello che ha radunato gli altri» precisò Joe.

    Mac Hart, il più anziano, le rivolse uno sguardo compassionevole. «Capiamo come ti senti, Janey, ma devi smettere di essere tanto protettiva» affermò con forza.

    Dylan assentì con energia. «Christopher ha il diritto di scegliere cosa fare della sua vita.»

    «Oh, per l’amor del cielo! Ha solo dodici anni!» protestò Janey esasperata.

    «E già sta pensando al suo futuro» osservò Cal con orgoglio. «Una cosa lodevole.»

    Janey appoggiò le mani sui fianchi, e quel movimento tese la bianca giacchetta da cuoco sul suo seno, enfatizzando la circonferenza invidiabile della sua vita. «Non se tutto questo pensare lo sta portando nella direzione sbagliata!» sbottò.

    «E questo chi lo dice?» si accigliò Fletcher, che di solito aveva un carattere amabile. «Il punto è, Janey, che non ti permetteremo di trasformare quel ragazzo in una femminuccia.»

    Janey spalancò gli occhi per l’indignazione. «Solo perché mi preoccupo che Christopher si concentri su ciò che conta veramente, non significa che stia esagerando. Anzi, per la verità, quelli che stanno esagerando siete voi! Se c’è qualcosa che mi dovete dire, fatelo in fretta!» esclamò poi con foga, un rossore violento che le imporporava gli zigomi eleganti.

    Joe guardò sua sorella negli occhi. «Perché hai detto a Christopher che non può frequentare il campo di hockey questa estate?» le chiese senza giri di parole.

    Gli occhi color ambra di Janey si fecero ancor più burrascosi. «Perché nello stesso periodo deve frequentare le lezioni estive per recuperare il corso di matematica a cui è stato bocciato in primavera.»

    «Oh, insomma...» si fece avanti Mac, liquidando quella spiegazione con un gesto della mano. «Se davvero è una questione di denaro, che ti impedisce di iscrivere Chris... saresti potuta venire da uno qualunque di noi e saremmo stati più che felici di aiutarti.»

    Lo sconcerto di Janey si trasformò in sgomento. «Da dove vi è venuta questa idea?»

    Tutti e cinque i fratelli Hart si voltarono verso Thad.

    Poiché non voleva imbarazzarla più di quanto non fosse già, lui estrasse con riluttanza dalla tasca dei jeans la lettera che aveva ricevuto e gliela porse.

    Le sopracciglia di Janey si inarcarono interrogativamente. «Cos’è?»

    «La legga» la invitò Thad.

    Janey incrociò le braccia. «Lo faccia lei.»

    «Va bene...» sospirò Thad, rivolgendole uno sguardo scettico. «Ma visto che è sua madre, pensavo volesse leggerla di persona.»

    «Oh, quante storie!» Janey gli strappò di mano la lettera e cominciò a leggere ad alta voce.

    Caro allenatore Lantz,

    penso che lei sia il miglior allenatore del campionato e vorrei tanto partecipare al suo campo, specialmente ora che mio zio Joe giocherà negli Storm. Ma mia madre dice che per quest’anno non abbiamo soldi abbastanza. E questo forse a causa della morte di mio padre e del nostro trasferimento qui, per essere più vicini al resto della famiglia. So che mia madre lavora molto e non penso che possa fare di più. Perciò, non potrei venire al campo questa estate e pagarmi l’iscrizione lavorando negli spogliatoi della squadra, raccogliendo gli asciugamani e tenendo pulito, o magari curando il suo prato di casa? Farei qualsiasi cosa. Voglio solo giocare.

    Cordiali saluti,

    Christopher Hart Campbell.

    P.S. Mi può trovare al numero 111 di Shady Lane a Holly Springs, o al telefono.

    Pallida in volto, Janey lasciò cadere la lettera.

    Thad si rivolse ai suoi fratelli. «Credo che sia il caso che me ne occupi io, ora.»

    Tutti e cinque gli uomini sgusciarono in fretta fuori dal negozio. Janey aveva l’aria di non essersi mai sentita più mortificata di così e Thad ne comprendeva la ragione. Suo figlio l’aveva messa KO portando un problema fuori dalla famiglia. Per Thad era un segnale che il ragazzo stava crescendo. Qualcosa per cui andava lodato. Ma lei sembrava considerarlo un suo fallimento.

    Janey si voltò verso l’allenatore Lantz. Il colorito del suo volto era cinereo, i suoi occhi inquieti.

    «Non so proprio cosa dire, a parte il fatto che mi dispiace che mio figlio l’abbia messa in una posizione imbarazzante.»

    «Non si preoccupi.»

    Lei sostenne il suo sguardo, sospettosa. «Tutto qui? Non ha intenzione di cercare di convincermi a lasciare che Chris frequenti il campo estivo di hockey?»

    Thad scrollò le spalle. «Se decide di spezzargli il cuore impedendogli di realizzare un sogno, sono solo affari suoi.»

    Janey arrossì davanti a quel tono schietto. «Lei non capisce...»

    Thad avvicinò una sedia al tavolo, si sedette e attese che lei facesse lo stesso. «So che il suo defunto marito era Ty Campbell, che per un soffio non è entrato nella squadra olimpica di sci degli Stati Uniti.»

    Janey annuì mestamente.

    «Questa è una cosa di cui andare fieri» replicò Thad, allungando le gambe davanti a sé.

    Gli occhi di Janey erano pieni di tristezza. «Essere solo una riserva, invece, ha addolorato moltissimo mio marito.»

    «E quindi anche lei e Chris.»

    «Esatto.»

    «Fortunatamente, non siamo qui per parlare di lui, ma di suo figlio.» Le rivolse uno sguardo sincero. «Glielo devo dire. Alleno squadre di hockey da quindici anni, e da altrettanti anni seguo i campi estivi... e non ho mai ricevuto una lettera come questa.»

    Janey scrollò le spalle minute. «È un ragazzino pieno di risorse.»

    «Infatti.»

    Entrambi si sistemarono più comodamente sulle sedie che erano più decorative che confortevoli e le loro ginocchia si scontrarono. Si sfiorarono. Si allontanarono.

    Thad osservò la postura difensiva della schiena di Janey. «Non credo che dovrebbe prendere questa decisione per lui.»

    «Non mi dica quello che posso o non posso fare, allenatore!» Janey scattò in piedi e cominciò a misurare a grandi passi il negozio. «Chris è mio figlio. Sono io che dico se giocherà a hockey o no. E fino ad ora non ho dato il mio permesso.»

    «Perché?» la punzecchiò lui. Si alzò in piedi e annullò la distanza che li separava. «Forse è destinato a diventare un professionista come suo zio Joe.»

    Janey lo guardò con aria cocciuta e incrociò le braccia sul petto. «O forse no. Forse il successo di Joe ha solo alimentato in Chris false aspettative e sogni irrealizzabili.»

    «E allora lei cos’ha intenzione di fare?» replicò Thad con un tono di voce secco. «Negargli l’opportunità di provarci?»

    Janey gli rivolse un’occhiata di avvertimento. «Joe se ne è andato di casa a sedici anni. Lo sapeva questo?»

    Thad le era abbastanza vicino da percepire il meraviglioso profumo di vaniglia e zucchero che emanavano i suoi capelli, la sua pelle...

    «Per giocare nel campionato giovanile in Canada.»

    «Giusto. Mia madre voleva che frequentasse il college e, se proprio lo desiderava, che giocasse nella squadra dell’università. Ma Joe non poteva aspettare, così cominciò ad andare male in tutte le materie e insistette e pregò fino a quando lei non si arrese.»

    «Un po’ come per la maggior parte dei giocatori professionisti, immagino. Ce l’hanno nel sangue. E nel cuore.»

    «Il che è meraviglioso se

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