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Abito bianco in agenda: Harmony Jolly
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Abito bianco in agenda: Harmony Jolly
E-book156 pagine2 ore

Abito bianco in agenda: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Abito bianco, musiche soavi di sottofondo, buoquet di fiori d'arancio... Signore e signori il matrimonio è servito!



Gemma Shultz è conosciuta come una schiaccia sassi che non fa prigionieri quando prende a cuore una causa. Le ruspe di una importante società costruttrice, il cui proprietario è lo scapolo più ambito dell'intera città, stanno invadendo le incontaminate spiagge posizionate proprio di fronte a casa sua. Gemma non ha alcuna intenzione di sottostare a queste ciniche logiche di mercato e decide che l'unico modo per farsi ascoltare è... incatenarsi, perché di legarsi all'affascinante imprenditore non ci pensa proprio!



Ci mancava anche l'ecologista convinta! Rory Devlin, proprietario della società edile, non crede ai propri occhi: c'è una donna, e che donna, incatenata all'ingresso del cantiere. Intimidito? Neanche un po'. Sarà lei a capitolare e Rory ha già un piano.
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2018
ISBN9788858976883
Abito bianco in agenda: Harmony Jolly
Autore

Nicola Marsh

Giornalista, ha viaggiato per il mondo in cerca di grandi scoop. Scrivere romanzi, però, è sempre stato il suo sogno.

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    Anteprima del libro

    Abito bianco in agenda - Nicola Marsh

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Who Wants to Marry a Millionaire?

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2012 Nicola Marsh

    Traduzione di Daniela Alidori

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-688-3

    1

    «Abbiamo un problema.»

    Tre parole che Rory Devlin non voleva sentire, soprattutto al suo primo ballo degli azionisti della Devlin Corp.

    Si guardò intorno nel salone del Palladium assicurandosi che tutti fossero impegnati a bere, mangiare e danzare prima di rivolgere la propria attenzione al cameriere che lo pressava da vicino.

    «Che genere di problema?»

    Il ragazzo, probabilmente ancora fresco di studi, trasalì e tardivamente Rory si rammentò di temperare il tono. Non era colpa di quel poveretto se doveva gestire un mare di intoppi.

    Partecipare a quella festa era l’ultima cosa che aveva voglia di fare, ma erano solo sei mesi che copriva la carica di CEO, sei mesi in cui aveva tentato di riparare i danni fatti da suo padre, sei mesi in cui si era impegnato a ricostruire l’immagine di quella che un tempo era stata la prima impresa di costruzioni australiana.

    Il cameriere si aggiustò nervosamente il cravattino. «Farebbe meglio a constatare di persona.»

    Seccato per il contrattempo, fece segno al suo vice che usciva e seguì il ragazzo verso una saletta accanto alla hall, dove di lì a poco si sarebbe svolto il lancio ufficiale del progetto di Portsea.

    «Lei è lì.»

    Lei?

    Lanciò un’occhiata dentro e sussultò.

    «Me ne occupo subito» disse e il cameriere sparì prima che avesse finito di parlare.

    Raddrizzando le spalle, si sistemò l’orlo della giacca da smoking ed entrò nella stanza per affrontare a muso duro il problema.

    Che lo fissò dritto negli occhi con un movimento di sfida della testa che fece cadere sul viso le ciocche lunghe e bionde.

    Aveva un sorriso soddisfatto su quel leggero abito da cocktail, azzurro come i suoi occhi.

    Per un attimo, Rory sperò che le catene intorno ai polsi e alle caviglie fossero l’ultimo accessorio eccentrico di moda e non quello che pensava: ceppi per legarla allo schermo che doveva scoprire tra un quarto d’ora.

    «Posso aiutarla?»

    «Lo spero.»

    Le labbra colorate di rosa si premettero mentre lo squadrava da capo a piedi, a cominciare dalle scarpe italiane fatte a mano, per finire con un’occhiata d’insieme che lo fece sentire a disagio.

    «Possiamo andare da qualche parte a discutere...?»

    «Impossibile.»

    Fece tintinnare le catene ai polsi e il telo per la proiezione ondeggiò minacciosamente.

    «Come può vedere, al momento sono impedita.»

    Rory sussultò a quella pietosa scelta di parole e lei rise.

    «Una ragazza deve fare quello che può per ottenere dei risultati. Mi capisce, vero?»

    Lui indicò le catene che la legavano al suo prezioso schermo.

    «E crede che incatenarsi al progetto della mia compagnia servirà a farle raggiungere l’obiettivo?»

    «Lei è qui, giusto?»

    Cos’era? Una vendetta?

    Aggrottò la fronte, sforzandosi di ricordare. Era una che aveva frequentato? Una ex-socia di lavoro? Una a cui in qualche modo aveva fatto un torto?

    Se si era spinta così avanti per attirare la sua attenzione, era chiaro che voleva qualcosa. Qualcosa che lui non era disposto a concederle, evidentemente, a giudicare da come si stava comportando.

    Avere una bionda con indosso un vestito che invece di coprire, metteva in risalto le gambe slanciate e le unghie dei piedi dipinte dello stesso argento delle catene lo innervosiva... per nessun motivo al mondo avrebbe ceduto alle sue richieste.

    Voleva vendergli un appalto? Pietire un lavoro? Arredare i lussuosi appartamenti del progetto Portsea?

    Inflessibile. Avrebbe dovuto chiedere un appuntamento come chiunque altro. Quel genere di bravata non lo impressionava.

    Lei scelse quel momento per passare il peso da una gamba all’altra, facendo sferragliare le catene intorno alle caviglie sottili e alle lunghe gambe nude...

    La reazione perfettamente maschile lo irritò almeno quanto il tempo che stava sprecando lì.

    «Voleva vedere me?»

    «Se lei è Rory Devlin, presidente della compagnia che sta per rovinare l’ambiente marino intorno a Portsea, allora, sì, lei è il mio uomo.»

    Il cuore di Rory crollò. Da quando aveva assunto le redini della Devlin Corp, sei mesi prima, gli era toccato subire lo sfogo di ogni ecologista della città e di tutti i membri della comunità hippy. Tutti animati dallo stesso fanatismo, ma nessuno affascinante come la donna di fronte a lui.

    Gli ambientalisti avevano quasi mandato in rovina la compagnia. Per fortuna, lui aveva un carattere più forte di suo padre, che l’anno precedente aveva tentennato sul progetto di Port Douglas, spaventato dalla minaccia dei manifestanti di bloccare i lavori, col risultato di perdere milioni di dollari e di far fallire la società.

    Se lui non fosse intervenuto, prendendo in mano la situazione e facendo la voce grossa, tremava all’idea di cosa sarebbe successo alla compagnia di famiglia.

    «È stata informata male. La Devlin Corp si impegna molto per assicurare che le costruzioni si armonizzino con l’ambiente.»

    «La prego.» Roteò gli occhi al cielo prima di fissarli su di lui con un’intensità che avrebbe intimidito più di un uomo. «Ho svolto ricerche approfondite su quegli edifici appariscenti che lei erige in mezzo al nulla e vende per una fortuna.»

    Tirò le catene fino al limite, come se volesse sferrargli un pugno nel petto, poi optò per un esasperato sbuffo derisorio.

    «La sua società abbatte gli alberi, rovina la terra e non conserva un accidente di niente...»

    «La smetta immediatamente.»

    Attraversò la stanza per piazzarsi di fronte a lei, seccato quando un effluvio di profumo di sole ed erba fresca lo investì.

    «È disinformata e ha commesso una violazione entrando qui abusivamente. Si sleghi subito.»

    Un lampo color zaffiro le brillò negli occhi prima che le labbra si piegassero in un sorriso gongolante.

    «Non posso farlo.»

    «Perché?»

    «Perché non ha ancora accettato le mie condizioni.»

    Esasperato, Rory si premette i polpastrelli sugli occhi. Sfortunatamente quando li riaprì, lei era ancora lì.

    «I casi sono due. O si libera da sola o chiamo la sicurezza e loro saranno costretti a usare i tronchesi, umiliandola ulteriormente.»

    Lei non si mosse. «Proceda pure. Li chiami.»

    Dannazione, aveva capito che stava bluffando. Per nessun motivo avrebbe attirato l’attenzione su di lei col rischio che gli azionisti si incuriosissero.

    «Mi dia le chiavi.»

    Rory avanzò di un passo per intimidirla, soddisfatto di come lei inspirò forte e si agitò. Ma si rese subito conto di avere commesso un errore ad andarle troppo vicino.

    «Prego. Se le trovi da solo.»

    La lingua uscì per inumidire il labbro inferiore e Rory la fissò ipnotizzato, scosso fin nell’intimo dall’insano desiderio di gustare quelle labbra.

    Al diavolo.

    Non indietreggiava mai. Aveva sempre accettato ogni sfida: cambiare scuola per imparare a dirigere la Devlin Corp, spodestare suo padre dal ruolo di presidente e assumere il controllo per trascinare la compagnia in crisi fuori dai debiti.

    «Non mi abbasso al suo gioco.»

    Usò il tono più gelido e di comando che gli riuscì. Quello che riservava agli interlocutori recalcitranti e alla fine otteneva sempre quello che voleva. Ma in quel caso sembrò servire a poco.

    Lei si limitò a sorridere. «Perché? Giocare può essere divertente.»

    Esasperato, le dita che pizzicavano dalla voglia di strozzarla, trasse un paio di respiri lunghi e profondi nel tentativo di calmarsi e fissò il modellino di Portsea Point, il più grande progetto che avesse intrapreso da quando aveva assunto la carica di presidente.

    Aveva bisogno che quel progetto decollasse. Che diventasse un grande successo per spingere la compagnia al posto che le spettava di diritto: in cima alla lista delle società immobiliari australiane e cancellare la pubblicità negativa dovuta alla cattiva gestione di suo padre.

    Guardò l’orologio e fece una smorfia. La cerimonia di inaugurazione avrebbe avuto luogo tra meno di dieci minuti e doveva sbarazzarsi di quella donna subito.

    Infilandosi le mani in tasca, raddrizzò le spalle e torreggiò su di lei.

    «Cosa vuole?»

    «Temevo che non me l’avrebbe mai chiesto.»

    Il suo sguardo si posò su quelle labbra rosa e mentalmente si diede dell’idiota.

    «Voglio un colloquio con lei.»

    «Ci sono dei modi più semplici per averlo.»

    La confusione le corrugò la fronte prima che gli occhi si spalancassero per l’orrore.

    «Non voglio un appuntamento con lei.»

    Lo fece sembrare come se le avesse offerto la più orribile delle torture.

    «Sicura? Sono molto richiesto.»

    «Non ne dubito» mormorò distogliendo lo sguardo, ma non prima che lui avesse notato un lampo di interesse nei suoi occhi.

    «Anzi, posso darle i numeri di metà della popolazione femminile di Melbourne che potrebbe testimoniare quanto sono bravo e come...»

    «Metà Melbourne?» Fece una smorfia di derisione. «Non si vanti troppo.»

    Sporgendosi in avanti e invadendo il suo spazio, Rory assaporò il momentaneo flash di panico mentre indietreggiava.

    «Voglio solo un colloquio di lavoro, stupido.»

    Ah... ecco per cos’era quella bravata. Un’ecologista disoccupata a caccia di lavoro.

    Malgrado tutto, ammirò la sua tenacia. «Le do un consiglio. Se vuole un colloquio, non insulti mai il suo futuro capo.»

    «Stupido non è una parolaccia. Se avessi voluto essere scortese, avrei detto bastardo...»

    «Incredibile.»

    La mascella gli doleva per lo sforzo di non mettersi a ridere. Se i suoi dipendenti avessero avuto metà dell’ardire di quella donna, la Devlin Corp sarebbe stata ai vertici nel giro di breve.

    «Se mi concede un quarto d’ora del suo tempo, le assicuro che non se ne pentirà.» E puntulizzò la richiesta buttando indietro la massa di capelli biondi e ancora una volta Rory fu avvolto da un effluvio di primavera.

    Aprì la bocca per rifiutare, per dirle esattamente cosa pensava dei suoi espedienti, ma lei lo precedette.

    «Non voglio distruggere il suo progetto di Portsea. Voglio aiutarla.»

    Era ipnotizzato dalla sua determinazione almeno quanto dalla sua bellezza.

    «Nel campo marino sono la migliore.»

    Soggiogato da quell’insistenza, si ritrovò ad annuire.

    «Un quarto d’ora.»

    «Affare fatto.»

    Il sorriso trionfante divenne timido. «Adesso, se non

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