L assistente del capo: Harmony Jolly
Di Susan Meier
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Info su questo ebook
Tucker conosce molto bene l'espressione "mai mischiare gli affari con il piacere", tanto che l'ha sempre applicata alla lettera. Ma questa volta è diverso e sarà estremamente difficile seguirla. La sua nuova assistente, Olivia, ha tutte le carte in regola per essere una dolce tentatrice e lui non sa proprio se riuscirà a resisterle.
Susan Meier
Americana dell'Iowa, riesce a conciliare i suoi interessi con la famiglia e l'attività di scrittrice.
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Anteprima del libro
L assistente del capo - Susan Meier
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Daring to Trust the Boss
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2014 Linda Susan Meier
Traduzione di Alessandro Not
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-741-3
1
«Sono Olivia Prentiss, per il mio primo giorno in contabilità.»
L’anziana direttrice delle risorse umane la guardò con un sorriso. «Buongiorno, Olivia. Benvenuta alla Inferno.» Sfogliò di buonumore i fogli contenuti in una scatola sulla sua scrivania, ma si fermò con una smorfia quando trovò il file di Olivia. «Temo che ci sia stato un cambiamento.»
Vivi si sentì precipitare. «Non sono assunta?»
«No. È stata riassegnata temporaneamente.»
«Non capisco.»
«L’assistente di Tucker Engle ha avuto un incidente la settimana scorsa.»
«Oh, mi dispiace.» Sapeva che Tucker Engle era CEO e presidente del consiglio di amministrazione della Inferno. Prima del colloquio di lavoro, aveva fatto ricerche sulla compagnia e aveva trovato il suo nome. Ma i comunicati annuali della società non riportavano molte informazioni su di lui. Su Internet aveva trovato solo un’intervista con il Wall Street Journal e una lamentela su Facebook di un ex dipendente che si era riferito a lui come tristo mietitore, perché le uniche volte che lasciava la sua torre d’avorio era per licenziare qualcuno. Ma niente che spiegasse cosa c’entrava lei con l’incidente dell’assistente.
«In quanto ultimo acquisto della società, spetta a lei sostituire Betsy.»
Vivi sentì una stretta allo stomaco. Avrebbe dovuto lavorare a diretto contatto con qualcuno soprannominato tristo mietitore dal suo staff? «Una contabile sostituisce un’assistente personale?»
«Non sarà un’assistente personale.»
Al suono di una profonda voce maschile, Vivi si voltò. Un uomo alto e castano era appoggiato alla porta. Vivi studiò i suoi mocassini neri, i pantaloni e la giacca neri, la camicia bianca con cravatta blu per fermarsi su un paio di occhi verde smeraldo. Wow.
«E nemmeno un’assistente amministrativa. Sarà un’assistente.» Si allontanò dalla porta e si avvicinò a lei. «L’assistente del presidente del consiglio d’amministrazione. L’assistente che deve essere in grado di leggere i rapporti fiscali e apportare le modifiche di cui ho bisogno. Un’assistente che sia in grado di mantenere il passo. Sarà un problema?»
Intimidita, Vivi non riuscì a fare altro che fissarlo.
«Ottimo» commentò lui interpretando il suo silenzio come un assenso e avviandosi verso la porta. «Può passare i venti minuti che le servono per ricevere il suo badge con la signora Martin. Intanto può compilare i moduli necessari. La aspetto nel mio ufficio.»
Vivi continuò a fissare il vuoto.
«È un uragano.»
La signor Martin era pagata per essere gentile, evidentemente, perché Vivi lo avrebbe piuttosto definito un bullo. Molto affascinante, ma comunque un bullo.
Controllò la sua frustrazione. Aveva già avuto a che fare con altri bulli. «Immagino fosse Tucker Engle.»
«In persona.»
«Mi ha retrocesso prima ancora di iniziare a lavorare.»
La signora Martin scosse la testa. «Non è una retrocessione. È quello che le stavo spiegando. Il lavoro di assistente è più di quanto lei immagini.»
«Ma devo iniziare il mio vero lavoro adesso. Allenarmi per l’esame CPA. Non voglio restare indietro.»
«Lavorerà con Tucker Engle. L’uomo alla guida della Inferno. Vedrà tutto quello che fa, imparerà quello che sa.»
Non sembrava rispondere alla descrizione che aveva letto su Facebook, ma sembrava promettente. Qualcosa a cui aggrapparsi per convincersi a lavorare con lui. «Allora mi insegnerà?»
«Non penso che le insegnerà, esattamente.» La signora Martin le fece cenno di sedersi sulla sedia di fronte alla sua scrivania e indicò la piccola fotocamera collegata al suo computer. «Si sieda, così posso farle una foto per il personale.»
Vivi si sedette.
«Come dicevo, imparerà molto lavorando con lui. Ha creato questa compagnia...»
«È stato aiutato.»
«Aiutato?» rise la signora Martin. «Pensa che sia stato aiutato? Chiunque lavori qui lo supporta e basta. È lui che ha le idee e nessun altro.»
Questo invece assomigliava a ciò che aveva letto. In un’intervista al Wall Street Journal, si era vantato di assumere solo contabili, legali e PR, staff di supporto. Non voleva, o non aveva bisogno, di suoi pari.
«Fantastico.»
La signora Martin sorrise, comprensiva. «Capisco che sia delusa. Le sembra un passo indietro e probabilmente non posso convincerla del contrario, quindi sarò del tutto onesta. Tucker Engle è una primadonna sospettosa. Suddivide gli incarichi in modo che nessuno possa capire a cosa sta lavorando. È così esigente che nessun dipendente si è offerto per sostituire Betsy, anche solo per qualche settimana.»
«E lei pensa che io possa farcela?»
«Non l’ho scelta io. Abbiamo passato al signor Engle i file dei contabili che iniziavano oggi e ha scelto lui. Che le piaccia o no, è così. Ma Betsy tornerà tra otto settimane...»
Gli occhi le schizzarono dalle orbite. «Otto?»
«Dodici al massimo» precisò la signora Martin.
«Oddio!»
«Riceverà il suo salario. E il periodo di sostituzione conterà per l’anzianità in società, non dovrà ricominciare da capo quando tornerà Betsy. Stia tranquilla.»
«No grazie. Mi tengo il mio lavoro in contabilità.»
La signora Martin sospirò. «Che effetto pensa che avrà rifiutare il suo primo incarico?»
«Non è la posizione per cui sono stata assunta.»
«Nondimeno, è il suo primo incarico e se lo rifiuta lui potrebbe decidere di licenziarla.»
Dopo aver letto quelle lamentele su Facebook, le sembrava di non poter rispondere. «Ovviamente.»
«L’altra opzione è dare le dimissioni.»
L’altra opzione è dare le dimissioni.
Vivi ripeté sottovoce quelle parole lungo il labirinto di corridoi che la condusse all’ascensore per gli uffici esecutivi. Inserì la chiave magnetica che l’avrebbe fatta accedere alle stanze segrete della Inferno. Stava iniziando a pensare che il nome fosse appropriato, giacché la società sembrava essere un girone infernale.
Le porte si accostarono e Vivi chiuse gli occhi. Era la persona più forte che conoscesse. Al college era sopravvissuta a un’aggressione che era quasi sfociata in uno stupro e alle pressioni quando aveva cercato di far incriminare il responsabile, il figlio della famiglia più importante di Starlight, in Kentucky. Un CEO narciso e scontroso non le avrebbe impedito di realizzare il suo sogno di essere qualcuno così importante che la gente di Starlight si sarebbe accorta che, nonostante i loro tentativi, lei aveva comunque avuto successo.
Neanche Tucker Engle sarebbe riuscito a spezzarla.
L’ascensore si fermò al piano e le porte si aprirono. Come Dorothy a Oz, fece un passo avanti, guardandosi intorno con meraviglia. In contrasto con la tematica fiammeggiante e moderna delle zone pubbliche, quella stanza era conservatrice. Librerie di ciliegio si estendevano fino al soffitto su tutte le pareti. La scrivania e la sedia avrebbero potuto essere esposte in un museo. Il pavimento era coperto da tappeti orientali.
«Non resti lì! Entri pure!»
Si voltò, seguendo la voce di Tucker Engle. Lui era in un ufficio alle spalle di quello in cui si trovava lei. Su un lato c’era un tavolo in legno di ciliegio; sul lato opposto, invece, un comodo divano in pelle e una poltrona reclinabile. Una scrivania e una sedia occupavano lo spazio davanti alla vetrata in fondo alla stanza. La vista di New York le tolse il fiato.
Si avvicinò alla scrivania che sospettava sarebbe stata sua e appoggiò giacca e zaino sulla sedia. Poi si diresse con cautela verso l’altra stanza.
In piedi dietro la scrivania, Tucker Engle si tolse la giacca e la ripose in un armadio nascosto. Lo sguardo le scivolò sul suo fondoschiena perfetto. I pantaloni erano tagliati con tale precisione che sembravano accarezzarlo. Una semplice camicia bianca rivelava una schiena da nuotatore.
Deglutì proprio mentre lui si voltava.
«Cosa?»
Deglutì di nuovo. Corpo perfetto, capelli scuri, tratti scolpiti, doveva essere uno degli uomini più affascinanti al mondo. E l’aveva beccata a fissarlo.
«Niente.»
«Ottimo. Perché abbiamo molto da fare.» Si sedette e le indicò una delle due poltrone di fronte alla sua scrivania. «Tutto quello che sentirà in questo ufficio è confidenziale.»
Si sforzò di trattenere il commento acido che voleva fare. Non solo sarebbe stato immaturo, ma doveva anche lavorare con lui per settimane, forse mesi.
«Mi serve più di un’espressione confusa, signorina Prentiss. Mi serve un chiaro assenso.»
«Sì. Lo so. Ho seguito un corso di etica.»
Lui si appoggiò allo schienale e la camicia si tese ad abbracciare il suo petto. «Un sacco di persone seguono corsi di etica. Non tutti sanno cosa sia.»
Dopo essere stata definita bugiarda per due anni, accusata di ambire solo ai soldi, odiava che la gente dubitasse della sua integrità. Era furiosa, ma si trattenne. La rabbia non le era mai servita a niente, al contrario di calma e decisione.
«Non è il mio caso. Manterrò i suoi segreti.»
«Fantastico. Allora, il mio ultimo progetto è il motivo per cui nelle prossime settimane non mi basta il supporto dello staff segretariale.»
«La signora Martin ha detto che mi avrebbe assegnato compiti semplici per impedirmi di capire a cosa stia lavorando.»
«La signora Martin si sbaglia.»
«Forse dovrebbe correggerla.»
Lui inarcò le sopracciglia. «Forse lei dovrebbe ricordarsi con chi sta parlando. Il suo compito non è dirmi cosa fare, o dare suggerimenti, ma svolgere gli incarichi che le assegno.»
Lei si sentì imbarazzata. Era orgogliosa del coraggio che aveva sviluppato dopo l’aggressione da parte di Cord Dawson, ma Tucker Engle era il suo capo. Era normale che le desse ordini.
«Ci siamo capiti?»
«Sì» rispose lei senza esitazione.
«Perfetto.» Si alzò, girò intorno alla scrivania e si fermò a sfogliare i fogli appoggiati in un angolo. «Costanzo Bartolucci sta pensando di andare in pensione. Sa chi è?»
«No.» Fu colpita dal profumo speziato del suo dopobarba e lasciò scivolare lo sguardo lungo il suo torso e i pantaloni, fino alle scarpe lucide. Se non era cresciuto in una famiglia ricca, qualcuno gli aveva insegnato a vestirsi. «Non so chi sia.»
«Certo che no. I veri ricchi sanno come mantenersi fuori dalle luci della ribalta.»
Questo spiegava perché non avesse trovato alcuna informazione su di lui su Internet.
Lui trovò il foglio che stava cercando e tornò a sedersi. «Non si è mai sposato e non ha figli. Ma ha tre nipoti e tutti e tre affermano di parlare per lui. Il nostro primo compito è capire chi conosce davvero i suoi piani. Poi dobbiamo convincere quella persona a darci le giuste informazioni, così che io sappia quanto offrire per tutte le sue operazioni.»
«Vuole comprare un intero conglomerato?»
«Non fa parte delle sue mansioni, ricorda?»
«Sì. Mi scusi.» Fece un profondo respiro. Come si sarebbe comportata con lui? Già era un problema che fosse ricco, di successo e di bell’aspetto, ma lei non era abituata a trattenere la sua linguaccia. A volte se ne vantava.
Doveva imparare a restare al suo posto o sarebbero state otto lunghe settimane. Sempre che non la licenziasse prima per insubordinazione.
Lui le passò uno scritto. «Il suo primo incarico è controllare i rapporti finanziari e la storia di tutti i Bartolucci.»
Lo guardò nei suoi occhi verdi e sentì le farfalle nello stomaco. Era un incarico simile a quelli che si sarebbe aspettata nel reparto contabile. Parte della sensazione era dovuta al sollievo, ma il resto dipendeva da quegli affascinanti occhi smeraldo.
Era bello e difficile, si ricordò. Il secondo aggettivo cancellava il primo. E anche se non fosse stato così, era un’esperienza che aveva già fatto. Cord Dawson era ricco e intelligente. E alla fine l’aveva aggredita e quasi stuprata. Per quanto affascinante, non voleva più avere niente a che fare con un ricco. Non sapeva come comportarsi nel loro mondo. Era una lezione che non avrebbe mai dimenticato.
Si alzò prendendo il file. «D’accordo.»
Lui tornò a concentrarsi sui fogli sulla sua scrivania. «Chiuda la porta.»
Lei uscì con sollievo dal suo ufficio. Una volta chiusa la porta, strizzò gli occhi con disperazione. Anche se avesse imparato a tenere a freno la lingua, sarebbero state comunque otto lunghe settimane.
Tucker Engle riprese la lettera di presentazione, i risultati del college, i rapporti dell’investigatore privato e le lettere di raccomandazione che le risorse umane gli avevano mandato per Olivia Prentiss. Aveva controllato tutto prima di sceglierla, ma dopo averla incontrata, voleva ricordarsi