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Emma in love
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E-book282 pagine3 ore

Emma in love

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Info su questo ebook

Dall’autrice del bestseller Odio l’amore, ma forse no

Emma, dopo mesi di estenuanti ricerche, ha finalmente trovato lavoro: è appena stata assunta da un’importante agenzia pubblicitaria e, come se non bastasse, il suo capo, Davide Romeo, è un uomo bellissimo. Un motivo in più per andare a festeggiare con le amiche! Dopo una serata di bagordi, però, Emma si risveglia in un letto che non è il suo. Lei non ricorda nulla della serata precedente, men che meno chi sia il ragazzo che le dorme accanto. Imbarazzatissima, sguscia via e cerca di lasciarsi la brutta avventura alle spalle. Il lavoro ingrana e il rapporto con il capo va a gonfie vele tanto che qualche tempo dopo Emma si ritrova a fare la babysitter al piccolo Francesco, e così, a sorpresa, conosce Andrea, il figlio maggiore… che però è proprio il ragazzo con cui ha trascorso quella famosa notte di cui non ricorda un singolo istante…

Hanno scritto di Odio l’amore, ma forse no:

«Ironia, passione, insicurezze e romanticismo sono gli ingredienti principali di questa storia.»
Barbara
Lidia Ottelli
è nata nel 1976 in provincia di Brescia. Ha pubblicato alcuni racconti in antologie di piccole case editrici, è ideatrice del blog e della pagina Facebook Il Rumore Dei Libri, scrive con altre blogger sulla rivista online «Eclettica», con una rubrica dedicata agli esordienti, e collabora con la rivista «Pink Magazine Italia». Con Newton Compton ha già pubblicato Odio l’amore, ma forse no e Fino all’ultimo battito.
LinguaItaliano
Data di uscita6 feb 2017
ISBN9788822704801
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    Anteprima del libro

    Emma in love - Lidia Ottelli

    1

    La verità? Meglio di no!

    Voglio un uomo che mi faccia perdere il controllo! E lo voglio stasera!

    Era questa la frase che mi ripetevo tutte le sere prima di uscire di casa.

    Questa notte sarà la svolta, me lo sento.

    Un’altra frase stupida, entusiasta e poco realista.

    Ho passato un mese intero a fantasticare su uomini descritti da stupidi romanzi d’amore. La sfigata che si innamora del bel fusto di turno e lui contraccambia… sì come no!

    Mi chiamo Emma, ho ventisei anni, sono alta un tappo e mezzo, peso quanto una mezza botte di vino, sono castana, occhi azzurri, intelligente, ironica e non ho un lavoro. Detto questo, credete che un uomo bello, affascinante, fili una come me? Siamo realisti! Nemmeno dopo una decina di liposuzioni riuscirei ad accalappiare un vero figo. Tutte fantasie…

    La vita è una schifezza, l’amore è una schifezza, il lavoro è una schifezza, e io mi sento una schifezza.

    «Emma! Vuoi alzare quel culo flaccido dal divano e andare a cercarti un cazzo di lavoro?».

    Mi ritrovo così, in un sabato sera di mezza estate, con mia sorella che mi incita a cercarmi un lavoro, il divano che ha ormai la mia forma e la voglia matta di trovare il principe azzurro. Anche verde andrebbe bene, basta che sia un uomo che mi prenda tra le sue forti braccia, mi porti nel suo bellissimo regno e mi… scopi fino a farmi perdere la ragione.

    Scusate la volgarità, colpa di tutti i romanzi rosa che leggo.

    «Domani vado, devo aggiornare il curriculum».

    Come mentire per trovare lavoro: Mi chiamo Emma, ho ventisei anni, sono socievole, affidabile, dinamica e ho tanta voglia di imparare.

    Esatto. Ma la triste verità è che: Mi chiamo Emma, ho ventisei anni, non sono per niente socievole, anzi odio la maggior parte delle persone che mi ronzano intorno e la mia dinamicità è pari a quella di un orso in letargo. Non sono affidabile e ho perso il cane di mia sorella al parco mentre cercavo di flirtare con uno sconosciuto. Non mi interessa un cazzo di imparare, so già tutto quello che c’è da sapere, ma se non trovo un lavoro entro pochi giorni, mia sorella mi sbatte fuori di casa, e mi toccherà mangiare alla mensa dei poveri e lavarmi alle fontane comunali.

    2

    Bugie bianche… bugie di una disperata!

    «Devo per forza entrare lì dentro?»

    «Vuoi un lavoro?», mi chiede mia sorella.

    A dirla tutta, io stavo benissimo anche a casa, sul mio comodo, adorato, divano.

    «Okay, okay», sbuffo e mi avvio verso l’entrata dell’enorme edificio.

    A portarmi fin qui è stato l’annuncio di un giornale. Cercasi assistente segretaria.

    Così diceva l’articolo apparso tra le mani di mia sorella. La famosa azienda Romeo&Romeo cercava un’assistente segretaria.

    Segretaria… avevo lavorato come segretaria in un fast-food in centro a Milano. Tre lunghi anni trascorsi tra i banchi dell’università e l’odore di fritto.

    Credo sia stato quel posto a farmi ingrassare. Non che sia obesa, solo un po’ sovrappeso, ma chi non lo è? Lo sanno tutti che mangiare patatine fritte, panini con maionese, pizza con doppia mozzarella non aiuta la silhouette.

    Okay, entriamo, facciamo questo colloquio e via a casa.

    Il mio entusiasmo non è di certo al massimo. Non sono pessimista, intendiamoci, però questo è il quinto colloquio che faccio in due mesi e ho difficoltà a entusiasmarmi dopo tutte le risposte negative che ho ottenuto.

    Sin da piccola ho sempre avuto difficoltà in tutto. Nei rapporti con gli altri, anzi con il sesso maschile, soprattutto con gli uomini di cui mi innamoravo, perché il mio più grande difetto è proprio quello di innamorarmi facilmente, e di persone sbagliate. Così, anche per quanto riguarda il lavoro, ho avuto di continuo delle difficoltà. Ho sempre saputo cosa volevo, e anche quando mi sono diplomata sapevo benissimo che cosa avrei voluto fare da grande, ma la fortuna non mi ha mai assistito.

    La grande Milano. La città della nebbia, dell’amore, delle notti milanesi, e delle grandi opportunità.

    Tutte balle. Io qui l’unica cosa che ho trovato sono le amiche, per il resto solo delusioni e sfighe… più sfighe che altro.

    Entro sicura. La sicurezza, nonostante tutto, non mi è mai mancata. Mi avvicino al bancone situato a destra in un angolo, e una ragazza mora con dei grossi occhiali mi fa un sorriso smagliante.

    «Buongiorno, posso esserle utile?»

    «Buongiorno», le rispondo. «Sono qui per l’annuncio del giornale».

    La ragazza si sposta gli occhiali sulla testa e mi squadra da cima a fondo. «Lei è?»

    «Emma Grimaldi. Ho chiamato ieri».

    Controlla sul computer e, dopo qualche secondo di attesa, si rimette gli occhiali e mi dice: «Deve salire al quinto piano, poi vada a destra, in fondo al corridoio a sinistra».

    Ho la netta sensazione che il suo sorriso sia diventato una sorta di ma ti sei guardata? Dove vorresti andare conciata così?.

    «La ringrazio», le sorrido e vado vicino all’ascensore.

    Salgo e capisco il motivo dello sguardo della ragazza. Avete presente i pini? Alti, maestosi, composti, tutti perfetti? Qui dentro sono tutti così e io mi sento un bonsai poco curato con le foglie che stanno cadendo per colpa del concime essiccato.

    Dio mio, mi sento così piccola, grassa, brutta… no, brutta no, poco curata direi.

    Esco dall’ascensore e mi ritrovo in un corridoio lungo dalle pareti bianche. Mi ricordo: destra, in fondo a sinistra. Vado, colpisco e in un battito di ciglia sarò a casa con il mio gelato consolatorio e Dirty Dancing in dvd.

    Cammino guardandomi in giro e mi ritrovo davanti a un’altra mora con gli occhiali. Questa cosa è molto singolare; citazione alla Grey, ho sempre desiderato dirlo!

    «Buongiorno», mi dice con il sorriso della sua gemella alla reception. «Il signor Romeo l’aspetta».

    «La ringrazio». Sospiro profondamente prima di bussare alla porta. Forza Emma, entra e spacca tutto!

    Entro e il signore in questione è alla finestra a scrutare l’orizzonte. «Prego, si accomodi».

    Non si gira e io mi siedo davanti alla sua scrivania. Strano modo di conoscere un’aspirante dipendente. Passano diversi secondi prima che mi parli e io mi sento una sorta di Anastasia Steele in Cinquanta sfumature di grigio. Un po’ più sfortunata… be’, io un milionario me lo sogno di notte! Dicevo, una Ana con meno peli sulle gambe… sì, avete letto bene, avete visto il film? Ecco, ci siamo capite.

    «Signorina Grimaldi, il suo curriculum è molto interessante».

    Interessantissimo!

    In effetti, l’ho un po’ modificato. Modificato è un eufemismo. Ho gonfiato qua e là qualche frase.

    «Ho letto che ha lavorato con la G&G di Milano. Ottimi clienti». Oh cazzo! Continua: «Ex clienti. Si sono trasferiti a Londra e ora se ne occupa la nostra filiale inglese».

    Scampato pericolo. Mi sento agitata e sudata come un cammello in pieno deserto.

    «Mi dica», si gira, «sa di cosa ci occupiamo noi?».

    Fermo! Stop! Alt! Drew Evans è apparso davanti a me! Okay, non so esattamente come sia Drew, però, io lo immagino come quest’uomo con i capelli neri, affascinante, bello come il sole. I miei occhi si fanno languidi e increduli. Un bellissimo esemplare di maschio adulto si è materializzato al mio cospetto come nei migliori romanzi erotici che abbia mai letto. E la mia sudorazione aumenta di botto. O è il riscaldamento o sto andando in menopausa.

    «Certo!», Santo Google mi ha aiutato ieri sera. «Voi vi occupate di pubblicità».

    Si mette a sedere. «Esattamente, noi ci occupiamo di marketing pubblicitario per molte aziende in Lombardia».

    Be’, e io che ho detto? «Comunicazioni pubblicitarie per i clienti e per i consumatori».

    «Esatto», mi sorride.

    Wikipedia, io ti amo. Ho fatto le cinque di mattina per studiarmi questi termini e, a dirla tutta, ne conosco dieci su cento.

    Prende in mano il mio curriculum. «Vedo che ha lavorato anche da Fast Flool». Più o meno… esattamente era fast-food, ho cambiato solo qualche lettera. Dicono che le bugie bianche non fanno male, le mie sono grigie e sono disperate.

    «Sì. Sono stata licenziata per via di alcuni tagli al personale».

    «Capisco», si sistema meglio sulla sedia. «Non sapevo fosse in crisi».

    L’avete visto quel sogghigno? Io l’ho notato eccome, e ora vi spiego perché. La Fast Flool è la ditta concorrente. Be’, avete capito bene, la ditta che fa concorrenza a questa. Non è stata una buona mossa? Lo sapevo che avrei attirato la sua attenzione. Mentire a volte porta i suoi frutti.

    «Capita anche nelle aziende importanti se non si ha un buon organico».

    Altra stoccata. Chiamatemi Emma, il genio del male!

    «Qui, lavoriamo in modo diverso, signorina Grimaldi. Il mio organico è il migliore che ci sia sulla piazza, e la persona che assumerò dovrà lavorare gomito a gomito con me. Pretendo la miglior segretaria di sempre».

    Romeo, Romeo perché sei tu, Romeo! Rinnega la tua ditta e sbattimi sulla scrivania come se non ci fosse un domani. Sarò la tua segretaria, mezza segretaria, tutto fare. Il gomito te lo leccherò, se ci sarà bisogno, ma assumimi!

    Non giudicatemi.

    Annuisco e sfoggio il mio dolce sorriso da sono disperata.

    «Mi dica di lei», poggia i gomiti sulla scrivania. «Come lavora? Mi convinca ad assumerla».

    Che ne dice se vado sotto la scrivania? Un modo facile e veloce per convincerlo.

    Emma, sii seria!

    «Sono una persona ordinata», bugia. «Efficiente», bugia. «Mi piace lavorare in gruppo», altra enorme bugia. «La potrei stupire con le mie doti lavorative», doti... «Amo lavorare e vorrei essere più di una segretaria per lei…», ma cosa sto dicendo. «Cioè», respiro, «un’assistente tutto fare», salva in corner. «Ma se a lei, non può piacere una persona che ha lavorato con Marco Tesi della Fast Floor, la capisco».

    Altro sogghigno. «Ci sono tante altre candidate».

    Ma quanto è bello quest’uomo? Vi annuncio ufficialmente che ho deciso di fare subito del sesso con lui, all’istante se solo potessi.

    «Immaginavo», immaginavo, infatti come tutti gli altri colloqui. Mi alzo sconfitta. Caro il mio Romeo, il nostro rapporto è stato breve ma intenso.

    «Un mese di prova. Questo è il tempo che le do per convincermi».

    Scherza? Sta scherzando? «Veramente?»

    «Crede che scherzi?»

    «Nooo, certo, è solo…».

    «Non vuole più il lavoro?».

    Sgrano gli occhi. «Certo che lo voglio! Mi scusi, sono solo sorpresa. Sa, ultimamente è difficile trovare persone serie in questo campo».

    Come mi arrampico sugli specchi io, non lo fa nessuno.

    «La capisco. Per questo ho bisogno di persone efficienti al mio fianco».

    Ho un lavoro? Ho un lavoro! Urlo un sìììììì, forte e chiaro nella mia testa. «La ringrazio, non se ne pentirà».

    Dentro di me è partita la canzone di Shakira La la la, e sto ballando come lei nel video. Il mio movimento di fianchi non è di certo paragonabile al suo, però il concetto è quello.

    «La aspetto lunedì alle nove, e sia puntuale. Dia i suoi dati a Carmen, la mia segretaria qui fuori», mi viene incontro. «È stato un piacere conoscerla», allunga la mano, e io la stringo mentre mi alzo.

    I suoi lineamenti duri, perfetti, mi creano scompiglio. Non saprei se sono i suoi occhi penetranti che mi fissano in continuazione, la voce calda e sensuale, il suo fisico marmoreo, o l’espressione tenebrosa a mandarmi fuori di testa.

    Faccio il mio famoso sguardo ammaliatore alla Angelina Jolie sul red carpet: intenso, sempre più intenso.

    «Le è entrato qualcosa in un occhio?», mi domanda guardandomi stranito.

    «Co-cosa?»

    «Gli occhi», mi indica.

    «Sa-sarà il trucco», sbatto gli occhi, allontanandomi, «a lunedì».

    «A lunedì».

    Fingerò che mi abbia scrutato intensamente quando mi ha toccato la mano, per poi mangiarmi di desiderio magari un altro giorno… basta, devo smetterla di leggere erotici alla Sylvia Day!!

    3

    Me le cerco…

    Cosa si fa quando si riceve una bella notizia? Si festeggia. Da una disoccupata, con poche disponibilità finanziarie, non ci si aspettano certo festeggiamenti in grande stile. Però, chi non ha amici o amiche che, pur di bere e mangiare, organizzano super party nelle case altrui? Io ne ho tre. Manuela, Patrizia e Daniela. La setta alcolica delle feste di paese. Nonostante abitiamo a Milano, ci facciamo, anzi ci facevamo, chilometri per partecipare a tutte le varie feste dell’Unità, sagre e mostre sparse per la Lombardia.

    Non prendeteci per delle zoticone, ci piace solo la birra e in quei posti se ne beve a litri, si mangia a volontà, e si cucca che è un piacere.

    Suona il campanello e vado ad aprire la porta.

    «Eccoci», urlano tutte insieme.

    «Ciao ragazze, entrate. Perché siete vestite così? Dove sono le bibite?»

    «Stasera non staremo a casa. Ho prenotato nel ristorante più fico della città», esordisce Pat.

    «Cosa? No, ragazze. Lo sapete che non è periodo».

    «Piantala! Stasera paghiamo noi».

    «Non posso accettare».

    Daniela si fa avanti. «Ti prego, ti prego, ti prego».

    «Ragazze…».

    «Emma…».

    Mi faccio convincere. Ci vuole poco. «Vi giuro che appena incasso il primo stipendio, vi porto a fare un tour di tutte le sagre di paese».

    «Ora vai a prepararti. Si parte!».

    Partiamo per andare in un ristorante alle porte di Milano. Uno di quelli veri, con camerieri, cuochi e tanto di maître che ti accompagna al tavolo. Nei posti che frequentiamo di solito ti sbattono i piatti di plastica sul tavolo. Qui, invece, tutt’altra musica! Un mondo a parte. Un mondo dove noi andiamo una volta all’anno, precisamente quando percepiamo la tredicesima, prima di Natale.

    «Prego signorine, seguitemi», ci dice un uomo all’entrata.

    Lo seguiamo e ci dà un tavolo in disparte, molto carino. Per l’occasione ci siamo vestite da gara. Vestitini succinti e tacchi alti. Cioè loro, io mi sono messa un abito spezzato sotto il seno che fa apparire le mie tette più grosse di quello che sono, scende largo e morbido sui fianchi e soprattutto non segna la pancia. A dirla tutta, l’unico che mi entri ancora. In due mesi ho messo su dieci chili, un record anche per me. Saranno tutti gli snack che escono dagli armadietti della cucina e la poca attività fisica che faccio. Effettivamente il mio sport preferito è il faticoso alza forchetta.

    «Le signorine vogliono del vino?», ci chiede il cameriere.

    «Certamente!», esclama Daniela, «ci porti un Curvè Bellavista».

    Lui sorride. «Forse voleva dire Cuvée», la corregge, e se ne va.

    «Ma sei pazza», le dico, «costa un botto».

    «Non preoccuparti, stasera bisogna festeggiare».

    «Okay ragazze, io vi ringrazio ma non dovete spendere tutti questi soldi. Ho solo un mese di prova».

    «Va bene, il mese prossimo festeggeremo il secondo mese, e così via», replica Patrizia.

    «Sapendo come sei, ti diamo due mesi di tempo», ci interrompe Manuela.

    Patrizia le tira una gomitata. «Cosa ho detto? Emma non è una di quelle che si ferma al primo lavoro».

    Vi presento Manuela, detta la bocca scomoda della verità. Non ha tutti i torti, negli ultimi anni ho cambiato più lavori io che mariti Ivana Trump.

    Il cameriere ci versa del vino.

    «Facciamo un brindisi?», ci chiede Daniela.

    Alziamo i calici.

    «Alla nostra Emma», dice lei, scandendo bene le parole. «Che la sua vita diventi come i suoi amati romanzi!».

    Fa tintinnare il suo calice contro il mio, mentre io la guardo con il sorriso di chi sogna una vita così da sempre. Dopodiché, butto giù una sorsata, scolandomi tutto il bicchiere in un colpo solo.

    Io sono abituata a bere birra, il vino mi scende come se fosse acqua. In un attimo, una fiammata alcolica, mai sentita prima, sale dal centro del mio corpo e arriva direttamente al cervello. Ho un mancamento e ciondolo un po’ all’indietro, poi recupero – dondolando con eleganza – la posizione corretta.

    «Porca miseria, ragazze, questo vino è una bomba», dico spalancando gli occhi.

    «Devi bere poco alla volta. Non siamo alla sagra del cinghiale», mi ammonisce Patrizia.

    «Hai ragione! Da lunedì lavorerò in uno degli uffici più prestigiosi di Milano, devo imparare a comportarmi da ragazza altolocata!».

    Scoppiano a ridere, e io con loro.

    La mia pancia brontola. Ci siete mai stati in questi super ristoranti da quaranta euro a portata? Sapete, vero, che vi servono mini porzioni che costano un occhio della testa, ma che non riempiono neppure un quarto del vostro stomaco? Sappiamo benissimo che finiremo in qualche pub a mangiare patatine fritte e olive ascolane, però, per una volta, anche noi ci vogliamo coccolare come fanno i ricchi snob della Milano che conta. Mangiamo, si fa per dire, beviamo e ridiamo.

    L’ultima volta che ho bevuto un vino che arrivava a venti gradi, mi sono portata a letto un pecoraro della bassa bergamasca. Un tipo rozzo, ma particolarmente bello. Uno di quegli uomini che ti fanno fare le capriole da ferma, uno di quelli che ti fanno urlare: Tosami, sono il tuo agnello sacrificale.

    Comunque, forse stasera è meglio che non beva più.

    «Emma, dicci, com’è questo famoso signor Davide Romeo?».

    Sospiro. «Un gran bel tipo», rispondo sognante.

    «Com’è, com’è?», insiste Patrizia in preda a un’acuta crisi ormonale.

    «Ragazze, non potete capire. È alto, moro, occhi verdi, elegante, parla con una voce così… così autoritaria ma allo stesso modo tranquillizzante e sensuale». Sospiro di nuovo.

    «Il Christian Grey di noi altri», dice Manuela, annuendo interessata.

    «Io direi più un Gideon».

    «Gideon?», domanda Daniela.

    Patrizia sbuffa. «Dani, Gideon il famoso personaggio di

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