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Taken: Edizione italiana
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E-book371 pagine5 ore

Taken: Edizione italiana

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Info su questo ebook

Lei farà qualsiasi cosa per proteggere i suoi amici, anche se questo significa arrendersi al Dio dell’Oscurità.
 
Taken è il volume conclusivo della serie Enchanted Gods, dove Katrina non potrà sfuggire alle oscure profezie che daranno forma al suo destino.

 
Kat sta raccogliendo i frammenti del suo cuore spezzato riuscendo finalmente ad andare avanti, ma tutto va in fumo al Ballo in maschera dell’inverno artico.
Tutto ciò per cui ha lavorato va in frantumi, quando finisce tra le braccia di una persona che farà vacillare il suo cammino, e il suo cuore, ancora una volta.
Come se non bastasse, Erebo è tornato ad Apollo Beach e il suo ultimo atto malvagio colpisce dritto al cuore. Adesso, non si può più tornare indietro.
Erebo ha gli occhi puntati sulla fonte di energia e ha bisogno dell’aiuto di Kat per entrarne in possesso.
Lei farà qualsiasi cosa per proteggere i suoi amici, anche se questo significa arrendersi al Dio dell’Oscurità.
LinguaItaliano
Data di uscita4 mag 2023
ISBN9791220705738
Taken: Edizione italiana

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    Anteprima del libro

    Taken - K.K. Allen

    1

    Nel mezzo di una vita inaspettata, la nostra virtù è ancora minacciata da Erebo, il Dio dell’Oscurità. Da quella spaventosa festa quasi un anno e mezzo fa, la sua essenza si insinua nei nostri pensieri come una nuvola passeggera che pur muovendosi a distanza di sicurezza è sempre presente. Ci siamo abituati all’attesa e alla paura di una burrasca che potrebbe scatenarsi sulla nostra comunità in qualsiasi momento, eppure questo non lo rende comunque più facile.

    Vorrei poter dire che adesso sono pronta a ciò che accadrà, ma come si fa a sconfiggere la vita eterna? Batterlo è l’unico modo per sradicare la nuvola nera sospesa sopra la nostra comunità. La costante preoccupazione per ciò che potrebbe fare a coloro che amiamo ha la precedenza sulla vita che siamo destinati a vivere.

    Non mi sono mai sentita così debole, debole per l’incertezza e le perdite causate da così tanta morte. Se ne sono andate così tante vite innocenti… tutto per niente. Tutto per il potere.

    L’inverno ad Apollo Beach porta un po’ di freddo nell’aria, ma non è affatto come il paradiso invernale che ho sempre sognato. Stasera, però, vivrò una cosa bellissima.

    In questo momento sono in camera mia, seduta davanti allo specchio della toeletta per prepararmi a una serata speciale per celebrare il solstizio d’inverno; un giorno importante per gli Incantatori, soprattutto per i discendenti del Solstizio come me. Ma, mentre Rose e Charlotte saranno con la maggior parte della comunità Incantata al Summer Garden Teather per festeggiare, io sarò poco distante con i miei amici, alla Scuola di Gaia per il Ballo in Maschera dell’Inverno Artico.

    Inverno artico in Florida. Se ci penso, mi viene quasi da ridere. Dopotutto, lo scopo dei festeggiamenti di stasera è dare a tutti noi lo svago che meritiamo, una tregua dall’oscuro presagio dell’inevitabile ritorno di Erebo. E anche se abbiamo evitato riunioni così numerose come le due di stasera, abbiamo capito che non tutti gli eventi si rivelano pericolosi.

    Da quella terribile festa, il tasso di criminalità ad Apollo Beach è diminuito in modo significativo. Infatti, gli Anziani hanno intensificato la loro missione di proteggere la città usando di nuovo la stessa ricetta creata da mio nonno prima che morisse. A quanto pare, abbiamo solo una quantità limitata dell’intruglio speciale che serve a proteggere i grandi luoghi storici, come l’Isola dei Summer, e, come se non bastasse, ci serve un ingrediente che non abbiamo.

    L’energia del discendente di Poseidone.

    Ovviamente è Johnny l’ingrediente mancante per tenere tutti al sicuro. E ovviamente nessuno gli ha parlato da quando se n’è andato.

    Finora, solo le case degli Anziani e alcuni luoghi intorno alla città sono protetti, ma il piano è di cominciare presto anche con l’Isola dei Summer. A quanto pare, utilizzare quel tipo di energia non è una cosa che un Incantatore può fare in un giorno. Ci vogliono mesi, forse addirittura anni per coprire la zona che ci serve per proteggere la città.

    Dopo un’ultima occhiata al mio riflesso, mi alzo e sistemo il vestito argentato senza spalline. È un modello aderente che fascia il mio corpo come un guanto elegante e i decori di paillette ricordano una palla da discoteca che riflette la luce da ogni angolazione. Mi infilo un paio di tacchi a spillo dello stesso colore e ringrazio in silenzio le mie abilità soprannaturali, perché è sicuramente grazie a esse che riesco a mantenere l’equilibrio.

    È difficile immaginare la ragazza triste e insicura che ero, quando mi sono trasferita in questa città. Da allora, la mia vita ha acquisito un senso tutto nuovo. È carica di responsabilità che nessuno dovrebbe essere costretto ad affrontare. La consapevolezza di chi sono e la storia che ne deriva sono un peso più che una benedizione.

    «Ho finito!» Una Charlotte con le guance arrossate entra nella mia stanza danzando, con il suo ultimo capolavoro. La sua euforia è contagiosa e quando abbasso lo sguardo sull’oggetto che ha tra le mani, ne capisco il motivo.

    Prendo la stupenda maschera e la esamino. «Oh, Charlotte! È bellissima,» esclamo con enfasi. Ciò che è in grado di fare questa donna va oltre la magia. È un’artista.

    La grigia maschera glitterata è incisa con estrema precisione e le fessure per gli occhi sono strette quel tanto che basta per lasciare un po’ di mistero. Gli angoli superiori sono decorati da piume disposte come ali, mentre dal centro si dischiudono due lunghe strisce incurvate che simulano le antenne.

    «È una farfalla!» dice lei, vedendo che non sono abbastanza veloce a chiarire ad alta voce la sottile somiglianza.

    Il mio sorriso diventa più grande. «Lo vedo. Grazie, Charlotte. La adoro.»

    Mi posa le mani sui fianchi e mi fa voltare per essere di fronte allo specchio, mentre mi fa scivolare la maschera sugli occhi. Mi solleva la porzione superiore dei capelli, tira la nera fettuccia elastica da entrambi i lati e la lega saldamente prima di far ricadere le ciocche. Guarda il mio riflesso allo specchio e sussulta. «Oh, mio…» Le brillano gli occhi. «Sei stupenda.»

    La sua reazione mi fa diventare il petto pesante e slego velocemente la maschera. «Non cominciare, Charlotte. Farai piangere anche me.» Rido, nonostante il disagio. «Mi rovini il trucco, così.»

    «Scusami.» Si sfrega gli occhi lucidi. «Andiamo di sotto. Ti stanno aspettando.»

    «Stanno?» Sono confusa. I miei amici sono già qui? Non ho sentito suonare il campanello.

    «È passato tuo padre, sperava di vederti, prima che andassi via.» Un’espressione preoccupata le compare sul viso, come se pensasse che potrei non accettare la sua presenza. «È di sotto con Rose.»

    Da quando mio padre è arrivato alla porta della Residenza dei Summer, la nostra relazione è stata emotivamente complicata e ricca di discorsi sinceri, seppur imbarazzanti, nel tentativo di colmare i vuoti del nostro passato. Come continua a ricordarmi Rose, la cosa importante è che ci stiamo provando entrambi. Nonostante questo, non dimenticherò mai il giorno in cui si è presentato qui.

    Un anno e quattro mesi fa

    Aprii la porta, ritrovandomi davanti la nuca di un uomo e, quando si voltò, incrociammo subito lo sguardo.

    Per quella che sembrò un’eternità, il mio cuore smise di battere e mi si gelò il sangue. Avevo visto solo poche foto di lui, ma lo riconobbi immediatamente. Quelli che mi fissavano erano occhi simili ai miei, di un vivido argento brillante. Anche le ciglia erano lunghe quanto le mie e i suoi capelli, di un mosso naturale, erano castani come i miei.

    «Katrina.» Sembrava che il fiato lo avesse abbandonato, mentre un sorriso carico di dolore appariva sul suo viso. «Ho pensato che fosse finalmente tempo di conoscerci.»

    Rimasi pietrificata per quella che mi parve un’eternità. Troppo consumata dalle emozioni, non pensavo di farlo entrare.

    «Sono tuo…»

    «Lo so…» Mi mancavano le parole, ma il mio cervello si svegliò sentendo stridere degli pneumatici dietro di lui. Guardai alle sue spalle e vidi l’Escalade bianca entrare nel vialetto. Non appena Charlotte parcheggiò, Rose si precipitò fuori dall’auto per dirigersi a gran velocità su per le scale con un’espressione infuriata sul viso.

    «Che cosa stai facendo?» chiese arrabbiata a Paul. «Mi avevi detto che ci saremmo incontrati a scuola.»

    «Si è trattato di un fraintendimento, Madre.»

    Rose sbuffò, puntando gli occhi su di lui. «È una bugia. Mi hai ingannata.»

    Paul prese un respiro profondo, chiaramente sfinito da mia nonna. Di certo avevano già parlato prima di allora e questo significava che Rose mi aveva nascosto l’ennesimo segreto. Mi dava davvero sui nervi.

    «Possiamo rimandare a più tardi?» rispose lui sospirando. «Vorrei conoscere mia figlia, adesso.» Si voltò verso di me, con gli occhi carichi di pentimento.

    La mia normale rabbia per i segreti di Rose si intensificò. «Tu sapevi che era in città?»

    L’espressione sul viso della nonna si trasformò all’istante da collera a preoccupazione, nel momento in cui incrociò il mio sguardo infuriato. Osservai di nuovo Paul che mi guardava ancora con quei grandi occhi argentati. Qualcosa nel suo sguardo fece sciogliere la rabbia nei confronti di mia nonna, lasciandomi solo emozioni confuse.

    Rose si era comportata in modo strano ultimamente, con quelle telefonate segrete in macchina e nei suoi alloggi. Aveva parlato con Paul per tutto il tempo in cui avevo vissuto con lei? Le poche volte in cui avevo origliato la fine delle sue discussioni, avevo creduto che stesse parlando con Isaac, ma adesso avevo scoperto la verità.

    Vidi Charlotte avvicinarsi solo dopo un po’. Prese Rose per le spalle, per guidarla verso la porta d’ingresso. «Dentro, tutti voi,» ordinò. «State dando spettacolo. Preparerò del tè e Paul potrà parlare con sua figlia senza interruzioni.»

    Rose rimase a bocca aperta, mentre Charlotte la superava per varcare la porta principale. Paul annuì, facendomi segno di seguirla ed entrare nella Residenza dei Summer. Esitai solo per un secondo, per la paura di distogliere lo sguardo dal suo, come se potesse scomparire nell’istante in cui mi fossi voltata. Non riuscivo a credere che fosse davvero lì.

    Il momento del tè fu stranissimo e nell’aria c’era un’ostilità che ci circondava come uno squalo affamato. Non molto dopo il primo sorso, io e Paul uscimmo per fare una passeggiata sulla spiaggia.

    «Ti chiedo scusa per la scontrosità di mia madre. Avrei voluto parlare con te prima che potesse interromperci, ma forse è stato l’approccio sbagliato.»

    «Perché Rose sta cercando di tenerti lontano da me?»

    Paul aggrottò la fronte. «Non è proprio così, Katrina. Nonostante io mi sia chiesto più volte se dovessi tornare a casa da quando tu sei arrivata qui, sapevo di non poter interferire subito. Stavi già affrontando il dolore di aver perso tua mamma, di esserti trasferita, di essere diventata un’Incantatrice… era troppo. Forse stavo procrastinando per paura che non mi avresti accettato, ma pensavo che fosse meglio aspettare. Dopo ciò che è successo il Quattro Luglio, Rose ha insistito affinché tornassi a casa e ho accettato. Il piano era che arrivassi in autunno, però dopo il tuo incontro con Erebo, non potevo più rimandare. Mia madre non era sicura di come avresti reagito quando ci saremmo finalmente incontrati.» Fece un timido sorriso. «Detto tra noi, credo che volesse essere lei a presentarci e oggi ho mandato tutto all’aria.»

    Mentre parlava, io lo guardavo per memorizzare ogni centimetro del suo viso e i movimenti della bocca, facendo una lista delle nostre somiglianze nella mente. Quel giorno scelse le sue parole con cautela, quasi le avesse vagliate tutte prima di pronunciarle davvero. Mi ricordo di aver pensato quanto sembrasse perspicace e intelligente, e che emanasse una certa sicurezza.

    «Ho i tuoi stessi occhi,» gli dissi a un certo punto, durante un momento di silenzio.

    Lui mi sorrise, non sembrando turbato dalla mia goffaggine. «Azzurri da bambini, argentei da Incantatori.» Sul viso gli apparve un’espressione malinconica che mi colpì dritta al cuore.

    Avvertii una morsa allo stomaco. «Me lo diceva sempre la mamma.»

    «Davvero?»

    Annuii, ripensando alle numerose occasioni in cui l’avevo sentita sussurrare quelle parole, quando credeva che stessi dormendo. «All’epoca non capivo.»

    Paul infilò le mani in tasca, guardando in avanti, come se lo avessi appena messo a disagio. «È quello che ti ho detto io la prima volta in cui i tuoi occhi hanno incontrato i miei. Eri così piccola, ma erano già estremamente potenti.» Quelle parole mi suscitarono una scarica di emozioni talmente forte che riuscivo quasi a sentirla dentro di me. «Mi hanno tolto il respiro e vedo che oggi hanno ancora lo stesso potere.»

    Distolsi lo sguardo, sorpresa dall’impatto che il suo racconto aveva avuto sul mio cuore. Non ero per niente pronta a mostrargli quanto il nostro ricongiungimento mi rendesse emotiva. Credevo che non ci fosse niente che avrebbe potuto dire o fare per perdonarlo per la sua assenza. Non avrei ignorato la parte di me che era pronta a scoppiare d’amore per quell’uomo, quella che lo aveva già perdonato. Ma la mia parte cocciuta ebbe la meglio sulla coscienza. Dopo un gelido confronto tra cuore e mente, vinse quest’ultima, rinchiudendo il primo in un blocco di ghiaccio.

    Osservammo in silenzio l’orizzonte sulla baia. L’acqua era calma, l’aria carica di umidità e gli uccelli di passaggio starnazzavano sgarbatamente.

    «Questa spiaggia è proprio come nei ricordi di quando ero piccolo. La vista infinita dell’oceano, il profumo della tiepida brezza salmastra, il rumore dell’acqua che si infrange sul pontile roccioso…» Sfiorò la sabbia con le dita. «Mi ricordo di aver passeggiato qui quasi fosse ieri, eppure sembra tutto così lontano.»

    Mi sentii sopraffatta dalle immagini che avevo evocato in passato di mia mamma e mio papà che si erano incontrati proprio lì, ed ebbi la sensazione che anche lui stesse parlando di lei.

    Lo guardai di nascosto. «È il bello della sabbia, no? Ogni impronta viene spazzata via dalle onde e, se non si fa attenzione, anche i bei ricordi vengono portati via.»

    Lui si voltò verso di me, con le sopracciglia aggrottate e la testa inclinata. L’espressione era quella di un uomo che stava liberando un mucchio di emozioni represse da una vita, e le parole che aveva voluto dire stavano per uscirgli dalle labbra.

    «Ho così tante cose da dirti, Katrina, e così tanto tempo a cui dover rimediare. Ma inizierò da questo, perché è importante che tu lo sappia.»

    Chiusi gli occhi, strizzandoli per darmi forza.

    «Se ci fosse stato un altro modo… avrei fatto qualsiasi cosa per stare con te e tua madre. Adesso farai fatica a crederci, però è la verità.»

    Forse era per la paura che se ne sarebbe andato con la stessa velocità con cui era arrivato, ma per me era difficile credergli.

    «Mi piacerebbe poterti conoscere,» disse.

    «Rose non ti ha raccontato nulla di me?»

    Notai un pizzico di disappunto nei suoi occhi, ma vidi le sue spalle rilassarsi. «Mia madre è arrabbiata con me da parecchio tempo, ormai. Le nostre conversazioni non sono state piacevoli.»

    «Perché?»

    Quando liberò un sospiro, capii che il nostro discorso non sarebbe andato nella direzione in cui aveva programmato. Sempre che l’avesse programmato.

    «Mia madre…» iniziò, prima di fare una pausa. «Tua nonna è bloccata nei suoi schemi, Katrina. Le sue convinzioni sono incrollabili e spesso non la pensiamo allo stesso modo. Mi sono allontanato, dopo che tua madre ti ha portata via, e quando sono tornato in seguito alla morte di mio padre, le cose erano ovviamente cambiate. Mia madre era diventata fredda e distaccata e, in un certo senso, anche io. Avevo perso così tante cose che sembrava impossibile aggiustare il nostro rapporto. Semplicemente, non ne avevo la forza.» Poi scrollò la testa, quasi imbarazzato. «Guardandomi indietro, capisco che ero depresso. I miei problemi erano diventati più grandi di me, ma sono stato immaturo e non li ho affrontati a testa alta. Nessuno di essi è stato colpa di mia madre, però io ho imputato tutto a lei. Non so perché l’ho fatto; non avevo nessun altro.» La sua espressione diventò ancora più corrucciata. «Da allora, il nostro rapporto si è deteriorato.»

    Le sue parole non mi piacquero molto. «Sembra che tu abbia preso bene la sconfitta.»

    Sollevò lo sguardo per incontrare il mio. «Suppongo che tu abbia tutto il diritto di credermi un debole. Le circostanze fanno sembrare che sia così, e forse lo sono, ma adesso sono qui, Katrina. Spero che tu mi permetterai di essere il padre che non ho potuto essere finora.»

    Il mio cuore venne avvolto da un tornado di emozioni che minacciava di distruggerlo se non fossi riuscita a prendere il controllo in qualche modo. Non ero pronta a perdonarlo, a dimenticare e andare avanti, tuttavia sembrava proprio che il mio rapporto non fosse l’unico a dover essere riparato. «Proverai a sistemare le cose con Rose? Sarà anche testarda, però ha un gran cuore. Le sue intenzioni sono buone e lo sai anche tu.»

    Con mia sorpresa, Paul ridacchiò. Fu un suono strano ma non del tutto sgradito. Quando ricominciò a parlare, il divertimento gli si leggeva negli occhi. «Parli proprio come lei.»

    Si riferiva a Rose, non ci fu bisogno che me lo dicesse esplicitamente.

    Diventai rossa per l’imbarazzo. «Immagino che mi abbia contagiata.» Volevo riportare la conversazione su di lui. «Su che cos’è che tu e Rose non siete d’accordo?»

    Quando mi voltai per guardarlo, il suo sguardo era carico di emozione. «Mi ha incolpato di aver permesso a tua madre di andarsene con te. Ha detto che un amore Predestinato non dovrebbe mai finire nel modo in cui è finito il nostro. Ma pensavo di non avere altra scelta, dopo aver scoperto ciò che era tua mamma…»

    Quando non riuscì nemmeno a pronunciare quelle parole, sentii una stretta allo stomaco. Era parte di lei, era parte di ciò che ero io. «Un Equinozio.»

    Gli occhi di mio padre si posarono sui miei in risposta a quell’audace dichiarazione, come se fosse sorpreso dal fatto che io lo avessi accettato con così tanta facilità.

    «Sì, esatto.» Si fermò per un secondo, quasi cercasse di dar forma alla frase successiva. «Volevo disperatamente capire come mai mi aveva lasciato in quel modo. Il mio cuore era a pezzi e niente aveva senso. Sapevo solo che si trattava di qualcosa più grande della sua paura legata al fatto che la nostra fosse una famiglia di Incantatori. Avevo anche considerato l’ipotesi che qualcun altro le avesse rubato il cuore, ma nel profondo sapevo che non era così. Il nostro amore era come quello delle favole. Non c’è mai stato, né mai ci sarà un altro amore così grande per me.»

    Oh.

    «Più o meno una settimana dopo che Grace ti aveva portata via, stavo esaminando l’ufficio di mia madre, quando mi sono imbattuto in una fotografia del braccialetto di tua mamma…»

    «Questo?» Mi spostai di nuovo, alzando il polso per fargli vedere l’ornamento d’oro premuto contro la mia pelle.

    Lui sussultò. «Sì.» Gli mancava il fiato, mentre mi fissava con gli occhi sgranati, prima di prendermi la mano per esaminare il cimelio. «È proprio questo.» Le sue dita accarezzarono quel ciondolo delicato. «Quando te lo ha dato?»

    Ritrassi il braccio contro il petto. «Il giorno in cui è morta. Secondo Rose, sapeva che Erebo mi sarebbe venuto a cercare, dopo il mio diciottesimo compleanno.»

    Paul scosse la testa, con lo sguardo fisso sulla baia. «Sei diventata una donna forte e coraggiosa, Katrina. Tua nonna mi ha raccontato del tuo incontro con Erebo alla festa. Mi dispiace che tu abbia dovuto affrontarlo da sola.»

    «Non ero da sola,» dissi, raddrizzando le spalle. «C’erano Alec e Johnny.»

    Paul ridacchiò leggermente. «Da quello che mi pare di capire, sei stata tu a proteggere loro.»

    Sentii una vampata di calore propagarsi da dietro il collo. «Nessuno dei due sapeva della propria discendenza. Alec è stato adottato quando era piccolo ed è entrato in possesso dei suoi poteri solo di recente. Purtroppo, è stato avvicinato prima da due Equinozi di Erebo e non sapeva che cosa pensare. Comunque, lo ha scoperto da solo in fretta, poi si è limitato a stare al gioco. E Johnny…» Deglutii, detestando il modo in cui ogni ricordo di lui mi pugnalasse un po’ il petto. «I suoi genitori sono morti quando era un ragazzino, era un Perduto e ha dovuto badare a se stesso senza capire appieno i suoi poteri.» Il cuore mi faceva male come la prima volta che avevo sentito quella storia.

    Paul annuii lentamente, mentre digeriva le nuove informazioni. «E dove sono questi ragazzi, adesso?»

    Qualcosa in quella domanda mi fece chiedere se avesse sentito il dolore nella mia voce. Lo spazio intorno a noi venne avvolto dal silenzio. Non ero sicura di voler parlare del mio cuore spezzato con lui. «Alec vive poche case più in giù. Johnny se n’è andato.»

    «Andato?»

    Annuii, mentre lo sconforto mi dilaniava il petto. Mi tirai su, scrollandomi la sabbia dal sedere, e Paul si alzò in piedi a fianco a me. «Johnny è un discendente di Poseidone. Sono stati gli Equinozi a uccidere i suoi genitori, quando aveva dodici anni. Da allora, la sua missione è stata quella di vendicarsi. Ciò che è successo alla festa l’ha solo alimentata di nuovo, e adesso è determinato a dare la caccia a Erebo per ucciderlo.»

    Lui contrasse la mascella, prima di scuotere la testa. «Anche se trovasse Erebo, non avrebbe nessuna possibilità di vincere.»

    La preoccupazione che mi aveva consumata da quando Johnny se n’era andato mi colpì di nuovo con tutta la sua forza. «Perché?»

    Paul mi guardò. «Erebo è un essere eterno. È fatto di una magia oscura che non può essere distrutta, mai. O almeno, non nel modo in cui probabilmente ha intenzione di fare Johnny. Temo che quella del tuo amico sia una missione impossibile.»

    Oggi

    La nostra conversazione è finita lì, e dopo la nostra passeggiata sulla spiaggia, Paul ha detto a tutti noi che si sarebbe trasferito ad Apollo Beach in modo permanente, in una casa in fondo alla strada. Sarebbe stato abbastanza vicino, ma senza che il nostro ricongiungimento sembrasse troppo intrusivo.

    È venuto spesso a cena e qualche weekend anche a colazione. Con il tempo, abbiamo trovato alcune cose in comune, come l’amore per la letteratura e l’indole avventurosa. A volte ci siamo ritrovati accampati nella Biblioteca dei Summer, altre abbiamo esplorato la natura in bici, in barca o facendo trekking su sentieri naturali. Mi ha anche fatto scoprire le immersioni in acque profonde, che sono presto diventate un’ossessione. Niente polvere del mare, né code da sirena, almeno non con Paul. Abbiamo fatto delle vere e proprie immersioni in mare aperto, quelle con le pinne di plastica e le bombole di ossigeno legate alla schiena.

    Abbiamo sicuramente fatto tanta strada da quel primo giorno in cui è arrivato alla scalinata della Residenza dei Summer, e adesso è qui per vedermi andare al ballo. Provo una sensazione di tepore, mentre seguo Charlotte al piano di sotto, attraverso l’ampio ingresso per raggiungere la sala principale. Paul e Rose sono vicini e parlano a bassa voce, ma quando ci vedono smettono all’istante.

    «Vogliamo fare bella impressione, eh?» chiede Rose per stuzzicarmi.

    Le faccio una smorfia scherzosa, mentre Paul mi prende per mano. Mi esamina da testa a piedi con occhi socchiusi e labbra contratte, poi mi fa fare una piroetta come se fossi una bambina. Mi si scioglie il cuore.

    A volte la felicità che provo quando sono con mio padre sembra sbagliata, quasi dovessi ancora essere arrabbiata con lui per essere stato lontano per tutta la mia vita, ma non lo sono. Anche se è strano, in un certo senso capisco perché ha sentito il bisogno di tenersi a distanza.

    «Sei bellissima, Katrina.»

    Gli faccio un sorriso gigante. «Grazie.»

    Dato che mi fa strano chiamarlo papà, di solito non lo chiamo in nessun modo.

    «Non avrai freddo?» mi domanda Rose, guardandomi le braccia e le gambe scoperte.

    Inclino la testa verso di lei, divertita. Sa meglio di chiunque altro che gli Incantatori sanno adattarsi a ogni temperatura. «Oh, smettila. Starò bene, Rose. Il ballo è al chiuso, ricordi?»

    Lei fa spallucce, esaminandomi con attenzione. Di certo non approva tutta la pelle che sto mostrando, ma non riesco a capire come mai.

    «Rose,» provo di nuovo, piegando il capo. «Non indosso niente di diverso rispetto a qualche tempo fa.»

    Lei increspa le labbra. «Sì, però adesso sei più grande.» Disegna la forma di una clessidra con le dita. «Sei più… piena.»

    Rido, mandando via l’imbarazzo. Le mie curve sono aumentate da quando sono arrivata ad Apollo Beach, però l’energia mi mantiene in costante movimento e, nonostante io riesca ancora a entrare nei vecchi vestiti, noto che sono un po’ più attillati.

    Charlotte fa un passo in avanti e posa un palmo sulla spalla di mia nonna. «Io credo che sia favolosa, Rose.»

    Paul mi stringe la mano. «Sono d’accordo, Madre.» Si volta verso di me. «Ma se stasera quel ragazzo ti crea qualche problema, sai chi chiamare.» Mi fa l’occhiolino e poi mi lascia andare.

    Rose sospira e schiude le labbra in un sorriso scherzoso. «D’accordo. Vedo che sono in minoranza.»

    Dopo averla abbracciata e averle dato un bacio sulla guancia, osservo di nuovo mio padre, che è davvero affascinante nel suo smoking, pronto a unirsi a Rose e Charlotte per l’evento del solstizio d’inverno al Giardino.

    Si schiarisce la gola, con una familiare espressione confusa sul viso. Non gli ho mai chiesto conferma, ma la mia teoria è che, quando mi guarda, rivede mia madre. Mi si stringe lo stomaco. Nel profondo, sono preoccupata che non gli piaccia la parte di me che ho ereditato da lei, quella che condivide il sangue di Erebo. Non è qualcosa di cui abbiamo mai parlato.

    Charlotte ci fa avvicinare al pianoforte sulla sinistra delle finestre che affacciano sulla baia. «È l’ora delle foto. Vicini, voi due.»

    Ci mettiamo in posizione. Mio padre è alla mia destra e mi cinge la vita con il braccio sinistro, e io faccio scivolare il mio dietro di lui.

    «Oh, è perfetto,» dice euforica Charlotte, iniziando a scattare con la fotocamera.

    Mentre sorridiamo per la foto, mi sento attraversare da un calore vibrante e mi si riempie il cuore di gioia. Manca solo una cosa. Guardo verso la porta, ansiosa per il suo arrivo. Dovrebbe essere qui da un momento all’altro.

    2

    Io, Rose e mio padre siamo stretti sul divano della sala grande, con la macchina fotografica che levita di fronte a noi. Charlotte vuole scattare la foto perfetta a ogni costo, ma con sorpresa di tutti, suona il campanello. Il mio cuore sussulta e spalanco gli occhi.

    È qui.

    La fotocamera torna nelle mani di Charlotte e Paul si alza per andare ad aprire la porta. «Credo che questa possa andare bene,» dice lei guardando sorridente la macchina fotografica con orgoglio.

    Prima che io possa alzarmi dal divano, Rose mi prende per un braccio, tirandomi più vicino a sé. «Sei bellissima, cara.»

    Il complimento inaspettato mi fa arrossire. Non è sempre facile accontentare mia nonna, ma da quando è arrivato mio padre, qualcosa in lei è cambiato. Mi piace. È come se avesse fatto pace con il mondo… beh, la maggior parte delle volte.

    «Grazie, Rose. Non aspettarmi.» Le faccio l’occhiolino.

    Lei ridacchia. «Oh, non lo farò. Non stasera. Sarò troppo impegnata a fare festa.» Scuote le spalle per dimostrarmi che fa sul serio e non posso fare a meno di gettare la testa all’indietro ridendo.

    Le due voci ovattate alla porta mi fanno tremare e mi domando come mai io sia così nervosa. Non è la prima volta che usciamo insieme. Che cosa gli starà dicendo mio padre? Provo ad ascoltare, ma devono aver schermato la conversazione: oltre al suono delle loro voci non riesco a sentire niente. Di sicuro, Paul gli starà facendo il classico discorso Comportati bene, perché ti tengo d’occhio.

    Nel tentativo di riacquisire la calma, faccio scorrere le mani lungo il vestito e faccio un respiro profondo, urlando alla mia agitazione di svanire. Poi prendo la maschera dal fondo del tavolo e mi alzo. Sollevo lo sguardo proprio nel momento in cui Paul entra nella stanza seguito da un Alec Stone bello da togliere il fiato. I suoi capelli castani, di un mosso naturale, sono cresciuti molto da quando ci siamo conosciuti. Se non fa niente, gli ricadono in testa come una zazzera scompigliata. Stasera, però, ogni ciocca è perfettamente al suo posto, pettinata all’indietro in modo da rendere ben visibile il suo viso cesellato.

    «Sei stupenda,» esclama.

    Il mio cuore cede leggermente, mentre sento le guance avvampare. Tra tutti i complimenti che ho ricevuto stasera, il suo è quello che mi fa sicuramente arrossire di più.

    Alec colma la distanza tra di noi e mi prende tra le braccia. Devo solo inclinare un po’ il mento per incontrare il suo sguardo. «Ti sei dato una bella ripulita,» dico scherzando.

    «Beh, ti ringrazio.» Il sorriso che fa gli illumina tutto il viso. «Tu, invece, potresti indossare un sacco di patate ed essere comunque bella, ma questo…» Fa un passo indietro e mi guarda da testa a piedi. «Funziona molto meglio.» Mi fa l’occhiolino.

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