Bullismo e cyberbullismo come cause della dispersione scolastica
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Il volume approfondisce due prospettive di lettura in una cornice teorica che descrive in modo dettagliato i costrutti di bullismo e cyberbullismo, fenomeni sempre più frequenti e operanti nelle scuole. In questa prima parte, il volume fornisce agli insegnanti, agli studenti e ai genitori; un supporto per il risveglio della coscienza ma anche gli strumenti necessari di formazione, informazione e prevenzione degli atti di prevaricazione scolastica. La seconda parte, invece, è una ricerca sul campo, nella quale si prova concretamente di dare risposte al quesito.
Laurent Falay Lwanga, nato nella Repubblica Democratica del Congo, insegante di Pedagogia all’Università di Lubumbashi (RD.Congo) e all’istituto teologico marchigiano in Ancona, Vice Presidente della Comunità di Capo d’Arco Padre Gigi Movia di Nardò, Frate minore Francescano. Tra le sue pubblicazioni: “La pensée du Philosophe Kà Mana, redynamiser l’imaginaire Africain” [l’Harmattan, Paris, 2017]; “Le cerveau commun dans l’élaboration d’un projet éducatif”, [l’Harmattan Italie 2019]; “Educazione in Africa Subsahariana, storia e problematiche”, [l’Harmattan, Italia 2022].
Sabrina Marzo, Pedagogista e Counselor sistemico relazionale ha sviluppato nel tempo esperienze di studi e ricerche in progettazione e valutazione formativa in contesti formali, non formali e informali. Svolge consulenza pedagogica e progetti di inclusione sociale e bisogni educativi speciali. Attualmente collabora con la cattedra di Deontologia Professionale del prof. Del Gottardo presso l’Università del Salento.
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Anteprima del libro
Bullismo e cyberbullismo come cause della dispersione scolastica - Laurent Lwanga Falay
Laurent Falay Lwanga e Sabrina Marzo
Bullismo e cyberbullismo come cause della dispersione scolastica
© 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-6871-3
I edizione gennaio 2023
Finito di stampare nel mese di gennaio 2023
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Bullismo e cyberbullismo come cause della dispersione scolastica
"Dal riconoscere un solo modo di comprendere la realtà, il nostro,
nasce il disprezzo dell’altro e la giustificazione del suo annientamento"
(G. Mantovani - L’elefante invisibile)
Nuove Voci
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
Prefazione
di Gregorio Marsiglia
Questa pubblicazione, nata durante l’elaborazione del progetto no neet
finanziato dalla Fondazione con i bambini
e che ha coinvolto molte delle Comunità di Capodarco a livello nazionale, è stato fortemente voluto dalla Comunità di Capodarco padre Gigi Movia
per cercare di fissare, in un contributo teorico, l’esperienza maturata in 25 anni di vita.
Molte persone, minori a rischio, ragazze madri, disabili e non, operatori, volontari ecc., hanno condiviso in questo spazio temporale, tutta o parte la loro vita nella Comunità, portando il proprio vissuto, la propria professionalità, l’esperienza maturata, le loro storie di emarginazione, di bullismo e di povertà educativa. In tutti i casi abbiamo tratto un minimo comun denominatore: l’incapacità, molte volte, a gestire le proprie emozioni, a dare, in altri termini, un senso profondo alla propria vita.
L’esperienza di questo lavoro ci ha consentito di analizzare il fenomeno sotto due punti di vista, da un lato quello di trattare il bullismo e l’abbandono scolastico come prodotto derivante da tale incapacità, dell’altro di analizzare il contesto entro cui i soggetti si muovono.
Il metodo di lavoro utilizzato in questa ricerca è stato quello della narrazione. Di particolare pregio è la testimonianza, sotto forma di diario, delle ragazze partecipanti al progetto. Esse sono riuscite a far emergere, attraverso il racconto della propria esperienza, parti nascoste della propria vita dando loro un nome e a riorientare quindi il proprio vissuto. Per questo lavoro di introspezione un grazie particolare va, a padre Laurent Falay Lwanga, Sabrina Marzo, Ilaria Minnella, Isabella Marsiglia, Daniele De Riccardis e tutti gli altri Operatori della Comunità coinvolti nel progetto. Un particolare ringraziamento alla Fondazione con i Bambini
e all’Istituto d’Istruzione Secondaria e Superiore E. Vanoni di Nardò.
E ora? Il risultato di questo lavoro è solo l’inizio, una traccia su cui muoversi. La Comunità sta già lavorando sul futuro sia con nuovi progetti già avviati (teniamo la rotta) o in incubazione (la scuola nella scuola), tutti rivolti nella stessa direzione e con lo stesso obiettivo: fare rete sul territorio per costruire una Comunità Educante che accompagni i ragazzi a trovare la propria felicità, la vocazione della loro vita.
INTRODUZIONE
Quotidianamente è facile imbattersi in episodi di aggressività. Basta solo provare a ripercorrere una qualunque giornata tipo: qualcuno che prende una posizione contraria alla nostra e soprattutto va a toccare il nostro io profondo con parole offensive; oppure mentre ci rechiamo al lavoro e un automobilista ci taglia la strada imprecando contro di noi o nei luoghi pubblici per una fila non rispettata; oppure mentre giochiamo a calcio e siamo coinvolti in una sorta di combattimento
. In tutti questi esempi, si manifesta la nostra aggressività che viene espressa a diversi livelli, alcuni di scarso rilievo, altri invece più significativi.
In questo studio non vogliamo ricercare le radici dell’aggressività, quanto piuttosto impegnarci in un percorso che mira a comprendere, definire e trovare le ragioni agli atti della violenza principalmente nel contesto scolastico. Nel corso del XX secolo, in ambito psicologico, sono state avanzate varie ipotesi riguardo alla genesi dell’aggressività; in letteratura troviamo oltre 250 definizioni di questo paradigma (Anderson, 2001). Anderson e Riva, in base alla seguente definizione: "qualunque comportamento intenzionalmente rivolto verso un altro individuo con l’obiettivo di provocare dolore fisico o psicologico" (Canestrari R. e Godino A., 2017), sostengono che
"non c’è segno di aggressività solamente laddove non si presenti la tentazione di prevaricare sugli altri. Lo stesso individuo che in un determinato contesto sociale, ambientale e culturale, si comporta con elevato senso civico, posto in condizioni particolarmente avverse, come ad esempio, una guerra, la minaccia di una grave carestia, la soppressione delle libertà da lui acquisite., la costrizione a vivere in uno spazio molto limitato, la scoperta di un tradimento, la sottomissione ad un ricatto, etc., può trasformarsi in un essere improvvisamente aggressivo e pericoloso, pronto a compiere qualsiasi genere d’azione".
Bisogna stabilire una differenza tra l’aggressività ostile e quella strumentale: la prima si riferisce ad un comportamento impulsivo e non pianificato, motivato dalla collera e si verifica in risposta ad una provocazione; la seconda invece è razionale, basata su un calcolo, e viene esercitata per massimizzare i profitti andando oltre il mero nuocere alla vittima. Nel caso del bullismo e cyberbullismo non si tratta né dell’uno né dell’altro tipo. Nel dire comune, infatti, si tende a confondere l’aggressività con la violenza. Ci sono invece delle sfumature che fanno la differenza: la violenza ha come unico obiettivo quello di provocare dolore estremo (ad esempio ferire o uccidere qualcuno), per cui (Andrighetto L., 2020), essi precisano che tutte "le forme di violenza sono aggressive, ma non necessariamente tutte le forme aggressive sono violente".
Queste condotte antisociali trovano una valvola di sfogo anche in rete. Esistono numerosi esempi di pratiche che, a causa della loro gravità, vengono perseguite dalla legge. Tra queste troviamo il cyberterrorismo, che utilizza internet per condurre atti di violenza che mettono in pericolo la vita delle persone per scopi politici o ideologici; il cyberstalking, cioè l’atto di perseguitare una persona attraverso i social media; l’online harassment, che consiste nel molestare una persona attraverso messaggi e commenti offensivi a causa del suo genere, orientamento sessuale, etnia, religione o disabilità. Potremmo così dire che ci sono tante pratiche antisociali, tra cui ad esempio il trolling, termine che indica un utilizzo malevolo di internet, caratterizzato da tentativi deliberati di un utente di creare conflitto o disagio attraverso messaggi provocatori e/o minacciosi rivolti a una o più persone all’interno di una comunità online. Queste che abbiamo evidenziato sono tra le maggiori azioni antisociali da distinguere da un altro fenomeno dell’era digitale, il cyberbullismo, una pratica che riguarda soprattutto i più giovani e che può avere ripercussioni molto dannose sulle vittime, quali l’isolamento sociale, la depressione e, addirittura, il suicidio. Non è nostro intento esaminare tutti questi concetti. Essendo questa una ricerca circoscritta, ci limiteremo ad un approfondimento sugli atti di violenza, ovvero di prevaricazione, all’interno delle scuole, come importante causa di dispersione scolastica, incentrando la nostra attenzione sui fenomeni di bullismo e cyberbullismo.
Il presente lavoro è il frutto di una ricerca condotta da una squadra di volontari della comunità di Capodarco - Comunità di Capodarco P. G. Movia di Galatone
-, in collaborazione con l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore E.Vanoni
di Nardò, provincia di Lecce.
La ricerca è frutto dell’esperienza sul campo, vissuta nella realizzazione del progetto ‘No Neet’ (Not Education, Employement or Training), finanziata dalla fondazione Con i Bambini
(Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile). Importante sottolineare che, sul territorio, non è stato mai realizzato in precedenza un lavoro rilevante nel campo della dispersione scolastica.
Lo scopo è stato quello di coinvolgere tutta la collettività in problematiche sociali che potrebbero sembrare poco rilevanti, mentre, tacitamente, possono, come un virus, distruggere la vita dell’intera comunità.
È un lavoro di ricerca-azione mirato ad un percorso di formazione e informazione condivisa con gli attori principali dell’educazione e con i ragazzi, in quanto il successo di una progettazione dipende più dalle variabili locali che dalle variabili generali.
Nello specifico, si è costituito un team che inizialmente si è adoperato nello studio preliminare delle varie documentazioni sulla dispersione scolastica. Successivamente, per favorire una ricerca condivisa, secondo le necessità del territorio, è stato elaborato un questionario da somministrare a tre livelli differenti: il primo agli alunni, il secondo ai docenti e il terzo ai genitori. Questo terzo gruppo, tuttavia, non è stato più coinvolto a causa delle difficoltà dovute al sopraggiungere del Covid e al conseguente Lockdown nazionale.
Nella dinamica dell’imparare facendo, secondo le linee guida di Piaget, abbiamo pensato che, dopo aver somministrato il questionario agli alunni, avremmo potuto iniziare insieme a loro un percorso formativo che li portasse all’elaborazione di un loro proprio questionario da somministrare ai genitori. Come ben evidenziato sopra, purtroppo questa