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Ora che è arrivato l’autunno
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Ora che è arrivato l’autunno
E-book159 pagine2 ore

Ora che è arrivato l’autunno

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Info su questo ebook

Lorenzo, scrittore di gialli, ha appena compiuto cinquantanove anni e, se si guarda indietro, non può essere felice di quello che vede. È diventato un uomo solitario e scontroso, non ha dato a sua moglie – morta due anni prima – l’affetto che meritava, ha trascurato suo figlio, e soprattutto ha lasciato che il rapporto con i suoi due migliori amici, Lea e Federico, si sfaldasse. Ma ogni cosa cambia quando, alla presentazione del suo nuovo libro, compare Lea, trentasette anni dopo l’ultima volta che l’ha vista. Il ritorno dell’amica riapre per Lorenzo una porta sul passato, che lo spinge a mettere in discussione ogni certezza. Presto capirà che non è troppo tardi per rimediare agli errori commessi e che solo accettando pienamente se stesso potrà essere felice e vivere senza più rimpianti ciò che rimane della sua esistenza.
LinguaItaliano
Data di uscita16 giu 2023
ISBN9788892967168
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    Anteprima del libro

    Ora che è arrivato l’autunno - Massimo Tirinelli

    SÀTURA

    frontespizio

    Massimo Tirinelli

    Ora che è arrivato l’autunno

    ISBN 978-88-9296-716-8

    © 2022 Leone Editore, Milano

    www.leoneeditore.it

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.

    Per Nuccia

    Sottrazioni, e assenze, non lasciano scampo.

    Segnano la vita, tracciano il sentiero,

    decidono il destino, indicano il futuro.

    Mauro Corona,

    Come sasso nella corrente

    Capitolo uno

    Lorenzo Foschi guardò l’orologio: mancava poco alle venti e trenta. Accelerò il passo, facendosi largo tra le persone che procedevano contro la brezza pungente di fine marzo lungo via Tagliamento.

    Non voleva arrivare in ritardo da Gennaro, il ristorante in via Chiana dove aveva dato appuntamento a suo figlio con la fidanzata, e ai suoi amici Edoardo e Viviana.

    Far aspettare gli invitati alla cena del suo compleanno sarebbe stato imperdonabile. Stava per raggiungere il locale, quando lo smartphone vibrò nella tasca del giaccone; sul display lesse renato, il nome di suo figlio.

    «Ciao, papà, sono io.»

    «Lasciami indovinare» lo investì Lorenzo con una certa irruenza. «Sei in ritardo.»

    «Un quarto d’ora e dovrei essere lì.» La voce di Renato era risentita. «È sabato sera e sto attraversando il traffico di Roma per cenare con te, non credi che potresti essere più conciliante?»

    Lorenzo non replicò. «Fate presto, a tra poco.»

    «Enza non viene, ha un po’ di febbre. Mi ha pregato di salutarti.»

    «Ricambia.» Lorenzo concluse seccamente la chiamata ed entrò nel ristorante.

    Il proprietario del locale lo accolse con calore, augurandogli buon compleanno con un marcato accento campano, e gli strinse la mano. «Dottor Foschi, mi perdoni, ma glielo devo chiedere. Quanti anni sono? Eh, sì, perché per lei il tempo sembra non passare mai!»

    «Troppo gentile, Gennaro, però passa eccome.» Lorenzo si toccò la barba brizzolata. «Sono arrivato a cinquantanove.»

    Gennaro disse che l’aveva sistemato al solito tavolo. «Non appena arrivano i suoi ospiti, le mando Giuseppe con il menu. Dottore, oggi abbiamo una vera specialità: antipasto di tartufi di mare. Sono arrivati stamattina da Furore. Prego, mi dia il giaccone.»

    Lorenzo stava per sedersi al tavolo, quando vide Edoardo e Viviana attraversare il locale e dirigersi verso di lui.

    «Non siamo in ritardo, vero?» Viviana gli diede un bacio.

    «Ma no» sorrise Lorenzo.

    «La macchina di Viviana ci ha lasciato a piedi e siamo tornati indietro a prendere la mia.» Anche Edoardo sorrise, stringendolo in un abbraccio. «Abbiamo fatto una corsa! Sappiamo bene quanto tieni alla puntualità.»

    «Vorrei che lo ricordasse anche mio figlio. Non riesce a capire che essere puntuali non è formalismo, ma ha a che fare con il rispetto che si deve alle persone» sentenziò Lorenzo.

    «Non stargli troppo addosso.» Viviana si tolse il soprabito. «È un bravo ragazzo.»

    Lorenzo alzò le spalle. «Ha trent’anni, non è precisamente un ragazzo.»

    Il cameriere, di nome Giuseppe, si avvicinò al tavolo e prese i cappotti degli ospiti. «Ecco il menu e la carta dei vini, dottor Foschi.»

    I tre amici si sedettero al tavolo e Edoardo mostrò un pacco rosso con la coccarda dorata.

    «Questo è per te. Tanti auguri, Lorenzo.»

    «Grazie!» Lorenzo cominciò a scartare il regalo.

    Nella sua voce l’allegria risuonava come una nota forzata e Viviana non registrò alcuna vera emozione sul suo volto.

    «Cognac François Peyrot!» esclamò il festeggiato. «Il mio preferito.»

    «Lo sappiamo perfettamente, abbiamo puntato sul sicuro» ridacchiò Viviana.

    «E avete fatto bene.»

    «Ma veniamo a noi, affascinante uomo maturo! Come sta andando questo compleanno?» Viviana poggiò la mano su quella dell’amico.

    «Un giorno come un altro.» Lorenzo alzò le spalle. «Ma conto molto sulla vostra compagnia per renderlo speciale.»

    «Stai per lasciare la decade dei cinquanta, il prossimo compleanno sarà un’importante cifra tonda» sottolineò Edoardo con uno sguardo vispo. «Insomma, non hai proprio nessun commento da fare?»

    «No, nessuna dichiarazione solenne» disse caustico Lorenzo.

    «E dai, lasciati andare, non essere sempre così controllato!» insistette Edoardo.

    «Cosa volete che dica? Sapete già quello che c’è da sapere… Sono un maturo scrittore di libri gialli, vedovo da due anni, il mio unico figlio non mi sopporta e ho pochissimi amici. Due, per essere precisi. Te e Viviana. Quel che mi aspetto dal futuro? Niente.» Cambiando bruscamente discorso, Lorenzo propose di scegliere un buon vino per accompagnare la cena di pesce che li attendeva.

    Edoardo si rabbuiò e Viviana prese a sfogliare la lista dei vini, cercando di far decantare il momento di tensione.

    «Scusami, non intendevo irritarti» disse Edoardo, rammaricato.

    «Non c’è niente di cui scusarsi» assicurò Lorenzo.

    «Sì, invece. Dopo venticinque anni di amicizia sono in grado di capire quando sei infastidito.»

    «Ragazzi, che ne dite di un Cervaro Della Sala Antinori del 2018?» intervenne Viviana risoluta.

    «Ottima scelta» approvò Lorenzo.

    Rivolse uno sguardo di gratitudine alla donna seduta davanti a lui e non poté fare a meno di apprezzare, per l’ennesima volta, la sua bellezza discreta e vibrante: capelli corti e mossi biondo cenere, occhi verdi, pelle luminosa. Quarantasei anni portati con uno stile cui non era estraneo il gusto impeccabile nel vestire, come stava a indicare l’abito bordeaux con la scollatura a barca che indossava quella sera, e lo scialle di tulle color crema con foglioline blu stilizzate che le avvolgeva le spalle.

    Lorenzo sapeva di non essere benevolo nei confronti del suo amico, ma si chiese come potevano gli scialbi sessantacinque anni di Edoardo costituire un valido contraltare a tanto fascino.

    «Se non ricordo male, tra due giorni esce il tuo nuovo giallo» disse Edoardo.

    Lorenzo fece un cenno di assenso con la testa. «Sto definendo gli ultimi dettagli con la casa editrice.»

    «Io e Edoardo dovremmo toglierti il saluto per non aver scelto la nostra libreria per la presentazione.» La finta espressione irata di Viviana si sciolse in un sorriso. «Dai, sto scherzando! Come s’intitola… Ah, ecco, L’assassino senza memoria. Soddisfatto del risultato?»

    Lorenzo alzò le sopracciglia. «Non posso dire che lo preferisco ad altri miei libri, ma è il meglio che sono riuscito a combinare dopo tre anni di inattività.»

    Edoardo e Viviana percepirono il disagio dell’amico.

    «Quando alla fine ho ritrovato la forza di scrivere, dopo la morte di Anna, ho provato a rileggere alcuni vecchi appunti» spiegò Lorenzo. «Volevo dedicarmi a una storia non di genere che mi frullava da tempo nella mente, ma nulla, tutto mi suonava banale, poco spontaneo, e così ho finito per abbandonare il progetto. Forse non sono abbastanza dotato per scrivere qualcosa che non sia un giallo.»

    «Eppure mi hai raccontato che hai esordito proprio con un’opera di narrativa pura. Non ricordo il titolo» disse Edoardo.

    «Quei tre.» Lorenzo sorrise. «L’ho pubblicato con una piccola casa editrice. Credo che fosse il 1989… Preistoria. Dopo di allora ho scritto soltanto libri gialli.»

    «Mi piacerebbe tanto leggerlo!» esclamò Viviana.

    «Fortunatamente è irreperibile.» Lorenzo richiamò l’attenzione di Giuseppe per ordinare il vino.

    «Il genere giallo non rende giustizia alla qualità della tua scrittura.»

    «È una critica o un complimento?» scherzò Lorenzo.

    «Direi entrambi» rise Viviana.

    Edoardo sogghignò, puntando il dito contro la compagna. «Ah, ecco che viene fuori la radical-chic! Dimentichi che le ascendenze del giallo sono più che nobili. Parliamo di Proust e di Kafka, ragazza! In ogni caso, la letteratura gialla resta il mezzo privilegiato per sublimare le nostre paure ancestrali. Un tempo questo compito era svolto dalle fiabe, ma dal secolo scorso abbiamo il giallo, decisamente più adatto alla società moderna.»

    «Nel romanzo giallo la logica dell’indagine ha lo scopo di mettere ordine nel caos. Da un lato abbiamo un evento criminoso, epifania del Male, dall’altro un investigatore che deve punire il colpevole, ripristinando il Bene» spiegò Lorenzo. «Ma questo è solo lo schema di base, un gioco di specchi, perché il lettore sa perfettamente che l’autore dissemina la trama di trappole ingannevoli. Ed è lì che entra in gioco la vera suspense: nessuno è come mostra di essere e scoprire il colpevole è la sfida che l’autore lancia al lettore. Il giallo è l’apoteosi del sospetto.»

    «Tutto molto interessante, ma io continuo a fantasticare su una storia d’amore scritta da te.» Viviana gli teneva testa con abilità.

    «Il dramma non rientra nelle mie corde» precisò Lorenzo.

    «Io parlavo di amore.»

    «Visto che non è nella natura delle cose durare per sempre, ogni storia d’amore porta in sé il germe della sofferenza.»

    In quel momento Renato fece il suo ingresso nel ristorante.

    «Vi ha intrattenuto sparlando di me, immagino. Ciao, Edoardo. Ciao, Viviana.» Il ragazzo salutò con vivacità.

    Viviana lo ricambiò affettuosamente. «In realtà tuo padre ci stava parlando del libro in uscita.»

    «Ah, già, un nuovo figlio… Li invidio questi fratellini! Con quale cura li segue crescere e farsi strada nel mondo.»

    Era trascorso quasi un anno dall’ultima volta che si erano incontrati e Viviana restò colpita da come il ragazzo assomigliasse sempre più con il tempo a sua madre Anna, a partire dal fisico longilineo, fino ad arrivare allo sguardo intelligente e ai capelli biondo ramato.

    Renato si avvicinò al padre e gli strinse la mano. «Ciao, papà. Scusa, ma non ho un regalo per te! Lo so, sono un pessimo figlio, che vuoi farci? Mi sono completamente dimenticato di comprarti qualcosa.»

    «Non è che per gli altri compleanni tu abbia fatto di meglio…» considerò Lorenzo, con un sorrisetto malizioso.

    «Ehi, non cominciate a pizzicarvi, voi due!» intervenne Edoardo. «Renato, non dai un bacio a tuo padre per il suo compleanno?»

    Il ragazzo sedette a tavola. «Mio padre ha un rapporto piuttosto controverso con i sentimenti. Sostiene che noi maschi ci intendiamo anche senza ricorrere a imbarazzanti esternazioni fisiche.»

    «Interrompo lo show per farti presente che sono trenta.» Lorenzo fissò suo figlio, impassibile.

    «Trenta cosa?»

    «Trenta minuti. Il tuo ritardo. Ben lontano dai quindici previsti.»

    «Hai ragione, scusami.» Renato ricambiò lo sguardo contrariato di Lorenzo. Impugnò teatralmente il coltello alla sua destra e con voce da attore drammatico declamò: «Se pensi che possa bastare per lavare quest’onta, posso sempre tagliarmi la gola, qui, ora…».

    «Magari dopo.» Lorenzo non si scompose.

    Viviana e Edoardo osservavano padre e figlio, palesemente in imbarazzo.

    «Ora credo sia meglio ordinare» disse Lorenzo.

    «Confesso che non ti ci vedo a tenere a bada una classe di piccoli furfantelli. Quando hai conseguito l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole primarie, eravamo convinti che avresti mollato presto.» Edoardo guardò Renato con stupore. «Cos’è che ti ha fatto decidere per il ruolo di maestro elementare?»

    «I bambini. Sono eccezionali!» Renato rise, divertito. «Sono loro a darmi la motivazione, la carica. Più li osservo, più mi convinco che gli adulti dovrebbero apprendere da

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