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Uno a zero per me
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E-book441 pagine6 ore

Uno a zero per me

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Info su questo ebook

"Lavoro, lavoro, lavoro." È il mantra che Letizia recita ogni mattina appena alzata, da un anno e mezzo a questa parte, da quando la sua relazione con Diego è finita. Impegno, dedizione e un pizzico di fortuna la portano, per un giorno, sulla strada di Kris Ollen, noto attore di serie televisive di successo. Mentre Letizia realizza il suo più grande sogno e un ammiratore stuzzica la sua curiosità in chat, la sua amica Alina dall'altra parte del mondo incontra Léon Ollen, fratello del celebre Kris, e i due si ritrovano travolti da una relazione inaspettata. La carriera di Letizia sta per decollare, quando una videochiamata la invita a partire di corsa per Melbourne in Australia, dove un evento completamente fuori programma le farà incontrare di nuovo Kris, e non solo.
LinguaItaliano
Data di uscita20 dic 2021
ISBN9791220379281
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    Anteprima del libro

    Uno a zero per me - Valentina Licari

    1

    Camminava su e giù da dieci minuti, prese nuovamente l’IPad ma

    Skype taceva, le sue amiche non si erano ancora connesse.

    ─ Diavolo, dove siete finite?

    Un altro sguardo all’orologio, segnava le sette e mezza in quel piovoso sabato di inizio ottobre.

    ─ C’è poco da fare, devo aspettare ─ Letizia ripose il tablet sul tavolo, poi lo riprese e di nuovo lo ripose. Lo squillare della app la richiamò verso il dispositivo, accettò subito la videochiamata in arrivo e un’allegra Alina la salutò.

    ─ Ciao Lety! Irene non è ancora collegata? E io che pensavo di essere in ritardo come al solito.

    Non ebbe tempo di finire la frase che Irene comparve in linea e venne aggiunta subito alla conversazione.

    ─ Ciao bimbe, perdonate il ritardo, Max e Rosie stasera sono più agitati del dovuto e ho tardato per farli calmare.

    ─ Non preoccuparti cara, ci siamo appena connesse. Come state? Letizia poggiò l’IPad contro una pila di libri, in modoche restasse in posizione verticale e avere così le mani libere di gesticolare, era troppo nervosa.

    ─ Sto aspettando di andare in sala prove, stasera c’è il concerto. Sono emozionatissima, canterò con i Black Bones! ─ Alina quasi saltellava sulla sedia ─ Se penso a quanto lo abbiamo sognato!

    ─ Ah giusto, sei a New York, ogni tanto dimentico in quale parte del mondo sei ─ Irene rise ─ però non va mica bene, mi sarebbe piaciuto stringere la mano a Thomas!

    ─ Sei una donna sposata tu ─ la rimbeccò Alina ─ con Benjamin! A proposito, come sta Ben?

    Letizia ascoltava in silenzio e dava il tormento a un povero foglio sulla scrivania.

    ─ Finalmente è a casa, il lavoro lo ha tenuto lontano un po’, i bambini erano impazienti di vederlo, e anche io ─ L’ultima frase mal celava malizia e Alina ne approfittò.

    ─ Ci pensi tu a stancarlo.

    ─ Piantala, sei la solita. Lety sei stranamente silenziosa stasera, nemmeno hai reagito quando ho nominato i Blacks, tutto a posto?

    ─ Irene rivolse l’attenzione all’amica, imitata da Alina.

    ─ Ieri sera ho baciato uno sconosciuto, non mi è dispiaciuto, non so il suo nome e aveva labbra da urlo. Ecco, l’ho detto.

    Letizia vomitò le parole tutte d’un fiato, non era sicura che le sue amiche avessero capito, ma non avrebbe avuto il coraggio di ripetere tutto un’altra volta a voce alta.

    ─ COSA?! ─ esclamarono le sue interlocutrici quasi all’unisono.

    ─ Non fatemelo ripetere, vi prego. Ci penso da ieri sera ─ La donna si accasciò sul tavolo, cercando di nascondere inutilmente l’imbarazzo.

    ─ Chi ti ha drogata? ─ domandò Alina.

    ─ Devo dire alla tua amica Ilaria di non farti annusare niente di alcolico, non lo reggi ─ affermò Irene picchiettando sullo schermo per attirare l’attenzione di Lety ─ Ehi sorella, devi raccontarci tutto per filo e per segno cosa hai combinato!

    ─ Non ci credo nemmeno se ti vedo ─ incalzò Alina.

    Letizia alzò lo sguardo verso lo schermo del tablet: ─ Vi assicuro che è tutto vero. Ilaria e Luca potranno confermare tutto.

    ─ Ricordi qualcos’altro oltre al bacio? ─ la schernì Irene.

    ─ Sì. Un tatuaggio qui, sulla sinistra ─ Letizia indicò il proprio collo poco sotto l’orecchio sinistro.

    ─ E dove eravate, in una tomba? Non è possibile tu non sia riuscita a vederlo in faccia ─ Alina non aveva tutti i torti.

    ─ Il locale era molto buio, c’erano poche luci, basse e fredde. Lui aveva un cappello calato sugli occhi, un accento americano e la barba. Non so nemmeno di che colore avesse i vestiti, a malapena riuscivo a vedere dove mettevo i piedi.

    ─ Cara la mia Lety, ora PARLI! Abbiamo tempo, vero Ire?

    ─ Oh sì, questa non me la perdo. Le sue amiche le sorrisero e a lei non restò che iniziare a raccontare.

    ***

    La sera prima

    Luca e Ilaria passarono a prenderla sotto l’hotel dove alloggiava; tutti e tre erano a Lucca, giunti in finale al concorso per illustratori indetto dalla Lucca Fiere International, in categorie diverse, e volevano festeggiare per essere arrivati tra i primi cento su oltre tremila partecipanti.

    ─ Dove andiamo di bello? ─ Quella sera Letizia aveva optato per un completo pantalone e camicia elegante, un po’ di trucco dato bene, con l’obiettivo di godersi la serata. Era felice.

    ─ Wow come siamo belle stasera ─ Luca esclamò non appena la vide salire in macchina ─ Andiamo al Rock Club, un amico ci ha messo in lista. È un posticino carino, un po’ buio ma accogliente, e con ottimi cocktail.

    ─ Non vedo l’ora! ─ squittì Ilaria.

    ─ Ho proprio voglia di godermi un po’ di sana musica, ne ho bisogno

    ─ Letizia si gettò contro lo schienale del sedile posteriore dell’auto.

    ─ Nell’ultimo anno e mezzo hai lavorato, lavorato e ancora lavorato, cara la mia Lety.

    ─ Hai ragione Ilaria, se non lo avessi fatto non sarei arrivata qui con voi due ─ Alludeva al concorso.

    ─ Dopo la rottura con Diego avevi solo il lavoro, ci siamo un po’ preoccupati ─ intervenne Luca.

    ─ Sono stata io a rompere la relazione, non ne avevate motivo.

    ─ Non puoi negare di esserci stata male e di aver trovato rifugio nel lavoro ─ Ilaria si sporse verso Lety.

    ─ Quasi dieci anni di relazione. Non potevo uscirne totalmente indenne.

    ─ Basta ciance, siamo arrivati! ─ Luca trovò, per pura fortuna, un parcheggio vicino al locale, e pochi minuti dopo erano dentro a ballare e divertirsi.

    Dopo un paio di cocktail, qualche canzone e saltellamenti vari, Letizia decise fosse arrivata l’ora di dare tregua ai piedi e trovare un posto a sedere. Lasciò i suoi amici a scatenarsi sotto al palco, prese un terzo cocktail al bar e si mise a cercare almeno uno sgabello libero, impresa non facile vista la folla e la scelta di tenere le luci d’ambiente ai minimi storici, fatta eccezione per le luci caleidoscopiche direzionate sul palco.

    Dopo qualche minuto di ricerca, evitando di inciampare un paio di volte (complice anche l’alcool ingerito sino ad allora), Letizia individuò un paio di sgabelli liberi opposti al palco, dirimpetto a una finestra aperta; non c’era molta gente in quell’area e avrebbe sicuramente beneficiato dell’aria fresca dopo tutto il caldo sofferto in mezzo alla calca in prossimità del palco.

    ─ Freschino qui, ecco perché non c’è quasi nessuno ─ commentò ad alta voce, ma decise comunque di sedersi, non ne poteva più di stare in piedi.

    Bevve un paio di sorsi generosi del suo mojito e buttò una rapida occhiata all’orologio: erano a malapena le undici e Ilaria e Luca non si vedevano, strano. Pazienza, li avrebbe aspettati comodamente seduta.

    ─ Posso sedermi?

    La domanda le venne formulata in inglese e Letizia si voltò verso la voce: un giovane uomo dall’accento americano le stava indicando lo sgabello libero accanto al suo.

    ─ Certo ─ Letizia balbettò l’invito ad accomodarsi, l’alcool non la stava aiutando a parlare in un’altra lingua.

    Provò a mettere a fuoco il suo vicino di sgabello e riuscì a vedere solamente il tatuaggio sul collo, unica parte esposta alla fioca luce di un faretto poco lontano. Aveva un cappello, gli oscurava parte del volto, jeans chiari e un giubbotto in pelle. Forse la barba? Non ne era sicura.

    ─ Appena torna il tuo fidanzato vado via, avevo bisogno di aria.

    Lui le indicò la finestra spalancata alle spalle.

    ─ Nessun fidanzato.

    Ha proprio una bella voce, pensò Letizia.

    ─ Stai aspettando anche tu la tribute band di David Bowie? ─ domandò lui.

    ─ Ecco perché Ilaria era così impaziente di venire qua stasera! Lei ama David Bowie ─ esclamò lei, stavolta in un inglese perfetto, tirando su troppo cocktail che le finì di traverso.

    Il suo interlocutore esplose a ridere e da lì iniziarono a parlare di musica per finire a domandarsi, l’un l’altra, cosa ci facessero in quel di Lucca.

    ─ Sono venuto appositamente dall’America per la Tattoo Convention di questa settimana. Parto stanotte per tornare a casa, sono sempre di corsa. E tu?

    ─ Sono qui per il concorso Red Editors indetto dalla "Lucca Fiere

    International". Sono arrivata tra i primi venti ─ rispose lei orgogliosa.

    ─ Wow, caspita. Ti faccio i miei migliori auguri! ─ Era sincero ─ Quali fumetti ti piacciono?

    A quella domanda Letizia rispose elencandone una serie pressoché infinita, tant’è che molto presto la conversazione verté su universi paralleli, probabilità improbabili, e disparate congetture. La donna era davvero a proprio agio e, complice l’alcool, non mancò di farlo presente a quell’uomo.

    ─ Non parlavo così con qualcuno da tempo. Mi chiamo Letizia, non mi sono presentata, che maleducata! ─ Portò una mano alla tempia, le girava la testa.

    ─ Basta bere ─ Lui le tolse il bicchiere di mano e lo poggiò a terra, accanto allo sgabello.

    Lei chinò la testa in avanti, lo stomaco iniziava a dare segni di ribellione.

    ─ Ho un po’ esagerato ─ accondiscese. Poggiò una mano al davanzale dietro di lei per alzarsi e respirare a pieni polmoni l’aria pungente notturna che passava dalla finestra spalancata, aveva urgenza di placare la nausea.

    Dopo qualche minuto di silenzio, Letizia cercò il suo compagno di chiacchiere che non l’aveva lasciata sola; era lì accanto a lei, probabilmente preoccupato per le sue condizioni.

    Non poté fare a meno di sorridergli grata.

    ─ Grazie ─ mormorò lei voltandosi lentamente e poggiando la schiena contro il davanzale; valutò se i piedi l’avrebbero retta e li piantò bene a terra, decisa a non svenire. Il suo stomaco non l’avrebbe avuta vinta tanto facilmente.

    Passarono qualche altro minuto in silenzio. Lui non andò via, le stette semplicemente accanto senza perderla di vista. La nausea se ne andò così come era venuta, però sopraggiunse il freddo e lei iniziò a tremare involontariamente, un po’ per l’aria ghiacciata che le colpiva le reni, un po’ per il rilascio dell’adrenalina post malessere.

    ─ Hai freddo? ─ le domandò dolcemente lui.

    ─ U-un po’. N-non è un dramma. A-adesso p-passa ─ Stava battendo i denti e i tremiti erano difficili da controllare.

    Lui non disse altro, aprì il giubbotto, la attirò a sé e la avvolse dentro. Letizia chiuse gli occhi e lasciò che quel calore umano la coccolasse un po’. Lui odorava di buono, aveva un ottimo dopobarba. L’abbraccio insolito per i due sconosciuti durò un tempo imprecisato, quando d’un tratto lui la scostò leggermente da sé.

    Forse fu troppo lenta a reagire, forse doveva semplicemente succedere: lui si chinò su di lei e le dette un bacio molto casto, appoggiandosi appena al labbro inferiore. Letizia gli mise le mani contro il petto e lui gliele afferrò immediatamente, avvolgendole quasi completamente nelle sue.

    Un tocco davvero gentile.

    Quello sconosciuto si fermò, non andò oltre, ma lei protese le labbra cercando nuovamente le sue.

    «Che cacchio sto facendo?»

    Spinse la bocca contro la sua e la dischiuse, invitandolo a non fermarsi, e la sua richiesta venne accolta; quel bacio casto divenne ben presto profondo travolgendo entrambi; lui le teneva il volto tra le mani mentre lei afferrava, tirandoli a sé, i lembi del giubbotto.

    ─ Stai bene? ─ sussurrò lui a fior di labbra, col fiato corto.

    ─ Sì ─ fu la risposta di lei in italiano.

    ─ Devo andare, l’aereo… ─ biascicò lui incerto.

    Letizia annuì sciogliendo quel caldo abbraccio, fissando un punto imprecisato sul pavimento. L’uomo le strinse una mano prima di sparire tra la folla, lasciandola con una sensazione di benessere che non provava da tempo.

    ─ Sì, ha la barba e non so il suo nome.

    ***

    Quando Lety finì di raccontare, le sue amiche non avevano ancora aperto bocca.

    ─ Beh? Non avete niente da dire?

    ─ Non ho parole. Come cavolo hai fatto a non vederlo in faccia per tutto il tempo? ─ Alina non riusciva a spiegarselo ─ Neanche il nome gli hai chiesto!

    ─ È andata così, non ero molto lucida.

    ─ Abbastanza da ricordare numerosi dettagli, però ─ osservò Irene.

    ─ Uffa! Tanto è tornato in America, il problema non si pone.

    ─ Ti ha sconvolta, vuol dire che qualcosa ti ha smosso.

    ─ Sì Ire, e mi pento di non avergli nemmeno chiesto il nome, avrei potuto cercarlo sui social. Pazienza ─ Letizia prillò distratta una ciocca di capelli.

    ─ Adesso devo andare, bisogna che riposi, stanotte non ho chiuso occhio e domani c’è la premiazione.

    ─ Uh, è vero! Mi raccomando facci sapere come andrà! Hai saputo dell’ospite d’onore, vero? ─ chiese Alina.

    ─ So che ci sarà ─ confermò Letizia.

    ─ E non sai chi è?! ─ chiese Alina e l’amica fece no con la testa.

    ─ Alina diglielo, se l’avesse saputo non sarebbe così tranquilla.

    ─ Le daremo un motivo in più per passare un’altra notte insonne però!

    ─ Un po’ di trucco e sarà fresca come una rosa! Su, diglielo ─

    Irene esortò l’altra a non tentennare.

    ─ Insomma chi è? ─ chiese spazientita Letizia.

    ─ Kris Ollen─ Alina attese la reazione dell’amica, ma questa rimase impassibile ─ Lucca sarà praticamente blindata, dove sei tu si potrà accedere solo con il pass. Ce l’hai, vero?

    ─ Sì.

    ─ Lety? Pronto?─ Irene agitava le mani.

    ─ Ma porc@*#!─ e giù una serie di improperi non ripetibili ─ Di tutti gli attori del cinema Red Editors, perché lui?

    ─ Dai Lety, hai finalmente l’occasione di vederlo dal vivo, cosa ti preoccupa?

    ─ Oh nulla,Alina, ci ho soltanto fantasticato sopra sino a qualche mese fa!

    ─ Come sei citrulla! ─ Alina si mise a ridere e Lety la imitò suo malgrado.

    ─ Sarà imbarazzante.

    ─ Rilassati invece, e facci sapere com’è in carne e ossa. Devo andare, Max mi reclama. Buona serata bimbe, ci sentiamo sabato prossimo─ Irene chiuse la comunicazione.

    ─ Ti auguro una buona notte, Let! Mi aspetta la sala prove e sono già in ritardo.

    ─ Alina?

    ─ Dimmi.

    ─ Me lo prenderesti un autografo di Jan?

    ─ Ora ti riconosco! Certo, farò il possibile, so quanto lo adori. Ciao Lety.

    ─ Ciao Alina.

    Era nuovamente sola con i suoi pensieri e la prospettiva di un’altra notte insonne la costrinse a prepararsi una camomilla.

    ***

    ─ Eccoti finalmente! Perché non ti sei fatto vivo appena arrivato a New York? Ti stavamo aspettando per l’ultimo sound check ed Emily è agitatissima. Non le hai mai risposto ─ Mock lo stava sgridando bonariamente.

    ─ È stata una faticaccia, sul volo ho dormito per tutto il tempo e quando sono arrivato ero un po’ di corsa ─ si giustificò Jan.

    ─ Tutto bene in Italia, amico? Non hai una gran bella cera ─ Mock aveva intuito che qualcosa non andava.

    ─ Sì, una bella convention ─ Jan gli dette una risposta piatta, distratto dallo smartphone sin da quando era entrato.

    ─ Ecco bravo, scrivi a Emily. Ci ha dato il tormento tutto il giorno.

    ─ Uffa, non lo trovo ─ borbottò Jan, ignorando l’amico.

    ─ Hai sentito quello che ti ho detto? ─ chiese Mock.

    ─ Le mando un WhatsApp ─ Jan ne scrisse al volo uno e lo inviò, poco dopo arrivò la risposta di Emily ─ Contento?

    ─ A me lo chiedi? È la tua ragazza, mica la mia.

    Calò il silenzio, Jan era distratto da qualcosa, tanto da dimenticarsi di Emily. Mock decise di fargli vuotare il sacco, controllò non stesse arrivando nessuno e chiuse a chiave la porta della saletta d’attesa.

    ─ Adesso parli, voglio sapere cosa ti è successo. È palese che in Italia sia accaduto qualcosa, sei nervoso e controlli assiduamente quel maledetto telefono da quando sei arrivato.

    ─ È così evidente? ─ domandò Jan sedendosi.

    ─ Come il sole ─ Mock gli dette una pacca di incoraggiamento sulla spalla e l’altro si decise a parlare.

    ─ Ieri sera mi trovavo in un locale a Lucca, c’era buona musica e non volevo aspettare troppe ore in aeroporto, così sono entrato.

    ─ Fin qui nulla di strano ─ commentò Mock.

    ─ Dopo un po’ decido di cercarmi un posto a sedere, adocchio uno sgabello davanti a una finestra aperta, faceva caldo in quel posto ed era l’ideale. C’era una donna, le ho chiesto se potevo sedermi, e ha detto di sì. Abbiamo iniziato a chiacchierare, scopro che adora una miriade di cose che piacciono pure a me ─ gli occhi di Jan iniziarono a brillare ─ e il tempo passava.

    ─ Non ti ha riconosciuto?

    Jan scosse il capo ─ No. Mi ero messo appositamente in penombra e con uno dei miei cappelli a tesa larga. Però lei era anche un po’ su di giri, infatti poco dopo ha avuto un urto di vomito.

    Mock si mise a ridere ─ Wow, gli hai fatto un bell’effetto!

    ─ Le ho tolto il bicchiere di mano e lei si è alzata in cerca d’aria. Mi son guardato intorno ma non ho visto nessuno che si avvicinasse, lì per lì ho pensato fosse da sola. Non me la sentivo di lasciarla lì, in quello stato ─ Jan proseguì ignorando la risata di Mock.

    ─ Lo avrei fatto anche io ─ approvò l’amico.

    ─ Fortuna ha voluto si riprendesse abbastanza in fretta, però non stava granché bene. Ha iniziato a tremare vistosamente, era rimasta diversi minuti davanti alla finestra spalancata e aveva preso freddo ─ Jan si fermò.

    ─ Poi è successo tutto in fretta, Mock─ l’uomo tatuato tormentava gli anelli e guardò Mock.

    ─ L’ho avvolta nel mio giubbotto, era morbida, calda. Non volevo si staccasse da me, quando l’ha fatto, l’ho baciata ─ Jan sussurrò lentamente, dando peso a ogni singola parola.

    Mock non credeva a ciò che aveva appena udito.

    ─ Cosa hai fatto!? Dai, mi stai prendendo in giro… ─ Assurdo, era semplicemente assurdo. Jan non avrebbe mai fatto un torto alla persona che amava, un torto a Emily. Probabilmente era stato un innocuo bacio sulla guancia, non quello che voleva sottintendere Jan.

    ─ Non potrei mai, Mock. È stato un bacio da film. Cazzo.

    ─ Ed Emily? Non hai pensato a lei?─ chiese Mock. Era ancora sconvolto per formulare qualsiasi altro tipo di domanda, o pensiero, a riguardo.

    ─ Vuoi la verità? No. Emily non è mai stata tra i miei pensieri, né mentre parlavo con questa donna, tanto meno mentre la baciavo.

    «Pensavo a ben altro» proseguì Jan, rivolto al suo cervello.

    ─ Non sono nessuno per giudicarti, amico. Però è la prima volta che ti vedo così agitato. Fossi in te mi calmerei, mi sfogherei cantando e liberando la mente, e dopo mi vedrei con la mia ragazza. Non dirle nulla per ora, butteresti nel cesso mesi di relazione. Lo farai quando avrai capito di aver fatto una gran cazzata dovuta alla stanchezza e allo stress ─ Mock andò verso la porta e l’aprì ─ Muoviti a venire di là, inizieremo tra poco.

    ─ Grazie Mock. Per favore…

    ─ Non dirò niente a nessuno, solo se non tarderai.

    ─ Arrivo subito, vado a prendere una bottiglietta d’acqua e vi raggiungo ─ rispose Jan.

    Non appena Mock se ne fu andato, Jan riprese a scorrere freneticamente Instagram, quando finalmente la trovò.

    ─ Eccoti finalmente! ─ Un sorriso a trentadue denti riempì il volto dell’uomo, aveva trovato Letizia: sorrideva, visibilmente emozionata, all’obiettivo del fotografo mentre la immortalava accanto a Kris Ollen, dietro di loro un manifesto Red Editors . La donna teneva con una mano una targa dorata e con l’altra faceva il segno di vittoria con le dita: aveva vinto il concorso. Il suo profilo era taggato nel post; senza pensarci due volte, Jan cliccò su segui e andò alle prove, felice.

    2

    Seduta di fianco all’amica Ilaria, Letizia era agitata, nervosa e sudava freddo.

    Quel weekend le stava riservando un’ansia dopo l’altra; fortuna era domenica e l’indomani sarebbe tornata la solita routine lavorativa.

    Erano rimasti in tre, la selezione del vincitore si era rivelata più difficile del previsto, era a un passo dalla fine, non riusciva più a pensare.

    Persino Ollen, seduto a pochi metri da lei, era passato in secondo piano. Voleva conoscere il verdetto e togliersi quell’insopportabile peso dallo stomaco.

    ─ Ehi, stai calma ─ Ilaria le poggiò una mano sul ginocchio ─

    Agitarti non servirà a nulla.

    ─ La fai facile tu.

    I giudici e Kris stavano discutendo, non riuscivano a decidere e da quella distanza riuscì a captare poche parole come tecnica, colore, forza.

    D’un tratto vide Kris prendere il microfono, avrebbe annunciato lui il vincitore del contest Red Editors di quell’anno: a ogni illustratore era stato assegnato un numero, i disegni venivano giudicati per quello che erano, senza associarli a volti e persone, ciò avrebbe evitato favoreggiamenti e incoraggiato la premiazione per merito.

    Kris schiarì la voce, salutò il pubblico e iniziò il discorso:

    ─ Questo contest Red Editors ha visto come protagonista Perun, il dio slavo del tuono, infatti eccomi qua, come suo interprete nell’omonima serie ─ Seguirono risatine e leggeri applausi ─ Abbiamo dato ai partecipanti, in prima visione assoluta, l’episodio pilota della serie televisiva omonima. Lo scopo del contest era di rivelare Perun, trovare il suo vero essere e, come ben sapete, l’illustrazione vincitrice verrà premiata con un assegno e con la pubblicazione sulla testata Red Editors internazionale.

    Kris chiamò i tre finalisti davanti a sé.

    Letizia si alzò tremante e istintivamente portò una mano al petto stringendo il badge con il numero.

    ─ È stata una scelta difficile. Ammetto che non sono in grado di giudicare un’illustrazione come i professionisti seduti di fianco a me ─ Kris indicò le sei persone vicino a lui con un ampio gesto della mano libera dal microfono ─ Però c’è stato un disegno che secondo me, concordi gli altri, ha colto davvero l’essenza di Perun.

    I giudici annuirono.

    ─ Il vincitore del contest è il numero 28 ─ Kris sollevò il disegno incorniciato: ritraeva un Perun di spalle, seduto, con lo sguardo rivolto ad una distesa di acqua, una distesa di croci sconnesse e una tempesta a far da cornice sempre più evanescente man a mano che si avvicinava al personaggio. I colori cupi dello sfondo contrastavano violentemente con quelli scelti per dare luce al personaggio e a tutto ciò che lo circondava nelle immediate vicinanze.

    Uno scroscio di applausi inondò la sala, i flash dei fotografi riempivano l’ambiente prepotenti, ma Letizia non udiva e non vedeva. Tremava.

    «Io… sono io il 28… »

    Dalla commozione pianse, non riusciva davvero a crederci.

    Kris la invitò a salire sulla pedana di fronte a lui, a separarli c’era solo il tavolo.

    ─ Perché questa composizione? ─ le chiese.

    Lei osservò le varie illustrazioni in gara, tutte bellissime e tutte ritraevano Perun imponente, maestoso, regale.

    ─ Perun è un re, un combattente, ma è soprattutto un essere con animo umano. Ha seppellito la sua gente e molti amici ─ Letizia indicò le croci ─ Ha avuto momenti bui, con l’animo in subbuglio

    ─ Passò il dito sulle acque in tempesta disegnate sulla destra, nell’angolo ─ ma alla fine ha ritrovato la strada ─ Si soffermò sulla luminescenza dei fulmini ─ nonché la forza di andare avanti e continuare a combattere per chi era sopravvissuto, senza dimenticare il passato ─ riuscì a concludere, con la bocca arida e la voce incrinata dall’emozione, fermando la mano sulla figura disegnata dell’uomo rivolto verso quel paesaggio lugubre ma circondato da colori caldi.

    Kris le sorrise, un sorriso dolcissimo, che lei ricambiò con una punta d’imbarazzo, completamente dimentica di tutto il resto. Venne risvegliata da un altro scroscio di applausi, seguiti da numerose strette di mano, fotografie e abbracci da parte di amici e sconosciuti.

    Era al settimo cielo.

    Piano piano la folla iniziò a diradarsi. Letizia lasciò che il corpo cadesse mollemente su una sedia e, recuperato un ventaglio di fortuna, cercò di procurarsi un po’ d’aria; il rilascio di adrenalina le stava dando una forte sensazione di calore.

    ─ Lety, sei stata bravissima! ─ Ilaria le regalò un vigoroso abbraccio ─ Caspita, una vittoria con il botto!

    ─ Basta Ilaria, lasciala respirare ─ la rimproverò amichevolmente Luca.

    ─ Vado a prendermi un caffè, ragazzi, ne ho bisogno ─ Lety scattò su dalla sedia, dirigendosi verso una porta laterale, al di là della quale avevano allestito un piccolo punto ristoro.

    ─ Oh, grazie al cielo! ─ esclamò nel vedere il barista intento a preparare caffè e servire piccoli dolcetti.

    ─ Posso offrirti qualcosa? ─ Una voce maschile la costrinse a voltarsi indietro; era Ollen e le aveva appena rivolto parola.

    ─ Un caffè ─ rispose lei. Ollen ne ordinò uno anche per lui, dopodiché il silenzio la fece da padrone.

    ─ Complimenti, veramente una bella illustrazione ─ l’altro ruppe il silenzio, squadrandola da capo ai piedi. Letizia evitò di incrociarne lo sguardo e concentrò tutta l’attenzione sul caffè appena servito.

    ─ Grazie. Per me è ancora tutto irreale, non riesco a capire perché sono stata scelta. A livello tecnico la mia illustrazione è più debole delle altre due finaliste ─ disse lei e buttò giù il caffè tutto d’un fiato.

    ─ Non ha niente da invidiare alle concorrenti. Hai saputo cogliere aspetti del personaggio che non ha visto nessuno, o meglio, nessuno ha voluto omaggiare. Tutti hanno ritratto Perun nel pieno della forza, persino lo sceneggiatore era entusiasta della tua illustrazione. Il suo wow ha avuto un valore immenso nella decisione finale.

    Kris guardò l’orologio.

    ─ Devo andare, è stato un piacere ─ L’uomo le porse la mano e Letizia gliela strinse timidamente ─ Chissà, magari un giorno ci rivedremo.

    Lui le fece l’occhiolino e andò incontro al suo agente, entrambi salutarono alcune persone e sparirono.

    ─ Magari, sì.

    Un sorriso ai limiti dell’ebete comparve sulla faccia della donna.

    ***

    Alina varcò l’ampia soglia della sala ricevimenti: c’erano numerose persone, in maggioranza ragazze, armate di penne e blocchi di vario tipo, peluches, macchine fotografiche e smartphone pronti all’uso. Per lei era la prima volta che partecipava a un evento come quello, i suoi dopo concerto consistevano in una bella doccia, tisana bollente, un buon libro e una dormita ristoratrice.

    ─ Ehi ciao! ─ a salutarla fu Mock ─ Hai davvero una voce meravigliosa, da stasera considerami un nuovo fan!

    ─ Ti ringrazio Mock, sei molto gentile ─ ribatté Alina cordiale. In rapida successione, uno a uno, i Blacks fecero il loro ingresso rivolgendole un complimento, un sorriso, un cenno di assenso, per poi dirigersi subito alle postazioni assegnate. Le persone presenti in sala iniziarono ad applaudire, urlare, schiamazzare, brandire cartelloni pieni di frasi e cuori nel tentativo di richiamare le attenzioni dei loro beniamini. Anche Alina fu oggetto delle attenzioni di numerosi fan e ben presto dette inizio alla lunga firma di autografi e di foto scattate in serie; rispose con pazienza alle numerose domande, regalò abbracci e ringraziò ogni volta che le porgevano un regalo.

    Non era abituata a tutto quello, arrossiva in risposta a ogni gesto gentile e premuroso da parte di tutte quelle persone che erano lì per lei. Era davvero felice di esser riuscita ad arrivare a tanto.

    ─ Signorina Alina, mi fai un autografo? ─ Una vocetta squillante attirò la sua attenzione; una bionda ragazzina, di sedici anni o poco più, le stava porgendo un piccolo quaderno quadrato e una penna rosa.

    ─ Certo, cara!

    ─Voglio anche la dedica! L’autografo ben leggibile, mi raccomando.

    ─ Ehi signorina, che maniere sono queste? ─ Una voce maschile la riprese, Alina sollevò lo sguardo e quando riconobbe Léon Ollen sgranò gli occhi dallo stupore.

    ─ N-non c’è problema… ─ disse Alina.

    ─ Piacere, Léon. Questa è Eléna, mia cugina ─ L’uomo le porse la mano, la ragazzina lo imitò, e Alina le strinse entrambe ─ È una tua fan, conosce ogni tua canzone a memoria.

    Gli occhi azzurri di Léon agganciarono quelli ambrati di lei e le sorrisero.

    ─ Non sai quanto mi faccia piacere saperlo! ─ Alina scrisse una lunga dedica, la firmò e consegnò il quaderno alla ragazza che, felice, lo riprese per dirigersi verso il tavolo dei Black Bones.

    ─ Vuoi un autografo anche tu? ─ scherzò la cantante rivolta a Léon.

    ─ Preferirei offrirti qualcosa ─ Lui le regalò un sorriso ammiccante, Alina ne fu spiazzata ma allo stesso tempo non seppe dirgli di no.

    ─ Sarò libera tra un’ora circa.

    ─ Ti aspetterò laggiù ─ Léon le indicò il piccolo spazio bar allestito al lato opposto della sala e sparì tra la folla in cerca della cugina.

    Alina rimase qualche istante imbambolata per poi scuotersi con l’impellente bisogno di bere. Stappò la bottiglietta d’acqua e la vuotò, placando sì la sete, ma non l’agitazione che Léon le aveva appena donato.

    Circa un’ora e qualche minuto dopo, preso un succo di frutta, Alina sedeva di fianco a Léon a un tavolinetto del piccolo punto ristoro allestito per l’evento.

    ─ Ho accettato solo perché mi hai presa in contropiede, non mi son mai piaciuti gli uomini sfrontati ─ ruppe il silenzio Alina.

    ─ Ti chiedo scusa ─ Léon ridacchiò imbarazzato ─ Il nervoso mi ha giocato un brutto tiro.

    Lui era nervoso? Per vedere lei? Non era possibile.

    ─ Non mangio nessuno, la mia dieta non include carne umana

    ─ scherzò lei.

    ─ Mi troveresti stopposo e insipido ─ Léon la guardò obliquo, gesticolando con una mano.

    Scoppiarono entrambi a ridere, il ghiaccio era stato rotto.

    ─ Eléna dov’è? ─ chiese Alina.

    ─ Sua madre è venuta a prenderla, è stato difficile convincerla ad andare via.

    ─ Léon, quanto tempo! Come stai? ─ Jan irruppe salutando l’amico con pacche sulle spalle e abbracci, mentre ad Alina rivolse una calorosa stretta di mano e un allegro sorriso.

    ─ Bene Jan, ti vedo in gran forma! La tua bella dove l’hai lasciata stasera? Accomodati ─ Gli chiese Léon avvicinandogli una sedia, ma Jan declinò l’invito.

    ─ È andata via prima. Cosa ti porta da queste parti?─ chiese

    Jan all’amico.

    ─ Ho accompagnato mia cugina al vostro backstage e adesso son qui per due chiacchiere ─ rispose Léon indicando Alina e lei arrossì leggermente.

    I due continuarono a chiacchierare del più e del meno, aggiornandosi rispettivamente sulle proprie vite. Alina rimase ad ascoltarli in silenzio; soffermò parecchie volte lo sguardo su Jan e capì perché piacesse tanto all’amica Lety: riusciva a trasmettere una forte sensazione di sicurezza, oltre ad essere una persona conviviale, piacevole e con una bella voce.

    «Cavolo, l’autografo per Lety! Me ne stavo dimenticando!» la cantante prese a frugare in borsa a caccia di una penna dopo aver tirato fuori il blocco.

    ─ Ehm! Perdonatemi se interrompo… ─ Alina infilò penna e blocco sotto al naso di Jan ─ Ti prego, un autografo. La mia amica Lety mi ucciderà se torno in Italia senza.

    Jan e Léon risero di gusto.

    ─ Vuoi che le scriva una dedica?─ Chiese il cantante.

    ─ Un augurio per la sua nuova vita, ne ha bisogno. E anche i complimenti per la sua vittoria, la farai felice! ─ Alina sfoderò un bel sorriso, Léon non smise un attimo di fissarla e lei se ne accorse.

    ─ Posso sapere cosa ha vinto? Così potrò farle un augurio più personale ─ chiese Jan

    ─ Certo, non è un segreto. Ha vinto il contest della Red Editors Italia indetto a Lucca, ieri aveva la premiazione, l’ho saputo poche ore fa. Nella foto è con tuo fratello

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