Prevenire e curare il cancro con l'alimentazione e le terapie naturali
Di Paolo Giordo
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Info su questo ebook
Dopo aver brevemente spiegato che cosa sono i tumori e in che cosa consistono le terapie convenzionali, l'autore offre una rassegna dei principali approcci elaborati in seno alle medicine naturali: metodo Kousmine, formula Caisse, Hamer, Di Bella, Breuss, Costacurta e molti altri. Sono proposte ai lettori, voci fuori dal coro che bisogna conoscere per poterle poi giudicare.
Di indiscussa rilevanza gli ultimi cinque capitoli del libro, dove viene descritto il ruolo centrale dell'alimentazione: Giordo presenta sia i cibi che hanno un impatto negativo sulla salute, sia quelli che possono svolgere un'azione preventiva; inoltre viene illustrata la migliore dieta anticancro e quali alimenti è meglio impiegare a scopo curativo.
Si tratta di un volume unico nel suo genere per chiarezza, completezza, capacità di sintesi e per la delicatezza con cui viene affrontato un tema in grado di generare sofferenza e disperazione.
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Anteprima del libro
Prevenire e curare il cancro con l'alimentazione e le terapie naturali - Paolo Giordo
Introduzione
Il cancro rappresenta nella nostra società moderna un rilevante problema sanitario, forse addirittura il più rilevante se consideriamo anche il carico di sofferenza psicologica, lo sconvolgimento delle dinamiche familiari e le gravi implicazioni nella vita sociale. In pratica le malattie tumorali hanno sostituito quel fenomeno che, un tempo, era rappresentato dalle grandi epidemie che riuscivano a mettere in ginocchio intere nazioni. Con il passare dei secoli, controllate la maggior parte delle malattie infettive, siamo ancora impantanati in un problema che non è ascrivibile a una causa univoca ma che si estende a vari livelli di complessità: il cancro.
A questo proposito si sono sentite e si continuano a sentire le affermazioni più contrastanti, da quelle maggiormente trionfalistiche che annunciano l'imminente vittoria sul cancro (lo fanno da più di 50 anni) a quelle più pessimistiche che, inquadrando il cancro in una modalità di vita massimamente alterata e innaturale, guardano con disillusione qualsiasi prospettiva che non si occupi di modificare l'ambiente in cui viviamo e il conseguente stile di vita.
L'argomento è indubbiamente molto vasto, complesso e di non univoca interpretazione, e porta su di sé le tensioni scientifiche ed epistemologiche che si originano da varie interpretazioni e prese di posizione differenti. Per questo motivo conviene osservarlo con un certo distacco, utilizzando le nostre capacità critiche e logiche, vagliando la portata delle scoperte scientifiche, delle risposte empiriche e dei contributi che tanti studiosi seri e appassionati hanno cercato di dare su questi argomenti.
L'intento di questo lavoro non è tanto fornire risposte definitive e univoche, quanto soprattutto generare domande che spesso non riescono a emergere, allo scopo di fare più chiarezza e ordine nel variegato e ambiguo mondo del cancro.
Capitolo 1 - Capire il cancro
Il cancro tra passato e presente
Il cancro non viene mai menzionato nella Bibbia né incluso nel Canone di medicina interna dell’Imperatore Giallo, il più antico testo medico cinese. Il Charaka Samhita, testo fondamentale della medicina ayurvedica del I secolo dopo Cristo, metteva in relazione l’aumento delle malattie nella società tradizionale Indù con il deterioramento dell’alimentazione e con il progressivo allontanamento dai cibi semplici offerti dalla natura. Nell’antichità greca e romana il cancro era una malattia come le altre, piuttosto rara, che Galeno (131-201 d.C.) attribuiva a uno squilibrio della bile nera, uno dei quattro famosi umori di derivazione ippocratica. Questo ci fa pensare che a quei tempi il cancro fosse considerato una malattia generale di tutto l’organismo, anche se il galenismo comincia a far balenare l’idea della localizzazione.
Nel 1759, il medico inglese Richard Guy afferma che il tumore della mammella sembra appannaggio di donne con animo melanconico e isterico, donne che hanno patito grandi sofferenze nella loro vita. Dalla fine del 1700 si afferma l’idea che si tratti di una malattia localizzata e che possa essere elettivamente aggredita per via chirurgica.
Dalla fine dell’Ottocento, con l’inizio dell’uso della radioattività, medicina, chirurgia e fisica si incontrano e si integrano; a tutto ciò si aggiunge, nei primi decenni del Novecento, l’uso dei primi chemioterapici. Sempre nel medesimo periodo lo scienziato tedesco Justus von Liebig classificò gli alimenti in proteine, carboidrati e grassi, assegnando alle prime un valore plastico
che avrebbe prodotto carne, sangue ed energia muscolare, mentre carboidrati e grassi avrebbero prodotto, una volta bruciati, calore animale
¹.
Con il passare degli anni l’armamentario terapeutico sembrava completo e prometteva grandi successi, ma ecco che il cancro, anziché diminuire la sua presenza, iniziò ad aumentare e diffondersi sempre più. Dapprima malattia dell’organismo, poi del singolo tessuto, sino a diventare malattia della cellula che diviene anormale e incontrollata nelle sue funzioni.
Dopo molti decenni il razionale terapeutico non si è minimamente modificato, nonostante il progresso farmacologico e tecnologico. L’istanza localizzatrice della malattia neoplastica derivante dall’interpretazione galenica (ma si ricordi che Galeno credeva fermamente nella teoria degli umori), ha fatto sì che la chirurgia, e in seguito la radioterapia, si proponessero come metodo principe per la cura del cancro per moltissimi anni.
Le problematiche che ruotano intorno a questa malattia, evidenziando sempre più numerosi fattori concausali anche endocrini, metabolici, ambientali o nutrizionali, hanno trovato nella chemioterapia l’ulteriore arma totale
che si prefiggeva di scovare ogni singola cellula cancerosa nelle più profonde e nascoste pieghe del corpo. Ma, come abbiamo visto, anche questa strada non ha portato a una vera ed efficace cura del cancro, ma soltanto a una sua ritardata e superficiale palliazione (cioè trattamento con cure palliative), nella quale si sono profuse immense risorse economiche assolutamente non giustificate dai risultati terapeutici ottenuti.
Perché è avvenuto tutto questo? Perché la medicina autoreferenzialmente onnipotente continua a ignorare le cause del cancro, limitandosi a controllarne parzialmente i sintomi e gli effetti? Per capirlo, cominciamo prima di tutto a scoprire la genesi di questa patologia e a fare un po’ di chiarezza nelle classificazioni.
Un po’ di terminologia
Cancro o tumore
I termini cancro
o tumore
sono spesso usati in senso generico per definire ogni malattia neoplastica maligna. Ma volendo essere più precisi, conviene specificare meglio i diversi significati.
I tumori, innanzitutto, prendono il nome dal tessuto che viene interessato. Quelli che si formano nel tessuto epiteliale sono detti carcinomi, e se sono coinvolte anche strutture epiteliali di tipo ghiandolare si dicono adenocarcinomi. I tumori che nascono nell’osso o nei tessuti molli sono detti sarcomi con la specificazione del tessuto di origine, ad esempio il fibrosarcoma dal tessuto fibroso, l’emangiosarcoma dai vasi sanguigni, l’osteosarcoma dall’osso, il liposarcoma dal tessuto grasso, il leiomiosarcoma dal muscolo liscio, mentre il rabdomiosarcoma da quello striato e così via. I cancri che interessano il midollo osseo o i globuli bianchi del sangue sono detti leucemie, mentre quelli che interessano il connettivo del sistema linfatico sono detti linfomi. Esistono poi tumori del sistema nervoso che prendono anch’essi il nome dal tipo di tessuto nervoso interessato come, ad esempio, i gliomi dal tessuto gliale, gli astrocitomi dalle cellule astrocitiche, i retinoblastomi dalla retina, i meningiomi dal tessuto meningeo (le meningi sono membrane che avvolgono il cervello e il midollo spinale). Ci sono infine altri tumori che prendono il nome dal tessuto o dalle cellule da cui si originano: ad esempio, il mieloma multiplo deriva dalle plasmacellule e dal midollo osseo, il seminoma dalle cellule germinali del testicolo, il timoma dal timo e così via.
Le fasi evolutive
Oltre alla denominazione gli oncologi applicano ai tumori un sistema di stadiazione
, che descrive la fase evolutiva in cui si trova un tumore. La classificazione più utilizzata è quella denominata TNM. La T sta per tumore e va da 1 a 4 a seconda della dimensione della massa neoplastica, intendendo con T1 il più piccolo e T4 il più grande in un’ipotetica scala approssimativa. La N sta per linfonodi (nodes in inglese) e va da N0 (assenza di coinvolgimento linfonodale) a N4 (interessamento molto esteso dei linfonodi). La M infine indica le metastasi e denota l’assenza di esse (M0) oppure la presenza (M1), per arrivare a M4 in caso di massiva diffusione. Per fare un esempio, se un tumore viene classificato T3 N3 M1 ci si riferisce a un cancro di grosse dimensioni con esteso coinvolgimento linfonodale e presenza di metastasi.
Le cellule: poco o troppo conosciute?
A questo punto è utile descrivere il comportamento delle cellule, nelle quali non si cela la causa bensì l’evento finale della modificazione cancerosa.
Una rete di centraline
Come sappiamo, le cellule contribuiscono a formare tutti i tessuti dell’organismo, specializzandosi nelle varie funzioni che si rendono localmente necessarie, dirette da un controllo genetico che funge da guida. Le cellule possiedono una specie di pelle
che le separa dall’esterno, cioè dalle altre cellule o dal liquido interstiziale che riempie i vuoti
lasciati tra l’una e l’altra. Questa pelle è formata dalla membrana cellulare, sulla cui superficie sono dislocate numerosissime strutture proteiche note come recettori. Questo significa che ogni cellula è una sofisticata centralina ricetrasmittente, collegata contemporaneamente a migliaia di altre strutture simili.
Possiamo facilmente capire che parlare di una singola cellula, isolata dalla sua infinita rete di relazioni, è come parlare di qualcosa che non esiste o che non rispecchia nemmeno lontanamente la realtà. All’interno di ogni cellula c’è un nucleo che contiene le informazioni codificate indispensabili per tutte le attività cellulari. L’energia per attivare tutti questi processi metabolici è fornita dai mitocondri, che si servono dei vari passaggi della catena respiratoria per produrla. Sembra che i mitocondri discendano filogeneticamente da batteri ancestrali che furono inclusi ma non digeriti dalle primitive e originarie formazioni cellulari.
I diversi tipi di cellule mostrano anche differenti tempi di sopravvivenza: da un lasso di tempo quasi corrispondente all’arco della vita umana (neuroni) a una durata di circa due giorni (globuli bianchi del sangue o cellule della mucosa intestinale).
Il processo di divisione cellulare, la mitosi
, fa sì che le cellule si dividano in due identiche cellule figlie. Ogni cellula sa perfettamente quando crescere o dividersi e ricava queste informazioni dall’ambiente esterno, coordinata dal suo cervello centrale, il nucleo.
La morte delle cellule
Per ogni cellula che nasce c’è anche una cellula che muore. Ogni cellula può morire in due modi diversi: per necrosi o per apoptosi. Il primo caso è sempre di origine traumatica
, per vari accidenti come l’improvvisa diminuzione di ossigeno, le temperature esterne estreme (caldo o freddo), i danni causati da batteri, virus ecc.
Anche la malattia cancerosa può causare la necrosi cellulare. In questo caso le cellule inviano messaggi al loro ambiente, provocando una risposta favorita dal maggior afflusso di sangue in quella zona con la migrazione di un gran numero di globuli bianchi. Questo processo si chiama infiammazione e serve a riparare dei danni prevalentemente acuti. Vedremo, in seguito, come il perdurare nel tempo di questi fenomeni possa causare ulteriori danni, in un processo a catena.
L’altro meccanismo, detto apoptosi, è dovuto a una specie di suicidio programmato e avviene quando una cellula, avendo raggiunto un’età avanzata
, comincia a funzionare male; oppure, semplicemente quando quella stessa cellula non serve più. La morte per apoptosi è uno degli eventi fisiologici della vita e nel nostro organismo accade milioni di volte ogni giorno. Quando il meccanismo apoptotico non è efficiente e la cellula continua a crescere e a moltiplicarsi, si intravede uno dei meccanismi di formazione del cancro.
Apoptosi e immortalità
Qualunque sia l’evento che favorisce l’insorgere di un cancro, la causa finale risiede nell’attivazione permanente, in un gruppo di cellule, di un gene che porta alla fabbricazione di una o più proteine (oncogeni e oncoproteine).
Lo sblocco di un oncogene (dove onco è il suffisso greco che significa tumore) può prodursi spontaneamente o mediante stimolazione di sostanze chimiche, virus, batteri, radiazioni ecc., e tutto conduce verso un’aberrante proliferazione cellulare. Come esistono sostanze che spingono alla duplicazione infinita delle cellule, allo stesso modo ne esistono altre che hanno le funzioni opposte, e per questo sono dette oncosoppressori. È il caso, ad esempio, della famosa proteina p53, che inibisce la replicazione cellulare qualora sia troppo rapida e promuove inoltre i meccanismi di autoriparazione cellulare impedendo alla cellula di sdoppiarsi prima che le alterazioni siano state riparate.
Ogni cellula, pertanto, può ricevere dall’ambiente esterno a essa uno o più segnali di vita e di moltiplicazione, oppure segnali di morte per suicidio e di non replicazione. Tali segnali provengono prevalentemente dalla matrice extracellulare, traducendo stimoli di altri organi e sistemi. La cellula tumorale possiede un codice diverso, in cui la proliferazione prevale sulla differenziazione cellulare.
Come possiamo constatare, l’equilibrio fra la vita e la morte si sposta sino ai livelli più profondi del nostro organismo. Dovremmo pensare a come orientare questo equilibrio a nostro favore rientrando nella fisiologia quotidiana normale.
Focus sul sistema immunitario
Il nostro corpo, a tutti i livelli, è un enorme crocevia di informazioni che devono essere filtrate, recepite e utilizzate. Tali informazioni sono veicolate da cellule e molecole biologiche, e una delle funzioni principali è quella di distinguere tra ciò che ci appartiene – o, meglio, ciò che siamo predisposti geneticamente ad accettare come nostro e, pertanto, a utilizzare biologicamente – e ciò che non ci appartiene e che riteniamo estraneo.
Un importante organo effettore di questa funzione biologica è costituito dal sistema immunitario, che ora cercheremo di spiegare brevemente perché il suo ruolo è fondamentale anche nella genesi del cancro.
Un insieme di cellule e molecole
Il sistema immunitario è costituito principalmente da cellule e molecole proteiche: le prime sono rappresentate innanzitutto da linfociti, fagociti e natural killer, mentre le molecole includono anticorpi, complemento e interferone.
Come abbiamo detto prima, il sistema immunitario deve valutare la differenza tra cellule, proteine ecc. che appartengono al nostro corpo (self) e tutte le altre (non-self). Le proteine estranee vengono chiamate antigeni. Gli anticorpi, invece, sono molecole proteiche che reagiscono specificamente con i suddetti antigeni, neutralizzandoli. I cosiddetti fagociti (che includono neutrofili, monociti e altri globuli bianchi che sono in grado di catturare l’antigene) hanno la caratteristica di inglobare le particelle estranee (mangiarle
come dice la radice del nome) e distruggerle servendosi di radicali liberi come arma privilegiata.
Alcune di queste cellule sono in grado di migrare dentro i tessuti, trasformandosi in macrofagi. Quando un macrofago incontra un antigene, lo inghiottisce
, lo digerisce e ne dispone i frammenti sulla propria superficie cellulare. Questi frammenti servono a ricordare che cosa il macrofago ha distrutto e vengono utilizzati per formare degli anticorpi che risulteranno utili in