Pianeta Grasso: Perché si diventa grassi, perché non bisogna sentirsi in colpa e cosa si può fare al riguardo
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Anteprima del libro
Pianeta Grasso - Gabriella Pizzuti
PIANETA GRASSO
Sommario
Prefazione
1. L'altra pandemia
2. Morireste di fame per poterli nutrire meglio?
3. Geni
4. Ambiente
5. Fagocito, ergo sum
6. Intelligenza alimentare
7. La matematica della perdita di peso
8. Contare le calorie
9. Macronutrienti e micronutrienti
10. Carboidrati
11. Fibre alimentari
12. Proteine come macronutrienti
13. I grassi come macronutrienti
14. Una caloria è una caloria
15. Depositi di energia
16. Il grasso come riserva di energia
17. Glicogeno
18. Il muscolo scheletrico come riserva di aminoacidi
19. Un giorno come tanti
20. Assorbimento del glucosio e resistenza all'insulina
21. Assorbimento del fruttosio e salute del fegato
22. Assorbimento delle proteine e mantenimento del muscolo
23. Assorbimento dei grassi e colesterolo
24. Tutti gli errori che si commettono quando si cerca di perdere peso
25. Dove si sbaglia?
26. La dieta perfetta
27. L'importanza dell'esercizio fisico
28. Come il muscolo scheletrico contribuisce a mantenere la salute del metabolismo
29. Davide e Golia
Ringraziamenti
Informazioni sull’autore
Bibliografia
PIANETA GRASSO
Perché si diventa grassi, perché non bisogna sentirsi in colpa e cosa si può fare al riguardo
Gabriella Pizzuti, PhD
Illustrazioni:
Mila Sophie van Zijl
Gabriella Pizzuti
Versione italiana revisionata da:
Augusto Pizzuti
Foto dell’autrice:
Pippa Slot
"Planet Fat"
Copyright © 2023 Gabriella Pizzuti
Tutti i diritti riservati.
A Mila ed Elena
Prefazione
Avete presente la sensazione di estrema pienezza dopo un pasto? La necessità di sbottonare i pantaloni e lasciare che lo stomaco si distenda? Avete presente il pentimento per aver mangiato troppo e non avere almeno evitato di prendere una porzione in più o una seconda fetta di torta? Probabilmente avrete già sentito che dietro la nostra golosità si nasconde la tendenza evolutiva degli esseri umani ad accumulare quanta più energia possibile. Questa tendenza ha facilitato la nostra esistenza e sopravvivenza in un ambiente ostile per milioni di anni.
Nel corso della storia umana siamo sempre stati soggetti alle regole dell'evoluzione naturale. Un cambiamento significativo nell'ambiente, spesso determinato da eventi geologici e meteorologici, ha sempre comportato un adattamento da parte nostra. Certo, il cambiamento sarebbe probabilmente stato accompagnato da tante morti, ma i più adatti sarebbero sopravvissuti, trasmettendo il loro DNA superiore (per lo meno relativamente a un certo ambiente) alle nuove generazioni. Si stima che il tasso di crescita annuale della popolazione mondiale negli 8000 anni che vanno dall'alba della rivoluzione agricola fino all'ascesa dell'Impero romano sia stato inferiore allo 0,05%, passando da circa 5 milioni a circa 200-400 milioni di persone. Ci sono voluti quasi altri 2000 anni perché la popolazione mondiale raggiungesse il miliardo, intorno al 1800 d.C.
Poi, con la rivoluzione industriale, si è verificato un enorme accelerazione: il secondo miliardo di persone è stato raggiunto in 130 anni (1930), il terzo miliardo in 30 anni (1960), il quarto miliardo in 15 anni (1974) e il quinto miliardo in soli 13 anni (1987). L'ambiente è diventato meno ostile, la medicina ha fatto enormi progressi, la disponibilità di cibo è passata da una regolare scarsità a una continua sovrabbondanza. Sembra che negli ultimi due secoli siamo riusciti a privare Madre Natura di ogni possibilità di correggere e adattare il nostro corpo ai cambiamenti ambientali. E all'improvviso sembra che i nostri corpi non siano più adatti a vivere nell’ambiente attuale, essendo diventati sovrappeso, obesi e malati.
Nel 2022 la popolazione mondiale ha raggiunto il record di 8 miliardi. 8 miliardi di persone che condividono il pianeta, sfruttano le sue risorse e iniziano a preoccuparsi di quando finiranno. Siamo in balia del nostro ingegno che lotta costantemente con la nostra stupidità; la domanda che dobbiamo porci è se l’ingegno prevarrà sulla stupidità o se stresseremo l'ambiente fino al punto di non ritorno per la nostra specie.
Personalmente, scelgo di essere ottimista. Scelgo di credere che la nostra capacità di apprendimento, la nostra resilienza, la nostra intelligenza prevarranno. La strada per risalire potrebbe non essere facile; probabilmente dovremo affrontare altre situazioni che ci faranno aprire gli occhi, come pandemie, disastri naturali, guerre, che sono sempre più viste come offese inaccettabili alle nostre vite e alla nostra civiltà; ma credo che reagiremo e agiremo per salvare noi stessi e le generazioni a venire.
Il processo di apprendimento inizia con il riconoscimento dei rischi, la loro accettazione e la loro gestione. Ma il processo è lento. Mentre l'apprendimento individuale può essere estremamente veloce, quello di gruppo è più complicato. Pensate al fumo. Gli effetti negativi del fumo sulla salute sono stati negati per decenni sia dalle aziende del tabacco che dai fumatori. Gli interventi per proibire il fumo in pubblico e la vendita di sigarette ai bambini sono stati combattuti come insensate cacce alle streghe. A distanza di anni non abbiamo ancora azzerato il numero dei fumatori, ma non troverete una sola persona sana di mente che non sia consapevole che il fumo faccia male alla salute.
Oppure pensate al cambiamento climatico. Abbiamo tutti sentito parlare del cambiamento climatico e della sua pericolosità. Alcuni credono che si tratti di un'osservazione supportata da solidi dati scientifici, altri dubitano delle previsioni, altri ancora lo rinnegano e lo liquidano come un complotto pensato per seminare panico. La cosa importante è che abbiamo fatto il primo passo: l'umanità ha identificato il rischio. Ora lo studieremo e capiremo la situazione sempre meglio. La convinzione generale del momento cambierà in un senso o nell'altro in base alle discussioni, alla scienza, alla politica e questo porterà all'azione. Nessuno può dire se sarà l'azione giusta e se sarà attuata in tempo. Ma stiamo seguendo il processo che abbiamo sempre seguito. E finora questo processo ci ha portato dove siamo. Ha contribuito alla nostra sopravvivenza, non come individui, poiché molti sono stati sacrificati lungo il cammino, ma come specie.
In definitiva, l'ambiente in cui viviamo ha un forte impatto su di noi. Ha un impatto su ciò che facciamo, su come ci comportiamo, su ciò che mangiamo, su come pensiamo. E a volte influisce sul nostro comportamento, nonostante la consapevolezza razionale che quello specifico comportamento va contro i nostri stessi interessi.
Perché, tornando all'argomento di questo libro, non temete: se potessi magicamente trasportarvi in un ambiente con una disponibilità limitata di cibo e senza alimenti lavorati, non sentireste mai più parlare di sovrappeso, obesità, diabete di tipo 2 e sindrome metabolica.
L'obiettivo di questo libro è creare una migliore comprensione dell'importanza della salute per l'individuo e per la società; una migliore comprensione dei comportamenti che portano ad elevate morbilità e alla malattia, nonché degli strumenti che abbiamo in mano per vivere a lungo e in salute. Forse non possiamo cambiare l'ambiente o il nostro DNA, ma possiamo certamente rafforzare la nostra capacità di fare le scelte giuste. Non è un compito facile, ma è l'unico aspetto dell'equazione su cui possiamo davvero esercitare una forma di controllo come individui.
L'altra pandemia
Sul sito web dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)¹ sono disponibili grafici che mostrano le 10 principali cause di morte nel mondo per nazione. Se si osserva il grafico globale, si nota che negli ultimi 20 anni il numero assoluto di persone morte a causa delle conseguenze di malattie cardiovascolari è aumentato in modo significativo. Si stima che nel 2019 18 milioni di persone siano decedute per malattie coronariche, pari al 32% di tutti i decessi globali. Le malattie cardiovascolari sono diventate la principale causa di morte a livello globale, seguite dal cancro, che ha mietuto un altro 16% di vite.
Potrebbe sembrare macabro, ma in realtà questa tendenza è in parte una buona notizia. Se si osservano più da vicino questi grafici, si nota che non appena una nazione supera la soglia della completa povertà e riesce ad avere accesso a migliori condizioni igieniche e assistenza sanitaria di base, le malattie cardiovascolari diventano la principale causa di morte al posto delle malattie trasmissibili, della fame e delle morti neonatali. Le persone che muoiono di malattie cardiovascolari sono generalmente persone che hanno avuto la possibilità di invecchiare, poiché queste condizioni sono generalmente disturbi cronici legati all'invecchiamento e, alla fine, di qualcosa si deve pur morire. Il vero problema dei Paesi sviluppati non è che si muore di malattie cardiovascolari, ma che si vive per decenni con esse.
Nel corso dell'ultimo secolo una parte sempre più grande della popolazione mondiale anziana ha convissuto con una o più malattie croniche; non solo malattie cardiovascolari ma anche diabete e malattie respiratorie croniche (COPD). Grazie all’avanzamento della medicina siamo ora in grado di ritardare in modo significativo i decessi legati alle malattie croniche, ma purtroppo non di curarle. La conseguenza è che la durata della vita è aumentata, ma non di pari passo con la qualità della vita. Inoltre, grazie al miglioramento dei tassi di sopravvivenza globale, un numero sempre maggiore di malattie ha raggiunto uno stato cronico come diversi tipi di cancro, l'HIV/AIDS, i disturbi mentali (come la depressione, la schizofrenia e la demenza) e le disabilità come i disturbi della vista e l'artrosi.²
Sebbene l’avanzamento medico sia certamente un aspetto positivo della civiltà, la crescente discrepanza tra durata della vita e il numero di anni vissuti in salute ha enormi conseguenze sulla nostra economia. Non solo i costi dell'assistenza sanitaria crescono in modo esponenziale per consentire le cure, ma la crescente porzione di popolazione affetta da malattie croniche ha un impatto non indifferente sulla partecipazione alla forza lavoro (direttamente o attraverso i familiari che se ne prendono cura), sulla produttività e sul turnover della forza lavoro; per non parlare della sofferenza personale dell'individuo malato.
Chiaramente, gli sforzi per diminuire il gap tra la durata della vita e il numero di anni vissuti in salute, e quindi ritardare l'insorgenza delle malattie croniche, devono essere una priorità della società (Scenario C in Figura 1); invece negli ultimi 50 anni si osserva la tendenza opposta: l'insorgenza di malattie croniche sembra comparire sempre più precocemente nel corso della vita.
Figura 1. Da A a B: la medicina standard aumenta la durata della vita prevenendo la morte per malattie legate all'età. Contemporaneamente, aumenta il numero di anziani affetti da malattie legate all'età. Il rapporto tra durata della salute e durata della vita diminuisce. Da B a C: gli interventi anti-invecchiamento rallentano l'invecchiamento e ritardano l'insorgenza delle malattie legate all'età. In teoria, questo dovrebbe ripristinare il rapporto tra durata della salute e durata della vita.³
Il motivo di questa tendenza negativa è che, anche se il fattore di rischio più importante per le malattie croniche rimane l'età, scelte di vita come il fumo, l'uso eccessivo di alcol, la dieta e la mancanza di esercizio fisico giocano un ruolo importante. In particolare, il legame tra sovrappeso, obesità, inattività fisica e malattie croniche è stato ripetutamente dimostrato da innumerevoli studi. Se consideriamo che la prevalenza di individui con sovrappeso e obesità è ai massimi storici e in aumento in tutto il mondo, anche tra i bambini, è facile capire perché l'insorgenza di malattie croniche sia accelerata. Al momento della stesura di questo libro, nel mondo ci sono più persone obese che sottopeso, con la sola eccezione di alcune zone dell'Africa sub-sahariana e dell'Asia. La maggior parte dei Paesi ad alto reddito ha una popolazione adulta con una prevalenza di persone con sovrappeso o obesità di almeno il 70%.⁴
Allora, perché stiamo ingrassando, quando innumerevoli studi scientifici ci dicono che è meglio non farlo e l'ideale contemporaneo di bellezza e salute assomiglia ad Angelina Jolie e Brad Pitt? Tutti gli indizi puntano verso il consumo eccessivo di cibo, ovviamente. Ma non tutti i tipi di cibo. Ciò che è cambiato drasticamente negli ultimi 50 anni è il boom degli alimenti ultra-lavorati, definiti come alimenti ad alta densità energetica in cui sostanze nutritive come zuccheri semplici, amidi e oli lavorati sono mescolati con sale e additivi per migliorare colore, sapore e consistenza.⁵ Esempi di alimenti ultra-lavorati sono il fast food, le bibite zuccherate, le torte, i biscotti, i pasti pronti, le patatine, i gelati, i cereali per la colazione, gli yogurt alla frutta e altri prodotti altamente appetibili. E come vedremo, l'alta appetibilità di questi alimenti è ciò che li rende così dannatamente buoni e facili da mangiare in eccesso. Se la densità energetica e l'alta appetibilità non fossero sufficienti, questo tipo di alimenti è anche estremamente economico, grazie a processi produttivi ottimizzati al massimo dell’efficienza, all'uso di materie prime a basso costo e agli alti volumi di produzione. Questi alimenti sono facili da preparare, da trasportare e possono essere conservati per lunghi periodi. Combinando queste caratteristiche si ottiene la tempesta perfetta. Negli ultimi 50 anni abbiamo creato e perfezionato una macchina mostruosa che rende l'ingrassamento fin da giovane età il default, mentre l'avanzamento medico cerca di curarci e di tenerci in vita il più a lungo possibile, possibilmente in maniera accettabile in termini di qualità della vita. Solo pochi coraggiosi, armati di disciplina ferrea ed eventualmente aiutati da un vantaggio genetico, riescono a sfuggire a questa macchina.
In questo ambiente siamo destinati a perdere. Il problema non è l'individuo. L'individuo è letteralmente costruito per indulgere in circostanze simili. La nostra specie si è evoluta nel corso di milioni di anni per cogliere qualsiasi possibilità di assicurarsi il cibo, e più grasso e più zuccherato è, meglio è. Questo ha fatto per milioni di anni la differenza tra la vita e la morte. E improvvisamente, negli ultimi 50 anni, l'abbondanza di cibo è aumentata a livelli incredibili, l'appetibilità del cibo è stata ingegnerizzata al massimo, mentre la qualità del cibo è scesa ai minimi storici. Non fraintendetemi. Magari avete una forte tendenza ad ingrassare, avete una vita sedentaria e non avete il tempo di fare esercizio fisico; magari siete dei golosi irrefrenabili; ma se potessi trasportarvi indietro nel tempo a duecento anni fa, la vostra glicemia sarebbe perfettamente nella norma, la vostra pressione arteriosa soddisferebbe qualsiasi medico e non avreste mai sentito parlare di diabete di tipo 2.
Michael Moss, nel libro "Salt, sugar, fat" (Sale, zucchero, grasso),⁶ racconta l'interessante storia di come l'industria alimentare si sia evoluta negli ultimi decenni fino a diventare un'enorme produttrice di prodotti da mangiare e da bere, che sono deliziosi, economici, altamente gratificanti, hanno un bell'aspetto, un buon profumo e possono essere conservati per anni. Se si gira la confezione e si leggono gli ingredienti, si può solo credere che si tratti di cibo. Ma lo è. Cibo altamente ingegnerizzato per stimolare il sistema di ricompensa del cervello. Ad esempio, sono state condotte numerose ricerche sui bambini per individuare il cosiddetto punto di beatitudine
(bliss point) dei prodotti zuccherati. Deve essere divertente osservare le facce dei bambini che assaggiano diversi yogurt, dessert e simili. Se siete madri come me, immaginate che vi incontri a una fiera locale, piacevolmente sorridente in uno stand colorato e vi proponga di far partecipare vostra figlia ad un sondaggio per consumatori. L'unica cosa che vostra figlia deve fare è assaggiare diversi dolci e bibite e dirci cosa le piace di più. Probabilmente vostra figlia inizierebbe a tirarvi per la manica, molto eccitata e felice di partecipare. Voi probabilmente mi sorridereste e direste: perché no?
Poi probabilmente prendereste il telefono dalla borsa e iniziereste a scattare foto da condividere sull'app di famiglia.
Ora immaginate che vi spieghi che tutti i prodotti che vostra figlia assaggerà contengono un'elevata quantità di glucosio e fruttosio. La quantità e la biodisponibilità del glucosio in questi prodotti è tale che il giovane pancreas dovrà produrre elevate quantità di insulina per eliminarlo dal sangue. Allo stesso tempo, la grande quantità di fruttosio indurrà il fegato a trasformare l’eccesso in grasso. Ma non preoccupatevi: vostra figlia è abbastanza giovane da poter gestire molto bene questa situazione. Tuttavia, se le piacciono i nostri prodotti, come ci auguriamo che sia, e se voi glieli comprate abbastanza spesso, come ci anche auguriamo che sia, svilupperà insulino-resistenza, steatosi epatica (vedremo in seguito cosa è e cosa comporta questa malattia del fegato) e, nel giro di qualche anno, diabete di tipo 2.
Probabilmente scappereste via urlando. E la cosa più preoccupante è che probabilmente decidereste di scappare solo dopo aver sentito la frase svilupperà insulino-resistenza, e diabete
. La prima parte di ciò che ho detto vi sarà sembrata un abracadabra, in quanto la maggior parte delle persone non ha la minima idea di ciò che accade nel proprio corpo quando mangiano.
Vi sembra esagerato? Pensateci meglio, perché questa è la nostra realtà. Metà della popolazione mondiale sviluppa inconsapevolmente insulino-resistenza per decenni prima di vedersi diagnosticare il diabete di tipo 2 a cinquant'anni. Gli eventi cardiovascolari non si verificano perché l'aterosclerosi compare improvvisamente nei vasi sanguigni all'età di 55 anni. Le placche, le ostruzioni, l'irrigidimento dei vasi sanguigni iniziano in età molto giovane e, nell‘ambiente attuale, vengono costantemente peggiorate dalle nostre abitudini alimentari e dallo stile di vita, giorno dopo giorno, anno dopo anno, per decenni. La buona notizia è che si può intervenire e migliorare la situazione in qualsiasi momento, a prescindere dall'età e dal livello di degrado. Ma non dobbiamo illuderci. La misura in cui si può riparare il danno e preservare la qualità della vita dipende anche da quanto si è lasciato correre. In questo senso, aspettare la comparsa dei sintomi invece di assumere un ruolo proattivo nel preservare la propria salute potrebbe non essere una buona idea. Purtroppo però questo sembra essere l'atteggiamento prevalente nella nostra società. L'approccio attuale consiste nell'aspettare che la salute si deteriori prima di agire. Il diabete di tipo 2 è forse l'esempio più eclatante. Se si è in sovrappeso, la possibilità di essere già resistenti all'insulina è molto alta; ma i medici non misurano la risposta insulinica durante i regolari controlli del sangue; misurano piuttosto i livelli di zucchero nel sangue a digiuno, che rimangono nella norma fino a quando fegato e pancreas non hanno smesso di funzionare correttamente. Solo allora si riceve una diagnosi di diabete e si riceve un trattamento.
Gli effetti del nostro comportamento alimentare e del nostro stile di vita si accumulano lentamente nel corso degli anni, ma spesso non li percepiamo fino a quando non è molto tardi. Una persona con intolleranza al lattosio sa quanto sia delizioso il gelato, ma ha un forte deterrente a non mangiarlo, perché si sentirebbe male nel giro di un paio d’ore. Chi mangia cibi lavorati e beve bevande zuccherate fino a diventare sovrappeso e obeso può sentirsi a disagio con il proprio corpo e scegliere di evitare attività che richiedano uno sforzo fisico eccessivo, ma possono passare anni prima che si ammali ufficialmente
. E si può decidere consapevolmente di diventare sovrappeso? Ammettiamolo: chiunque sceglierebbe di restare in salute il più a lungo possibile. Ma se essere sani ha un prezzo elevato e richiede di lottare contro il proprio cervello