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E-book233 pagine3 ore

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Info su questo ebook

Un randagio e una leggenda, amici ormai fratelli, intraprendono un viaggio nel folle tentativo di germinare nel cuore degli uomini il seme della consapevolezza della propria fragilità e della propria arroganza. A seguito del grande disastro provocato dal capitalismo che, imperando negli anni precedenti, aveva condotto il mondo alla completa disfatta, il pianeta aveva subito un collasso totale, tutto era crollato ai piedi di un uomo che inconsapevole aveva fatto il gioco dei potenti e ignaro aveva seguito le sorti disastrose dell’intero cosmo. Yan e Jano, nel loro peregrinare, accompagnati dal gatto-poeta Isidoro, incontrano un gruppo di persone che per scelta ha deciso di vivere lontano dai centri abitati.
La loro è una comunità singolare, vagamente animista, in cui ognuno, riesumando tradizioni e abitudini, mette al servizio degli altri la propria esperienza e, in una collaborazione fattiva, agisce per il bene della collettività. Nei due amici grande è lo scoramento per tale situazione; sarà necessario intervenire per arrivare al cuore degli uomini e salvare questo spazio esiguo, il pianeta Terra.
16.54, di Tiziano Travostino è un ottimo romanzo che propone una realtà distopica, forse possibile. Legato ai concetti fondamentali dell’universalità, punta l’attenzione sulle coscienziosità del singolo, unico responsabile delle sorti dell’universo.

Tiziano nasce nel 1963 nelle terre dell’alto Piemonte, crescendo nei boschi sulle sponde del fiume Sesia. Attento
osservatore, sviluppa una sua coscienza sensibile all’ambiente che lo circonda, anche nell’età adulta continua a
frequentare i luoghi dove sente più vivo il suo spirito randagio. Questa semplice cultura di base sommata al fascino
dei popoli nomadi, soprattutto gli indigeni nativi del Nord America, ispirano in lui una forte idea sociale generando
un libero pensiero.
LinguaItaliano
Data di uscita31 mag 2023
ISBN9788830682641
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    16.54 - Tiziano Travostino

    travostinoLQ.jpg

    Tiziano Travostino

    16.54

    © 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-7794-4

    I edizione maggio 2023

    Finito di stampare nel mese di maggio 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    16.54

    Dedicato alle future generazioni,

    scusandomi a nome di tutti noi,

    piccoli uomini scellerati che, con ingorda avidità,

    rapiniamo ciò che spetta di diritto a tutte le future generazioni che vivranno ospiti su questo piccolo spazio ordinato,

    il tempio pianeta Terra.

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Nota per i lettori

    Il testo più volte richiama l’attenzione alla nota "vedi Il numero assoluto", in realtà tale testo ancora non è stato pubblicato, ma rientra nei nostri progetti a breve scadenza.

    Gyanni e Tizjano

    INTRODUZIONE

    Api: una piccola società organizzata, una semplice comunità anarchica, priva di governo e di leggi scritte, dove ogni individuo per istinto, segue una sua responsabilità personale collocandosi all’interno del gruppo, consapevole di avere un suo preciso ruolo in equilibrio con l’intera comunità, seguendo l’unica regola universalmente riconosciuta, collaborazione e condivisione. Nel pieno rispetto di ogni essere vivente si può usare tutto senza possedere nulla. Il denaro creato sfruttando gli esseri viventi più semplici, ospiti di questo sempre più piccolo spazio ordinato chiamato pianeta terra, non rendono gli uomini felici, ma creano ricchezza e potere solo per pochi, generando povertà e disagio sociale per molti.

    Moneta: strumento utile per lo scambio di merci in una società organizzata. Capitale: arma utilizzata da pochi speculatori per gestire un potere creato dagli stessi speculatori.

    Tizjano

    L’ora della verità

    Cosa è vero? Cosa è falso? Cosa è giusto e cosa è sbagliato, in cosa credere e ancora in cosa diffidare? Chi ha ragione e chi ha torto?

    Quesiti, domande, di sommaria risposta ed effimera ragione, un caos sul quale intellettuali, opinionisti, filosofi, storici e pseudo saggisti in continuazione dibattono e spesso litigano sul nostro inferno quotidiano.

    Inferno o purgatorio, dove la purga monda tutti noi dai nostri peccati quotidiani per offrirci un presunto paradiso in cui vivere in pace nell’alto dei cieli dell’eternità.

    «

    ».

    Probabilmente questo sarebbe il pensiero di colui che noi tutti identifichiamo come Dio. Una domanda giunge spontanea: siamo in grado di riportare il giusto equilibrio in questo piccolo spazio ordinato che noi chiamiamo con grande presunzione il nostro pianeta e che con la stessa arroganza intellettuale vogliamo salvare? Salvare questo pianeta! E da chi? Da noi stessi. Da un virus parassita che alberga dentro noi uomini di scarsa volontà e pieni di stupida arroganza.

    Yan e Jano, due sconosciuti che incontrandosi diventano come fratelli, in un folle tentativo di salvarsi dalla paura di essere uomini, cercano una nuova via per germinare il seme della consapevolezza in un sottile equilibrio con l’universo, cominciando da un piccolo seme il primo mattone per un tempio chiamato pianeta Terra.

    Capitolo 1 - Il nulla

    Giovedì 23 settembre ore 16.54, anno 2000 e qualcosa…

    Due amici, ormai fratelli, seduti su un soffice prato erboso ricoperto di fiori di vario tipo, colorati e profumati, dal quale evolveva un esplosivo microcosmo di vita, un armonioso piccolo spazio ordinato, posto in cima ad una collinetta, contemplavano l’origine del tutto.

    «Questo posto è davvero un paradiso, quante volte siamo passati attraverso luoghi meravigliosi senza comprenderne la loro bellezza. Luoghi così semplici nel loro ordine che noi umani, presi dalla frenesia della nostra paura, non siamo capaci di apprezzare, in una assurda convinzione che i posti belli sono gli altri: forse più esotici o forse perché un luogo lontano, mai visto, è sempre il migliore, forse la distrazione di vivere in un ambiente diverso ci fa apprezzare il luogo in cui siamo, difficile in quale spazio ordinato sia meglio esistere» dice Yan.

    «Penso che non esista un porto in cui gettare l’ancora. Tutto questo pianeta è straordinariamente bello. Gli uomini di buona volontà qui possono vivere finalmente in pace, in una magica armonia; con la gioia di vivere che sprizza dagli occhi, provano un’emozione semplice, serena e genuina» risponde Jano.

    «

    ».

    Venerdì 24 settembre, ore 16.54 anno 2000 e qualcosa…

    Due amici, ormai fratelli, erano seduti su una pietraia posta in cima ad una collinetta; tutto intorno a loro c’era un brullo e scarno paesaggio, un tappeto di erba rinsecchita e striminziti arbusti sparpagliati qua e là, ciuffi di rovi spinosi, grossi cespugli rossastri di forma tondeggiante, insieme a buchi di terra nuda di un colore giallo zolfo che macchiavano il piano terrestre.

    Poca vita, per lo più insetti, mosche, moschini e zanzare – cibo buono per ragni e scorpioni e a loro volta nutrimento per topi e serpenti.

    Anche i fiori, intimiditi da quella semidesolazione, si nascondevano mostrando colori meno appariscenti; però nell’insieme c’era qualche albero antico: querce, abeti, olmi, platani e pure qualche albero di mele, fichi e ciliegi selvatici, utili per la sopravvivenza degli uccelli, i quali condividevano lo spazio con piccoli mammiferi, uomini compresi, e cani, molti cani randagi.

    Branchi di animali erano incattiviti dalla fame e dalla paura, gruppi pericolosi tra i quali la legge del più forte dominava; predatori insaziabili, voraci belve pronte ad attaccare tutto quello che era in movimento più per paura che per necessità. Cani, che come gli uomini erano diventati lupi. Osservavano con tristezza lo sfacelo del dopo grande disastro.

    «Questo posto è davvero un inferno. Ma come siamo riusciti in così poco tempo a trasformare il luogo in cui siamo nati, cresciuti e dove viviamo in un territorio quasi totalmente arido, bruciando senza criterio tutte le risorse disponibili? Forse dovevamo fare qualcosa di più che cercare di diffondere la verità!» dice Yan.

    «E cosa potevamo fare più di quello che abbiamo fatto? Non dimenticarti che tu sei solo un semplice uomo, bravo nel domare i bisonti multirotati ed io sono un fuorilegge, onesto se vuoi, ma sempre un fuorilegge. Nessuno dà considerazione a due menti semplici come le nostre. Credimi, fratello, sono convinto di aver fatto il possibile per evitare questa catastrofe. Ne avevo il presentimento che sarebbe stato tutto inutile, non esiste più sordo di chi non vuol sentire e nessuno è più orbo di chi non vuol vedere e sicuramente stupido a tal punto da non tentare neppure di capire. Ed ora che facciamo?» risponde Jano.

    «Ricominceremo da zero, toccato il fondo si può solo risalire. Dopo le svariate pandemie, crisi energetiche, surriscaldamento planetario e furiose guerre finalizzate per ingorda avidità con la scusa di produrre un finto benessere… possiamo solo ricominciare. Esisterà qualche forma vivente che merita di essere salvata, almeno spero!».

    «Presumo di sì, forse c’è ancora uno spazio in cui qualche forma vitale non si sia arresa alla disfatta totale e continui tenacemente a sopravvivere. In fondo specie vegetali e animali ancora esistono e se tanto mi dà tanto, forse esiste qualche comunità di uomini semplici come noi che potrebbe essere sopravvissuta al grande disastro».

    «Forse hai ragione, noi stessi saggiamente ci siamo tenuti sufficientemente lontani ma può essere che altri, non credendo alle panzane dei potenti, si siano organizzati in comunità, magari sperdute in qualche angolo di questo desolato pianeta. In ogni caso il nostro scopo vitale è quello di rigenerare nuova vita. Tu hai ancora qualche seme da ripiantare?».

    «Certo che sì! Non ho mai smesso di raccogliere sementi e dove potevo li piantavo in piccoli spazi in cui esisteva ancora terra fertile, a volte sacrificando la poca acqua che portavo. L’ho sempre condivisa con lo scopo di rigenerare piccole e giovani foreste. Ovviamente ci vorrà del tempo, molto tempo».

    «Fratello, il tempo è l’unica ricchezza che abbiamo, oltre al kit di sopravvivenza: un coltello, dei fiammiferi, qualche mozzicone di candela, delle coperte e qualche capo di vestiario, comodo e caldo».

    «Io ho anche un’armonica a bocca, utile nei momenti di triste sconforto: è sempre stata la mia compagna di viaggio».

    «Sai suonarla?» chiese Yan con interesse.

    «Manco una nota, ma il suono mi distrae dai cattivi pensieri».

    «Bene, possiamo metterci in viaggio per ridare un po’ di vita a questa landa desolata. Che direzione prendiamo? Nord, sud, est oppure ovest?».

    «Qualsiasi direzione che ci porti vicino ad una fonte d’acqua perché sicuramente lì troveremo la vita» rispose Jano con convinzione.

    «D’accordo, allora andiamo controvento e seguiamo l’istinto. L’unica cosa che dovremmo trovare è un mezzo di trasporto. Camminare è piacevole ma si fa poca strada. Primo obiettivo: un veicolo possibilmente dotato di

    gps

    sarà una sicurezza per seguire la nostra posizione».

    «Potremmo farci guidare dal sole. Ci vuole un momento per calcolare il suo asse. Se piantiamo un picchetto al sorgere del sole e ad ogni ora segniamo l’ombra proiettata a terra, considerando che il mezzogiorno è allo zenit, alla sera avremo l’intero arco da est ad ovest e a quel punto sarà facile trovare i punti cardinali. Di notte potremmo orientarci, triangolando la nostra posizione, segnando le stelle, ad esempio Cassiopea e Orione con l’ultima stella dell’Orsa Maggiore, individuando così il nord e il sud. Oppure, alla peggio, strofinando un filo metallico su un panno di lana per magnetizzarlo. Si chiama effetto tribolettrico. Una volta che il metallo sarà magnetico lo si appoggerà sopra un pezzettino di sughero, il tutto verrà poi fatto galleggiare dentro un recipiente d’acqua, anche solo in una pozzanghera; questo, libero di ruotare si posizionerà sul nord magnetico dell’asse terrestre» con spirito organizzativo Jano espose le sue idee.

    «E quando il tempo sarà brutto e non si troveranno aghi metallici da magnetizzare e neppure sughero, che faremo?».

    «Ci fermeremo, accenderemo un fuoco e suoneremo l’armonica, aspettando il bel tempo».

    «Esiste un modo più semplice per seguire una direzione» replicò Yan.

    «E qual è?».

    «Seguire i cartelli stradali, così non solo avremo una posizione ma anche una direzione, camminare sulla strada è sicuramente meno rischioso che buttarci dentro alla sterpaglia».

    Jano, liberando una sincera risata in tono franco e riflessivo replicò: «Fratello, c’è della genuina saggezza in ciò che dici e a pensarci la tecnologia non sempre viene per far danni, anzi il più delle volte ha aiutato l’uomo ad uscire da situazioni se non proprio difficili quanto mai scomode».

    Così che i due compagni con il loro semplice bagaglio di esperienza e motivati dal loro obiettivo, tentarono, ripeto, tentarono solamente di riportare nuova vita, se non proprio evoluta tecnologicamente, quanto meno ordinata e sostenibile.

    Come già descritto, il paesaggio intorno a loro non era proprio desertico, versava in uno scenario selvaggio: strade dissestate, infrastrutture abbandonate che si stavano trasformando lentamente in future macerie. Intorno a loro oltre a qualche raro albero e sterpaglia, impilati come filari di pioppi, campeggiavano alte torri tralicciate, un tempo utili a sostenere grossi e pesanti fili metallici per il trasporto della preziosa energia elettrica. Le desuete opere d’arte industriali, ormai decadenti, sostavano arrugginendo nella loro inutilità aspettando la decapitazione con un colpo di grazia, il fiato del vento che ben presto le avrebbe sradicate dalla loro imponente posizione ridonandole all’origine della loro genesi, la terra.

    Neppure la fauna selvatica era scomparsa del tutto, anzi! Insetti, uccelli, piccoli e grandi mammiferi, lucertole, rane, pesci e persino gamberi di fiume, sembravano aver trovato nuovo vigore vitale in questo spazio abbandonato dall’uomo.

    Ma non tutti erano ambientati in un ordinato equilibrio naturale. Branchi di cani randagi, ormai privi di un capo branco umano che potesse guidarli, scorrazzavano in vasti territori attaccando con vorace ferocia tutto quello che si muoveva intorno a loro. A causa di una bizzarra mutazione evolutiva, il cane, l’amico più fedele dell’uomo, ora era diventato il suo nemico più pericoloso. Branchi di meticci, molto numerosi, ormai privati dell’istinto del lupo che attacca per nutrirsi e segue sempre per istinto una sua pulita linea evolutiva, attaccavano più per paura che per fame. Addestrati come cani da guardia diffidavano di tutto e di tutti, persino dei branchi di loro consimili, spesso, incontrandosi, sfociavano in cruente risse, ricordando le liti di gruppi umani, ebbri di alcolici e di varie sostanze eccitanti tipici del divertimento di massa del popolo. Homo Hominis lupus, l’uomo è un lupo per l’uomo e attacca con violenza più per paura che non per necessità.

    I due amici camminavano a passo né lento ma neppure troppo veloce. Jano, con occhi attenti, cercava quel che per lui era molto prezioso, i semi. Sementi di ogni forma, colore o grandezza per non lui non contava, con serio scrupolo raccoglieva quelli che valutava più vitali e non invasivi. Non sementi alieni in quel territorio, nel suo pensiero era importante la biodiversità solo con specie compatibili. Una mela del nord America, bella e sicuramente buona, non è sufficientemente adatta ad un territorio mediterraneo, molto meglio una mela selvatica, sicuramente più bruttina ma con un sapore dolcissimo e soprattutto rustica, molto ben adattata nel territorio da loro percorso. Un melo così cresce spontaneo e non necessita di molte cure, o peggio di velenosi antiparassitari che rischierebbero di inquinare il territorio e il nostro perfetto e delicato organismo.

    Di contro, Yan osservava con costernazione i grossi veicoli parcheggiati a bordo strada, erano ancora efficienti ma privi di energia. Un veicolo,

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