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Un regno di sangue e bugie
Un regno di sangue e bugie
Un regno di sangue e bugie
E-book263 pagine3 ore

Un regno di sangue e bugie

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Info su questo ebook

Il mio destino è legato a due principi - uno nato dal sangue, l'altro dalla magia - e non mi fido di nessuno dei due. La mia pelle è maledetta dalle stelle, il mio destino condannato dal desiderio. Ma quando il principe oscuro, crudele e inebriante, mi offre un patto che può salvare il suo popolo e la mia vita, non ho altra scelta.

La nostra unione è la sua vendetta e io sono il suo sacrificio. Le sue bugie sono imperdonabili. È il mio compagno ed è torturato da una maledizione per proteggere il suo popolo dalla sua stessa famiglia.
Adesso posso vederlo per ciò che è realmente. E allora perché non riesco a dimentica il suo tocco rovente sulla pelle?

Sarò anche la chiave per salvare il suo regno, ma è lui che ha il potere di distruggermi.
LinguaItaliano
Data di uscita26 set 2023
ISBN9791220706117
Un regno di sangue e bugie

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    Anteprima del libro

    Un regno di sangue e bugie - Holly Renee

    1

    Lo odiavo.

    Era l’unica verità a cui potevo aggrapparmi perché non ero sicura di nient’altro.

    Lo odiavo perché mi aveva indotto a fidarmi di lui quando non avrei dovuto. Lo detestavo per avermi mostrato un futuro che era solo un inganno.

    Non era migliore di suo fratello. Almeno Gavril aveva avuto la decenza di mostrarmi chi era veramente. Aveva preso quello che voleva da me, ma non nello stesso modo in cui lo aveva fatto Evren. Lui mi aveva fatto desiderare, implorare di averlo, e non era stata altro che una manipolazione.

    Mi ero innamorata quando non avrei dovuto e lui mi aveva portata alla rovina.

    Era l’erede del Regno del Sangue, tutto ciò che mi era stato insegnato a temere, e mi aveva distrutta.

    Fissai la sua schiena mentre iniziava a montare la tenda. Ero circondata dai miei nemici, ma l’unica cosa su cui riuscivo a concentrarmi era lui. Quando si voltò mi costrinsi a distogliere lo sguardo. Mi rifiutavo di incontrare i suoi occhi. Dritto davanti a me sua madre parlava a bassa voce con una delle guardie. Lo stesso uomo che solo poche ore prima era pronto a fare del male a suo figlio.

    Era così diversa da come mi aspettavo che fosse la Regina del Sangue. Era più delicata di quanto non dicessero le leggende che si raccontavano su di lei. Il modo in cui si scostava continuamente i capelli dal viso mentre aiutava i suoi uomini ad accamparsi mi ricordava mia madre. Mi si strinse il cuore al pensiero; dopotutto, era lei che mi aveva consegnato nelle mani di coloro che avevano intenzione di usarmi.

    Aveva marcato il mio destino proprio come i segni delle stelle che avevo sulla pelle.

    La magia di Evren mi accarezzava come un sussurro, ma mi rifiutavo di ammetterlo. Non l’aveva mai ritirata da quando avevamo lasciato il limitare della foresta per andare alla Corte del Sangue. Non mi aveva negato il cavallo, non dopo che mi ero opposta con tutte le forze al viaggiare con lui, ma mi aveva negato lo spazio. Aveva mantenuto il suo potere intorno a me per tutta la durata del viaggio. Lo sentivo muoversi sul corpo, mi abbracciava come se volesse accertarsi che stessi bene.

    Ovviamente non era così. Come avrei potuto?

    Cercai di raccogliere il mio di potere per allontanare il suo, ma ero stanca, troppo stanca, e non ero in grado di controllare la mia magia come faceva lui. Una magia che non capivo, che non sapevo nemmeno di avere.

    Che sentivo di conoscere anche se ci eravamo appena incontrate.

    Ripensai al periodo precedente a Evren, quando vivevo con mia madre al villaggio. Il potere era sempre stato con me anche allora? Lei lo sapeva? E mio padre?

    Lo sentivo ancora scorrere sotto la pelle. La magia si era risvegliata e non sapevo come avessi potuto non notarla prima. Mi sentivo feroce e coraggiosa, ero una nuova versione di me che non avevo ancora imparato a comprendere.

    «Principessa,» sussurrò Evren, e feci volare lo sguardo verso il suo. Avevo sulla punta della lingua l’idea di dirgli di non chiamarmi così, ma non aprii bocca. Mi limitai a fissarlo e a pregare che potesse vedere la rabbia che si agitava dentro di me. «Devi riposare un po’. Raggiungeremo la Corte del Sangue entro domattina.»

    Cercai di ignorare il brusio dei soldati che ci circondavano. Mi osservavano con attenzione anche se a debita distanza. Loro non si fidavano di me, né io di loro.

    Non mi fidavo di nessuno. Non più.

    Mi scostai dall’albero a cui ero appoggiata e mi diressi verso la tenda. Evren mi tenne aperto un lembo di tessuto e io gli passai accanto velocemente, facendo attenzione a non sfiorargli la pelle. Ma per gli dèi, potevo sentirlo. Ogni parte di me era tesa sotto il tocco della sua magia, i miei segni morivano dalla voglia di averne ancora, ma io seppellivo tutto dentro.

    Non avrei mai più permesso a quel principe senza cuore di sfiorarmi. Non importava che il mio corpo lo bramasse.

    Era un nemico e un traditore. Non dovevo sentirmi a mio agio in sua presenza o sotto il suo tocco, ma non riuscivo a spiegarmelo. La sua magia mi faceva infuriare, ma il modo in cui mi vorticava intorno faceva sentire vivi i miei segni e fremere il mio potere.

    Era un nemico, ma anche la mia metà.

    Mi seguì nella tenda e drizzai la schiena nel voltarmi verso di lui. C’erano due brande sul terreno freddo e duro.

    «Non resterai qui con me.»

    Evren ignorò le mie parole e camminò verso uno dei letti. Si sedette gemendo e riuscii a scorgere la stanchezza sul suo volto. Mi venne voglia di allungare la mano e passare il pollice sulla profonda piega tra gli occhi. Nel guardarlo, nonostante la rabbia, sentii il petto farsi pesante.

    «Invece sì.» Iniziò a togliersi gli stivali e la sua magia si strinse intorno a me in modo quasi impercettibile.

    «Allora dormirò da un’altra parte.» Feci per spostarmi verso l’uscita della tenda, ma la morsa del suo potere si intensificò, rimettendomi al mio posto. Non importava quanto provassi a fuggire, mi teneva ancora prigioniera sia nel corpo che nella mente.

    «Sei pazza se pensi che ti perderò di vista anche solo per un momento.»

    «Perché sono tua prigioniera?»

    «Perché sei la mia compagna.» Mise da parte gli stivali e appoggiò le braccia sulle ginocchia mentre mi fissava. «Puoi odiarmi quanto vuoi, principessa, ma è così.»

    Sapevo che aveva ragione. Sentivo la verità delle sue parole fin nelle ossa, ma mi rifiutavo di accettarla. Lui avrebbe dovuto essere di più, ma si era dimostrato essere tutto ciò che avevo temuto.

    E non mi sarei legata a lui solo perché lo richiedeva il destino. Ero stanca di affidarmi al fato e alla vita che mi aveva crudelmente assegnato.

    «Non sono la tua compagna.»

    Evren strinse la mascella, gli occhi fiammeggianti. Bene. Anch’io ero furiosa.

    «Non lascerai questa tenda, principessa.»

    «Disse il compagno amabile.» Incrociai le braccia mentre lo guardavo. «Hai preso lezioni da tuo fratello?»

    «Non sono lui, Adara,» sbottò, la voce tremante di rabbia.

    «No.» Scossi la testa, l’emozione mi stringeva la gola. Sentivo le lacrime salire e quello non faceva che irritarmi ancora di più. «Sei peggio.»

    Strinse i pugni e le nocche gli diventarono bianche.

    «Cosa preferiresti? Vorresti che ti lasciassi passeggiare per l’accampamento pieno di uomini che volevano portarti via da me? Preferiresti che lasciassi che il tuo destino dipenda da loro?»

    Il cuore mi martellava nel petto mentre pensavo a quello che stava dicendo. «Non ti dà fastidio?» azzardai, osservandolo con attenzione alla ricerca di qualche indizio che mi facesse capire cosa stava pensando. «Sei il loro principe, ma erano più che disposti a strapparmi dalle tue braccia.»

    «Mia madre è la loro regina.» Si passò una mano tra i capelli in segno di frustrazione. Non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. «E ho perso di vista il mio ruolo.»

    Sentivo la sua rabbia vibrare attraverso il potere che ancora mi avvolgeva. Paura ed eccitazione mi attraversarono mentre la magia mi scorreva sulla pelle.

    «E qual è il tuo ruolo, Evren?»

    «Sono sempre stato destinato a portarti via da lui.» Scosse la testa. «Ma non finché non fosse stato più debole. Non finché non avessi potuto farlo senza che sapesse che ero stato io.»

    «Quindi, cosa? Stavi solo facendo la parte del fratello e del figlio devoto fino al giorno in cui gli avresti rubato tutto da sotto il naso?»

    Evren si alzò e si mosse verso di me, io feci un passo indietro contro la tenda. La voce gli uscì spezzata. «Quello che ho fatto, principessa, è stato proteggere il mio popolo. Puoi anche dire che sono cattivo come Gavril, ma non sai nulla della sua crudeltà.»

    Le sue parole mi rimbalzarono dentro e si depositarono nelle viscere. Aveva ragione. Sapevo poco di Gavril e di cosa fosse capace, ma ero comunque arrabbiata. Volevo ancora litigare, e le sue parole mi ricordavano che sapevo poco anche di lui.

    «E quando mi hai scopata? Era per il tuo popolo, principe? Per proteggermi da tuo fratello?»

    Socchiuse gli occhi, poi sollevò le dita scure e macchiate di magia fino ad avvolgermi la nuca e a costringermi ad alzare lo sguardo.

    «Quando ti ho scopata, non era per nessun altro se non per te e per me.» Si avvicinò ancora di più, lasciò una scia di brividi sul mio collo con il respiro. «Mi fai venire voglia.» Le sue labbra mi sussurrarono sulla mascella e non riuscii a contenere un piccolo gemito. «Mi fai venire voglia di dimenticare tutti i doveri che ho e di perdermi in te per l’eternità.»

    «Non succederà mai più,» dissi, ma la voce non uscì ferma e detestai l’idea che Evren potesse leggervi debolezza. Sentivo il suo sorriso mentre mi sfiorava con le labbra l’orecchio.

    «Sappiamo entrambi che è una cazzo di bugia, principessa,» mormorò quasi facendo le fusa. «Mi desideri adesso tanto quanto mi desideravi prima di salvarmi con la tua magia.»

    «Non ti voglio.» Feci segno di no anche se la tensione mi si cominciava ad accumulare tra le cosce. Stargli così vicino aveva effetti negativi sulla mia mente. Il suo odore mi invadeva le narici. I sensi erano assuefatti dal suo potere. C’era una sorta di familiarità che mi faceva ronzare i marchi sulla pelle, mentre la sua magia sembrava una mano fantasma che cercava di scoprire ogni parte di me.

    Era difficile ricordare perché lo odiavo quando mi stava così vicino. Era difficile non allungare la mano e aderirgli al corpo azzerando il piccolo spazio che aveva lasciato tra noi.

    «Forse tu non mi vuoi, ma dèi, io ti voglio. Amo scoparti.» Lo sentii percorrermi la linea della mascella con il naso e inspirare forte. «Avere addosso il tuo profumo e sapere che ogni maschio intorno a me sa che mi appartieni me lo fa diventare dannatamente duro.»

    Mi si strinse lo stomaco alle sue parole e cercai di inghiottire il mio bisogno di lui.

    Non gli appartenevo.

    Non era mai stato così. Non davvero.

    Ma ogni parte di me mi implorava di permettere alle sue parole di essere vere. Non riuscivo a vedere il suo tradimento, non quando annegavo nel desiderio, e sapevo che Evren avrebbe fatto sì che lo ringraziassi con il mio ultimo respiro.

    Tremavo mentre gli mettevo le mani sul petto nel tentativo di allontanarlo. Avevo bisogno di spazio.

    Spazio che non era disposto a concedermi.

    «Non respingermi, principessa.» Le sue parole erano vellutate e vulnerabili, le sue mani strinsero le mie e le tirarono fino a farmi affondare le dita nella carne, fino a fargli quasi male. Ma mi stava guardando così intensamente che me ne accorsi appena. «Non odiarmi per le scelte che sono stato costretto a fare.»

    La realtà irruppe tra noi e mi spostai di scatto. Riuscivo ancora a vedere l’espressione che aveva assunto il suo viso quando avevo capito chi fosse in realtà. Sentivo ancora il sapore improvvisamente amaro della mia magia sulla lingua.

    Lo oltrepassai, mi mossi verso il giaciglio che aveva preparato per me e lo trascinai fino all’estremità della tenda. «Non illuderti che cadrò in ginocchio davanti a te solo perché lo desideri. Nessuno ti ha puntato un pugnale alla gola e ti ha costretto a mentirmi. Nessuno ti ha obbligato a fingere di essere qualcosa di più per me in nome della salvezza del tuo popolo. Vuoi fingere di essere un eroe, Evren, ma sei il cattivo della storia tanto quanto tuo fratello.»

    «È questo che vuoi che sia?» disse, mentre mi lasciavo cadere sulla brandina e mi sdraiavo sul tessuto ruvido. «Vuoi che sia l’uomo che odi?»

    «Non pensavo di poter scegliere,» risposi sarcastica.

    «Tutti possiamo, principessa, ma non sempre ci sono solo due strade da intraprendere. Credi che sapessi che avrei finito per farti del male? Credi che avessi la minima idea che avrei trovato la mia compagna nella ragazza destinata a cambiare il nostro mondo?»

    Lo fissai, ma non dissi una parola.

    «Adesso sei tu a dover prendere una decisione. Puoi tornare da lui, se è quello che vuoi. Puoi diventare qualsiasi cosa lui voglia.» Strinse i pugni lungo i fianchi. «Oppure puoi restare qui con me. Puoi restare qui con la tua metà.»

    «Sono queste le mie due scelte?» Mi avvolsi le braccia al petto e fissai la parete della tenda. «Stare con il fratello malvagio o con l’uomo che mi ha fatto credere…»

    «Che ti ha fatto credere cosa?» Si passò una mano sulla mascella mentre mi fissava. «Sarò anche il figlio della Regina del Sangue, ma questo non mi rende diverso dall’uomo che volevi. Ho un intero regno a cui pensare. Ci sono troppe persone che contano su di me perché io possa dimenticare tutto solo perché ho trovato te. Ma questo non rende meno reale quello che è successo tra noi.»

    «Principe Evren,» chiamò una voce burbera dalla parte anteriore della tenda, e tutti e due ci tendemmo. Mi ero concentrata su di lui e avevo dimenticato il resto del mondo. Non avevo nemmeno pensato al fatto che altri potessero ascoltarci.

    Ora li sentivo muoversi nell’accampamento e mi chiedevo cosa pensassero di me.

    «Riposati un po’. Tornerò presto a controllarti.»

    «Non disturbarti.» Scossi la testa mentre mi sdraiavo e gli voltavo le spalle. Per favore, non farlo.

    Lasciò la tenda senza dire un’altra parola. Più si allontanava, più il suo potere perdeva presa su di me. Chiusi gli occhi e pregai che il sonno mi reclamasse.

    2

    Mi alzai a sedere di scatto con il cuore in gola, cercando a tentoni il mio pugnale. Ma non c’era. Merda.

    Ero in un accampamento pieno di vampiri, di nemici, e non avevo modo di proteggermi. Un lamento riempì il piccolo spazio della tenda. Non vedevo niente e non riuscivo a capire se provenisse dall’interno o dall’esterno, ma sapevo che era Evren. Senz’ombra di dubbio.

    Sgattaiolai verso l’apertura della tenda e cercai di estendere il mio potere. Dovevo assicurarmi che stesse bene. Per la prima volta da quando avevo pensato che gli uomini della regina Veda gli avrebbero fatto del male, sentivo la magia scorrere in me, serpeggiare nelle vene come se aspettasse solo una parola per liberarsi.

    Avvolsi la mano intorno alla spessa stoffa del lembo della tenda, e stavo per scostarla quando sentii un gemito alle mie spalle. Mi girai e sbattei le palpebre, pregando i miei occhi di adattarsi al buio, e poi lo vidi.

    Evren era sdraiato sulla sua brandina sul lato opposto della tenda rispetto a dove ero io, ed era solo. Mi avvicinai, tirando un sospiro di sollievo: nessuno gli stava facendo del male. Mossi un altro passo verso di lui e un secondo gemito gli uscì dalle labbra. Aveva i pugni serrati e il corpo inarcato per il dolore.

    «Evren,» sussurrai, ma fu inutile. Non riusciva a sentirmi. La mia voce non riusciva a raggiungerlo attraverso l’agonia. Mi inginocchiai al suo fianco, ma avevo paura di toccarlo. Avevo paura di svegliarlo quando sembrava così lontano da questo mondo. «Evren, ti prego.»

    «No.» La parola fu pronunciata a denti stretti e una sofferenza profonda mi attraversò il petto mentre lo guardavo. Non l’avevo mai visto così, non mi ero mai soffermata su ciò che doveva tormentarlo.

    «Evren.» Mi allungai in avanti e gli strinsi il braccio, ma lui lo sottrasse al mio tocco. Fece una smorfia, come se l’avessi bruciato.

    La magia vorticava dentro di me e, sebbene non avessi idea di cosa stavo facendo, ne trovai la fonte e la lasciai cadere dalle dita con una preghiera disperata. Aiutalo, implorai silenziosamente, mentre il fumo nero come l’inchiostro invadeva la tenda.

    Lei sembrò obbedire, calmarsi in qualche modo al mio comando, e i vortici di oscurità trovarono Evren ed Evren soltanto. Gli sfiorarono la pelle, senza lasciare un solo centimetro scoperto, e osservai la profonda piega tra le sue sopracciglia attenuarsi lentamente. Le mani si rilassarono, il respiro si regolarizzò e, proprio quando pensai di averlo placato del tutto, pronunciò il mio nome. Poi si mise a sedere di scatto, afferrando una lama prima che potessi reagire consciamente. Fu la mia magia ad avvolgergli il polso e a bloccarlo evitando che lo puntasse verso di me.

    «Principessa?» disse confuso, e io cercai di riassorbire il potere. Ma non funzionava.

    «Mi dispiace.» Puntai gli occhi nei suoi, scuri, ancora pieni di panico, prima di voltare rapidamente la testa. «Stavi avendo un incubo.»

    «Merda,» imprecò sottovoce, cercando il mio sguardo. «Non volevo svegliarti.»

    «Stai bene?» Non avrebbe dovuto importarmi. Non avrei dovuto trovarmi nella posizione di dover costringere le mani a rimanere ferme per evitare che andassero a tracciare la sua pelle per assicurarmi che non fosse ferito.

    Non si meritava quelle cose da me.

    «Sì.» Annuì, ma non sembrava sicuro. Fece per sollevare la mano, ma il mio potere la trattenne. Non per impedirgli di muoversi, quanto per non lasciarlo andare. «La tua magia.» Mosse le dita attraverso il fumo e lo sentii come se mi stesse accarezzando la schiena.

    «Non riesco a controllarla.» Quelle parole che detestavo mi uscirono in un sussurro, con una voce che dimostrava quanto lui avesse potere su di me. Non volevo essere debole e, più di ogni altra cosa, non volevo mostrare la mia debolezza a lui.

    Perché non ero certa che non l’avrebbe di nuovo usata contro di me.

    «Sì, ci riesci.» Evren annuì e si chinò in avanti finché il suo petto non fu completamente avvolto dal fumo. «Tu sei la sua padrona, principessa. Richiamala in te. Falla piegare alla tua volontà.»

    Mi concentrai su ciò che stava dicendo, ma il cuore mi stava ancora battendo all’impazzata e la pelle ardeva nel punto in cui le nostre magie si toccavano. Non riuscivo a concentrarmi su nient’altro che lui.

    Evren si protese ancora e io indietreggiai. Non importava quanto la sua sola vicinanza mi influenzasse, non volevo essere la stupida ragazza che gli permetteva di condurla al massacro. Era mio nemico, ora più che mai, e dovevo ricordarlo.

    «Lascia che ti aiuti, Adara.» Mi premette la mano contro lo sterno e fu come se mi stesse toccando nel profondo. «Sentila qui.» Spinse ancora e io inspirai con forza. «Richiamala da qui.»

    Non capivo cosa volesse dire, ma cercai di focalizzarmi solo sul punto in cui la sua mano mi toccava. Mi concentrai su quello e nient’altro, e chiusi gli occhi mentre il petto si alzava e si abbassava sotto il suo palmo.

    Torna da me.

    Sentii la magia irrigidirsi, come se mi avesse sentito. Esitò, vorticando nella tenda, così la chiamai di nuovo, sentendone il peso gravarmi sulle spalle.

    Torna da me.

    Questa volta mi ascoltò.

    Lentamente si riversò dentro di me e io glielo lasciai fare.

    La inspirai e più lei tornava indietro, più mi sentivo completa. Si stava insinuando di nuovo nelle mie vene e, mentre lo faceva, potevo assaporare il mio stesso potere.

    «Ecco. Lascia che venga a te.» Le parole di Evren mi raggiunsero ovattate e sbattei piano le palpebre per guardarlo.

    La sua mano era ancora sul petto e il pollice mi accarezzava lentamente la base del collo mentre l’ultima goccia di magia scompariva.

    Rimanemmo in silenzio per un lungo istante, limitandoci a fissarci l’un l’altra. C’erano così tanti pensieri che mi frullavano in testa, così tante parole che volevo disperatamente sussurrargli, ma sarei stata sciocca a pronunciarne anche solo una.

    «Dovrei tornare nel mio letto,» dissi, con voce tremante.

    «Dovresti restare.» I suoi occhi scuri mi imploravano e odiai quanto volessi cancellare

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