Scandalo per la principessa: Harmony Collezione
Di Trish Morey
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Trish Morey
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Anteprima del libro
Scandalo per la principessa - Trish Morey
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Ruthless Greek’s Virgin Princess
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2009 Trish Morey
Traduzione di Maria Elena Vaccarini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
HHarlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-790-2
Prologo
Parigi
La testa gli rimbombava, aveva un sapore disgustoso in bocca... e una donna nuda nel letto. Quest’ultima bastava quasi a fargli dimenticare tutto il resto.
Era morbida e la pelle sembrava seta sotto le sue mani, impacciate e insensibili. Quelle di lei, invece, lenivano la sua frustrazione, infiammando abilmente il suo desiderio mentre la bocca stimolava altri punti: l’angolo della mascella, la clavicola, e più giù.
Cercò di afferrarla, allungando le braccia appesantite dall’alcool e dal sonno, ma lei si sottrasse con una risata profonda e maliziosa. Era troppo buio per vedere, così si lasciò ricadere sui cuscini, cercando di schiarirsi le idee e di dare un senso alle cose. Ma non c’era modo di ragionare, con la bocca di lei che era un cerchio di fuoco all’interno di un ginocchio e la lingua una torcia accesa sulla pelle nuda della coscia.
Quelle sensazioni aprirono minuscole fessure nel dolore alla testa attraverso le quali all’improvviso si fecero strada i ricordi. Ricordi del suo arrivo a Parigi per ordine del padre, di suo padre che gridava, di lui che replicava protestando, e del violento choc quando si era reso conto di non avere scelta...
Aveva la lingua spessa, la bocca secca e l’alito che puzzava in modo inconsueto di whisky stantio. Quanto aveva bevuto?
Il sangue gli rombava nelle orecchie, martellandogli nel cranio che sembrava dolere sempre più a ogni battito, un battito che spingeva il sangue fino a un’altra parte di lui che pulsava e protestava. Proprio allora due mani morbide lo cinsero e fu come se un pugno gli avesse espulso l’aria dai polmoni. Mani fresche. Mani seducenti.
E poi, proprio quando pensava di essere giunto al limite, lei lo sfiorò con la punta della lingua, facendolo sobbalzare come se fosse stato colpito da una scarica elettrica.
Si portò una mano alla testa, certo che il cranio stesse per scoppiargli. Era questo che avevano ideato i loro padri? Per suggellare il contratto, in modo che non ci fosse alcuna possibilità di tornare indietro?
Alla sua mente ottenebrata dall’alcool tutto sembrava possibile. Entrambi avevano sostenuto con veemenza che il fidanzamento avrebbe avuto luogo, così avevano mandato Elena, nuda nel suo letto, per sedurlo e forse concepire il figlio che avrebbe distrutto ogni possibilità di fuga, ogni possibilità di evitare il destino che suo padre aveva deciso per lui.
Si massaggiò con una mano la fronte sudata e dolorante. Quanto avrebbe voluto che la nebbia che gli offuscava la mente si diradasse, consentendogli di ragionare chiaramente. La consapevolezza che tutto questo stesse succedendo davvero gli causava la nausea. Dopo quella sera, sapeva con certezza che i loro padri sarebbero stati capaci di qualunque cosa.
Il suo destino era segnato.
Non c’era modo di tornare indietro.
Proprio allora si accorse che lei si era messa a cavalcioni. Tirò via il braccio e aprì gli occhi, lottando contro la fitta di dolore che gli trapassava la fronte mentre cercava di mettere a fuoco le immagini nell’oscurità.
La donna si mosse sopra di lui per guidarlo dentro di sé, e il calore divampò nuovamente. Qualcosa, tuttavia, si ribellò nella sua mente. Anche se non aveva modo di evitare quel matrimonio, non intendeva lasciarsi prendere come un trofeo di guerra! Se qualcuno doveva conquistare, quello sarebbe stato lui. E lei l’avrebbe capito!
Con un boato che gli rombò nella testa come un’esplosione, si sollevò di colpo, prendendola fra le braccia e facendola rotolare sotto di sé ancora prima che il suo grido di sorpresa si fosse spento. La testa gli martellò per quel movimento improvviso e qualcosa si ribellò nel suo intimo, ma aveva in mente cose più importanti. Tuttavia, solo per un attimo lasciò scivolare le mani su quel corpo dolce. Questa volta, intrappolata sotto di lui, la donna non si sarebbe potuta sottrarre.
Le catturò i seni, più piccoli di quanto si fosse aspettato. Erano sodi e a punta, ma nella nebbia che gli ottenebrava la mente non trovò niente di cui lamentarsi. Non quando erano la sensazione migliore che avesse sperimentato quella notte. E se poteva provare qualcosa, non si sarebbe certo tirato indietro.
Nonostante ciò, gliel’avrebbe fatta pagare per la parte avuta nello squallido contratto di affari dei loro padri. Si chinò e le catturò un seno con la bocca. Il corpo della donna s’inarcò. La sentì rabbrividire quando le mordicchiò il capezzolo mentre la sua collera cresceva.
Come osava cercare d’intrappolarlo? Aveva acconsentito a sposarla, no? Il fuoco divampò dentro di lui, alimentato dal whisky e dal desiderio, e da un corpo di donna disteso dove non avrebbe dovuto. Aveva dato la sua parola ai loro padri. Dannazione a lei, gliel’avrebbe fatta pagare!
Al di sopra del pulsare del sangue nelle orecchie la sentì gridare, comprese perché e finalmente lasciò andare il seno che aveva stretto fra i denti con tanta forza che si stupì che non sanguinasse. La sentì rilassarsi all’istante e, per calmarla, le strofinò il viso sulla pelle finché lei non gli si rannicchiò nuovamente contro come una gattina, sollecitandolo a darle di più.
Basta giocare. Capì che era pronta, così si sollevò per entrare dentro di lei.
Un’altra sorpresa. Elena gli era sempre sembrata una donna di mondo. Quattro anni maggiore di lui, aveva avuto più di un amante. Di questo era sicuro, eppure...
Spinse nuovamente e la sentì irrigidirsi e trattenere il fiato.
Non era possibile. Era soltanto ubriaco e maldestro e questa volta...
Poi lei gridò e qualcosa di familiare ma inaspettato nella sua voce gli raggelò il sangue. Con un enorme sforzo di volontà, si tirò indietro, cercando a tentoni un interruttore che doveva essere lì da qualche parte.
La luce inondò la stanza e gli esplose nella testa. Piccole lance di dolore gli trafissero gli occhi, ma doveva ignorarle se voleva scoprire quella che temeva fosse la verità.
Quando si girò, il mal di testa fu l’ultima delle sue preoccupazioni. Maria Lombardi, la sorella adolescente del suo migliore amico, era nuda nel suo letto, gli occhi sgranati e spaventati, i lunghi capelli biondi arruffati, la pelle candida come la neve che spiccava sopra il lenzuolo.
«Che cosa diavolo ci fai qui?» Le parole gli crepitarono nella testa come spari. L’effetto che ebbero su di lei fu più sconvolgente. Con l’aria mortalmente ferita, si ritrasse, sollevando le ginocchia e cingendole con le braccia.
«Volevo donarti qualcosa.» Il labbro inferiore tremava, un labbro che era stato tentato spesso di baciare, sebbene non l’avesse mai fatto, e ormai non avrebbe più potuto. «Sono venuta a donarti... me.»
«No!» gridò lui, alzandosi dal letto e tirandosi dietro il copriletto di damasco per nascondere la propria nudità mentre cercava a tentoni la vestaglia.
Lei era la sorellina del suo migliore amico. Era vergine. E anche se aveva pensato che forse un giorno... Ma ormai non era più possibile. Mai più. Non dopo quella notte. «Che cosa diavolo avevi in mente?»
«Volevo essere il tuo regalo di compleanno.»
Ecco che le tremava di nuovo il labbro. Sul seno notò il segno dei denti dove l’aveva morsa in preda alla collera e la vista dei segni rossi su quella carnagione perfetta gli causò una nuova fitta di dolore. Cielo, tutto questo era sbagliato. Era stato sul punto di prenderla per punirla, come se lo avesse offeso.
E lui l’aveva ferita.
Si passò le mani fra i capelli. «Devi andartene.»
«Ma... Yannis.»
«Devi andartene!»
«Stavi per fare l’amore con me. Perché non puoi? Perché ti sei fermato?»
«Perché non sapevo chi fossi» brontolò lui.
«Allora chi credevi che fossi?» Maria aveva il coraggio di mostrarsi furibonda, tanto che gli venne quasi voglia di ridere. Quasi. Perché non c’era niente di buffo in quella situazione.
«Vattene... e basta.»
«Ma io ti amo.»
«Hai sedici anni. Non puoi amarmi.»
«Ma tu mi ami. Me lo hai detto.»
Lui si allontanò di nuovo, i pugni serrati contro la fronte, lottando contro il dolore, contro l’ingiustizia, contro l’insensatezza causata dal ricordo di un giorno trascorso su prati verdi colmi di margherite, di cieli azzurri, e di una ragazza che era sempre sembrata perfetta per lui.
Sentì la mano di lei sulla spalla e si girò di scatto. Era nuda e tremante. Gli prese una mano e se la posò sul seno. «Ti desidero» mormorò con un’impudenza che gli era nuova. «Ti prego, fai l’amore con me.»
Diavolo se era tentato! Prendendo il suo silenzio per assenso, lei si avvicinò di più, premendo il seno contro il suo torace e posandogli le labbra sulla pelle.
Avrebbe potuto prenderla in quel momento e nessuno l’avrebbe mai saputo. Una notte perfetta prima di sposare Elena. Era forse chiedere troppo?
Infilò le dita fra i suoi capelli e vi posò le labbra, sul punto di cedere. Lei lo guardò e i suoi occhi erano così colmi di adorazione, di amore e di fiducia che provò disgusto anche solo per averlo pensato. Come poteva fare una cosa del genere a Maria... portarla a letto una notte e annunciare il proprio fidanzamento con un’altra il giorno seguente?
Non poteva accadere.
Non poteva permettere che accadesse.
Non in quel momento.
Né mai!
«Vattene» le ordinò, liberandosi dal suo abbraccio e spingendola via. «Non ti voglio qui» continuò, lottando contro la tentazione.
La confusione le offuscò il viso. «Non parli sul serio.»
«Copriti e vattene!»
«Ma io ti amo. E tu mi ami.»
«Come una sorella!» mentì lui, ben sapendo che un taglio netto poteva essere crudele, ma che era l’unico modo. «Non capisci? Ti amo come una sorella. Niente di più.»
Il bel viso di lei si spense, gli occhi divennero lucidi e le lacrime le rigarono le guance. «Ma hai detto...»
«Non importa quello che ho detto! Non capisci? Non potrò mai amarti in un altro modo. E adesso vattene e torna nella tua stanza prima che qualcuno ti veda.»
«Ma Yannis...»
«Vattene!»
1
Isola di Montvelatte, tredici anni dopo
Lui era vicino. Lo sentiva.
Non era stato soltanto il formicolio alla nuca, né il respiro che le si era bloccato in gola, a mettere in allarme Maria Lombardi, ma il modo in cui l’aria stessa era sembrata all’improvviso più rarefatta, come se la miriade di candele nell’enorme sala da pranzo del castello avesse consumato tutto l’ossigeno, lasciando un vuoto.
E poi le antiche porte di