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L'eredità in parole semplici
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E-book284 pagine3 ore

L'eredità in parole semplici

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Info su questo ebook

Tutti abbiamo a che fare, prima o poi, con la gestione di un’eredità, grande o piccola che sia: eppure non sono molte le persone preparate ad affrontare questo passaggio con la consapevolezza necessaria per fare le scelte giuste quando si trovano a immaginare il futuro di una famiglia e di un patrimonio, spesso in un momento delicato come quello che segue la perdita di un familiare o un amico. La letteratura scientifica e l’esperienza professionale degli autori insegnano che è del tutto sbagliato lasciare che i patrimoni si trasmettano per eredità e che è massimamente consigliabile organizzarsi per tempo durante la propria vita, preferibilmente con l’aiuto di esperti e di professionisti. L’Eredità in parole semplici nasce perciò con l’obiettivo di aiutare tutte le persone che ne hanno la necessità a orientarsi nel complesso quadro normativo che regola l’apertura di una successione, l’accettazione di un’eredità o la redazione di un testamento; dare risposte chiare ed esaustive su cosa si intenda con quota di legittima e quota disponibile, quale sia il carico fiscale cui occorre far fronte e come la legislazione, che risale al Codice civile del 1942, si sia adattata alle mutate condizioni sociali.

Proprio in questi mesi sto lavorando a un Piano di successione del nostro Gruppo familiare per le prossime generazioni e questo libro contribuirà sicuramente ad aiutarmi a fare le scelte migliori, nell’interesse della crescita del valore dell’azienda per la sua sostenibilità nel lungo periodo, nell’interesse della famiglia e di tutti gli stakeholders.
—Edoardo Garrone

Presidente del Gruppo Erg
e Presidente del Gruppo 24 Ore
LinguaItaliano
Data di uscita21 ott 2023
ISBN9791254842386
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    Anteprima del libro

    L'eredità in parole semplici - Angelo Busani

    Prefazione

    di Edoardo Garrone*

    La continuità di un patrimonio costruito in una vita di lavoro rappresenta per la maggior parte delle persone una sfida da affrontare con grande attenzione e ben prima di arrivare a un’età avanzata.

    Il Sole 24 Ore ha recentemente intervistato Vuslat Doğan Sabanci, imprenditrice ed erede di una delle più potenti famiglie imprenditoriali turche, che a proposito di passaggio generazionale in azienda dice: «Il passaggio generazionale è il grande problema di tutte le imprese di famiglia. Molte famiglie litigano per il controllo. Invece il fine di un’impresa familiare deve essere la conservazione. Mantenere viva l’azienda per consegnarla alle generazioni future».

    Un patrimonio può essere costituito da immobili, liquidità, opere d’arte, proprietà intellettuale e partecipazione azionaria di controllo o di minoranza in una o più imprese di diversa natura giuridica.

    L’esperienza mia e della mia famiglia si riferisce principalmente a questa ultima categoria: la successione nell’azienda familiare. Successione nell’azienda familiare che, non va mai dimenticato quando si affronta questo tema, deve essere costruita rispettando tutte le disposizioni che disciplinano l’eredità.

    La Erg venne fondata a Genova nel 1938 da mio nonno, Edoardo Garrone, che costruì una raffineria di petrolio.

    Morì improvvisamente nel 1963 a soli 57 anni, ma aveva già disposto per testamento che la maggioranza delle azioni della società sarebbero andate in successione a uno dei due figli, Riccardo, che, allora, aveva solo 27 anni. Sua figlia Carla ereditò, nel rispetto della legittima, la quota di minoranza e beni liquidi, mentre sua moglie (mia nonna) rinunciò a favore dei due figli mantenendo una parte di usufrutto sulle azioni.

    Mio padre Riccardo da questa esperienza fece tesoro di alcuni temi fondamentali per la successione in azienda che lo ispirarono per determinare la successione alla terza generazione.

    In primo luogo, il ruolo del management e dei consulenti esterni alla famiglia: fondamentale non solo per le competenze professionali, ma anche per consentire agli esponenti della famiglia coinvolti in azienda di fare le scelte migliori e mediare eventuali conflitti.

    Inoltre, la creazione di valore per gli azionisti e per tutti gli stakeholders: è molto più importante del controllo a tutti i costi.

    Tutta la famiglia, e quindi anche coloro che non sono coinvolti in azienda, deve essere consapevole del fatto che il valore di un’impresa non è solo economico, ma soprattutto etico, a partire dai comportamenti e dalle scelte di chi la rappresenta.

    La trasparenza della gestione e la misurabilità dei risultati economici e sociali raggiunti sono fondamentali per la credibilità dell’impresa nel lungo termine.

    Sulla base di questi principi mio padre costruì la successione della terza generazione.

    A soli 50 anni di età costituì una holding di controllo della Erg, trasferì per atto tra vivi la nuda proprietà delle azioni ai figli in parti uguali mantenendo usufrutto e diritti di voto.

    Poi quotò la Erg alla Borsa di Milano per finanziare gli investimenti per la crescita, rendere liquido il patrimonio e rafforzare la trasparenza della comunicazione finanziaria e quindi la misurabilità della creazione di valore.

    Nel contempo fece in modo che noi figli ci formassimo secondo le nostre caratteristiche e vocazioni con esperienze esterne all’azienda.

    Infine, decise di affidare la gestione del gruppo a due di noi, lasciando le deleghe di presidente e di amministratore delegato a soli 65 anni, mantenendo la carica di consigliere di amministrazione.

    Un percorso di successione durato 15 anni supportato da una governance efficiente e da una organizzazione manageriale adeguata a gestire una azienda competitiva nell’interesse di tutti i suoi stakeholders.

    Morì a 75 anni nel 2013.

    Durante i 25 anni che ho appena sintetizzato il valore della Erg è decuplicato anche grazie all’applicazione dei principi a cui si è ispirato mio padre per gestire la successione e il passaggio generazionale. Nello stesso arco di tempo da impresa petrolifera è stata trasformata in impresa leader nella produzione di energie rinnovabili.

    Con questa mia prefazione al libro del notaio Angelo Busani ho volutamente evitato di citare i diversi modelli di successione di note famiglie italiane, piuttosto che avventurarmi nelle diverse opzioni e soluzioni giuridiche e finanziarie che oggi più che allora possono risolvere positivamente successioni ed eredità.

    Proprio in questi mesi sto lavorando a un Piano di successione del nostro Gruppo familiare per le prossime generazioni e questo libro contribuirà sicuramente ad aiutarmi a fare le scelte migliori, nell’interesse della crescita del valore dell’azienda per la sua sostenibilità nel lungo periodo, nell’interesse della famiglia e di tutti gli stakeholders.

    Edoardo Garrone è Presidente

    del Gruppo 24 ORE dal 5 luglio 2018.

    Attualmente è Presidente del Cda

    di San Quirico S.p.A. e Presidente del Gruppo ERG.

    Capitolo 1

    I concetti generali

    Cosa si intende per successione a causa di morte?

    Nel linguaggio comune, il termine successione ha un significato soltanto temporale: indica cioè il susseguirsi nel tempo di determinati eventi.

    Nel linguaggio giuridico, invece, la parola successione sta a significare il subentro di un soggetto a un altro soggetto in una determinata situazione giuridica.

    Si pensi al caso in cui Tommaso venda la sua casa di Genova a Mario: quest’ultimo è detto successore o avente causa di Tommaso (il quale è detto autore o dante causa di Mario) in quella situazione giuridica chiamata diritto di proprietà (nel caso specifico, avente a oggetto un bene immobile).

    Nell’esempio appena fatto si tratta di una successione tra persone viventi; quando, invece, il subentro di un soggetto a un altro soggetto si verifica in seguito al decesso di quest’ultimo, si ha la cosiddetta successione a causa di morte (o, con espressione in lingua latina, che nel linguaggio giuridico viene spesso utilizzata, successione mortis causa).

    Ad esempio: alla morte di Antonio, si ritrova un testamento con il quale il defunto ha disposto di lasciare l’intero suo patrimonio al cugino Cesare, a eccezione delle azioni della società Alfa, che il testatore ha disposto siano lasciate al suo amico Saverio. In questo caso sia Cesare che Saverio sono successori (a causa di morte) di Antonio, loro autore o dante causa: come appena oltre si approfondirà, Cesare è un successore a titolo universale (e, cioè, è un erede), mentre Saverio è un successore a titolo particolare (e, cioè, è un legatario).

    Chi è il de cuius?

    Nel gergo ereditario, il defunto è spesso individuato con il termine de cuius: si tratta di un’abbreviazione convenzionale, ricavata da un frammento di una espressione in lingua latina (is de cuius hereditate agitur, che sta a significare la persona della cui eredità si tratta). In sostanza, per evitare l’uso di parole o giri di parole che possono risultare dolorose, fastidiose o complicate (il morto, il defunto, il trapassato, il mancato ai vivi, eccetera), si usa, più semplicemente, riferirsi alla persona di cui, attenuando ulteriormente il riferimento a tale persona mediante il ricorso alla lingua latina e, quindi, appunto, riferendosi al de cuius.

    Chi è il testatore?

    Se il de cuius ha lasciato un testamento, egli è altresì individuato con la parola testatore.

    Qual è la legge che disciplina la successione ereditaria?

    Le norme che in Italia regolano la successione ereditaria sono essenzialmente contenute nel Codice civile del 1942, il quale dedica a questa materia (e alla materia della donazione che, come vedremo, è strettamente interconnessa con quella della successione mortis causa) l’intero suo Libro Secondo, vale a dire gli articoli dal 456 all’809.

    Non è consigliabile addentrarsi in questa normativa senza avere la necessaria preparazione giuridica di base, sia perché la materia è di particolare vastità, sia perché le regole ereditarie sono intrise di notevole tecnicismo e quindi c’è il fondato rischio di non comprenderle esattamente mediante una loro semplice prima lettura e senza avere un’adeguata visione d’insieme.

    Le regole del Codice civile italiano si applicano ai cittadini stranieri?

    Questa materia è disciplinata dal Regolamento UE 650/2012 (il quale individua la legge applicabile alle successioni delle persone che risiedono in uno Stato membro dell’Unione Europea), in base al quale le regole del Codice civile italiano si applicano:

    –al cittadino italiano residente in Italia al momento del decesso;

    –al cittadino straniero residente in Italia al momento del decesso.

    Viceversa, quindi, le regole del Codice civile italiano non si applicano:

    –al cittadino italiano che non risiede in Italia al momento del decesso;

    –al cittadino straniero che non risiede in Italia al momento del decesso.

    In questi ultimi due casi, secondo la legge (europea e) italiana, si applica la legge vigente nel luogo in cui il de cuius aveva la propria residenza al momento del decesso.

    Cosa si intende per residenza ai fini dell’individuazione della legge applicabile a una successione mortis causa?

    Per residenza, ai fini dell’individuazione della legge applicabile a una successione mortis causa, si intende, in sintesi, il luogo nel quale una persona ha stabilito la propria abitazione principale.

    Quindi, se Peter Bertus, cittadino olandese, deceduto nel 2023 durante una crociera nei Caraibi, nel 2022 aveva trasferito la sua residenza in un casale in provincia di Siena (svolgendo la propria quotidiana attività lavorativa totalmente in smart working, alle dipendenze di una società spagnola), è la legge italiana che disciplina la sua successione ereditaria, ovunque siano collocati i suoi averi (denaro, immobili, strumenti finanziari, partecipazioni societarie, eccetera).

    Viceversa, se il pensionato milanese Luigi Brambilla aveva trasferito nel 2018 la sua residenza in Portogallo e nel 2023 muore in Messico, durante un viaggio di lavoro, è la legge portoghese che disciplina la sua eredità, anche in questo caso prescindendo totalmente dal luogo nel quale si trovano i suoi beni.

    È possibile per un cittadino italiano, pur avendo trasferito la sua residenza all’estero, mantenere la sua successione ereditaria regolata dalla legge italiana?

    Il Regolamento UE 650/2012 prevede che, mediante un testamento, una persona può disporre che alla sua successione ereditaria sia applicata:

    –la legge dello Stato di cui tale persona ha la cittadinanza al momento in cui essa effettua questa opzione (che, nel gergo giuridico, è indicata con l’espressione optio iuris );

    –la legge dello Stato di cui tale persona ha la cittadinanza al momento della sua morte.

    Quindi, se Patric Duvalier, cittadino francese residente in Italia, vuole evitare (prevedendo di mantenere la residenza in Italia per tutta la sua vita) che la sua successione ereditaria sia disciplinata dalla legge italiana (che sarebbe applicabile in ragione della sua residenza), egli, mediante un testamento redatto ai sensi della legge italiana, può disporre che la sua successione sia regolata dalla legge francese, anziché dalla legge italiana (in quanto la legge francese è la legge vigente nello Stato di cui Patric Duvalier è cittadino). Se Patric Duvalier non esercitasse questa opzione, la legge applicabile alla sua successione ereditaria sarebbe quella dello Stato nel quale (molto probabilmente, l’Italia) egli abbia la sua residenza al momento della sua morte.

    Cos’è il certificato successorio europeo?

    Il certificato successorio europeo (in acronimo, CSE) è un certificato istituito nei Paesi membri dell’Unione Europea affinché l’autorità che in ciascun Paese è preposta a rilasciarlo (in Italia, la competenza è attribuita ai notai) attesti come é stata devoluta una certa eredità, qualora tale attestazione si renda occorrente in un altro Paese.

    Ad esempio, se muore (ovunque il decesso si verifichi) una persona (di cittadinanza italiana o straniera) alla cui successione mortis causa si applica la legge italiana (ad esempio, in ragione della residenza del defunto), la quale fosse proprietaria di denaro depositato in una banca francese e di beni immobili ubicati a Madrid e a Berlino, è indispensabile che gli eredi si muniscano di un certificato successorio europeo, rilasciato da un notaio italiano (in quanto è la legge italiana che disciplina la successione mortis causa in questione), per dimostrare in Francia, Spagna e Germania come si è devoluta l’eredità, al fine di compiere in tali Paesi, le formalità occorrenti (ad esempio, riscuotere il denaro appartenuto al defunto, movimentare i rapporti bancari intestati al defunto, volturare i beni immobili già di proprietà del defunto a nome degli eredi, ciascuno per la rispettiva quota di eredità).

    Sempre a fini esemplificativi, si pensi al caso del defunto residente in Germania che fosse proprietario di un immobile a Venezia. Chi volesse comprare quell’immobile dovrebbe compiere accertamenti sul punto di chi siano esattamente gli eredi del defunto: al riguardo, bisognerebbe appunto procurarsi un certificato successorio europeo (gegenständlich beschränkter Erbschein) rilasciato dall’autorità competente in Germania a svolgere questa attività (che è il Tribunale: Nachlassgericht).

    Cosa si intende per apertura della successione?

    Spesso, nell’ambito del ragionamento che si svilupperà nelle pagine che seguono, si dovrà fare riferimento al concetto di apertura della successione. Pertanto, è bene fin da ora precisare che, secondo il Codice civile, la successione si apre nel momento della morte della persona della cui eredità si tratta; quindi, per apertura della successione si intende il momento in cui il patrimonio del de cuius cessa di appartenergli e viene offerto in acquisto a eredi e legatari.

    Inoltre, sempre il Codice civile stabilisce che la successione si apre nel luogo dove il defunto aveva il proprio ultimo domicilio. Questa osservazione è opportuna in quanto tale luogo è rilevante per una pluralità di occorrenze, prima tra tutte l’individuazione del Tribunale competente a decidere le questioni inerenti a una eredità (si pensi, ad esempio, alla contestazione circa la falsità di un testamento oppure all’autorizzazione per l’esecutore testamentario per la vendita di un bene dell’eredità che sia stata disposta dal testatore).

    Per domicilio secondo il Codice civile, si intende il luogo ove una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. Per residenza, invece, si intende il luogo in cui una persona ha stabilito la sua dimora abituale (per tale intendendosi la sua abitazione principale). Nella gran parte dei casi, il domicilio e la residenza coincidono.

    Che differenza vi è tra successione testamentaria, legittima e necessaria?

    Spesso, nel proseguimento del discorso, si farà riferimento ai concetti di successione testamentaria, successione legittima e successione necessaria e, quindi, è utile anticipare qui un breve cenno su tali concetti, in attesa di svilupparli compiutamente.

    La successione testamentaria altro non è se non la devoluzione del patrimonio ereditario secondo le disposizioni che siano dettate dal de cuius in un testamento (più oltre verranno illustrati i passi da compiere per confezionare un valido ed efficace testamento).

    Qualora, invece, il de cuius non lasci un testamento oppure il testamento non disponga di tutte le sostanze del de cuius, l’eredità (per la parte non contemplata in un testamento) si devolve secondo i criteri della successione legittima o intestata (l’aggettivo legittima è usato per significare che la devoluzione del patrimonio del de cuius è stabilita dalla legge; l’aggettivo intestata deriva dall’espressione latina ab intestato, che significa assenza di testamento): in altri termini, il Codice civile indica una serie di soggetti (detti eredi legittimi) che sono chiamati ad acquisire l’eredità del de cuius, individuandoli nel coniuge (o nella persona partecipe dell’unione civile da essa stipulata con il de cuius) e nei parenti del defunto stesso (a partire da quelli di grado più stretto fino a giungere, in loro mancanza o rinuncia, a quelli di grado assai remoto). Insomma, nella scelta che ha compiuto per individuare gli eredi del de cuius in caso di mancanza di testamento, il legislatore ha inteso rispecchiare quella che è normalmente la presumibile volontà di una persona (che non si è espressa diversamente mediante un testamento) e, cioè, quella di preferire i propri congiunti a qualsiasi estraneo.

    Peraltro, al di là del sesto grado di parentela (più oltre verrà illustrato come procedere al calcolo dei gradi di parentela), il rapporto di parentela è talmente labile da far venire meno le ragioni che hanno suggerito al legislatore di individuare, nei parenti del de cuius, i soggetti cui è attribuita la facoltà di subentrare nella titolarità del suo patrimonio in assenza di testamento: dunque, il Codice civile dispone che, se mancano parenti entro il sesto grado, l’eredità si devolve a favore dello Stato.

    I concetti di successione testamentaria e di successione legittima si intersecano, infine, con quello di successione necessaria: il Codice civile riserva infatti necessariamente a determinati strettissimi congiunti (il coniuge o la persona partecipe dell’unione civile da essa stipulata con il de cuius, i discendenti e gli ascendenti, detti legittimari o, con espressione di identico significato, eredi necessari) una rilevante quota dell’asse ereditario, che il de cuius durante la sua vita non può intaccare né con donazioni né mediante un testamento nel quale i predetti congiunti siano dimenticati o addirittura espressamente diseredati.

    Il legislatore, in questo caso, è stato mosso dall’intento di tutelare determinate persone che hanno avuto con il defunto rapporti di stretta familiarità, impedendo che, con le proprie disposizioni testamentarie (o mediante donazioni), il de cuius possa beneficiare persone estranee a detta stretta cerchia familiare, attentando alle aspettative dei suoi congiunti più stretti.

    Nel redigere il proprio testamento (e nell’effettuare donazioni) il de cuius è, dunque, pienamente libero solamente con riguardo a una quota del suo patrimonio (chiamata quota disponibile, in contrapposizione alla quota del suo patrimonio destinata necessariamente ai suoi stretti congiunti, e perciò denominata quota riservata o, con espressione di identico contenuto, quota di legittima o legittima): insomma, la sua volontà di destinare beni a estranei è pur sempre esprimibile, sebbene sia compressa.

    Beninteso, le donazioni e il testamento che ledano i diritti degli eredi necessari non sono invalidi o inefficaci: questi atti sono pienamente validi fino al momento in cui l’erede legittimario pretermesso (e, cioè, dimenticato) o diseredato (e, cioè, escluso dalla successione mortis causa per volontà, in tal senso, del testatore) non agisca in giudizio (come oltre verrà illustrato) con la cosiddetta azione di riduzione delle donazioni o delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima, al fine di conseguire appunto la quota di legittima loro spettante.

    Si pensi al caso di un marito vedovo che muoia senza testamento lasciando un’eredità del valore di 150mila euro e che abbia effettuato in vita donazioni del valore di 150mila euro in favore di persone estranee alla cerchia dei suoi familiari: i due figli di costui, suoi unici eredi, hanno diritto a una quota di legittima pari ai due terzi di 300mila euro (e, cioè, del valore che si ottiene sommando il valore delle donazioni disposte dal de cuius al valore dei beni che il defunto ha lasciato alla sua morte): i 200mila euro dovuti ai figli, pertanto, devono esser loro composti con i 150mila euro lasciati dal padre alla sua morte e con 50mila euro recuperati impugnando parte delle donazioni effettuate dal padre stesso. Fino a quell’eventuale impugnazione però (e, quindi, se nessuna impugnazione viene effettuata) le donazioni restano valide ed efficaci.

    Si pensi anche al caso della moglie che lascia alla sua morte il coniuge superstite e due figli, avendo disposto con testamento del suo patrimonio di quattro milioni di euro in favore di una persona con la quale ella aveva una relazione sentimentale segreta: il valore della quota riservata al coniuge superstite ammonterebbe a un milione di euro e due milioni di euro andrebbero invece attribuiti ai due figli in parti uguali. Gli eredi legittimari della defunta, per conseguire quanto è loro riservato, dovrebbero, quindi, esperire l’azione di riduzione contro il testamento, ma si immagini che, per non disonorare la famiglia con spiacevole pubblicità (e anche perché essi già possiedono comunque un assai ingente patrimonio e, quindi,

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