Su i tuoi passi di bruma
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Su i tuoi passi di bruma - Francesca Rita Rombolà
proteggono.
Nota
Romanzo breve o racconto lungo, e a seconda di come lo si vuole leggere e meditare, SU I TUOI PASSI DI BRUMA è una storia che prende spunto da una vicenda che ha dei riscontri reali. Una prima riflessione può farla sembrare (e di sicuro lo è) una sorta di inno all’ecologia, alla natura, alla bellezza selvaggia e al senso di libertà che queste elargiscono alle specie viventi tutte compreso l’uomo. Ma vi è anche una percezione profonda della vita, dei comportamenti umani e animali tesi ad una lotta dura ma tenace per la sopravvivenza, il coraggio smisurato che nasce dall’istinto e dalla forza, l’istinto e la forza che si trasformano in speranza; il tutto forse alimentato da una vena romantica fresca, lieve e spontanea come una sorgente di acqua pura che scaturisce dalla roccia.
Uno splendido esemplare di femmina di lupo, appartenente ad una specie in via di estinzione, e perciò protetta, lascia inavvertitamente il parco nazionale dove vive insieme ad altri esemplari del branco, e si smarrisce. Da quel momento in poi la lupa vive una serie di avventure, alcune spiacevoli altre positive, a fianco degli uomini e immersa nel loro mondo. Conoscerà il Bene e il Male, l’ostilità e il rifiuto, l’umiliazione e il disprezzo, l’accoglienza, non del tutto scevra da interesse personale o di clan in un habitat naturale non suo alla ricerca di aiuto forse, o di comprensione o semplicemente di un vago e indistinto senso di appartenenza. La cosa più sorprendente, forse, è che ha sentimenti umani cioè sentirà, percepirà, penserà perfino come un essere umano. La sua sensibilità, in fondo, è pari a quella di una donna sola, smarrita che cammina e cammina; forte e coraggiosa ma, allo stesso tempo, fragile e vulnerabile perché porta in sé la vita, grande mistero il quale, per schiudersi e mostrarsi, infine, ha bisogno di protezione, di affetto, di cure e di amore.
Come si concluderanno le avventure di questa lupa del ventunesimo secolo, intrepida talvolta ignara dei cambiamenti epocali sia a livello climatico e naturale sia a livello umano e sociale? In una maniera inaspettata e, di certo, sorprendente. La solidarietà, di genere, anche se con un’appartenenza a due specie diverse (l’uomo e il lupo), arriverà e si manifesterà, e completerà quasi un affresco poetico – letterario acerbo eppure accattivante, incerto quanto sospeso su una sequenza lineare tracciata ma, a tratti, abissale. Il linguaggio dei lupi può trasformarsi benissimo in linguaggio degli uomini, e può anche riuscire perfetto come e anche più di quello degli uomini; semplice artificio letterario o maestrìa onomatopeica dell’anima universale della terra che custodisce segreti senza spazio né tempo a noi ancora del tutto sconosciuti? Il lettore può sentirsi respinto o attratto da SU I TUOI PASSI DI BRUMA, ma una magia quasi inconscia quanto inafferrabile e potentemente meravigliosa rimane ad aleggiare sulle cose, sugli esseri, sul paesaggio.
Francesca Rita Rombolà
I
Non riuscirà a sopravvivere.
No, non può farcela.
Oh fuori dai boschi, giù a valle.
Il nostro habitat naturale è questo.
Prendi un pesce e toglilo dall’acqua, cosa succede? ….
Oh via trova un paragone migliore. Quello fra noi e i pesci non regge proprio … anche se effettivamente: prova a togliere un pesce dall’acqua e quello ti muore subito o poco dopo.
Ormai siamo così pochi che stiamo bene qui o, almeno, ci siamo adattati bene.
Non siamo più nemmeno molto aggressivi, secondo la nostra natura, tranne quando la fame ci costringe proprio ad esserlo.
Si. E allora il nostro istinto innato ci spinge, affamati e semi disorientati, alle staccionate dove le greggi sono rinchiuse in attesa che passi l’ondata di maltempo o l’intero inverno e dove il loro odore irresistibile e inconfondibile, trasportato dal vento per chilometri e che solo noi siamo in grado di sentire, ci ha condotti con la speranza improvvisa di poter sopravvivere all’inverno.
Tu ehmm dimentichi l’uomo … possiamo anche aggredire l’uomo se la fame è terribile e si prolunga ormai da tanto. L’odore della carne poi, qualunque sia, la stimola ancora di più e la rende davvero irresistibile, terribile, spaventosa.
Siamo in pochi, è vero, ma è altrettanto vero che siamo una specie protetta oggi.
Si, ecco come stanno le cose: l’uomo si accorge che siamo in via di estinzione, la nostra specie non conta più di un centinaio di esemplari ormai, vuoi per cause naturali, vuoi per cause umane, cioè prodotte esclusivamente dall’uomo e così fa delle leggi speciali affinché ci salvino dalla fine totale e perché ci proteggano dall’arbitrarietà, soprattutto dell’uomo stesso, e creino quel minimo di rispetto intorno a noi che ci consenta di riprodurci in un ambiente il più confacente possibile.
Non viviamo proprio bene ….
Però neanche troppo male.
Si potrebbe vivere meglio ….
Ah non ricominciare. I tempi primordiali sono finiti per sempre, e da un pezzo. Vivere nei boschi, sulle montagne … si, saremmo liberi certo, ma vivremmo sotto la costante minaccia di essere cacciati, feriti, uccisi, squartati e scuoiati ancora vivi in ogni istante del giorno e anche della notte perché ci sono le trappole invisibili dei bracconieri e allora ….
Comunque sia; ah perché è scappata?.
Forse non è scappata.
Si sarà allontanata e, senza accorgersene, avrà superato il confine dei boschi.
Può essere andata molto al di là del lago Arvo.
Si è smarrita. Sono sicuro che si è smarrita.
"Sì, per me hai ragione. Non c’è motivo di fuggire da qui. In fondo abbiamo molta libertà. Cibo, cure,
pace insomma tutte quelle cose che sono date o consentite per legge
ad una specie animale protetta."
Si, cosa potremmo volere di meglio e di più in mezzo all’imperante civiltà dell’uomo?.
Ma come farà? … Non può vivere fuori da qui.
Forse sopravvivrà, forse ritornerà. Chissà? ….
Il branco di lupi si scambiava all’incirca queste opinioni e si intercalava in discorsi più o meno simili, se tentiamo di rapportare al loro linguaggio il linguaggio umano.
Al di là, però, di quali potevano essere i loro, per così dire, discorsi nel linguaggio umano essi apparivano tutti visibilmente preoccupati per la sorte che poteva essere capitata alla lupa più giovane: una splendida femmina di canis lupus di due anni circa, gravida, che era fuggita o si era allontanata un po’ troppo dalla riserva naturale nei boschi della Sila dove viveva insieme al branco protetto dalle leggi sulle specie in via di estinzione. Ella mancava ormai da tre giorni, e la cosa preoccupava perché nessun lupo era mai mancato per più di un paio di giorni, al massimo, dalla cintura di boschi incontaminata che si estende per chilometri e chilometri nella provincia più settentrionale della Calabria.
Nemmeno i capi-branco, grossi e massicci, spesso aggressivi e desiderosi di conquista e di estrema indipendenza, spingendosi fino ai confini meridionali della riserva naturale, si erano mai assentati dalle zone sedentarie superando i tre giorni.
Era morta forse. Ma l’odore della sua carcassa non era stato fiutato in nessun punto, né si era potuta
nascondere in qualche anfratto irraggiungibile per partorire perché non era ancora giunto il tempo
del parto. Dunque, l’unica risposta possibile era: smarritasi involontariamente o fuggita volontariamente.
Ma, fra le due ipotesi, era difficile scegliere ed ancora più difficile stabilire quale fosse quella giusta. Perciò i lupi se ne stettero in attesa con la speranza di vederla ritornare presto o tardi, o si rassegnarono
definitivamente a non vederla e a non sentirla mai più.
II
L’aria di maggio spirava con brezze tiepide e opalescenti che sembravano dar vita propria alle cose morte o semplicemente addormentate dell’inverno.
La splendida lupa dal manto fulvo- argento aprì gli occhi come ad una specie di richiamo interno. Si sentiva debole e affaticata, tuttavia la forza, il vigore e l’istinto non erano mai diminuiti nemmeno un po’. Erano giorni e giorni (o forse settimane, chissà?) che camminava senza una meta precisa o un punto di riferimento dove fermarsi anche per poco tempo. Ormai doveva aver percorso chilometri e chilometri di sentieri e di strada asfaltata e, di sicuro, era ben lontana dai boschi dov’era nata e dov’era cresciuta. Adesso si trovava nei pressi di un campo di grano con le spighe al sole ai piedi di una quercia secolare