Scritti per le donne e per i poveri
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Il marchese sosteneva i diritti delle donne e aveva un profondo senso della giustizia sociale. Nei suoi scritti politici ricorre al paradosso brillante, alla provocazione, alla satira e all'iperbole. E all'umorismo: è un errore pensare che ne sia privo. Il suo lavoro è più simile a Una modesta proposta di Jonathan Swift che a pornografia.
Perciò attenzione: non va preso alla lettera, ma assolutamente e tremendamente sul serio. Questo piccolo libro vorrebbe porsi come un piccolo esempio di quella che potrebbe diventare una guida all'uso di Sade.
Buona sofferenza, e buon divertimento.
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Anteprima del libro
Scritti per le donne e per i poveri - Claudia Salvatori
Collana Unforgettable Iperwriters
In loving memory of Massimo Caviglione
Progetto grafico cover, logo di collana e impaginazione Max Associazione Culturale – Iperwriters
In copertina: Giacomo Ceruti, Tre mendicanti (elaborazione), 1736 circa
SCRITTI PER LE DONNE E PER I POVERI
D.A.F. DE SADE
INTRODUZIONE
Donatien Alphonse François de Sade ha vissuto un'esperienza esistenziale riservata a pochi, e solo in periodi storici in cui guerre e grandi trasformazioni rovesciano l'ordine vigente: partecipare, cioè, di tutte le condizioni sociali nell'arco di una sola esistenza.
Nato aristocratico, imparentato con la famiglia reale, decade a borghese quando è costretto dal padre a sposare la figlia di un alto magistrato. Condannato dal nuovo potere del Terzo Stato nella persona dei suoi suoceri, dopo la detenzione è il cittadino Sade, ormai quasi proletario: nonostante il suo castello (che peraltro sta andando in rovina) spesso fatica a mettere insieme pranzo e cena. E pare che in questa fase della sua vita, secondo il suo ultimo biografo Jean Jacques Pauvert, sia stato dalla parte dei più diseredati, i sans culottes, quelli che non avevano neppure le mutande. Infine, al termine di questo percorso inverso, si ritrova fra i rifiuti della società: straccione, pazzo e rinchiuso nel manicomio di Charenton.
Fluido socialmente quanto lo è stato sessualmente: sempre scandaloso in quanto incapace di pensare e agire in sintonia con la posizione e la situazione in cui si trova. Sempre disadattato, in quanto può vivere soltanto in quello che chiama stato di rivoluzione permanente, ovvero nell'impossibile. Non appena la rivoluzione si spegne e un nuovo ordine si assesta, non appena nuovi ricchi cominciano ad angariare nuovi (o vecchi) poveri lui si ribella, e viene torturato.
Allora scrive: non si è grandi scrittori se non si viene torturati.
Estremamente intelligente, estremamente onesto, possedendo una vastissima esperienza personale di tutta la società e la sessualità, scrive cose inaudite: non si è grandi scrittori se non si scrivono cose inaudite.
Dice il nostro Benedetto Croce: Il marchese de Sade asserì dure e coraggiose verità, di quelle verità da cui si suol torcere il viso, quasi che in tal modo si riesca ad annullarle (in Carlo Palumbo, La vita del marchese de Sade, Alberto Peruzzo Editore).
E non si è grandi scrittori se non si dice la verità.
Ma Donatien Alphonse François de Sade ha vissuto anche un'altra esperienza esistenziale, non singolare ma condivisa con molti suoi coevi. Quella di filosofo dei lumi, privato di Dio e nudo (forse precocemente spogliato) di fronte a un mondo da ridisegnare, e il problema del Bene e del Male da affrontare con gli strumenti che la scienza, la nuova religione, e la nuova dea ragione gli mettono a disposizione.
Travolgente e drammatica per tutti gli intellettuali dell'epoca, ma ancora di più per lui che ha un temperamento assolutista, manicheo, mistico alla rovescia. Per Donatien Alphonse François de Sade non esiste il grigio: il bianco è bianco e il nero nero; e non si mescolano.
In questo senso mi sentirei di concordare con Pierre Klossowski,