Utopia: Zero Money
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In Utopia il lettore è invitato a seguire il viaggio di Leonardo attraverso mondi incantati e introspezione, dove il fuoco diventa un catalizzatore per la rinascita e la scoperta di un significato più profondo nella trama intricata della sua esistenza.
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Anteprima del libro
Utopia - Francesco Chiavazzo
Introduzione
Fissare il cielo a Utopia è come scambiarsi un segreto. Sembrava privato, come se qualcuno sbirciasse attraverso il velo di cento mondi. Quando si alza lo sguardo si può immaginare, almeno per un momento, cosa nasconde il cielo a tutti gli altri. Si può vedere dove i venti sbadigliano con labbra d’argento e si rannicchiano per dormire. Si può intravedere la luna piegarsi in mezzi sorrisi. Quando si guarda in alto, si può immaginare un’esistenza vasta come il cielo. Altrettanto infinito. Altrettanto sconosciuto. A Utopia nessuno crede ai fantasmi perché i morti non si fermano mai. Le vite si ricostruiscono all’istante, le anime aperte e ribaltate nello splendore striato di un nuovo riflesso, di una nuova realtà…
È arrivato di corsa, come se qualcuno lo stesse seguendo. Ha visto ombre dietro di lui, ombre scure, minacciose, rami di alberi intrecciati che sembravano cappi, funi. La città è coperta da una coltre di fumo, il suo umore si mescola con quella nuvola nera.
«Ma come è stato possibile!» si chiede. «Ho fatto così tanto e ora…»
Le sue parole si fermano lì, nell’aria. Nella grotta dietro la cascata, luogo di riparo e ristoro nelle giornate più calde, Leonardo trova un piccolo tronco cilindrico, rametti posizionati al centro di un ipotetico cerchio invisibile, rametti a forma di pira. Tasta le tasche dei suoi pantaloni, è in cerca di una scatola di fiammiferi, la solita, quella che lo ha accompagnato fin dal primo campeggio. Non la trova. Panico. Continua a frugare, cerca in ogni angolino e poi, eccola lì. Incastrata tra il buco mal rattoppato e la tasca mal cucita.
Esce dalla grotta, porta fuori ceppo e rametti, li dispone al centro di quel boschetto da cui è arrivato. È un luogo più rassicurante, più casalingo.
Leonardo è seduto su un grosso ceppo di legno, circondato da alberi, dal silenzio sovrumano che fa da padrone a quella natura simbolica, evanescente. I colori del fuoco illuminano il suo volto, piccole fiammelle giocherellone si rincorrono veloci. Il rosso si mescola con l’azzurro vivo, il giallo con il verde dell’erba. Le braci ardono, vivono, respirano. La luce delle fiamme danzanti illumina il suo volto, mentre i suoi occhi scrutano intensamente il fuoco che brucia al centro.
È una notte silenziosa, il mondo intorno a lui sembra svanire, lasciando spazio solo al calore del fuoco e ai pensieri che affollano la sua mente. Leonardo sente l’urgenza di mettere ordine tra quei pensieri, di dare un senso alla complessità che lo avvolge.
Mentre osserva le fiamme che divampano, Leonardo inizia a capire che la vita è un falò. Ogni scintilla rappresenta un momento prezioso, una scelta compiuta, un’emozione vissuta. Eppure, ogni fiamma si dissolve nel buio, portando con sé una parte di se stessa. Si rende conto che mettere ordine tra i pensieri significa fare i conti con ciò che aveva bruciato nel passato, lasciando andare le cose che non potevano più essere salvate.
Le fiamme gli ricordano il passato, le esperienze che aveva vissuto, le persone che aveva incontrato lungo il cammino. Alcuni volti si stagliano nitidi nella sua memoria, mentre altri sono appena abbozzati, sfocate sagome del suo passato, abili figuranti, abitanti di Utopia. Leonardo è sempre lì. Nella mente si articola un disegno elaborato, come se un burattinaio stesse tessendo le fila di una nuova magia. Mani sapienti si muovono lente, cercano ricordi e momenti, visioni e pensieri, solo così il ricamo può trasformarsi in storia, solo così la storia può trasformarsi in realtà.
Leonardo è immobile, la testa piegata, lo sguardo fisso su quello scoppiettio ardente. Il fuoco lo ammalia, lo seduce, come la maga Circe fa con Ulisse. Effettivamente, si sente un po’ Ulisse, perso, lontano da casa, lontano da Itaca. Ma come Ulisse è multiforme, polutropos, mosso dall’esigenza di scoprire, di capire. Senza sfera di cristallo esplora il mondo, i suoi meandri più segreti, i suoi angoli più interessanti.
«Leonardooo» sente quel nome risuonare nell’aria, una sorta di sussurro che attira la sua attenzione, che forse, a tratti, lo spaventa.
I battiti del cuore aumentano. Alza la testa. Si guarda intorno. Non vede nessuno né sul limitare del bosco, né all’ingresso della caverna. Ma è proprio lì che, improvvisamente, appare una figura che sembra il riflesso di Leonardo stesso, un Leonardo più giovane, ma pur sempre lui. I due Leonardo si guardano l’un l’altro, una sorta di specchio che riflette il passato e il presente. I due si scrutano, insospettiti, riconoscendosi spaventosamente.
Lo scoppiettio del fuoco viene sostituito da un dialogo, un intenso scambio di parole e riflessioni. Leonardo racconta al suo sé più giovane le gioie e le delusioni che ha vissuto fino a quel momento. Gli parla delle sue passioni, dei sogni che ha realizzato e di quelli che ancora desidera perseguire. Gli racconta di Utopia, di quel mondo straordinario in cui si è ritrovato, forse per sbaglio, forse per destino. Utopia era la sua Itaca, il porto sicuro lontano dalla realtà reale delle cose.
Poi, improvvisamente, un lampo squassa il cielo. Il tempo, distorcendosi ancora una volta, si capovolge, una sorta di vortice nel quale il Leonardo passato e il Leonardo presente si trovano e, davanti a loro, all’improvviso, appare un’altra figura. Una figura più anziana, più saggia, colei che deteneva il sapere passato, presente e futuro: Leonardo, un vecchietto dall’età imprecisata che emana saggezza e serenità.
I tre Leonardo si trovano lì, riuniti intorno al falò, ognuno rappresentante una fase diversa della vita, un percorso esperienziale. Parlano di come il tempo abbia plasmato le loro priorità e di come la saggezza acquisita li abbia portati a vivere ogni giorno con gratitudine. Parlano di Utopia, dei sogni condivisi, di quelli irrealizzati, di come, di fatto, quell’escursione in montagna da cui tutto ha avuto inizio abbia mutato la loro esistenza. La sua esistenza.
Leonardo chiude di nuovo gli occhi, le chiacchiere affollano la mente ridistribuendo quei pensieri che aveva allineato; quando li riapre il Leonardo passato e il Leonardo futuro non ci sono più. È di nuovo solo, ma speranzoso. Quella speranza nata da un frammento di legno che resiste alla combustione. Si concentra su quella fiamma inalterabile, vuole coltivarla con cura, nutrendola di fiducia e di coraggio. È un modo per mettere ordine, per ritrovare un punto di riferimento in mezzo alle incertezze che lo circondano. Quel frammento rappresenta la sua voglia di andare avanti, la sua determinazione nel trovare un senso al caos dei suoi pensieri, un senso all’abbandono di Utopia.
L’era del peso invisibile
Sotto un cielo azzurro e limpido, Leonardo e Paolo si preparavano a scalare quelle montagne che si stagliavano davanti a loro. La maestosità della montagna era uno spettacolo che trascendeva i limiti della comprensione umana. Si ergeva alta e maestosa, un titano monolitico che cercava le altezze, le sue vette furono trafitte direttamente dalla stessa trama del cielo. Avvolta in un manto di mistero e sapienza antica, sembrava custodire segreti sussurrati dai venti che danzavano tra le sue aspre crepe. Mentre l’abbraccio caldo del sole dipingeva la superficie della montagna in tonalità dorate e ambrate, la facciata rocciosa brillò di una radiosa eterea. L’interazione tra luce e ombra metteva in risalto ogni contorno, ogni spigolo frastagliato, conferendo alla montagna una presenza quasi ultraterrena. Le immense pendenze della montagna scendevano come onde di pietra, la loro grandiosità suscitava un profondo senso di meraviglia e reverenza. Massicce rocce adornavano i suoi fianchi come sentinelle, apparentemente posti con un proposito da qualche scultore celeste.
Leonardo ripensò a quando aveva scalato Monte Amaro, in Abruzzo, gli occhi pieni di eccitazione e aspettativa si riempivano di quella bellezza che aveva sempre amato, che aveva sempre perseguito. I caldi raggi del sole sfioravano le loro guance e una leggera brezza si muoveva rapidamente tra gli alberi circostanti, suggerendo l’avventura che li attendeva. La montagna era più di una semplice formazione geologica; era un simbolo delle aspirazioni umane, un ricordo delle innumerevoli possibilità che si proiettavano davanti a loro. La sua solenne presenza lasciava un’impronta indelebile nell’animo di coloro che osavano avvicinarsi, infondendo un senso di umiltà, meraviglia e un’intima connessione con l’immensità del mondo naturale.
Leonardo è un escursionista esperto dal fascino genuinamente avventuroso. La sua statura è di media altezza, con una figura snodata e atletica che denota una vita attiva e in sintonia con la natura. I suoi lineamenti sono forgiati dall’esposizione al sole e al vento delle molte avventure che ha intrapreso.
Il volto di Leonardo è caratterizzato da linee sottili ma marcate, con una barba leggermente ispida che dona un tocco di ruggedness al suo aspetto. I suoi occhi scintillano dietro un paio di occhiali da sole funzionali, riflettendo la sua curiosità e il suo spirito avventuroso. Il colore dei suoi occhi è un marrone caldo, che sembra catturare le sfumature della terra e della natura circostante. I capelli, di un castano scuro, sono tagliati corti per una maggiore praticità durante le sue escursioni. Spesso, alcune ciocche si ribellano mostrando la loro vera natura, sottraendosi al gel e ai cappelli, cadendo leggermente sulla fronte a causa del vento delle montagne. La pelle è abbronzata e segnata da piccole cicatrici, testimonianze dei vari percorsi e terreni che ha attraversato nel corso degli anni.
«Ne abbiamo parlato da secoli, Paolo. Oggi è il giorno in cui finalmente abbiamo conquistato queste montagne!» esclamò Leonardo, con un ampio sorriso che gli si allargava sul volto.
Erano colleghi da una ventina d’anni, ma ancor prima di essere colleghi erano stati amici. Avevano condiviso la bellezza della vita da universitari, le difficoltà dei primi esami, avevano esultato per i loro risultati. C’erano sempre stati l’uno per l’altro, dalla laurea, all’esame di stato da giornalisti, fino al primo contratto: tempo indeterminato per entrambi, stesso grande quotidiano.
Paolo annuì, gli occhi brillanti di entusiasmo.
«Davvero! Non riesco a pensare a un modo migliore di trascorrere una giornata che fare escursionismo con il mio migliore amico in mezzo a questi panorami mozzafiato».
Zaini in spalle, borracce colme di acqua, spuntini e una mappa dei sentieri. Il profumo di pino fresco riempiva l’aria mentre si addentravano all’inizio del sentiero, e il suono della ghiaia sotto i loro stivali da trekking echeggiava nell’atmosfera serena. Man mano che la prima pendenza si avvicinava, il paesaggio cambiava intorno a loro. Gli alberi diventavano più alti e fitti e l’aria diventava più frizzante a ogni passo che facevano. Raggi di sole filtravano attraverso la folta chioma verde, creando sfumature punteggiate sul suolo del bosco.
«Dovremo stare attenti alla fauna selvatica» disse Paolo con un sorriso giocoso. «Chissà quali creature abitano queste montagne?»
Leonardo rise, la loro amicizia era sempre stata contraddistinta dalla sintonia e dal non prendersi mai troppo sul serio.
«Spero di avvistare alcuni animali amichevoli lungo il percorso. Immagina solo se incontrassimo un cervo o una volpe curiosa, o magari delle aquile reali!»
Il sentiero sterrato si snodava lungo la salita caratterizzata da alberi ondulati, li conduceva sempre più in alto. Quella sorta di ascesa spirituale, mistica, offriva panorami mozzafiato su colline verdeggianti e valli lontane, dove fiumi si snodavano attraverso il paesaggio lussureggiante come nastri argentati.
Si fermarono in una radura, il luogo perfetto per riprendere fiato e ammirare il panorama. In basso, il mondo sembrava estendersi all’infinito e la città che avevano lasciato era solo un puntino all’orizzonte.
«Avrei dovuto portare una macchina fotografica e un rullino, non guardarmi con quella faccia, sono uno della vecchia scuola, lo sai, non ne voglio sapere di fotocamere e telefoni moderni» disse Paolo, con gli occhi colmi di meraviglia.
Leonardo ridacchiò e per tutta risposta tirò fuori il suo cellulare: «Nessun problema. Scattiamo alcune foto. Anche se dubito che una foto possa catturare davvero la grandezza di queste montagne».
Con il ricordo immortalato in formato digitale, proseguirono il loro cammino. Il sentiero attraversava prati punteggiati di fiori selvatici, dove vivaci fioriture dipingevano il paesaggio in una vivida gamma di colori. Man mano che salivano di quota, l’aria diventava più rarefatta e la temperatura si abbassava. Paolo chiuse la giacca e lanciò uno sguardo a Leonardo.
«Siamo quasi arrivati. Ci credi?»
«Quasi arrivati…» rispose Leonardo con un fil di voce, condividendo quel sentimento di smarrimento misto a felicità. «Stiamo creando ricordi che dureranno una vita!»
Finalmente la vetta li accolse, le braccia innevate spalancate, una croce a dar loro il benvenuto, a invitarli nella sua dimora. Un senso di rispettoso trionfo li pervase. Ammirarono con stupore il panorama che si estendeva davanti ai loro occhi, un premio per i loro sforzi. Le montagne sembrarono moltiplicarsi all’infinito, avvolte in una tonalità di blu regale sotto l’abbraccio del cielo.
«Paolo, è incredibile» sussurrò Leonardo, con voce sommessa e rispettosa.
Paolo annuì, gli occhi lucidi, animati da commozione e felicità.
«Davvero lo è. Sono davvero grato di aver condiviso questa esperienza con te, Leo».
Mentre il sole iniziava a salutarli con gli ultimi raggi, tingendo il paesaggio con tonalità dorate, i due amici trovarono un posto comodo per riposare, un piccolo bivacco molto simile alla capanna del