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Unsung Angel
Unsung Angel
Unsung Angel
E-book430 pagine5 ore

Unsung Angel

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Info su questo ebook

Non si scomoda un angelo della morte, se il cielo non sta collassando.
Unsung Angel è il nuovo romanzo fantasy di Therry Romano, seguito del romanzo Angel Down.

È trascorso qualche mese da quando Syn, Zeke, Drew e Ledja hanno incontrato i celesti. Ora il loro compito è trovare le schiere di morti che vagano sulla terra, condurle in terra consacrata e aprire il portale sacro, che le porterà nel regno di Samael. Grazie alla runa di Eihwaz, Syn è il portale di attraversamento, ma ogni passaggio si rivela sempre più difficile, in quanto attira creature misteriose, assetate di potere oscuro, ed esseri sovrannaturali, che controllano le sue gesta.

Molti sono gli enigmi che il gruppo dovrà affrontare, a cominciare dal vero senso della missione intrapresa, fino alla ricerca di risposte sulla fedeltà delle schiere celesti. Profezie, cabala, diverse credenze religiose e geometria sacra, il tutto intrecciato a una storia che porrà un solo interrogativo: chi dice la verità?
LinguaItaliano
Data di uscita17 gen 2024
ISBN9791222497112
Unsung Angel

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    Anteprima del libro

    Unsung Angel - Therry Romano

    Capitolo 1

    decoration

    Incontri

    La città era bella da mozzare il fiato. Da quando aveva cominciato a viaggiare, diversi mesi prima, per consentire alle anime di ritrovare la strada verso il regno dei morti, Syn non riusciva ancora a capacitarsi che l’Uomo avesse realizzato delle cose così belle.

    Guardando Nantes dall’alto dell’edificio su cui si era fermata, rimase affascinata. Continuava a fissare le sfumature di colore, che si fondevano con il buio della notte, e lo scintillare intermittente delle luci della città. Assomigliava a un tunnel, una strada luminosa che sembrava condurla in un mondo magico, quasi fatato, ma dentro di sé sapeva che la magia non esisteva.

    Aveva conosciuto il soprannaturale, il divino, il demoniaco, ma di magia neanche l’ombra. Si era illusa, da ragazzina, che i giochi di prestigio di suo padre e le abilità della madre nascondessero un passaggio per un meraviglioso mondo che, se solo avesse continuato a coltivarlo nella sua mente, prima o poi si sarebbe aperto a lei.

    E invece.

    Sospirò e, a malincuore, decise di scendere dalla terrazza del palazzo e raggiungere gli altri nei pressi del fiume, dove si erano dati appuntamento.

    Zeke l’aveva presa in giro per quella sua nuova abitudine di voler guardare dall’alto le città che attraversavano, ma era un istinto troppo forte.

    Il dono di Melioth le permetteva di muoversi a una velocità straordinaria, di assumere forma incorporea mentre attraversava i vari strati della materia, per passare da un mondo all’altro, ma non saziava la sua voglia di conoscenza. Il mondo moderno la atterriva ancora, così rumoroso, così caotico e in fermento continuo, ma la creatività e la bellezza che gli umani riuscivano a tirare fuori da materiali inerti come pietra o ferro, aumentavano dentro di lei la speranza che quella dimensione meritasse di avere un futuro.

    I suoi compagni non riuscivano a capire come mai si soffermasse così a lungo in un posto per loro comune, magari solo un po’ scenografico, ma la verità era che Syn percepiva un «vuoto di civiltà» come soleva chiamarlo, ossia un periodo di assenza dalla superficie terrestre, in quanto, a differenza degli altri, aveva vissuto negli Inferi.

    Vissuto. Poteva definirlo così? In fondo vi aveva soggiornato, ma la sua non era stata proprio una vita. Era morta quasi sei secoli prima, perché si era intromessa in una sfida mortale tra il suo angelo guida, un Principato di nome Hazarel, e il principe Andras, uno dei nove nobili del regno abissale, che si contendevano l’anima di sua sorella Gladys.

    Il suo intento, nobile o stupido a seconda dei punti di vista, era di evitare spargimenti di sangue, soprattutto da parte del celeste; ma era stato proprio lui che, in un attimo di foga, per colpire l’avversario l’aveva trafitta al cuore.

    Syn, che all’epoca si chiamava ancora Hazel, si era vista trasportare in un luogo oscuro, che l’aveva cancellata dal mondo, dall’affetto dei suoi cari e dalla memoria del Cielo. Era stato solo grazie a Ledja, la sua guardiana, che era potuta scappare dal regno infernale e chiedere asilo sulla Terra in mezzo agli umani.

    Il suo ritorno aveva creato un certo imbarazzo a entrambi i mondi dimensionali, Cielo e Inferi, e alla fine, forse per ripulirsi la coscienza come sosteneva Zeke, o forse perché volevano rimediare all’accaduto come affermava Drew, le era stata affidata una missione dall’arcangelo Gabriel in persona: diventare un portale di passaggio per tutte le anime dei morti che nei decenni non avevano potuto accedere alla loro ultima dimora, per colpa della negligenza di Samael, principe dei morti.

    Avevano anche avuto il compito delicato di portare pace e coesione tra i tre mondi – umano, angelico e demoniaco – affinché il caos che regnava in quel momento venisse placato, e scoprire se tra le file degli angeli o dei demoni si celasse qualcuno che tramava contro il progetto originale del Padre, stranamente assente da qualche secolo.

    Da quel momento, ove venivano rilevate concentrazioni di defunti o capannelli di demoni che potevano creare disordini, i quattro giovani intervenivano senza avere a disposizione nulla, eccetto una benedizione divina e il tatuaggio della runa di Eihwaz che Syn portava inciso sul polso destro.

    L’intervento del principe supremo degli Inferi, il caduto Lucifer e la sua personalità schiacciante, avevano finito per complicare la missione, vista l’ostilità naturale che aveva verso Drew, in quanto angelo custode, e Zeke, suo ex cacciatore di anime ora convertito da Hazarel.

    Solo l’attrazione provata per Syn e l’affetto per la succube Ledja avevano mitigato la sua insofferenza per l’intrusione del gruppo nelle competenze delle varie dimensioni. Aveva donato a Syn un altro simbolo, il bacio di Giuda, con cui le aveva segnato il polso sinistro e che lo connetteva a lei ogni volta che pronunciava il suo nome.

    Come se la mia esistenza, dopo la morte, non fosse già complicata; adesso mi sembra di camminare su una corda sospesa tra due mondi, oscillando continuamente, in balia dei capricci altrui , si disse amareggiata.

    Scese le scale meditabonda e, spinta la porta in ferro, avvertì il cambio d’atmosfera.

    Il vicolo che si apriva davanti a lei sembrava di colpo buio, freddo, come se il tempo si fosse fermato. Si irrigidì, cercando localizzare il pericolo, ma un lampo di fuoco e un boato, seguito dal sibilo di una scheggia che le passò molto vicina, la spinsero ad appiattirsi contro la parete.

    Rimase incerta un attimo e poi si gettò in avanti, verso una massa scura, che tremolò appena e poi iniziò a diradarsi. I suoi capelli si incresparono, sibilando.

    Demoni! Borbottò tra i denti, correndo sui ciottoli.

    A quanto pareva, Zeke e Ledja che erano di guardia non li avevano intercettati.

    Strinse le labbra e percorse il breve tratto che la separava dal suo obiettivo, arrivando in fondo alla strada dove di colpo si fermò.

    Realizzò la scena come al rallentatore, e il mondo sembrò esplodere.

    Un uomo era fermo davanti a lei, l’espressione inorridita sul viso e un braccio proteso che impugnava un’arma da fuoco. La canna fumante tremò un secondo, prima che l’oggetto precipitasse sul selciato con un tonfo sordo.

    A terra era rimasto un corpo riverso, il petto squarciato da un foro che gorgogliava sangue, l’aria della morte che si addensava sopra di loro.

    L’uomo la vide e sembrò riprendersi, lanciò un urlo, si girò e lasciò di corsa il vicolo.

    Syn fissò impietrita la scena. Non aveva mai visto uccidere una persona. Il corpo ebbe un breve sussulto che la scosse dal torpore, quindi si avvicinò e solo allora si accorse che era un ragazzino dalla pelle color ebano.

    Si lasciò scivolare accanto a lui e grosse lacrime le scesero lungo il viso. Il giovane emise un mugolio e, senza riflettere sul gesto, la ragazza gli prese le spalle tra le braccia e lo strinse a sé.

    Inspirò, cercò di ritrovare la lucidità e chiuse gli occhi. Pregò il Cielo, chiamò a raccolta il potere della runa di Eihwaz e cercò di concentrare tutta la sua energia, incanalandola nel corpo sofferente, per guarire le ferite.

    Una leggera e soffusa luce viola circondò lei e il ragazzo, ma mentre stava per posargli una mano sul petto, una forza improvvisa la colpì scagliandola lontano.

    Rimase un attimo intontita, ma si riscosse e saltò in piedi, cercando di individuare chi l’aveva aggredita.

    E lo vide.

    Circondato da una condensa oscura con contorni sfocati, il demone la fissava con occhi rossi e infuocati.

    «Lui è mio!» sibilò con voce graffiante.

    Il giovane Parvus, demone novizio, la fissava inferocito, anche se scrutava i dintorni con evidente insicurezza. Era debole, a causa dell’energia consumata per esercitare la possessione sull’umano che aveva sparato e catturare la sua anima per il Dominus Oblivio , suo superiore.

    Syn lo fissò astiosa, sentendo montare dentro di sé la rabbia per la perdita di quella giovane vita che non era riuscita a salvare.

    Sfilò dal fianco la corta spada che Drew le aveva procurato. Pur essendo la folgorite di cui era fatta un materiale raro e fragile, il trattamento impresso dalla cerchia degli angeli custodi la rendeva un’arma letale e resistente, adatta a penetrare l’essenza di esseri divini e demoniaci.

    Non l’aveva mai usata, tranne in allenamento, ma in quel momento le sembrò la soluzione più ovvia per affrontare il demone.

    L’avversario soffiò in maniera minacciosa, si piegò in avanti pronto a difendersi, ma un rumore inaspettato lo disorientò e, dopo un attimo di tentennamento, sparì in una nuvola di fumo scuro.

    «No!» gridò Syn esasperata, vedendo vanificato il suo tentativo.

    Guardò il corpo esamine e si sentì sopraffatta dal dolore. Ritornò dal giovane e si inginocchiò davanti a lui, prendendogli una mano. I suoi occhi erano aperti, c’era ancora un alito di vita in lui e sentì l’impellente bisogno di aiutarlo, ma una mano delicata, anche se decisa, calò sulla sua spalla e la fermò.

    «Non puoi.»

    Syn si voltò di scatto, pronta a impugnare di nuovo l’arma, ma non fece in tempo.

    «Vieni con me, Jacques» disse la voce.

    Il corpo a terra ebbe un sussulto e rimase immobile. Una tenue nebbiolina si alzò dal petto e rimase sospesa dinanzi a lei, assumendo una forma circolare. Vide i contorni sfocati del viso del ragazzo morto, il suo sorriso caldo, i suoi occhi vispi e accesi, come era stato in vita. Alzò una mano e quella sfera gliela sfiorò, come con gratitudine.

    Poi si dissolse nella notte.

    Syn si alzò in piedi stupita, si guardò intorno ma non vide nulla, né demoni, né umani. Non capiva cosa fosse quella voce che aveva sentito, anche perché non aveva attivato né il suo istinto anti demone, né i suoi capelli avevano rilevato il minimo pericolo.

    Osservò ogni anfratto del vicolo, ma non vide nulla. In lontananza le sirene della polizia ululavano, avvertite da qualcuno che aveva sentito lo sparo.

    «Syn.»

    La voce di Ledja la fece voltare.

    «Sono qua» rispose a voce bassa. «C’è qualcosa o qualcuno qui intorno.»

    La succube giunse al suo fianco in un attimo, i sensi attivati a rilevare il pericolo.

    «Cosa hai visto?» chiese sottovoce, perlustrando a vista sia tetti che anfratti.

    «C’era un Parvus che voleva impadronirsi di quel corpo, ma è stato spaventato da qualcosa, di cui ho sentito solo la voce.»

    «Cos’era?»

    «Non sono riuscita a capirlo» rispose serrando le labbra.

    Zeke e Drew giunsero posizionandosi alle loro spalle, facendo quadrato. Il cacciatore fiutò l’aria, fece una smorfia e si rilassò.

    «Ho capito di cosa si tratta.»

    Perplessi lo videro dirigersi verso una scala antincendio, tirare giù la rampa cigolante e arrampicarsi veloce sui gradini. Lo seguirono continuando a guardarsi intorno e, giunti sul tetto dell’edificio, rimasero stupiti di trovare una figura nell’angolo estremo del palazzo, che dava loro le spalle.

    «Ne è passato di tempo» esclamò l’uomo con un sogghigno nella voce.

    «Diverso in effetti, eppure sei sempre lo stesso, Zeke» rispose una voce melodiosa.

    L’ombra si voltò e rivelò una donna dai lunghi capelli dorati. Il suo viso era bellissimo, i suoi occhi neri come la notte, la sua figura enigmatica e potente.

    Syn provò un primo istinto di astio, poi si sentì investire dalla consapevolezza sulla sua natura.

    «Tu sei...»

    «Galath» rispose Zeke in un soffio.

    «L’angelo della morte» mormorò Drew, stupito.

    Ledja fece una smorfia e incrociò le braccia.

    «Uno dei nove» ammise lieve l’angelo, facendo un pallido sorriso.

    Syn la studiò e ricordò ciò che era accaduto di sotto.

    «Perché mi hai impedito di salvare il ragazzo?»

    «Non puoi interferire con il destino. Quell’anima non era tua.»

    «Neanche del demone! Mi è stato dato il potere di decidere se salvare delle vite.»

    «Presuntuosa» rise Galath, avvicinandosi. «Al solito i celesti non sono mai precisi sulle indicazioni.»

    «Che intendi dire?»

    «La runa che ti è stata concessa ti permette di capire quale anima salvare o distruggere, ma la decisione non è tua. Tu non sei il Padre.»

    «Ma Gabriel ha detto...»

    «Immagino cosa abbia detto, e sono convinta che ci creda, ma spesso ciò che viene rivelato è meno di quello che è in realtà.»

    «Non capisco.»

    Galath fece un sorriso mesto.

    «Tu stai eseguendo una missione, non è una tua iniziativa personale. Il Cielo è in subbuglio, gli Inferi sono in fermento, la Terra è morente. Hanno bisogno di un equilibrio che, a quanto sembra, tu sei destinata a portare. Ma non è salvando l’anima di un piccolo spacciatore che potrai decidere il futuro di queste realtà.»

    «Era comunque una vita presa ingiustamente!»

    «I demoni novizi non prendono anime che non siano già destinate al proprio regno. Possono circuire gli umani per raggiungere uno scopo, ma hanno un elenco di persone che sono già di loro proprietà.»

    «Quindi non avrei potuto fare nulla per lui.»

    «No. Io dovevo prelevare la sua anima nel caso qualcosa non fosse andato per il verso giusto. E quando ho saputo che ci saresti stata anche tu, sono arrivata subito.»

    «Come facevi a sapere dov’ero?»

    Galath si fece sfuggire un sorriso. «Tutto il mondo sovrannaturale vi osserva. Credevate di essere invisibili?»

    «No, ma...»

    «Non sono tua nemica. Anzi, per certi versi sono tua sorella, abbiamo la stessa essenza.»

    Ledja, alla parola sorella, le gettò un’occhiata velenosa.

    «Te lo dovrai guadagnare quel titolo» borbottò con una smorfia.

    Galath rise divertita. «Ero curiosa, lo ammetto. E forse anche un po’ invidiosa che non ti avessero destinata a noi, la cerchia dei nove angeli della morte. In fondo hai una missione simile alla nostra, no?»

    Syn la scrutò meditabonda. C’era un fondo di verità in ciò che diceva, ma avvertiva sfumature di parole non dette e ciò la turbava.

    «Sai qualcosa che può aiutarci?» chiese Zeke.

    «Abbiamo lavorato bene insieme tempo fa, vero? Mi conosci. Credi che ti mentirei?»

    «No, sei sempre stata onesta con me. Ma ci stiamo muovendo su un terreno sconosciuto, Galath, e abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile.»

    La donna lo scrutò a lungo, osservò gli altri e spostò lo sguardo lontano, oltre lo skyline.

    «Il nostro mondo sta cambiando, Zeke. Qualcosa turba l’equilibrio e temo che neanche il Padre possa fare nulla in questo momento. Il vostro arrivo sembra quasi profetico, come il cosiddetto miracolo che si attendeva da tempo immemore, eppure qualcosa non va. Il Cielo non è più un posto sicuro e, pur volendo dare la colpa ai demoni, stavolta temo che non siano loro i nemici. Non posso aiutarvi in questo momento, perché non so davvero nulla, ma posso promettervi di fare attenzione agli eventi e, nel caso, avvertirvi» rispose.

    «Te ne saremmo grati» concordò il cacciatore, allungandole la mano.

    L’angelo gliela strinse con affetto e poi tornò a guardare Syn.

    «Stai serena per quella povera anima. La porto via con me e raggiungerà la sua ultima casa, in pace. Ha visto te prima di abbandonare questo mondo e ciò l’ha tranquillizzata e le ha permesso di espiare le colpe terrene. È questo che facciamo noi angeli della morte. Ci viene concesso il dono della bellezza eterna, per rassicurare le anime e fare in modo che acquisiscano la pace, prima di intraprendere il lungo viaggio.» Sospirò. «Ti saresti trovata bene con noi.»

    Syn la guardò perplessa e poi comprese. Gli angeli della morte dovevano proteggere le anime morenti e fare in modo che il loro ultimo ricordo terreno fosse un qualcosa di bello e riposante. Il volto di Galath era quanto di più meraviglioso avesse mai visto e in lei ritrovò la superba arte del Padre. Tutto aveva uno scopo, ogni cosa era stata incasellata in maniera perfetta nel quadro divino.

    Chi o cosa tentava di guastarlo?

    «Trova le crepe che stanno distruggendo l’equilibrio e riporterai alla rinascita l’opera del Padre» le disse la donna.

    «Sarà fatto» rispose porgendole la mano. «Sono felice di averti conosciuta.»

    Galath gliela strinse e, con una piccola scintilla, scomparve, lasciandoli pensierosi.

    «E così hai lavorato con la bellona ?» ridacchiò Ledja, avvicinandosi a Zeke e facendogli l’occhiolino.

    «È stato tempo fa.»

    «E, a quanto pare, non te ne sei dimenticato. Sei una continua scoperta, amico mio» rise, battendogli una mano sulla spalla.

    «È un angelo.»

    «E con questo? Tu sei un cacciatore immortale. Vuoi dirmi che ti è indifferente?»

    «Non ho mai avuto pensieri del genere su un essere divino.»

    «Ah no? Uhm, strano.»

    E ridacchiando divertita, scavalcò il parapetto e iniziò la discesa. Zeke la seguì irritato. Drew si avvicinò alla sorella.

    «Avverto i tuoi pensieri. Cosa ti sta succedendo?»

    Syn mostrò le mani ancora macchiate di sangue del ragazzo. «Volevo salvarlo sul serio, ma mi è stato impedito.»

    «Hai sentito Galath.»

    «Non è questo.»

    Alzò gli occhi su di lui e lo guardò seria. «Se non fosse intervenuta lei, io avrei eliminato quel demone, Drew. E questo mi preoccupa.»

    «Che vuoi dire?»

    «Temo di non essere più incorruttibile come pensavo. La rabbia e il dolore creano dentro di me un sentimento distruttore. Io ne ho paura.»

    La guardò addolorato, le mise una mano sulla spalla e gliela strinse con affetto.

    «Eri destinata a cambiare. E ora ne hai la prova.»

    Sospirando scoraggiata, annuì e si avviò verso la scala.

    Lo spettacolo di luci e ombre della città non le era mai sembrato così avvilente. Giunti nel vicolo ormai invaso da auto della polizia e curiosi, Zeke li invitò a partire, utilizzando le dimensioni sovrannaturali, ma Syn si fermò di colpo a osservare la scena.

    C’era qualcosa che non quadrava.

    Utilizzando la loro invisibilità, si mosse silenziosa tra gli umani presenti. C’era una donna che singhiozzava disperata, appoggiata alla spalla di una poliziotta, alcuni infermieri dell’ambulanza che coprivano il corpo senza vita del giovane e lo disponevano su una barella, mentre dei funzionari di polizia scattavano foto o interrogavano i presenti. Era come muoversi da fantasmi in una fotografia, che fissava gli attimi dei vivi in un quadro di morte.

    Syn osservò con attenzione ogni viso a cui si avvicinava, le movenze rallentate, le emozioni e le loro posture. Era una delle prime volte che riusciva a interagire con gli umani e la loro vita reale.

    La runa di Eihwaz brillava sul suo polso, man mano che proseguiva il giro.

    Quando arrivò nel punto il cui era caduto il giovane, ormai deposto sull’ambulanza che ripartiva, si fermò. Si inginocchiò a toccare il selciato, immerse le dita nel sangue che si stava rapprendendo, le strofinò tra loro e poi annusò il liquido.

    Avvertì un odore simile a zolfo mischiato a incenso. Ebbe un attimo di repulsione e alla fine comprese: era lo stesso olezzo che aveva sentito all’Inferno, quando era stata prigioniera. Lo rammentava, lo aveva sentito spesso quando aveva attraversato la valle di Asmanthi per la sua fuga. Sentì lo stomaco contrarsi e comprese che ciò che le aveva detto Galath era vero.

    Si alzò, ripulì le dita contro i jeans e si guardò intorno. C’era silenzio, ma era una cosa innaturale, visto che il vicolo pullulava ancora di umani.

    «Vieni fuori» scandì pacata.

    Per qualche attimo non accadde nulla, poi l’aria tremolò e una nuvola fumosa si condensò davanti a lei rivelando il Parvus. La fissava con le pupille dilatate, anche se mostrava i denti.

    «Quell’anima è mia» soffiò il demone, stando a un’adeguata distanza da lei e tenendo sotto controllo i suoi compagni, fermi al limitare del vicolo.

    Zeke teneva la mano sulla spada, mentre Ledja aveva ripreso le sue sembianze da succube e se ne stava appollaiata su un cornicione, con le ali aperte, pronta a piombare su di lui. Syn lo studiò per un lungo istante, inspirò e da lui le arrivò lo stesso odore appena sentito.

    Non aveva alcun dubbio, quell’anima apparteneva a lui, ma poteva concedergliela o negargliela. Galath l’aveva accompagnata da Samael per il giudizio finale, ma poteva cambiare la sua collocazione. Sarebbe bastato poco, un sì o un no avrebbero cambiato le sorti di quel povero ragazzo. Aveva la capacità, il potere, la libertà di farlo. Gabriel le aveva concesso la possibilità di decidere del futuro degli altri.

    Eppure qualcosa in tutto quello stonava. Esattamente come quando aveva capito che non avrebbe mai potuto uccidere nessuno. Il tentennamento, la rabbia che l’avevano invasa poco prima, si acquietarono e chiuse gli occhi un istante.

    Era facile abbandonarsi ai sentimenti di vendetta, di dolore, ma quello non era il suo ruolo. Era un mero esecutore del Padre, ma non era Lui.

    Doveva solo adempiere al suo dovere e ricomporre un quadro di equilibrio.

    Capì finalmente quanto difficile fosse il suo compito e quanto a lungo avrebbe combattuto dentro di sé, per far in modo che il buio non prevalesse sulla luce o viceversa.

    «Sei la bilancia dell’equilibrio dei mondi» le aveva detto la madre.

    E ora ne comprendeva il ruolo.

    Alzò gli occhi al cielo e percepì intorno a sé molte presenze invisibili. C’erano angeli custodi in attesa, demoni acquattati nell’ombra, messaggeri sospesi e infine, una presenza più corposa che fece fatica a identificare, ma che non le era estranea.

    Lasciò andare il fiato e guardò il demone con cipiglio serio.

    «Sì» disse solamente.

    Il Parvus sussultò. «Me… la concedi?» chiese stupito, gettando un’occhiata agli altri, per capire se fosse una trappola.

    «È tua.»

    Sembrò che l’universo intorno a lei lasciasse andare il fiato, trattenuto fino alla sua decisione.

    «Bene» sorrise il demone e sparì.

    Ledja le planò accanto e fece rientrare le ali.

    «Sei sicura?» chiese a voce bassa, scrutando i dintorni.

    «Devo far giustizia, non vendetta» rispose mesta. Si rivolse al fratello. «Drew, ti andrebbe di portare un po’ di sollievo a quella donna che piange la morte di un suo caro?»

    Zeke le gettò un’occhiata obliqua.

    «Difficile?» le chiese, continuando a sorvegliare l’ambiente.

    «Non sai quanto» mormorò, allacciandosi le braccia intorno al corpo, per liberarsi di un brivido che la scuoteva.

    «Esame superato» disse Ledja, riacquistando le sue sembianze umane.

    «E sarà sempre così?» domandò rassegnata.

    «Finché non capiremo come stanno le cose. Non sarà facile, ma non so perché, sento che abbiamo più di una presenza che desidera che la nostra missione vada a buon fine» ammise Zeke, tornandole accanto.

    «L’hai sentita anche tu?»

    «Sì, ma non capisco chi sia.»

    Syn avvertì come una lenta carezza alla nuca e sospirò. Aveva riconosciuto il tocco, pur non identificando l’essenza, leggermente diversa da come la ricordava. Era più profonda, calorosa, intensa.

    Le sfuggì un rapido sorriso.

    Lucifer!

    Capitolo 2

    decoration

    Arcangeli

    Il cielo sopra Carnac era striato di rosso e Zeke lo fissava con un cipiglio preoccupante, quasi senza vederlo. Da quando erano arrivati non faceva che guardarsi attorno aggrottando la fronte e le parole di Galath non lo avevano tranquillizzato. Conosceva l’angelo della morte da secoli, aveva avvertito la sua curiosità verso Syn, ma sapeva che la sua presenza in un determinato luogo era dovuta alla variazione dei delicati equilibri universali.

    Non si scomoda un angelo della morte di quella levatura se il Cielo non sta collassando , si ripeté pensieroso.

    Una mano si poggiò sulla sua spalla, facendolo sussultare.

    «Che succede?» chiese Drew sottovoce, portandosi al suo fianco.

    «C’è qualcosa in questo posto, ma non riesco a identificarlo.»

    «Lo avverto anche io, ma la sua natura è celata. Ha componenti angeliche, ma anche umane e una sorta di anima demoniaca che non riesco a identificare. Che sia l’essere che stiamo cercando?»

    «Come possiamo cercare qualcosa che non dovrebbe esistere? L’unica essenza del genere è concentrata in tua sorella. Ma lei è qui con noi, sia fisicamente che spiritualmente. Non capisco di cosa si tratti.»

    Drew si girò appena a gettare un’occhiata meditabonda alle due donne a poca distanza da loro, che parlottavano a bassa voce. Syn aveva un’aria distesa, anche se di tanto in tanto sembrava sobbalzare.

    «Lei potrebbe scoprirlo» rispose, raggiungendola.

    «Lo sento» rispose alla sua muta domanda. «Ma non capisco se sia una minaccia o un aiuto.»

    Drew le guardò i capelli appoggiati sulle spalle, senza accenno a un minimo movimento.

    «Potremmo chiedere a qualcuno dei tuoi contatti» mormorò Ledja, gettandole un’occhiata maliziosa.

    «Non se ne parla!» obiettò, lanciandole uno sguardo cupo. «Ho bisogno di tutta la mia energia e tranquillità per poter affrontare il sito e il rito di passaggio delle anime verso il regno dei morti. E poi chiedere aiuto comporterebbe un impegno a ricambiare il favore. E io non voglio avere debiti con il signore degli Inferi.»

    «Veramente io pensavo a qualcun altro» rise la succube, facendola arrossire.

    «Intendi forse Hazarel? È un po’ che è via e non credo riusciremmo a rintracciarlo facilmente.»

    «Stavo pensando ai messaggeri. Chi meglio di loro è al corrente di ciò che accade intorno a tutti noi? Sono in costante viaggio per osservare gli esseri che compongono l’universo vivente, quindi raccolgono informazioni preziose che solo orecchie specifiche possono ascoltare. E tu con loro hai un rapporto privilegiato.»

    «Ma non fanno capo a uno specifico signore?»

    «I messaggeri sono nati da cellule empatiche divine, con natura non senziente e con lo scopo di alleviare le sofferenze di ogni essere dell’universo. Il loro compito era raccogliere informazioni; le riversavano sulle Potestà, seconda gerarchia angelica, che a loro volta estraevano quelle interessanti e gettavano i residui nocivi nel sole» rivelò Drew. «Con la rivolta di Lucifer, sono stati investiti da sentimenti nuovi come rabbia, odio e vendetta, che li hanno mandati in cortocircuito e li hanno spinti a unirsi in una sorta di alveare, sviluppando un pensiero comune e una certa intelligenza. Prendendo coscienza della loro natura, studiarono ciò che stava avvenendo attorno a loro e molti rimasero con le Potestà, altri seguirono Lucifer, Asmodeo e Samael, mentre quelli con spirito indipendente rimasero in disparte a osservare le varie dimensioni, in attesa di capire a chi donare la propria fedeltà. E sono quelli che ti stanno osservando.»

    «Ma i messaggeri che ci hanno contattato sull’autostrada avevano natura demoniaca» osservò Syn pensierosa.

    «Sì, quelli avevano imprinting con il regno dei morti, ma le presenze che hai sentito a Nantes erano di natura diversa.»

    «Vuoi dire che sono loro ad avere questa essenza confusa?»

    «No, quella non l’ho ancora inquadrata, ma i messaggeri presenti nel vicolo ieri sera erano di natura superiore e con un grado di coscienza più alto rispetto agli altri.»

    «E allora come pensi che possa contattarli? Loro non riconoscerebbero la mia natura mista e quindi potrebbero pensare a me come a un nemico.»

    «Io dico che sono curiosi» disse Ledja.

    «Lo penso anch’io» rispose Zeke. «Sono affamati di conoscenza e tu sei il soggetto in assoluto più intrigante per loro.»

    «Posso dire di essere un po’ stufa di fare da cavia per gli esperimenti sovradimensionali?» sbuffò la ragazza, raccogliendo i capelli in una coda.

    «Essere unici comporta una grande responsabilità» rispose la succube, facendole l’occhiolino.

    Syn alzò gli occhi al cielo, frustrata.

    «Allora, come li contatto?» chiese rassegnata.

    «Credo si avvicineranno loro» rispose Drew.

    «In che modo?»

    «Richiama a te le anime dei morti.»

    «Qui? Ma non avevamo deciso di farlo al sito?»

    «Se sarai in terra consacrata e occupata a far da portale di passaggio, non riuscirai a percepirli.»

    «E noi vogliamo essere preparati prima di arrivare lì» ribatté Zeke.

    Pur non comprendendo le loro ragioni, annuì e si concentrò.

    Chiuse gli occhi, inspirò e sentì vibrare dentro di sé il potere della runa. Ogni volta che vi attingeva, ne era sorpresa. Era un qualcosa che non era cosciente di possedere, ma che si espandeva appena ne aveva necessità.

    La sentì crescere in lei come un’enorme nuvola, soffice, eppure corporea, che le esplose nelle vene come un fiotto di calore improvviso, facendo brillare la runa di Eihwaz sul polso. Piccole scintille violacee le illuminarono i polpastrelli, crepitando a contatto con l’aria.

    E fu allora che li sentì: tentacoli che le carezzavano i capelli, i bordi della giacca, strisciavano intorno alle sue caviglie, risalendo lungo i polpacci. Rabbrividì, ma resistette all’impulso di scacciarli, per poter comprendere meglio ciò che stava accadendo. Aprì gli occhi ma non si ritrovò di fronte i suoi amici, né le luci della periferia della cittadina francese, bensì un fiorente prato, ricoperto di ginestre e piccoli fiori viola, radunati in vari cespugli e solcato da accennati sentieri di terra battuta. Come disposti a caso, megaliti di pietra grezza svettavano contro il cielo del tramonto, le cui nuvole scure sembravano correre verso l’ultima striscia di sole morente. Era di una bellezza impressionante e Syn portò una mano all’altezza del cuore, trattenendo il fiato. Sembrava di essere dentro un sogno da cui non desiderava svegliarsi, ma la presenza morbida e confortante intorno a lei reclamava la sua attenzione. Lasciò andare il fiato e fece un giro completo intorno a sé, godendosi il paesaggio e l’aria tiepida della sera.

    E fu solo allora che la vide.

    Era una presenza lattiginosa, seppur tremula, che le vorticava intorno. Era simile a una voluta di fumo. Incrociò le braccia e soffiò piano.

    «Un gesto alquanto bizzarro» disse una voce profonda.

    Si voltò appena e notò un giovane appoggiato con la spalla a una delle pietre.

    «Dici? A me sembrava appropriato.»

    «Mai visto soffiare in faccia a un messaggero di quella portata» convenne il ragazzo, staccandosi dal masso e muovendo qualche passo cauto verso di lei. Notò subito i suoi piedi nudi che scivolavano sul terreno.

    Aveva una massa di capelli biondi e ricci, un po’ lunghi sul collo, che venivano scompigliati dalla brezza. Indossava una camicia bianca, aperta sul collo e parzialmente sul torace, un pantalone scuro e la mano destra era ricoperta da un guanto nero a mezze dita.

    Syn lo studiò un attimo e scosse le spalle.

    La sua presenza non gli incuteva timore o preoccupazione. Anzi, le portava una discreta sicurezza e tranquillità. Inclinò il viso per studiarlo meglio e il ragazzo sorrise.

    Era di una bellezza mozzafiato.

    Distolse gli occhi e mormorò: «Credi debba chiedere scusa? Lo avrò offeso?»

    La

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