Accetta Perdona Lascia andare
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Anteprima del libro
Accetta Perdona Lascia andare - Claudio Sabatini
1. COS’È IL PERDONO
Per comprendere appieno il messaggio insito in questo libro, ovvero le motivazioni che dovrebbero spingere ognuno di noi a poter perdonare e gli effetti che il perdono può apportare alle nostre vite, ci occorre in primis essere in grado di definire il significato di perdono
.
Possiamo pensare al perdono come a un atto spirituale di compassione, tramite il quale lasciamo andare i sentimenti nocivi che la mancanza del perdono stesso, protratta nel tempo, provoca nella nostra mente, nel nostro cuore, nondimeno nel nostro corpo.
Il risentimento, la rabbia e, talvolta, l’esacerbata indignazione e il desiderio di vendetta, come anche il senso di colpa che potremmo infliggerci a lungo per non aver perdonato noi stessi in seguito a un evento in cui non ci siamo comportati come avremmo voluto, possono diventare così gravosi e sovrastanti da non consentirci di vivere appieno le nostre vite e di andare avanti adeguatamente nel nostro percorso terrestre.
Il perdono è una pratica capace di guarire noi stessi dalla prigionia, spesso autoindotta, del risentimento verso qualcuno o persino verso noi stessi (come vedremo nel corso delle pagine che seguono), la quale è in grado di inibire e ostacolare il nostro benessere interiore.
Stiamo parlando di una vera e propria terapia nei confronti di noi stessi, del nostro entourage familiare e non solo.
Bisogna comprendere a fondo come poter perdonare e perché sia giusto farlo, prima di avventurarsi in questo incredibile percorso, perché il perdono non è possibile simularlo ed è altamente improbabile che chiunque di noi possa riuscire a forzarlo, senza prima averne compreso pienamente il potenziale benefico e curativo.
La ricerca sull’argomento sta rispondendo a domande fondamentali su cosa sia e cosa non sia il perdono, come si sviluppa, quali sono i suoi effetti sul nostro organismo, anche nel mondo della scienza ci si sta affacciando alla scoperta dell’enorme potere che si cela dietro l’atto di perdonare, domandandosi se, e in che modo, possa apportare benefici e come fare per agevolare questa pratica sorprendentemente terapeutica per l’essere umano.
In prima analisi, occorre precisare perentoriamente che il perdono non è scusare, dimenticare incondizionatamente, tollerare o assolvere senza remore le azioni di qualcuno che ci ha ferito o che continua a farlo.
È importante capire che perdonare non prevede che non si sia d’accordo sul fatto che l’azione in questione sia stata offensiva o inappropriata.
È chiaro che perdonare qualcuno per qualcosa che crediamo sia assolutamente sbagliato possa decisamente rappresentare una sfida impegnativa per noi, ecco perché è bene partire da un assioma: perdonare non è sinonimo di debolezza ma di grande forza interiore, e lo facciamo per stare bene e per liberare noi stessi da tutto ciò che ostacola la nostra felicità interiore.
Perdonare equivale a lasciare andare i pensieri, i sentimenti e i comportamenti negativi associati allo stato di non perdono
.
Avvalendoci dell’ausilio di una metafora, potremmo paragonare l’atto del perdonare al disfarsi delle zavorre che ci appesantiscono: vecchi rancori, rabbia, indignazione e paure represse sono blocchi che ci impediscono di innalzarci e ci trattengono dal liberarci e vivere le nostre vite appieno, costringendoci a rallentare (o talvolta impedendoci persino di andare avanti) ed esaurendo forza vitale che potremmo indirizzare verso qualcosa di positivo.
In sostanza, non possiamo volare
, se ci trasciniamo dietro pesanti fardelli di cui dovremmo invece sbarazzarci.
D’altro canto, cercare forzatamente di perdonare prematuramente qualcuno è controproducente. Nessuno di noi può farlo.
Il primo passo per iniziare a perdonare è riconoscere innanzitutto i propri stati d’animo riguardo ciò che ci sta logorando, siano essi sentimenti di rabbia, paura, tristezza o rancore; è necessario intraprendere un cammino che ci porti alla meta in maniera graduale, step by step.
Inizialmente, potremmo sentirci confusi o destabilizzati all’idea del perdono, potremmo essere eccessivamente turbati o feriti, e per di più troppo arrabbiati nei confronti della persona coinvolta per poter riuscire a perdonarla, e questo è assolutamente comprensibile.
Per giunta, potremmo non capire il nesso tra il perdonare e il sentirsi meglio, chiedendoci: Come potrei riuscire a star bene, semplicemente perdonando quello che mi è stato fatto?
O ancora, domandarci: Cosa dovrei lasciare andare? E, soprattutto, come dovrei farlo?
Queste sono entrambe domande altamente lecite e plausibili, e in questo libro approfondiremo sia il cosa
che il come
, ma soprattutto il perché
riguardo al nostro argomento, affinché tu possa avere una panoramica ampia e precisa su quello che il perdono può regalare alla tua vita, perché, come scoprirai, il perdono si sostanzia in un vero e proprio dono che fai a te stesso.
Partiamo da un presupposto, il quale ci consenta di iniziare con una breve infarinatura che possa fungere da introduzione: ognuno di noi è profondamente diverso dall’altro, ognuno affronta le proprie sfide e i propri dolori, ognuno è contraddistinto da un passato familiare, da un bagaglio esperienziale che ha in qualche modo forgiato il suo sistema di credenze e di conseguenza i suoi comportamenti, una personale forma mentis che ci contraddistingue da chiunque altro.
Ognuno di noi agisce nel quotidiano guidato da quello che ritiene giusto, ognuno fa il meglio che può, avvalendosi delle informazioni e della consapevolezza che ha a disposizione in quel preciso momento della sua vita.
Se, nel momento di perdonare, siamo alla ricerca della verità oppure partiamo dalla convinzione di essere nel giusto, allora stiamo resistendo e procrastinando il perdono.
In altre parole, stiamo scegliendo di restare vittime, piuttosto che crescere e guarire.
La chiave per la guarigione sta proprio nell’accettazione dell’altrui punto di vista, è partendo da qui che possiamo renderci disponibili e inclini alle possibilità che il perdono è in grado di regalarci. Si tratta di sperimentare la volontà di rilasciare, anche solo per un momento, l’attaccamento al nostro bisogno di essere nel giusto a ogni costo.
Perché stiamo asserendo che credere di avere ragione significhi opporsi alla possibilità di perdonare?
Partiamo da un assunto: ci sono oltre sette miliardi di persone al mondo e ognuna è portatrice di una personale verità.
Ma per poter perdonare ci occorre scindere tra due concetti: la verità assoluta e i punti di vista. La verità assoluta, in questo particolare contesto, consiste nel comprendere che una verità assoluta non esiste affatto ma che esistono innumerevoli punti di vista ed ognuno agisce secondo il proprio, che considera estremamente vero!
Questo è ciò che ci occorre tenere a mente per poter perdonare: la verità trascende la conoscenza e le convinzioni umane.
Esistere certamente una verità condivisa, perlopiù fulcrata sul nostro convivere all’interno di un ecosistema sociale. Esistono opinioni, credenze e costrutti ritenuti veri da più persone, come esistono anche quelle verità che potremmo identificare come soggettive
, radicate e apprese prettamente nel nostro background familiare, che guidano le azioni e i piccoli gesti quotidiani di ognuno di noi.
Ogni essere umano ha un proprio piccolo universo costellato di singole verità che derivano da tanti aspetti della propria vita vissuta, dai vissuti passati e dalla propria indole caratteriale, che comporta una personale interpretazione dei fatti.
Creiamo delle storie, imperniate sulla nostra esperienza e sul modo in cui l’abbiamo interpretata, e quelle storie diventano vere sulla base di ciò in cui noi crediamo. Ci convinciamo che rappresentino la realtà vera e propria sul mondo che ci circonda.
Questo primo passaggio è necessario, perché talvolta le azioni o le parole di qualcuno possono risultare imperdonabili. Se invece siamo in grado di comprendere che quelle stesse azioni, molto spesso, non hanno nulla a che vedere con la nostra persona, ma piuttosto con qualcosa che è insito nella peculiare e specifica verità dell’autore dell’azione da perdonare, e che frequentemente quella stessa azione, che ci ha provocato tanto dolore, affonda le sue radici proprio in sentimenti di sofferenza e dolore personali, allora riusciamo a guardare a ciò che ci è stato fatto in maniera del tutto diversa e distaccata e possiamo più facilmente affacciarci all’idea che questa non meriti altro che la nostra compassione.
Questa razionalizzazione rappresenta un passo cruciale e determinante per poter iniziare il processo di perdono e finalmente liberare noi stessi e gli altri da un circolo vizioso di frustrazione, afflizione e colpevolezza.
Analizzando l’etimologia del termine compassione
, scopriamo che: compassus significa simpatizzare
ed è composto dalle parole co (con) e pati (soffrire). Possiamo, quindi, dedurre che la compassione è la profonda consapevolezza della sofferenza di un altro, unita al desiderio di alleviarla.
Cambiare la nostra prospettiva iniziale ci aiuta ad avere una comprensione più ampia sia delle nostre azioni che di quelle altrui. Non possiamo perdonare qualcuno, se non riusciamo ad avere ben chiaro il meccanismo che ci porta a commettere degli errori. Cogliendo questa dinamica, il perdono diventa un atto spontaneo, avviene senza la necessità di forzature.
Ogni giorno intraprendiamo centinaia di azioni, facciamo del nostro meglio per agire nel bene, ma può accadere di sbagliare, può accadere a chiunque di noi.
Non lo facciamo intenzionalmente, agiamo semplicemente dal nostro punto di vista e può certamente capitarci di ferire qualcuno involontariamente.
L’essere umano è l’unica specie capace di autopunirsi e rimuginare costantemente su ferite del passato ed eventi dolorosi; ci pentiamo delle nostre parole e delle nostre azioni oppure incolpiamo qualcun altro, ed è proprio per questo che abbiamo un estremo bisogno di imparare a perdonare.
Occorre fare un’ulteriore precisazione, sottolineando una differenza importante: non si sta parlando di lasciare impuniti crimini, atti di violenza o abusi fisici, stiamo parlando di perdonare quegli atti perché comprendiamo che sono stati commessi in relazione a una mancanza di coscienza e consapevolezza di quanto fossero potenzialmente dolorosi per chi li ha subiti, e lo stiamo facendo per poter permettere a noi stessi di liberarci dai sentimenti tossici che essi alimentano in noi, dalla schiavitù emotiva che questi comportano.
Stiamo parlando della volontà di guardare a quelle azioni, per quanto deprecabili possano essere, come a qualcosa che un altro essere umano ha compiuto in preda a un profondo stato di assenza di amore, di incoscienza, e possibili sentimenti di paura e dolore.
Comprendiamo e capiamo che probabilmente quelle azioni erano solo la proiezione di un disagio interiore che non ci riguarda: distacchiamocene e lasciamole andare. Non ci appartengono, liberiamole dal loro potere verso di noi. Facciamolo per noi stessi.
Molti di noi travisano la parola perdono
, pensando di dover perdonare incondizionatamente e senza alcuna conseguenza chi ci ha fatto del male oppure un torto. Questa è una convinzione del tutto errata che spesso implica e scatena una reazione di opposizione e resistenza che ci preclude la possibilità di perdonare.
Precisiamo, quindi, che il perdono non è necessariamente riappacificarsi con chi ci ha ferito, non è negare o fingere che determinate azioni non ci abbiano fatto del male, né tantomeno dare ragione, e sicuramente non consiste nel permettere a qualcuno di continuare a ferirci, accettando passivamente le sue azioni!
Perdonare, di conseguenza, non è sinonimo di debolezza ma di grande forza interiore, implica il coraggio di volersi bene a prescindere dal comportamento altrui.
Perdonare significa tutt’altro che sottomettersi o dimostrarsi passivi verso le ingiustizie, al contrario ci occorre per tutelare noi stessi in prima persona, sicché lo facciamo principalmente per il nostro bene. Quindi non fraintendiamo l’atto di perdonare, confondendolo con una mera accettazione e arrendevolezza all’altro, ma intendiamolo nel suo significato più puro, come una liberazione del nostro essere dalle catene emotive del risentimento.
Questa è la chiave per vivere le nostre vite liberi dai condizionamenti emotivi e dai meccanismi malsani che ci legano inutilmente a situazioni controproducenti, dannose e limitanti. Allontanandoci, una volta per tutte, da ciò che ci blocca energicamente, mentalmente ed emotivamente.
In conclusione,