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Credere a Gesù. Lectio divina ispirata dal Vangelo di san Marco
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E-book351 pagine5 ore

Credere a Gesù. Lectio divina ispirata dal Vangelo di san Marco

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Info su questo ebook

“Cercate Dio con cuore semplice”, è un’invocazione penetrante e meravigliosa. Esorta a ricercare il Signore tra le piccole cose, con un cuore umile, disposto all’ascolto della sua Parola.
Essa è la sorgente di vita rivolta all’uomo, il suo sostegno fino alla fine del suo pellegrinaggio terreno e la sua fonte di illuminazione tramite il potente mezzo della preghiera, veicolo indispensabile per la comunione con il Signore.
Credere a Gesù, di Padre Krzysztof Wons, è un saggio di una potenza narrativa sorprendente. Iniziando dalla lectio dei passi biblici, nella fattispecie si prende in esame il vangelo di san Marco, e riflettendo profondamente sul significato di tale lettura con la meditatio, si approda all’oratio, alla preghiera, e alla contemplazione e comprensione nella contemplatio.
Il vigore in perenne movimento della lectio divina rappresenta il nucleo di tutta la vita spirituale dell’uomo, e il testo biblico, contenente la Parola, rappresenta la relazione stretta e congiunta tra Dio e l’essere umano.
In questa sede verrà esaminato il Vangelo secondo san Marco, ritenuto il primo evangelista. Marco riporta i dettagli della vita terrena di Gesù, fino a concludere la sua testimonianza con il mistero della morte e della resurrezione del Figlio di Dio. Esamina il dramma del peccato umano, il disorientamento e la fragilità emotiva dell’essere, il quale è in perenne bilico tra le sue debolezze che tendono ad allontanarlo dalla Parola di Dio e la necessità di comprendere il mistero divino.

Padre Krzysztof Wons SDS nato a Ruda Slaska in Polonia, ha studiato Teologia Spirituale presso l’Università Pontificia di Roma, dove ha conseguito la licenza e il dottorato. Attualmente è direttore del Centro Salvatoriano di Formazione Spirituale dei Salvatoriani e della Scuola per Educatori nei Seminari Maggiori Diocesani e Religiosi, entrambi con sede a Cracovia (Polonia). Inoltre, è docente, guida spirituale, predicatore di esercizi spirituali, redattore capo del quadrimestrale Quaderni di Formazione Spirituale e autore di numerosi libri dedicati alla lettura spirituale della Bibbia.
LinguaItaliano
Data di uscita11 dic 2023
ISBN9788830691919
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    Anteprima del libro

    Credere a Gesù. Lectio divina ispirata dal Vangelo di san Marco - Padre Krzysztof Wons SDS

    PREFAZIONE

    Card. Gianfranco Ravasi

    Ogni introduzione o prefazione esterna, premessa all’opera di un autore, suppone tendenzialmente un duplice percorso segnato da una diversa tonalità. Da un lato, infatti, c’è il legame personale con l’autore: è l’aspetto soggettivo che rivela sintonia e simpatia, consonanza di pensieri e spesso un vincolo di amicizia. D’altro lato la prefazione vuole idealmente condurre il lettore alle pagine che seguiranno, guidandolo alla scoperta dell’opera, ai suoi temi, alle sue proposte. Non per nulla il termine introduzione nella sua matrice latina suppone un ducere, un condurre appunto all’interno (intra) di un itinerario tematico.

    Il primo profilo soggettivo si esprime ora nel legame pluridecennale che mi unisce a padre Krzysztof (Cristoforo) Wons. Vorrei abbozzarlo sole in poche righe anche perché troppo vasta è la trama dei ricordi. Essi partono da oltre trent’anni fa, quando ancora dirigevo la Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana di Milano ed ero stato invitato a intervenire in un corso di letture bibliche nel Centro di Spiritualità dei Salvatoriani a Cracovia. Fu così che iniziò una serie di incontri e di mie conferenze in vari anni, ma anche un dialogo intenso, spesso implicito, con p. Krzysztof. Egli riusciva a coagulare attorno alla Parola di Dio una folla di persone provenienti da tutta la Polonia, coinvolgendole in giornate di studio e di preghiera di grande intensità.

    L’ultimo incontro, avvenuto nel novembre 2022, fu quasi il suggello a quel lungo percorso che era continuato anche quando Papa Benedetto XVI aveva voluto che mi trasferissi da Milano a Roma come Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, creandomi Cardinale. La spontaneità dell’amicizia era stata sempre la stessa, così come la mia ammirazione per p. Wons e per il suo impegno pastorale-spirituale. Il suo sguardo, sempre sereno eppur incisivo, si accompagnava a una capacità comunicativa straordinaria per finezza e passione, rivelata a me anche attraverso il suo italiano perfetto.

    Egli, infatti, ha sempre concepito nei suoi discorsi e nei suoi scritti – come è evidente nelle pagine che seguiranno – la conoscenza e l’annuncio della Parola di Dio proprio secondo i canoni sottesi al verbo biblico conoscere (in ebraico jadą e in greco ghinósko). Esso suppone, certo, la dimensione intellettiva del sapere e dello studio, ma esige anche l’impegno della volontà che aderisce alla verità intuita. Inoltre postula il ricorso all’aspetto affettivo che muove il cuore, i sentimenti, la passione e approda all’esito effettivo, ossia all’azione, praticando ciò che si è compreso, voluto, amato. Non per nulla nella Bibbia, come è noto, il verbo conoscere indica anche l’atto di amore che unisce i due sposi e che sboccia nella fecondità della generazione.

    ***

    A questo punto è naturale passare al secondo profilo di ogni prefazione, quello oggettivo, basato sul contenuto dell’opera. Essa si regge sull’architettura del Vangelo di Marco, considerato dagli esegeti il primo testo evangelico a livello cronologico, un libretto di 11.229 parole greche, steso in modo sobrio, essenziale, incisivo. Emarginato nei secoli cristiani perché si era optato per il più solenne e compiuto Matteo o per il più raffinato e appassionato Luca o per il più teologico Giovanni, è invece stato riportato alla ribalta dall’esegesi moderna.

    Essa ne ha scoperto l’originalità non solo nello stile secco ed efficace, ma anche nella struttura progressiva che suppone una sorta di pellegrinaggio alla scoperta graduale del volto autentico di Cristo. Nei primi otto capitoli Marco ci fa procedere in una penombra nella quale Gesù di Nazaret è un predicatore e un operatore di atti sorprendenti, ma inserito nelle coordinate storiche e geografiche dell’umanità. Questa penombra è squarciata qua e là da lampi che illuminano di un’altra luce quel volto, ma questo avviene paradossalmente attraverso la voce dei demoni, mentre egli impone il silenzio su di sé. È quell’oscurità che è stata definita il segreto messianico.

    A metà del Vangelo, ecco il primo svelamento attraverso la confessione di Pietro a Cesarea di Filippo (8,27-3): Gesù è il Christós, il Messia. È una rivelazione parziale non come quella piena e perfetta che Matteo mette in bocca a Pietro con l’aggiunta il Figlio del Dio vivente (16,16). Dopo questa prima rivelazione incompleta sulla messianicità, ecco subito una sorpresa perché Cristo annunzia di essere un Messia non trionfale, come era nelle attese di Israele, bensì di adempiere a una missione dall’esito sconcertante, divenendo un Messia vittima, sconfitto e crocifisso. Eppure è proprio sul patibolo della croce che per l’evangelista si compie lo svelamento supremo del mistero di Gesù Cristo.

    È un centurione romano a definire l’identità vera e ultima: Veramente quest’uomo è Figlio di Dio! (15,39). La risurrezione non farà che suggellare tale proclamazione definitiva. Proprio per questa trama dinamica il Vangelo di Marco può essere trascritto – ed è ciò che compie p. Wons con le sue riflessioni – come le tappe della formazione cristiana. Questo risultato, che trasfigura le pagine di Marco all’interno dell’esistenza della quotidianità del credente, è raggiunto attraverso un metodo interpretativo, denominato lectio divina. In questa luce si compie quanto affermava il teologo martire del nazismo Dietrich Bonhoeffer nella sua Cristologia: "Cristo non è tale in quanto Cristo per sé, ma nel suo riferimento a me. Il suo esser-Cristo è il suo esser-pro me".

    ***

    Alle origini della lectio divina c’è la domanda che i primi cristiani hanno rivolto a Pietro e agli apostoli: All’udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: Che cosa dobbiamo fare, fratelli? (Atti 2,37). Anche se questo approccio alla Bibbia si è diffuso a partire dal Concilio Vaticano II con la riappropriazione della Parola di Dio in pienezza nella liturgia, nella teologia, nella catechesi, nella spiritualità e nella stessa cultura, la lectio divina nei suoi quattro gradini progressivi era già stata elaborata nel XII secolo dal monaco medievale Guigo il Certosino.

    P. Wons scandisce la sequenza del Vangelo di Marco tenendo fissa come stella polare di riferimento proprio questa tetralogia, permettendo così di rendere viva e personale quella scoperta del volto di Gesù Cristo Figlio di Dio a cui l’evangelista voleva condurre il suo lettore. Si inizia con la lectio che è ascolto-lettura e conoscenza del testo nella sua realtà letteraria e contenutistica, attraverso la strumentazione offerta dall’esegesi e dalla ricerca. È il coinvolgimento della ragione, è un avere la testa nel testo, è l’identificazione di ciò che la Bibbia dice in sé di se stessa e del suo annuncio. Il vocabolo esegesi nella sua base greca, come è noto, significa condurre (hegéomai) fuori (ek) dal testo il suo messaggio, evitando una eisegesi, ossia un condurre dentro (eis) ad esso il proprio pensiero o desiderio.

    Segue la meditatio, un termine che deriva dal vocabolo latino medeor, medicare, curare. È, quindi, una sorta di terapia dell’anima. Dalla Parola di Dio si coglie ciò che essa dice a me per trasformare la mia esistenza sanandola dal limite e dal male. Emblematica è la figura di Maria che custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore (Luca 2,19.51). Suggestivo è anche l’appello di Paolo ai cristiani di Colossi: La Parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori (3,16).

    L’apostolo già prepara il terzo grado, l’oratio. Se è vero – come nota anche il Concilio sulla scia dei Padri – che Dio non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio diletto per mezzo del quale la viva voce del Vangelo risuona nella Chiesa (Dei Verbum n. 8), è necessario che la Sposa, cioè la Chiesa, risponda a Dio che le parla. Dopo aver scoperto ciò che il Signore dice di sé e per me, è spontaneo dire a lui la nostra fede, la gloria, la lode e l’adesione: è questa la nostra preghiera sia liturgica, sia personale che fiorisce dopo l’ascolto-lettura e la meditazione della Parola di Dio. Essa, come suggeriva s. Gregorio Magno, può comprendere le lacrime di compunzione per il nostro peccato, ma anche le lacrime di commozione per il perdono e l’amore misericordioso di Dio.

    Si giunge, così, all’ultimo livello di questa ascesa verso l’infinito e l’eterno di Dio a cui conduce la pratica della lectio divina che p. Cristoforo ha adottato come griglia interpretativa della sua lettura del Vangelo di Marco. Siamo nell’atmosfera alta e luminosa della contemplatio. La convinzione che sta alla base di questa esperienza è quella secondo la quale ogni ascoltatore della Parola può trasformare se stesso in parola vivente, in una sorta di tempio spirituale le cui pietre sono le verità bibliche. Non per nulla il termine nasce dal latino cum templo, con evidente riferimento al tempio. Era ancora s. Gregorio Magno a dichiarare che lectio est vita bonorum, la vita delle persone buone è essa stessa una lectio divina vivente (si veda 1 Corinzi 3,16-17; 6,19; 2 Corinzi 6,16).

    Tanto altro è suggerito nelle pagine di p. Krzysztof Wons che ora affidiamo ai lettori. Camminando nella sequela di Gesù così come Marco la descrive e lasciandosi guidare dalla costellazione dei quattro astri della lectio divina, il cristiano cercherà di realizzare quello che s. Atanasio diceva dell’eremita Antonio del deserto egiziano: Era divenuto lui stesso Parola di Dio. S. Giovanni Crisostomo definiva gli apostoli come Vangelo vivente e la tradizione cristiana considerava il perfetto testimone di Cristo come alter Christus. È, allora, a san Paolo che lasciamo l’ultima attestazione: Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me (Galati 2,19-20). È la meta a cui tende l’esperienza proposta dalle riflessioni luminose che animano l’opera posta ora nelle mani del lettore.

    INTRODUZIONE. I quattro vangeli come quattro tappe di formazione cristiana

    Non si tratta, allora, di inventare un «nuovo programma».

    Il programma c’è già: è quello di sempre,

    raccolto dal vangelo e dalla viva Tradizione.

    Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso,

    da conoscere, amare, imitare…

    Giovanni Paolo II

    La Lectio divina con Marco è la prima tappa di formazione cristiana per persone di ogni rango sociale, indipendentemente dalla loro vocazione. In totale, la formazione comprende quattro tappe, suddivise secondo i quattro vangeli.

    Vogliamo dunque procedere lungo il cammino che ci propongono i quattro evangelisti: Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Perché proprio in quest’ordine? Nell’ordine dei libri del Nuovo Testamento è Matteo e non Marco ad aprire il canone dei quattro vangeli. Sappiamo d’altronde che, cronologicamente, è il Vangelo di Marco ad essere il più antico. Tuttavia, non è questo il motivo principale che ci fa scegliere il suo vangelo come la prima guida spirituale nel nostro cammino di formazione. Non è per la sua anzianità che ci guiderà come prima, ma per il messaggio che contiene, per la formazione che propone alla comunità dei discepoli di Gesù. Vediamo adesso, che cosa intendiamo dire con questa premessa.

    I quattro vangeli sono considerati nell’ottica di quattro tappe di formazione e di maturazione del discepolo di Gesù. Questo particolare cammino è nato da una comune esperienza di preghiera vissuta in un clima di deserto, di ascolto e di meditazione della Parola. Nell’ambito di questa esperienza si è gradualmente delineata una visione di formazione cristiana che desse una priorità assoluta alla Parola di Dio: la Parola come fonte dell’esperienza di fede, come fondamento del discernimento e della maturazione della nostra vocazione nel mondo. Trovandoci in questo contesto, ci siamo resi sempre più conto dell’affinità della nostra esperienza con il cammino descritto dall’illustre biblista e appassionato annunciatore della Parola di Dio, il cardinale Carlo Maria Martini.

    Il cardinale Martini parla di una dinamica del tutto particolare racchiusa nei quattro vangeli, di un intrinseco cammino di formazione. Secondo lui, i quattro vangeli nascondono in sé quattro tappe di maturazione cristiana, quattro fasi di sviluppo del discepolo di Gesù. Basandoci sullo studio dei testi evangelici, possiamo affermare anche noi, col cardinale Martini, che i quattro vangeli effettivamente contengono queste quattro tappe progressive di maturazione. Troviamo in questa formazione una dinamica che, col suo sviluppo, con le tensioni che l’accompagnano e con l’approfondimento della relazione personale con Gesù portano a credergli senza riserve. Scopriamo che aspettarsi un cammino che consista in un interrotto susseguirsi di successi, di un continuo procedere verso l’alto, sarebbe sbagliato. I quattro evangelisti ci guidano attraverso tappe di formazione che sono spesso piene di lotta interiore, di alti e bassi, di passi in avanti e di passi indietro. Succede così sin dal primo incontro con Gesù, quando lo abbiamo ascoltato per la prima volta e abbiamo sperimentato uno slancio iniziale di affascinamento e di innamoramento che ci ha spinti a fare i primi passi nella sua sequela. In questo susseguirsi di periodi difficili, periodi di lotta, di passi indietro, di crisi, magari di discussioni con Gesù, forse anche di ribellione e di allontanamento – temporaneo o definitivo – appare un momento particolarmente nevralgico: il momento della scelta di Gesù e la decisione di seguirlo fino in fondo. In questi momenti il discepolo può perdere l’entusiasmo di una volta e dire: non me la sento più di seguirlo! E così si tira indietro e ritorna alla vita di prima.

    Ognuno degli evangelisti rivela in modo diverso gli stati d’animo dei discepoli e i loro sforzi per seguire Gesù, soprattutto in base alle scelte che fanno lungo il cammino. Scelte che possono essere autentiche ma a volte solo illusorie. Gli evangelisti portano alla luce le intenzioni recondite dei discepoli, sia quando seguono Gesù in modo radicale, sia quando lo fanno in modo superficiale, senza aderire a lui con tutto il cuore; smascherano le loro intenzioni quando seguono Gesù solo in apparenza, senza accoglierlo completamente, quando non riescono a prendere la decisione di restargli accanto in modo definitivo.

    Gli evangelisti ci mostrano che essere discepoli non significa essere eroi o giganti, non significa essere dei santi che di punto in bianco decidono di stare per sempre con Gesù. Il discepolo che incontriamo nei quattro vangeli è qualcuno di particolarmente debole, qualcuno che, pur fissando lo sguardo su Gesù, pur sforzandosi di seguirlo, di assumere il suo stile di vita, il suo modo di pensare, di sentire e di operare, a volte abbassa lo sguardo, si volta indietro, se ne va per la sua strada. Ma è anche un discepolo che, nonostante tutto, impara a ritornargli accanto, ripetutamente, per tutta la vita. Lungo il cammino può sperimentare la mancanza di fede, lo smarrimento e lo scoraggiamento, ma poi ritorna e si abbandona a Gesù senza riserve, gli confida fino in fondo. Un processo che dura fino alla tarda età. Ne è un esempio Pietro: l’esperienza della crisi nel cortile dei sommi sacerdoti, della debolezza vissuta fino all’orlo della disperazione lo prepara ad accogliere le parole di Gesù risorto: In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi (Gv 21, 18).

    Le parole che ha udito Pietro sono di conforto anche per noi che aspiriamo ad essere discepoli di Gesù, un’alba di speranza, uno spiraglio di certezza di fede che, nonostante i peccati e le resistenze che si fanno sentire per tutta la vita, se stendiamo le braccia e permettiamo a Gesù di cingerci, egli riuscirà a condurci anche laddove da soli non avremmo mai voluto andare.

    Ci rendiamo così conto che il cammino proposto dagli evangelisti prende in considerazione tutti gli aspetti della natura umana, pur rimanendo sempre e in primo luogo un cammino divino, lungo il quale Gesù, il Dio-Uomo, lotta incessantemente per preservare nel discepolo l’attaccamento e la fedeltà a lui. Nei confronti delle resistenze e della lentezza di maturazione del discepolo chiamato alla radicalità della sequela, Gesù mostra una pazienza altrettanto radicale. Se smaschera nel discepolo tutto ciò che c’è di superficiale ed ipocrita, lo fa per prepararlo a seguirlo con semplicità e trasparenza. In definitiva, nel cammino il sostegno viene dalla grazia, la sequela di Gesù è una grazia, la maturazione spirituale e il restare con Gesù sono una grazia, come lo sono tutti i ritorni e la fedeltà a lui fino alla fine.

    Padre Krzysztof Wons SDS

    LA DINAMICA DELLA LECTIO DIVINA

    Nella tradizione cristiana esiste una pratica che da secoli si è rivelata essere una vera scuola dell’ascolto della Parola. Una pratica che ci ha ricordato anche il papa nel programma del terzo millennio: "In particolare è necessario che l’ascolto della Parola diventi un incontro vitale, nell’antica e sempre valida tradizione della lectio divina, che fa cogliere nel testo biblico la Parola viva che interpella, orienta, plasma l’esistenza"¹. La lectio divina prepara all’incontro con la Parola, insegna a pregare con la Parola, insegna ad accoglierla nella propria vita.

    Fra i molti momenti che caratterizzano la lectio divina, ci sono alcuni che meritano una speciale attenzione: la lectio, la meditatio, l’oratio e la contemplatio. Cercheremo di attenerci a questi momenti anche durante il nostro cammino. La prima tappa, che consiste nel leggere la Parola, è chiamata in latino lectio. Dalla lectio e dal modo in cui viviamo questa tappa dipende se entreremo nel profondo della Parola o se ne resteremo soltanto in superficie.


    1 Giovanni Paolo

    II

    , Novo millennio ineunte, nr 39.

    I. La lectio: l’ascolto della Parola

    Soltanto lo Spirito ci può condurre nel profondo della Parola

    La Parola di Dio è lo spazio sacro dove opera lo Spirito Santo, uno spazio ricolmo del suo soffio. È lo Spirito Santo che ci permette di percorrere il cammino della Parola di Dio, è lui che ci riempie della Parola. È lui che ci insegna a pregare con la Parola e ci rivela la sua profondità. Anche se qualcuno conosce perfettamente i principi esegetici dell’interpretazione della Parola, la lingua dei testi originali e la tecnica della lettura della Bibbia, senza l’intervento dello Spirito Santo non può incontrarsi realmente con la Parola. È lui che ci conduce alla riflessione sulla Parola, che ci conduce nel suo profondo. Per questo motivo è importante che la lectio divina sia preceduta quotidianamente da una preghiera allo Spirito Santo, da un consapevole incontro con lui, durante il quale gli chiediamo due grazie che solo lui può darci.

    Per cominciare supplichiamo lo Spirito Santo di aprirci alla Parola. Se conosciamo i nostri limiti, sappiamo bene che esistono in noi certi blocchi, come ad esempio l’intelletto chiuso, la mente ristretta, l’atrofia dei sentimenti, la tendenza di chiuderci in noi stessi. Ecco perché per aprirci alla Parola abbiamo bisogno di supplicare lo Spirito di Dio. Il nostro organo di ascolto più importante è il cuore. Tutta la lectio divina conduce all’esperienza di un intimo incontro e di unione con la Parola, intesa come Persona, e questo avviene nel nostro cuore.

    La lectio è strettamente legata all’auditio. La lectio, cioè la lettura, è strettamente legata all’ascolto. Chiediamo, dunque, anche la grazia dell’ascolto, perché nell’ascolto avviene il primo momento d’incontro con la Parola. Ma non sono le orecchie a permetterci questo ascolto, è il cuore. Per questo è necessaria una preghiera lunga e paziente. Invochiamo dunque, e assiduamente, lo Spirito Santo, affinché scenda nel nostro cuore e lo apra. Che apra il cuore indurito, che dia profondità al cuore superficiale, che calmi il cuore irrequieto e doni umiltà al cuore superbo.

    Poi invochiamo lo Spirito Santo, che sia lui ad aprirci alla Parola. La Parola è il mistero di Dio e soltanto lo Spirito Santo conosce la profondità di Dio. Solo lui può condurci alle profondità insondabili della Parola di Dio. L’approfondimento della Parola di Dio è qualcosa che può durare per tutta la vita, nessuno può dire di averla approfondita definitivamente, neanche nel corso di tutta una vita. Così come Dio è infinito, anche l’approfondimento della sua Parola è interminabile. Ecco perché la Parola che abbiamo già letto e meditato tante volte può continuare a sorprenderci e a meravigliarci. La Parola si apre davanti a noi come un abisso sempre nuovo, ancora non vagliato; nessuno ha il diritto di porre limiti al significato della Parola, nessuno può dire di averla conosciuta completamente. Ognuno di noi è chiamato ad approfondirla in modo unico ed irripetibile, pur sempre in spirito di obbedienza agli insegnamenti della Chiesa.

    Soltanto lo Spirito può portarci a tutta la verità (cfr. Gv 16,13) e alla vera comprensione del significato della Parola. Gesù, la Parola definitiva, ci viene rivelato dallo Spirito: Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (Gv 14, 26). Non sarebbe quindi giusto prendere alla leggera questo primo momento d’incontro con la Parola. Bisogna dunque pregare assiduamente lo Spirito Santo, continuare a invocarlo, particolarmente che ci apra alla Parola e ce ne sveli il mistero.

    Il nostro modo di leggere

    Anche se la preghiera allo Spirito Santo prima della lettura della Parola ci rende consapevoli del fatto che entriamo in una dimensione sacra, quando iniziamo a leggere lo facciamo come siamo abituati. Ci lasciamo condizionare da varie cattive abitudini. Prima di tutto ci manca la voglia di leggere. Qui spunta il demone della pigrizia, sempre pronto ad approfittarne. Oggigiorno si legge poco, si cede spesso a questa pigrizia.

    Ci siamo abituati a leggere così come leggiamo le notizie, seguendo le impressioni, scorrendo i titoli, selezionando frammenti di testo; leggiamo quello che ci interessa, scegliamo a piacimento. Ci manca la pazienza. Vale la pena di rendersene consapevoli per non adottare questo stile quando leggiamo la Parola di Dio.

    Ricordiamoci che quando prendiamo in mano la Bibbia ci accostiamo ad una lettura unica ed irripetibile, diversa da quella dei libri o degli articoli pieni di parole provenienti da persone umane. La lettura della Parola è sempre un incontro personale con Dio.

    Per ascoltare bene è necessaria l’ascesi

    Sempre attingendo alla saggezza che scorre dalla tradizione della lectio divina, fermiamoci sulla pratica dell’ascesi, così necessaria per una buona lettura. Il monaco dei primi secoli si rendeva conto delle insidie del demone della pigrizia, della frettolosità e dell’agitazione, sicché si adoperava a sviluppare una disciplina interiore che gli permettesse di vincere stati d’animo negativi e leggere con la dovuta attenzione.

    Indubbiamente è lo Spirito Santo e soltanto lui che ci apre alla Parola e ci conduce alle sue profondità. È però altrettanto vero che lo Spirito Santo ci lascia la libertà di decidere se vogliamo partecipare coi nostri sforzi, coinvolgendo il cuore e l’intelletto. Ecco perché, per aprirci allo Spirito Santo, uno sforzo da parte nostra è indispensabile. Sì, la lettura fatta secondo il metodo della lectio divina è una fatica, non è cosa facile, lo sforzo personale è cosa indispensabile.

    Il primo sforzo da fare riguarda la preparazione alla lectio. Il secondo, la lettura. Rendiamocene bene conto, il solo desiderio di iniziare il cammino della lectio divina non basta, ci vogliono sforzi concreti. Per prima cosa dobbiamo riservare il tempo per la lettura. Un tempo che assicuri il silenzio e la solitudine. Non un momento libero qualsiasi, come quando prendiamo in mano un libro, un giornale o un’altra fonte di lettura. Non si tratta, dunque, di un casuale ritaglio di tempo. Bisogna trovarsi un angolino, bisogna poter chiudere la porta. Abbiamo bisogno di un tempo che ci permetta di fermarci più a lungo, svuotarci, sentire il desiderio di ascoltare la Parola.

    In una delle sue lettere a Eustochio, figlia di Paola, san Girolamo scrive: Che ti protegga sempre la tua dimora segreta. Che ivi ti intrattenga sempre il tuo sposo. In altre parole, si tratta di un tempo che si desidera, un tempo che fa nascere in noi il gusto per un incontro, fuori dalla logica del rincorrere il tempo, dalla logica della fuga da noi stessi, dell’irrequietezza. Se vogliamo veramente sperimentare la potenza della presenza della Parola, dobbiamo anche trovare il coraggio di entrare in questo spazio appartato e silenzioso! L’amore per la Parola e il desiderio di ascoltarla si realizzano nell’esperienza del silenzio. Un silenzio superficiale porta ad un ascolto della Parola superficiale. Per entrare veramente nel silenzio, bisogna farlo con una forte motivazione interiore. La motivazione è l’incontro con la Parola: decidiamo di entrare nella dimensione del silenzio per parlare soltanto con la Parola.

    Il secondo passo da fare per prepararsi alla lettura consiste nel criterio di scelta dei testi della Sacra Scrittura. Questo è un aspetto molto importante. Non è indicato scegliere dei brani a caso oppure secondo i nostri bisogni o le nostre aspettative. La lettura giusta è quella che ci viene insegnata dalla lectio divina: una lettura continua, regolare, paziente, coerente e consecutiva. La lettura che ci viene insegnata dalla Chiesa nell’Eucaristia quotidiana. Questo modo di leggere lo chiamiamo lectio continua. Nella formazione che stiamo seguendo abbiamo già scelto i testi per la lettura continua: i quattro vangeli. Nella prima tappa ci guiderà il Vangelo secondo Marco. Con la lettura continua ci lasciamo condurre lungo il cammino che ci propone la Chiesa. Beneficiamo del sostegno particolare dello Spirito Santo che ci guida lungo le strade che lui, nella Chiesa, vuole portarci.

    Un altro sforzo che bisogna fare, molto importante, è quello di rimanere pazientemente con la Parola, specialmente quando questa appare difficile, incomprensibile o inquietante. Chi intraprende il cammino della preghiera con la Parola di Dio deve cercare quello che vuole lo Spirito, quello che ci dice lui. Per questo bisogna imparare a perdurare con la Parola, anche se ci sembra difficile, forse in un dato momento incomprensibile, ma come dice Gesù a Pietro: Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo (Gv 13, 7). Negli incontri con la Parola ci vuole pazienza, specialmente quando essa sembra tacere, quando non proviamo alcuna sensazione.

    Un’altra condizione indispensabile per una lettura profonda della Parola è la scelta di un certo stile di vita. Mettere Dio al centro della nostra vita fisica, psichica e spirituale può sembrare oggigiorno una sfida molto difficile. Ma dobbiamo arrivare a prendere decisioni coraggiose, come il voler rinunciare alle cose che appesantiscono la mente, il cuore e la volontà e che ostacolano l’apertura alla Parola di Dio. Se vogliamo veramente procedere lungo il cammino della Parola di Dio dobbiamo rinunciare a molte cose che potrebbero procurarci sentimenti, passioni e immagini sbagliate. Dobbiamo imparare a prendere la decisione coraggiosa di rinunciare a immagini ed esperienze che cerchiamo per il piacere che ci procurano, ma che soffocano il desiderio della Parola. Se non rinunciamo alle cose che ci chiudono all’ascolto e all’accoglienza della Parola di Dio, va a finire che serviamo due padroni, che ci sentiamo sempre divisi, ci accompagnerà un senso di ambiguità.

    Sarebbe d’altronde sbagliato pensare che creando delle condizioni di vita sterilizzata saremmo protetti da ogni tensione. L’ambiguità, le distrazioni e le tensioni sono parte integrante della nostra vita quotidiana. Sono le decisioni che prendiamo che devono essere inequivocabili. Le decisioni che portano a rinunciare consapevolmente a tutto ciò che potrebbe appesantire la mente e il cuore, farne un focolaio di passioni, toglierci la

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