Pellegrino del mondo
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Info su questo ebook
Oltre agli spazi, sarà possibile ricordare o scoprire i periodi storici in cui le avventure si sono svolte, conoscere gli usi e i costumi in costante cambiamento, offrendo un punto di vista variegato e coinvolgente. L’autore ricorre spesso alla tecnica del “racconto nel racconto”, immergendoci nelle sue rocambolesche vicende senza mai annoiare.
Gilberto non ha ancora attaccato il suo backpack al chiodo, ma è intenzionato a proseguire il suo pellegrinaggio per il mondo e potrebbe avere in serbo molte altre storie da raccontare.
Il futuro? Quello è ancora tutto da vivere e da scrivere.
Classe 1939, Gilberto Mussoni, in arte Gil Mussosky, nasce a Sant’Arcangelo di Romagna. Pochi anni dopo la sua nascita, la famiglia si trasferisce a Riccione, dove l’autore tuttora risiede. Figlio di ferroviere, ha conseguito il diploma di Ragioniere presso l’Istituto “Valturio” di Rimini. Fin da giovanissimo è animato da una forte curiosità per il mondo e i suoi abitanti, al punto da divenirne prima esploratore e poi vero e proprio “pellegrino”. Dapprima bancario, poi Product Manager, è un fine cultore di storia e filosofia. Abile linguista, parla fluentemente nove lingue, che considera come avvicinamento tra i popoli.
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Anteprima del libro
Pellegrino del mondo - Gilberto Mussoni
Gilberto Mussoni
Pellegrino del mondo
In copertina e all’interno
foto di proprietà dell’Autore.
Pellegrino del mondo
Dedico questo libro ai miei cari genitori,
Attilio e Nazzarena, con profonda gratitudine
per l’educazione e il buon esempio datomi
e per avermi lasciato esplorare il mondo
fin dalla tenera età di undici anni.
Con amore, vostro figlio Gilberto
La Transiberiana
La Russia è bella d’inverno. Nei mesi freddi, quando è percossa dal vento e la neve ricopre le facciate dei palazzi, questo immenso e affascinante Paese raggiunge l’apice della sua meraviglia. Tutto appare come sospeso nel tempo, avvolto da un’atmosfera fiabesca.
Ho viaggiato più volte in Russia; da ragazzo, quando rischiai di essere linciato da un fidanzato geloso; da uomo adulto, quando sventai una truffa che mi sarebbe costata diverse migliaia di rubli e molte altre volte. Mi mancava la Transiberiana. È noto che questo percorso ferroviario copra distanze enormi, ben novemila trecento chilometri, attraversando l’Europa orientale, buona parte dell’Asia settentrionale e otto fusi orari. Collega la capitale Mosca con alcune delle più importanti zone industriali del Paese, fino a Vladivostok.
Presi il treno nella stazione di Komsomol’skaja, una delle stazioni più opulente del mondo. Dipinta a fondo giallo chiaro, è in stile barocco, sostenuta da sessantotto colonne di marmo bianco. Sul soffitto sono presenti mosaici e stucchi a motivi floreali e ci si immerge in una dimensione differente dal contesto cui siamo abituati.
Da lì si diramano tre vie ferroviarie: la Leningradskij, Kazanskij e Kievsky. Nei loro nomi è suggerita la destinazione. I treni sono di varie tipologie: quelli più lussuosi, veloci e turistici
che hanno un costo elevato con biglietti di oltre cinquemila euro a corsa. Non mi interessano, in tutta onestà. I treni standard sono la scelta più opportuna per vivere il viaggio come autentica scoperta del posto. Sono treni che, se si volesse fare un paragone con i nostri italiani, si potrebbero definire regionali
. Non sono lussuosi, ancora oggi i sedili sono in legno e camminano lenti, ma è proprio lì che si trova il popolo. Sia la vecchina o il padre di famiglia, non avendo mezzi economici ingenti, possono stringere amicizia, regalandoti l’essenza più intima del posto.
Parlo bene il russo, lo studiai a Roma da ragazzo. Prendevo il treno da Riccione fino alla stazione Termini, da lì andavo a Piazza della Repubblica, una volta Piazza Esedra, presso l’istituto culturale Italia-URSS.
La dimestichezza con le lingue straniere mi è stata utile più volte, anche per entrare in maggiore sintonia con i popoli con cui mi trovo a rapportarmi e in virtù di ciò, ho avuto modo di comprendere più nel profondo la cultura russa e di vederne le somiglianze con quella italiana. Siamo entrambi popoli che hanno vissuto il dover arrangiarsi
, che hanno raggiunto grandi traguardi artistici e culturali. È tanto acclamata l’Opera lirica italiana e altrettanto il Balletto russo; i grandi scrittori russi come Tolstoj e Dostoevskij sono letti e apprezzati in Italia, altresì i poeti immortali della nostra Italia suscitano ammirazione tra i russi. Alla costruzione di San Pietroburgo hanno contribuito molti architetti italiani, come Bartolomeo Rastelli, a servizio di Sua Maestà imperiale Caterina I. Fu artefice della spettacolare residenza di Carskoe Selo, dove si fonde il gusto italiano col virtuosismo rococò e l’architettura ortodossa russa, conferendo al Palazzo quel felice connubio di stili da stuzzicare la fantasia del visitatore e di farlo tornare grazie all’immaginazione all’epoca dei grandi Zar di tutte le Russie.
In Russia gli italiani sono ben visti. Sono curiosi di conoscerci e di apprezzano l’interazione con noi, soprattutto dal punto di vista culturale. Le donne in particolar modo sono avide lettrici. Dotate di grande intelligenza e perspicacia, vogliono conoscere com’è la nostra vita. I russi sono tra i popoli che conta il maggior numero di lettori. Quel che più li affascina di noi, oltre alle rinomate bellezze artistiche, è senz’altro il clima mite del mediterraneo e i colori brillanti della natura dei paesaggi italiani, così va riegati per un Paese piuttosto piccolo se confrontato alla Russia.
In passato il calore mediterraneo richiamò anche la Zarina Aleksandra, moglie di Nicola I Romanov, la quale visse col marito un lungo soggiorno palermitano nel 1845 per avere cura della sua salute cagionevole.
I siciliani furono molto contenti di ospitarli, al punto che tutta la nobiltà dell’isola sperperò fiumi di denaro in banchetti, balli e ricevimenti pur di ospitare personaggi di così alto prestigio nei loro ampi e splendenti saloni. Le ragioni andavano oltre il benessere dell’imperatrice, lo zar era curioso di visitare Pietrarsa, dove il re delle Due Sicilie aveva installato la prima fabbrica di treni sul territorio allora ancora italico
. Così, il nostro Bel Paese e la Grande Madre Russia hanno spesso goduto di felici interscambi culturali e anch’io voglio mettermi in moto per l’ennesimo pellegrinaggio alla ricerca di una conoscenza superiore.
Andai verso il treno, a presidio della carrozza c’era una donna, piuttosto anziana, giunonica e imponente. Una volta vidimato il titolo di viaggio, prendo posto nella carrozza.
Ad ogni scomparto vedo la stessa tipologia di donne, molto simili. Floride, massicce, pesantemente abbigliate. Tutt’attorno al treno prosegue un vivace turbinio di fiocchi di neve: bianco e grigio, sfumature argentate avvolgono il paesaggio urbano di Mosca.
Il treno è uno dei mezzi di trasporto per eccellenza, dona al viaggio quel senso di avventura ed esplorazione particolare. Le rotaie, il fischio di partenza, la condivisione del posto con altri passeggeri, con i loro pensieri, le gioie e i drammi della vita, tutto il mondo è davanti a noi quando percorriamo un tragitto in treno e ben venga se va più lentamente! È grazie alla lentezza che si ha modo di apprezzare di più alcuni aspetti, il non dover correre da una parte all’altra, inseguendo le scadenze e avere la possibilità di assaporare ogni minuto, ogni paesaggio e magari un boccone o due di cibo che il tuo vicino ti offre. Anche i sapori costellano il mio pellegrinare. Chissenefrega se il treno è lento!
Salutai cortesemente la donna a guardia del treno. La gentilezza è il Passaporto più efficace.
«Tutto bene?» le chiedo, in russo.
«Sì, sì, tutto bene» mi risponde, flemmatica, mentre i numerosi scialli di lana le proteggono collo e testa.
«Fa molto freddo»
«Straniero?»
«Sì, italiano»
«Lo parla bene il russo»
«Ho iniziato a studiarlo da ragazzo e non è la prima volte che vengo in Russia»
«Ah sì? Quando è venuto?»
«Tante volte…»
«Ha figli?»
«Sì, lei?».
Parlammo per qualche minuto.
Mi trovavo a portata di mano una decina di dollari, al termine della nostra conversazione, li spesi per ricompensare la cortesia della signora che mi aveva fatto accomodare in cabina. L’arroganza non è mai premiata, quelli che partono e credono che trattando con sufficienza le persone del posto li renda più sicuri e spavaldi sono dei fessi. Ciascuno di noi ha una storia e una dignità, se ascoltata si viene sempre ripagati.
La carrozza iniziò a muoversi, si parte! Guardo fuori dal finestrino e i palazzi scorrono via alla mia vista, la neve si infittisce e più tardi inizio a vedere quel panorama russo che ti esalta, quella sconfinata radura candida dove ogni tanto fa capolino una piccola casetta di legno, quell’immensità della terra che fa sentire l’uomo parte di un qualcosa di grandioso. Qui si cela la vera ricchezza, non nella carrozza da cinquemila euro.
Entrò un giovanotto dall’aria corrucciata.
«Tutto bene?» decido di attaccar bottone anche con lui.
Il ragazzo mi confidò di aver avuto delle discussioni piuttosto pesanti con dei suoi conoscenti.
«Rallegrati! Io da ragazzo, molto più giovane di te, ho rischiato il linciaggio qui da voi»
«Cioè?»
«Mi trovavo al teatro Bolshoi, e ricordo che mi avevano dato un piccolo binocolo d’avorio, quelli che si usano per vedere meglio il palco. Mi avevano assegnato un posto che non mi piaceva un granché, così mi guardo attorno e vedendo che non c’era nessuno a controllare, mi alzo dal mio posto con nonchalance, affretto il passo ed entro in corridoio. Salgo le scale e, senza farmi, accorgere vado a sedermi in un posto su uno dei palchi».
Il mio interlocutore risponde con un mezzo sorriso.
«Pensa che, quando sono uscito, volevo portare con me questo binocolo, era un oggettino carino e non mi dispiaceva tenerlo come ricordo, ma all’uscita mi chiedono: Il binocolo, signore?
. Rispondo, imbarazzato, di averlo dimenticato al mio posto, anche se non era vero niente, l’avevo in tasca con me. Comunque, torno indietro e poi glielo riconsegno. Senza grandi mezzi di sorveglianza erano ben organizzati e, alla bisogna, occorre sapersi arrangiare ogni tanto»
«È vero, hai ragione» commentò il ragazzo, divertito dal mio racconto.
«Sì, ma aspetta! Non è mica finita qua! C’era una bella ragazza a teatro, non era di Mosca e alloggiava presso una famiglia per risparmiare. Sai, eravamo ragazzi e anch’io non passavo inosservato. Ci piacemmo, ma lei mi disse di essere già fidanzata. Le risposi di non essere uno geloso e, nonostante si raccomandasse di fare attenzione, ci siamo incamminati verso il suo alloggio assieme»
«Ah sì?! E com’è andata?»
«Arriviamo sotto casa sua, lei mi dice che l’appartamento si trova al terzo piano e il bagno è comune. Così le dico di accendere e spegnere la luce della toilette un paio di volte, in modo da sapere che tutti siano addormentati. Io non perdevo un attimo di vista la finestra, sapevo che sarebbe bastato un istante per mancare il segnale e certo erano tempi ancora molto lontani dall’avvento del cellulare. Era una notte simile a questa, fredda e nevosa, i fiocchi si depositavano sul mio viso e mi annebbiavano la vista, ma sappiamo com’è la gioventù… ti lascio immaginare. Quando vedo alla finestrella i due lampeggi, salgo al terzo piano senza esitare»
«Hai avuto un bel coraggio!»
«Eh sì, e me ne è servito molto di più dopo! Entrai nella casa in punta di piedi per non svegliare nessuno, guidato da lei. Era buio e dovevo muovermi a tentoni. Sembrava che tutto fosse filato liscio, mi metto nel letto con lei e, neanche a farlo apposta, la chiama il fidanzato! Prova a rassicurarlo che è tutto normale, che non se la sente di vederlo perché è indisposta
. Tuttavia, lui, proprio a seguito di tre giorni di queste scuse, l’aveva pedinata. «Vengo su e vi ammazzo tutti e due!», gridava dalla strada dov’era la cabina telefonica. Corse di sopra, mentre io mi chiusi in bagno.
Cercava di giustificare l’accaduto facendomi passare per uno della famiglia venuto in visita, insistendo che fosse tutto un malinteso, ma non si convinse. Irruppe nell’appartamento e allora ho dovuto affrontarlo. La gente si era svegliata e lo guardavano attoniti, sperai di venire difeso, pur cosciente di non farci una bella figura, ma confidavo di non essere abbandonato alla sua furia. Il fidanzato venne infatti trattenuto dagli abitanti della casa, dimenandosi come un pazzo nel tentativo di raggiungere la porta del bagno dove mi ero chiuso. Sgattaiolai dal bagno alla stanza da letto, ancora chiusa, ma quello riuscì ad aprirla con un calcio. In un primo istante credei di doverlo affrontare ma il caos fu tale che chiamarono la polizia pur di mettere fine a quel delirio. Approfittando della grande confusione, volai giù per le scale, conscio che lui non mi vedesse. Corsi a perdifiato, le scarpe affondavano nella neve, rischiavo ad ogni passo di sbattere contro qualcuno o qualcosa, poiché la sola fonte di luce era il fioco bagliore giallastro dei lampioni intorno alla fitta nevicata nella notte moscovita. Me lo sentivo alle calcagna, ma anche girandomi vedevo e non vedevo. Di tanto in tanto, qualche sparuta macchina passava lentamente, me ne accorgevo dai fari. Quando vidi un taxi, ci saltai dentro e gli dissi di portarmi il più distante