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Dio si è suicidato che era quasi mezzogiorno
Dio si è suicidato che era quasi mezzogiorno
Dio si è suicidato che era quasi mezzogiorno
E-book173 pagine2 ore

Dio si è suicidato che era quasi mezzogiorno

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Info su questo ebook

Siamo frammenti di un Dio, che all’inizio

dei tempi si distrusse, avido di non essere.

La storia universale è l’oscura agonia di

quei frammenti.

Philipp Mainlander ------

Dio esiste? Oppure no? Qual è la verità? Entrambe. E’ esistito. Ora non più. Dunque, come diceva quello, Dio è morto? Peggio. Si è ucciso. Si è distrutto per brama d’essere l’unica cosa che non era mai stato. Dio si è ucciso, avido di non essere. Da allora, Dio non è più.

E noi? Noi siamo. Da quel momento, siamo.

Frammenti impazziti dall’energia infinita e dal controllo “quasi” nullo. E’ in quel “quasi” che viviamo ogni giorno.

E’ a quel “quasi” che ci attacchiamo per continuare a credere, che ci rivolgiamo chiedendo aiuto, che gridiamo il nostro incompreso dolore, che chiediamo invano risposta ai nostri perché.

Siamo stati ad un passo dall’essere come quel Dio, eterni, luminosi e radiosi di energia. Onnipotenti.

Era il mezzogiorno. Quasi. Quel “quasi” nel quale uomini e donne cercano ad ogni istante la forza per non lasciarsi cadere, per non cedere all’agonia, salvati a volte dall’ironia, altre dalla capacità di accettarsi imperfetti e dal coraggio di chiedere aiuto.

Tutti terrorizzati dal non essere ma da esso, come quel Dio, così fatalmente attratti. Nell’attesa un giorno, di avere tutte le risposte o quantomeno, di non avere più domande. Questo, esiste.

LinguaItaliano
Data di uscita30 ago 2014
ISBN9786050319248
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    Anteprima del libro

    Dio si è suicidato che era quasi mezzogiorno - Fabrizio Brigatti

    visto.

    Tanto … mai nessuno lo leggerà!

    Non sarà un caso che praticamente in ogni cultura al mondo il colore rosso sia utilizzato nella segnaletica per rappresentare una situazione di pericolo.

    È una convenzione ormai. D’accordo. Ma com’è nata? E perché?

    Certo, rosso è il sangue, rosso è il fuoco. Cose che fanno paura. Paura primordiale.

    Ma rosso è anche il sole, rossi sono alcuni tra i fiori più belli. E col rosso sono da sempre rappresentati il cuore, la passione. L’amore.

    E allora?

    Forse perché il colore rosso è quello più facilmente percepibile dall'occhio umano (questione di luce spettrografica, ho letto da qualche parte), o forse perché è quello che stimola maggiormente il sistema nervoso centrale provocando un aumento dell'adrenalina nel sangue, dandoci così quella sensazione psicosomatica di eccitazione, ansia, allarme.

    Guidare nel traffico milanese al mattino è un’esperienza trascendente.

    Ti può capitare di restare intrappolato… in pensieri e ragionamenti che arrivano dal nulla e nel nulla vanno a finire. A volte vivono il tempo di un verde a un semaforo, altre volte spariscono svaporando al suono di un clacson. Nella migliore delle ipotesi ti restano attaccati addosso per una mezzora. Raramente sopravvivono fino all’incrocio successivo, dove comunque finiscono soffocati dall’intrusione di tutti quei disperati che ormai in questa città multietnica ti attendono, puntuali, testardi, stoici, ogni mattina.

    Non mi ero mai chiesto, fino ad oggi, chi fossero, da quale paese venissero o quale fosse la loro storia. Ma loro sono lì. Tutti i giorni.

    Al mattino neanche ci accorgiamo di loro, siamo tutti un po’ assonnati, infreddoliti, preoccupati già per la giornata che ci aspetta e il massimo che diamo loro è uno sguardo, spesso di compatimento e a volte d’odio.

    Siamo irritabili e la maggior parte di noi nemmeno volta la testa nella loro direzione e mai nessuno legge quei cartoncini che ci sbattono sul finestrino e sui quali è riassunta la loro piccola tragedia personale, che poi è quella più grande del loro popolo. Quell’immensa tragedia dei reietti di tutto il mondo civile.

    Ce n’è uno in particolare con il quale ormai mi sono illuso di avere una specie di rapporto privilegiato. È piazzato ad un semaforo che ogni mattina trovo immancabilmente rosso (ho iniziato a sospettare che sia lui a controllarlo) e forse per questo, la nostra conoscenza è così profonda. Una conoscenza fatta solo di brevi gesti e sguardi eloquenti, visto che mai ho avuto la forza di abbassare il finestrino per parlargli.

    Ma un rapporto del quale entrambi conosciamo le basi, i motivi ed anche i futuri sviluppi.

    Ogni volta mi guarda con i suoi occhi svegli ed indica il cartello che spiega la sua vita con quel suo dito guantato ed io guardandolo dritto in quegli occhi gli faccio segno di no, con il mio. Lui allora risponde sempre con un lieve piegamento del capo ed un’alzata di spalle quasi impercettibile e mi sorride. Credo significhi che è convinto che prima o poi qualcosa da me arriverà.

    Da qualche giorno, infatti, sono arrivato, non so in virtù di quale sentimento, a promettergli (sempre a gesti!!) che la volta successiva forse…

    Oggi, quella promessa l’ho finalmente mantenuta. Ho eliminato quel vetro che ci aveva sempre divisi e gli ho allungato una moneta che non gli cambierà certo la vita, ma d'altronde, neanche a me.

    Lui mi ha risposto con il solito sorriso, ma di pochi millimetri più largo. C’è un alone di prodigio nell’accorgersi di come la differenza tra frustrazione e gioia possa nascondersi in una misura così piccola.

    Ho parcheggiato l’auto poco più avanti e sono sceso, quando ho sentito alle mie spalle, direttamente dal film L’Impero colpisce ancora, la voce inconfondibile di Yoda sussurrarmi: Glieli ha dati eh? Lo ha fatto anche lei?.

    Ho pensato: Yoda?!?.

    Voltandomi ho incrociato lo sguardo di un vecchietto rugoso con le orecchie a punta, un bastone ed una mantella da pioggia che evidentemente aveva assistito alla scena.

    Che dice, mi scusi?, ho risposto tra il sorpreso e il seccato.

    Dicevo, glieli ha dati anche lei i soldi eh?.

    Sì, un euro, perché?.

    Ah, un euro. E magari nemmeno lei ha letto quel cartello, eh?, ha aggiunto sorridendo l’anziano guerriero Jedi.

    Cartello? Quale cartello?, e poi dopo una breve pausa che mi è servita per capire, Ah, il cartello, quello della sua vita, tipo ho moglie e figli, non ho un lavoro, aiutatemi… quel, cartello?

    Sì, mio caro, quello lì. Scommetto che come tutti non l’ha mai letto.

    No, lo ammetto, non l’ho mai letto. Ma si sa quello che ci scrivono no?

    Sì, forse tutti gli altri ma… non lui, non questo.

    In che senso mi scusi? Lei l’ha letto? Me lo dica lei quello che c’è scritto!, ed ho concluso la frase con tono incalzante.

    Domani, quando ripasserà di là, lo legga, gli regali anche la sua attenzione oltre ai soldi.

    Va bene, ok, domani lo leggo ma mi dica cosa c’è scritto, se lo sa! ho aggiunto ormai incazzato con il piccoletto scampato alla Guerra Civile Galattica.

    Lo scopra da solo, sarà più divertente glielo assicuro ha concluso sereno Yoda.

    Mi ha sorriso ancora e poi se n’è andato, proprio verso il semaforo con andatura lenta e caracollante che solo un Gran Maestro Jedi può permettersi in una città come questa.

    Sono rimasto fermo, sospeso in una bolla d’indecisione di circa dieci secondi, come accade a chi ha già deciso che farà una cosa che di solito non farebbe e per questo sta cercando di giustificarne a se stesso il perché.

    A volte per compiere certe azioni, certi strappi alla normalità, il consenso più difficile da ottenere non è quello degli altri, ma il nostro.

    Poi, convinto anche me stesso a farlo, sono tornato indietro a piedi per un centinaio di metri.

    Sono giunto al semaforo, dove il mio amico però non c’era. Ho pensato stesse già spendendo il mio denaro magari per bere qualcosa di caldo.

    Stavo per andarmene quando ho visto, abbandonato per terra sul marciapiede, il cartello, il famoso cartello. L’ho raccolto e l’ho letto.

    Ahahahahahah!, ho riso divertito, come mi aveva assicurato il vecchio Yoda.

    Geniale… davvero geniale!, ho aggiunto a voce alta…

    …e poi…

    …poi ho cominciato a pensare al lato oscuro della forza.

    ​Come fare un sacco di soldi senza lavorare approfittando dell’ingenuità della gente

    La verità? Non ho mai sopportato quelli con la fissazione del lavoro.

    Sì, quelli che ti dicono: Ah no, io senza lavorare non resisterei. Per me il lavoro è importante in sé.

    E quando tu gli dici che, certo lavorare è importante, anzi necessario, sennò come ci mantieni la famiglia, ti rispondono, con quel senso di superiorità che cercano fintamente di nascondere goffamente proprio perché tu te ne accorga: No, scusa, non ci siamo capiti, io continuerei comunque a lavorare anche se non fosse necessario per vivere, perché non sono il tipo capace di stare tutto il giorno a casa senza fare niente.

    Capito? Dicono non ci siamo capiti. E hanno creato apposta il fraintendimento per poter poi evidenziare la distanza morale tra voi e loro.

    Ora, a parte il fatto che chi l’ha detto che uno, solo perché non lavora, debba starsene a casa tutto il tempo a non fare niente? Trovati un passatempo, impegnati in qualcos’altro. Segui una tua passione, se ce l’hai. Che so, viaggia, leggi. Diventa un cazzo di pittore. Fai anche del volontariato se credi, dico al limite eh!

    Io ad esempio se potessi passerei intere giornate al mercato, a fare la spesa. Perderei ore intere a discutere con le vecchine sul prezzo delle zucchine che è salito ancora e diventerei il più grande esperto nella scelta dei meloni.

    Guarda, arrivo a dirti che magari potrei anche lavorare, per un po’, senza impegno. Ma è l’obbligo che non accetto. Mi va di lavorare? Ok, lo faccio. Non mi va più? Da domani me ne sto a casa la mattina a rigirarmi nel letto e a pensare a tutti quegli stronzi imbottigliati nel traffico.

    Chiaro? Ecco, loro no. Loro, lavorerebbero, comunque.

    E ti fanno capire, senza dirtelo per non sembrare presuntuosi, che se tu non la pensi come loro a proposito dell’importanza del lavoro (in sé, sia chiaro), sei in qualche modo eticamente inferiore.

    Comunque, a proposito di questo, un giorno mi è capitato di vedere un libro, in una cazzo di libreria esoterica posta sottoterra, in una fermata della metropolitana.

    Mi colpì subito il titolo: Come fare un sacco di soldi senza lavorare approfittando dell’ingenuità della gente.

    Ecco, magari approfittare dell’ingenuità della gente qualcosa di eticamente sbagliato ce lo può anche avere, o almeno possiamo discuterne, ma fare un sacco di soldi senza lavorare, beh. La verità? Il sogno di tutta una vita.

    Ecco perché quel giorno, pur avendo la certezza di trovarmi davanti ad una specie di scherzo, di libro ironico, di una burla, non ho resistito alla curiosità.

    Certo, perché diciamocelo, anche ammesso che esista un modo per fare un sacco di soldi senza lavorare, pensate che chi ne fosse a conoscenza se lo spenderebbe così, scrivendolo in un libro? E anche se fosse, se lo scrivesse in un libro, questo andrebbe a finire poi in vendita a 7 euro e 99 in una cazzo di libreria esoterica posta sottoterra in una fermata della metropolitana? No, certo che no.

    Però è anche vero che in molti davanti ad una scommessa del genere finiscono per cedere. Davanti ad una scelta tra un’infinitesima possibilità che il libro sia serio ed un’altissima quasi certezza che il libro serio non lo sia, in molti, essendo sufficiente prenderlo in mano e sfogliarlo per scoprirlo, lo farebbero. Anche mettendo in sordina per un minuto intelligenza e autostima.

    E infatti cedetti anch’io. Ora, il problema che mi si presentava era un altro. Il libro in questione era proprio vicino alla cassa, sotto gli occhi del libraio. Ergo non lo puoi prendere in mano e sfogliarlo senza che lui ti veda.

    Ammetto che io ci tengo, forse troppo, a quello che possono pensare di me i librai da cui mi rifornisco. Soprattutto se si tratta di un libraio di una cazzo di libreria esoterica posta sottoterra in una fermata della metropolitana.

    E già immaginavo quello che avrebbe potuto pensare il barbuto hippie sulla sessantina che avevo davanti: Cazzo, certo che la gente è proprio imbecille a volte eh! Guarda questo, entra per cercare qualcosa di sofisticato, magari un trattato di psicoterapia o di psicanalisi e interpretazione dei sogni e poi guardalo lì… finisce a sfogliare un cazzo di libro burla su come fare un sacco di soldi senza lavorare approfittando dell’ingenuità della gente. Poveraccio.

    Ecco, un’umiliazione del genere anche solo immaginarla mi fa rabbrividire.

    Comunque sono lì che cerco di capire come fare quando mi viene in soccorso una vecchietta che entra in quel momento e chiede al figlio dei fiori di aiutarla a cercare un libro sulla cromoterapia che, dice: Non ricordo più dove ho visto l’ultima volta che sono stata qui.

    Il libraio si muove con circospezione, ragionando e voltando la testa lentamente a destra e a sinistra ad ogni passo, come se fosse a conoscenza di qualche pericolo in agguato in mezzo a quella foresta di scaffali altissimi e di vecchi libri polverosi.

    C’è una tensione da giungla amazzonica. Mi spiego?

    Prosegue seguito dalla vecchia in quella che potrebbe sembrare una specie di… di goffa spedizione archeologica alla ricerca dei segreti celati nella tomba di Ramsete II riaperta dopo quasi cinquemila anni.

    Sì, la tensione più che amazzonica è egizia.

    Sento che sono alla ricerca di qualcosa che può intitolarsi: Enneagramma. Conosci te stesso e scopri gli altri o qualcosa di simile, ed io approfittando di quell’improvvisata missione cromo terapica con gesto veloce prendo in mano il libro e lo sfoglio.

    E quindi? Volete sapere cosa c’era scritto, eh? Allora anche voi siete come me, dei poveracci? Ne ero certo.

    Comunque, come immaginato il libro si rivela una bufala.

    Già, perché è composto da un centinaio

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