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Caldo ricordo: Harmony Collezione
Caldo ricordo: Harmony Collezione
Caldo ricordo: Harmony Collezione
E-book157 pagine3 ore

Caldo ricordo: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Il ricordo delle sue carezze è ancora vivo sulla pelle...
In attesa del colloquio per il nuovo lavoro, Magenta James ha la sensazione che, finalmente, potrà rimettere la propria vita sul binario giusto, lasciandosi alle spalle la propria amnesia e tutto ciò che ha comportato per lei. Questo fino all'istante in cui non vede i familiari occhi azzurri di Andreas Visconti dietro la scrivania...
Di lui ricorda solo che è il padre di suo figlio, e quando non ottiene il posto capisce che tra loro non dev'essere finita bene. Poi lui, però, le offre un nuovo incarico...
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2020
ISBN9788830522343
Caldo ricordo: Harmony Collezione
Autore

Elizabeth Power

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    Anteprima del libro

    Caldo ricordo - Elizabeth Power

    Copertina. «Caldo ricordo» di Power Elizabeth

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Visconti’s Forgotten Heir

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2013 Elizabeth Power

    Traduzione di Maria Elena Vaccarini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-234-3

    Frontespizio. «Caldo ricordo» di Power Elizabeth

    1

    Non appena posò gli occhi sull’uomo dalle ampie spalle che era appena entrato dalla porta del bar affollato, Magenta capì che era il padre di suo figlio.

    Non lo sospettò, né si pose domande, e non lo sperò nemmeno. Lo capì semplicemente.

    Lo stelo del bicchiere che stava asciugando si spezzò per la tensione delle dita, e quando si portò una mano alla fronte, sentì la voce di Thomas, il suo collega, che domandava: «Ti senti bene?».

    Il giovane laureato dai capelli lunghi che, come lei, lavorava part-time dietro il bancone del bar in attesa di trovare qualcosa di meglio la guardava corrucciato.

    Lei scosse la testa. Non in risposta, ma nel tentativo di dare un senso al miscuglio di lontani ricordi che le affollavano la mente.

    Collera. Ostilità. Passione. Soprattutto un’intensa passione...

    Qualcuno le parlò, cercando di darle un’ordinazione, e lei alzò la testa, con gli occhi castani intontiti e il bel volto pallido e i lucenti capelli scuri raccolti.

    «Ti dispiace servire il mio cliente?» domandò con voce roca al collega e, gettando dietro il banco i due pezzi del bicchiere e l’asciugamano, si diresse rapidamente verso la toilette delle signore.

    Aggrappandosi al bordo del lavabo, inspirò profondamente e cercò di ritrovare la calma.

    Andreas Visconti. Naturalmente. Come aveva mai potuto lasciare che qualcuno la inducesse a credere che il padre di suo figlio potesse essere qualcun altro quando in cuor suo sapeva di non essere il tipo di donna che andava a letto con chiunque, nemmeno durante quei mesi perduti e irrecuperabili della sua vita?

    In preda a un’ondata di nausea, rimase dov’era, in attesa che passasse, cercando di mettere ordine nel groviglio d’immagini e di pensieri frammentari che le passavano per la mente.

    I dottori le avevano detto di non cercare di forzare le cose, e col passare del tempo avevano aggiunto che i ricordi che aveva perso difficilmente sarebbero tornati. Invece tornavano. Anche se apparivano come le sagome distorte di un puzzle che lei avrebbe dovuto rimettere insieme. In ogni caso, pensò, sentendo aprire la porta esterna e un membro del personale chiamarla con insistenza, ora sarebbe dovuta tornare là fuori e affrontare la situazione. Anche se non conosceva, o non le piaceva, quello a cui sarebbe andata incontro.

    Mentre le numerose persone davanti a lui venivano servite poco alla volta e finalmente un giovanotto allampanato prendeva la sua ordinazione, il primo pensiero di Andreas Visconti fu che fosse tutto frutto dell’immaginazione quando il suo sguardo si spostò sulla giovane donna che riempiva i bicchieri dietro il banco.

    Era snella, bellissima e assolutamente fotogenica, con quegli splendidi capelli raccolti che esaltavano gli zigomi alti, gli straordinari occhi scuri e la bocca carnosa, il collo lungo ed elegante. Quella visione l’affascinava. Come se vedesse un fantasma. O avesse un’allucinazione. Entrambe le cose erano improbabili per un cinico inveterato come lui, pensò con sarcasmo.

    Poi qualcuno la chiamò per nome e si rese conto che non aveva immaginato le cose. Era veramente lei. Magenta James. La ragazza per la quale una volta aveva quasi sacrificato il proprio cuore... e la propria vita.

    Guardava oltre la spalla, ascoltando qualcosa che un uomo molto più anziano, probabilmente il proprietario del locale, le stava dicendo. E un crudele ricordo fece serrare le labbra di Andreas nel sentire la sua risata tesa e forzata.

    L’ultima volta che aveva udito quel suono era stato quando lei aveva schernito la sua mancanza di prospettive, accusandolo di cercare di ostacolare la brillante carriera che lei cercava di seguire. E adesso era l’Illustre signorina James che versava da bere in un bar del West Country! Si sarebbe divertito nei prossimi minuti, decise convinto.

    Abbandonando il posto che si era conquistato a fatica, lasciò che la curiosità lo spingesse a farsi strada attraverso un mare di festaioli del venerdì sera che lo lasciarono passare, visto che si faceva largo a spallate verso la parte del bar affollato dove lei lavorava.

    «Ciao, Magenta.»

    Il corpo di Magenta s’irrigidì sotto il semplice abito nero. L’unica concessione al colore era la sciarpa rossa e nera che portava al collo.

    Era inevitabile che lui la notasse, pensò con il cuore che batteva all’impazzata. Che le parlasse. Tuttavia era impreparata all’effetto che le avrebbe fatto sentire quella voce dolce e profonda, o all’impatto della sua virilità quando si voltò dopo avere rimesso una bottiglia su una mensola.

    «Andreas...» Non riuscì quasi a trovare la voce guardandolo negli occhi risoluti. Occhi color zaffiro che aveva ereditato dalla madre inglese. Come l’aveva ricordato facilmente! pensò, sorpresa, quando la sua mente faticava a ricordare qualunque altra cosa. Ma c’era una luce gelida in quello sguardo e, sebbene non riuscisse a ricordare esattamente che cosa fosse successo fra loro, Magenta era certa che dovevano essersi lasciati in cattivi rapporti. Pessimi rapporti.

    «Che sorpresa!» esclamò con sarcasmo lui. «Per entrambi, immagino.»

    Ora Magenta riconobbe un’inflessione nella sua voce profonda che in qualche modo sapeva che non aveva avuto sei anni addietro, e con un altro sforzo della memoria ricordò che quella carnagione abbronzata era dovuta sia al fatto di vivere gran parte dell’anno negli Stati Uniti sia alle sue origini anglo-italiane.

    I capelli ben pettinati erano di un nero lucente, ma appariva più grande, robusto e severo del giovanotto che affiorava dai suoi ricordi. Quell’uomo era più duro e più energico, e la sua maturità si rifletteva nelle spalle ampie e nell’aria autorevole che diceva che era vissuto parecchio, mentre la mascella ombreggiata di scuro e i capelli che si arricciavano sopra il colletto aperto della camicia ne esaltavano la virilità.

    «Devo ammettere» continuò Andreas, ignaro del tumulto interiore di Magenta, «che non è il genere di luogo in cui mi sarei aspettato di trovarti.»

    Il velato cinismo le impedì di spiegargli che quel lavoro due sere la settimana era solo uno dei mezzi con cui guadagnava abbastanza da vivere. Che di giorno aveva un lavoro come dattilografa e che presto avrebbe avuto un impiego migliore se la settimana seguente avesse ottenuto il posto a cui si era candidata e su cui puntava tutte le sue ultime speranze.

    Il bisogno di recuperare quei mesi perduti della sua vita era più impellente della necessità di preservare l’amor proprio e così, superando la paura della risposta che avrebbe potuto ricevere, Magenta s’azzardò a chiedere: «D... dove ti aspettavi di trovarmi esattamente?»

    Andreas storse la bocca in una smorfia di crescente cinismo. «È forse una battuta?»

    La durezza del suo sguardo diede a Magenta la sensazione di essere stata toccata dal gelido acciaio. Ma, qualunque cosa Andreas si fosse aspettato da lei, di sicuro non sapeva che aveva perso la memoria, no?

    Magenta avrebbe voluto spiegarglielo, ma lui sembrava così ostile. Tuttavia, stava cercando di dare un senso al fuoco che le ardeva nelle vene dall’istante in cui l’aveva visto entrare nel bar.

    Nemmeno la solida barriera del banco che li divideva riusciva a proteggerla dalle immagini che affioravano dai suoi ricordi. Immagini di quell’uomo che la baciava. Che la spogliava. Della sua voce profonda che le sussurrava parole sensuali che le facevano perdere la testa per lui. Del modo in cui venerava il suo corpo e le dava piacere...

    Forse la sua mente aveva dimenticato, ma non il suo corpo, e quella consapevolezza la colpì con spaventosa chiarezza. Ma non riusciva a ricordare i particolari dell’aspro conflitto che evidentemente esisteva fra loro.

    «Non mi ricordo di te» proferì quasi involontariamente, e sobbalzò quando quelle semplici parole suscitarono l’aspra risata dell’uomo.

    «Intendi dire che non vuoi ricordare» la corresse lui con un sorriso privo di umorismo.

    Intendo dire che non ricordo. Non ricordo che cos’è successo.

    Magenta si portò la mano alla fronte, cercando di placare quei frammenti di ricordi che emergevano caoticamente dalla parte del suo cervello che rimaneva assopita.

    «Eri più giovane.» Magenta abbassò lentamente la mano. «Più magro.» E sicuramente possedeva almeno un poco del dinamismo dell’uomo che le stava di fronte ora.

    «È assai probabile, poiché avevo solo ventitré anni.»

    E lavoravi come uno schiavo nel ristorante di tuo padre.

    E questo da dove veniva? si chiese Magenta quando un altro ricordo la colpì, facendole portare di nuovo la mano alla fronte.

    «Ti senti bene?»

    Fra il ronzio della conversazione lei colse una traccia di preoccupazione nella profonda voce maschile.

    «Rivedermi è stato troppo per te? Sembri un po’ pallida.»

    «Be’, chiunque lo sarebbe paragonato a te» ribatté seccamente Magenta, rendendosi conto che lui non capiva ancora o non le credeva. «Sembri disgustosamente sano.»

    «Sì, be’...» La bocca dura di Andreas assunse una piega che all’improvviso le fu familiare, pigra e sensuale in modo conturbante. «La vita è stata buona.»

    Sembrava che avesse bisogno di farglielo sapere, concluse Magenta, cercando disperatamente di ricordare che cosa fosse successo per portarli da essere amanti a quell’ostilità. Ma proprio in quel momento il suo sguardo notò i due bicchieri che Thomas le aveva messo davanti sul banco.

    Uno scotch e soda per Andreas e un succo d’arancia per...

    Cercando di non apparire troppo evidente, Magenta controllò rapidamente lo spazio alle spalle di Andreas, notando la sua espressione beffarda prima di riuscire a stabilire chi avesse portato con sé. «Vieni qui spesso?» gli chiese frettolosamente.

    Come aveva potuto fargli una domanda così banale? pensò con un senso di vergogna.

    «Mai.» Andreas stava già cercando il portafoglio nella tasca dei pantaloni grigi dal taglio elegante mentre Thomas stappava la bottiglietta di succo d’arancia.

    «Allora che cosa ti porta qui stasera?» Magenta deglutì, chiedendosi perché perdeva tempo in sciocchezze quando la sola cosa che voleva era afferrarlo per la camicia bianca e chiedergli di spiegarle che cos’era successo fra loro. Solo che aveva molta paura di scoprirlo.

    Lei distolse lo sguardo dal bicchiere che veniva riempito e lo guardò negli occhi. Un brivido di consapevolezza la percorse quando notò che Andreas stava osservando con apprezzamento il suo corpo snello con un sorriso deliberato sulle labbra.

    «Chi lo sa?» mormorò Andreas. «Il destino?»

    Per un attimo, dal modo in cui la guardava e dal tono leggermente roco della sua bellissima voce, Magenta ebbe la sensazione che gli anni fossero volati via e lei fosse di nuovo una diciannovenne. Uno spirito libero. Ebbra di speranze.

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