Il cosiddetto Senatus Consultum de Bacchanalibus: la Lingua
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Recensioni su Il cosiddetto Senatus Consultum de Bacchanalibus
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Anteprima del libro
Il cosiddetto Senatus Consultum de Bacchanalibus - Basilio Perri
IL COSIDDETTO SENATUS CONSULTUM DE BACCHANALIBUS
LA LINGUA
BASILIO PERRI
EDIZIONI SIMPLE
Via Weiden, 27
62100, Macerata
info@edizionisimple.it / www.edizionisimple.it
ISBN edizione digitale: 978-88-6259-885-9
ISBN edizione cartacea: 978-88-6259-826-2
Stampato da: WWW.STAMPALIBRI.IT - Book on Demand
Via Weiden, 27 - 62100 Macerata
Tutti i diritti sui testi presentati sono e restano dell’autore.
Ogni riproduzione anche anche parziale non preventivamente autorizzata costituisce violazione del diritto d’autore.
Copyright © Basilio Perri
Primo edizione cartacea febbraio 2013
Seconda edizione cartacea settembre 2013
Prima edizione digitale settembre 2013
Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo riservati per tutti i paesi
INTRODUZIONE
Nel 1640 a Tiriolo (pr. Catanzaro), durante gli scavi di fondazione del palazzo del principe Giovan Battista Cigala, (in mezzo ad antiche rovine: fusti di colonne intere e rotte, basi, fregi, architravi) fu trovata una tavola di bronzo, che una volta era stata affissa alla parete di qualche edificio importante con chiodi. Le poche notizie che conosciamo sul luogo e sulle condizioni del suo ritrovamento ci sono state trasmesse da Mommsen (1).
Essa, a una prima analisi, sembrava contenere il testo originale del Senatus Consultum (2) de Bacchanalibus, con il quale nel 186 av. C. alle idi di ottobre il senato romano avrebbe decretato la eliminazione sia a Roma che in Italia dei luoghi di culto di Bacco non autorizzati, la regolamentazione della partecipazione alle cerimonie autorizzate, della gerarchia e della struttura organizzativa degli adepti di Bacco (3). Tale ipotesi fu accettata per un lungo periodo anche da autorevoli studiosi (4). Ma già il Mommsen (5) la mette in dubbio e dà al documento il titolo più appropriato di Epistula consulum ad Teuranos de Bacchanalibus.
Oggi prevale la certezza che si tratti della copia di un edictum, in forma di lettera circolare, che i consoli del 186 formularono sulla base del consultum del senato alle none di ottobre. Questo è perfettamente chiaro dal preambolo (i primi tre righi) nel quale i consoli evidenziano nei minimi dettagli la procedura seguita. Essi (da notare che sono i loro nomi che spiccano all’inizio del documento), dopo aver concluso la repressione dei seguaci di Bacco (6), resisi conto che bisognava regolamentare per il futuro l’esercizio del culto, alle idi di ottobre del 186 a.C. hanno consultato il senato (consoluerunt) (7). Immediatamente dopo, essi fanno presente che i senatori hanno loro consigliato (censuere) che a quelli che nell’ambito dei Baccanali (de Bacchanalibus) fossero consociati (quei foideratei esent) bisognava promulgare un editto (exdeicendum [8]) con queste disposizioni (lett. ita). Con l’uso del gerundivo sottolineano che i senatori non hanno loro dato un semplice consiglio, ma hanno sollecitato l’editto come qualcosa di estremamente urgente e necessario per il bene dello stato. Nello stesso tempo essi vogliono pure far sapere che le norme che essi promulgano non sono una loro personale iniziativa, ma essi si limitano a recepire esattamente l’autorevole parere del senato.
Di norma, gli editti dei magistrati romani non erano leggi o in genere norme giuridiche (9), ma semplicemente avvisi pubblici obbligatori in cui o erano comunicati ordini concreti (edictum repentinum: norme fatte per una occasione, prout res incidit) o un programma governativo (edictum perpetuum). Essi venivano esposti al pubblico in un luogo bene in vista ("unde de plano recte legi potest" [10]), che fosse accessibile a tutti e si evitassero così anche eventuali modifiche arbitrarie. Il testo era scritto con pennello e vernice su tavole di legno imbiancate con la biacca (11) (tabulae dealbatae), un materiale deperibile destinato a durare solo per il periodo di carica del magistrato che lo emetteva (12).
Quello sui Baccanali però non era il solito editto ma un editto normativo (13), che aveva lo scopo non di eliminare il culto di Bacco ma di regolamentarne l’esercizio per il futuro e renderlo conforme al ius sacrum romanum. Le norme consigliate, infatti, vietavano solo le azioni ritenute degenerative degli adepti, non il culto del dio che, nel rispetto di queste, poteva continuare la sua vita, in pratica esso ottiene una legittimazione (14). Era una vera e propria legge, anche perché stabiliva una sanzione per quelli che disobbedivano (15).
I consoli, su parere del senato, ordinano, tra le altre cose, alle autorità locali competenti dell’ager Teuranus di trascrivere il loro editto sui Baccanali su una tavola di bronzo, che era di norma il materiale usato per la pubblicazione scritta delle leggi. E’ evidente che lo scopo era di far durare la pubblicazione il più a lungo possibile e comunque molto oltre il loro anno di carica. Anche da questo particolare si deduce che le norme non erano ordini contingenti per un problema occasionale, che i consoli dell’anno dopo avrebbero potuto abrogare, ma un complesso organico di vere e proprie disposizioni di legge. Era, però, un complesso di norme legislative approvate in modo irregolare, perché non era stata rispettata la normale procedura di approvazione delle leggi romane.
La competenza di approvare le leggi era, da epoca antica, dei comizi centuriati; in seguito, probabilmente a partire dal quarto secolo a.C., essa fu estesa ai comizi tributi, il cui utilizzo divenne nettamente prevalente nell’età della repubblica classica (16).
Le proposte di legge erano di esclusiva competenza dei magistrati forniti del ius agendi cum populo, cioè dei consoli e dei pretori. Quelle proposte dai primi sono riconoscibili in quanto, di norma, recano due nomi, a differenza dalle altre, che ne portano uno soltanto.
La proposta di legge, o rogatio, veniva presentata dal magistrato rogante al senato, che non aveva il potere di modificarne il testo ma l’approvava o la disapprovava con un senatoconsulto. Dopo l’approvazione del senato la proposta di legge veniva esposta al pubblico. Questa operazione era chiamata promulgatio. La promulgatio era espressione del ius edicendi del magistrato e difatti avveniva nella forma in cui venivano pubblicati tutti gli editti (17).
"Il testo promulgato doveva di norma rimanere esposto al popolo per il trinundinum, o trinum nundinum (anche nella variante più tarda nundinium), vale a dire per il tempo che doveva di norma intercorrere, in ogni caso in cui venissero riuniti i comizi, tra l’annuncio della convocazione e l’effettiva riunione. Il giorno della votazione, prima orale, poi, dal corso del secondo secolo a.C., scritta e segreta, i cittadini nell’assemblea sceglievano se approvare la legge o rigettarla. Si compiva il conto dei voti, diribitio, e, se la legge era stata approvata, se ne dava pubblica lettura (lex deriva da legere): renuntiatio. Era questo l’unico atto che conferiva alla legge la pubblicità, sicché, dopo la lettura del suo testo, la legge poteva entrare immediatamente in vigore, senza vacatio, a meno che essa non prevedesse per se stessa diversamente" (18).
Da quanto detto appare evidente che i senatori in accordo con i consoli si arrogano il diritto di legiferare sui Baccanali, usano la procedura prevista per gli editti dei magistrati per far approvare norme legislative che regolamentavano per il futuro l’esercizio del culto di Bacco. Si tratta chiaramente di un espediente usato per far apparire legittima una procedura che non lo era per niente. Sono i senatori (19) che in pratica preparano il testo delle disposizioni legislative e non, come di norma, i consoli che per di più sono sollecitati ad eseguire i desiderata senatoriali. L’abuso più grave è però il fatto che, con questa procedura, norme legislative diventano esecutive senza l’approvazione nei comizi popolari (centuriati o tributi). Veniva così violato uno dei principi fondamentali della procedura legislativa romana.
Nonostante l’uso di procedure al di fuori delle norme legali