Lo Statuto di Roma Capitale. Principi fondamentali e sua evoluzione nel tempo
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Lo Statuto di Roma Capitale. Principi fondamentali e sua evoluzione nel tempo - Federico Bardanzellu
Federico Bardanzellu
Lo Statuto di Roma Capitale
Principi fondamentali e sua evoluzione nel tempo
Copyright© 2020 Edizioni del Faro
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via dei Casai, 6 – 38123 Trento
www.edizionidelfaro.it
info@edizionidelfaro.it
Prima edizione digitale: aprile 2020
ISBN 978-88-5512-018-0 (Print)
ISBN 978-88-5512-902-2 (ePub)
ISBN 978-88-5512-903-9 (mobi)
In copertina: Janericloebe, Statua equestre di Marco Aurelio, Wikipedia
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Il libro
Il fondamentale principio posto alla base dello Statuto di Roma Capitale è quello secondo cui l’Ente rappresenta la comunità di donne e di uomini che vivono nel suo territorio
e si impegna a tutelare i diritti delle persone così come sanciti dalla Costituzione Italiana. Il riferimento a tali concetti prevale rispetto a quello di residenza o di cittadinanza italiana, in linea con i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Roma riconosce i diritti connessi agli strumenti di partecipazione, oltre che ai cittadini residenti e iscritti alle liste elettorali comunali, anche ai lavoratori e studenti non residenti attivi nel territorio e degli stranieri residenti legittimamente presenti. L’enunciazione di tali principi è emblematica della consapevolezza degli amministratori comunali di definire le norme statutarie non di un comune qualunque ma di una città tre volte Capitale: della Repubblica Italiana, della cristianità e dell’Unione Europea, in quanto sede della firma dei suoi trattati istitutivi. Altrettanto indicativa è la norma dello Statuto che definisce Roma punto d’incontro tra culture, religioni ed etnie diverse
. Tutto ciò dimostra la concezione avanzata e la democraticità dei principi posti alla base dello statuto di Roma Capitale e la condivisione degli stessi da parte della stragrande maggioranza dell’Assemblea Capitolina.
L’autore
Federico Bardanzellu, romano di origine sarda, ricercatore, giornalista pubblicista free lance. Dopo un'esperienza nelle TV private, ha pubblicato articoli di attualità e cultura, sia sulla stampa periodica che sul web. E' autore di quattro saggi: Gli antenati che vennero dal mare
(1991), L'isola di Circe
(2008), La saga dei Bardanzellu. Le alterne vicende di una famiglia sarda
(2011) e Lettere dal dirigibile U5. Una tragedia della Grande Guerra nella corrispondenza di un pioniere del volo
(2014); due guide turistico-gastronomiche: Passeggiate nel Lazio.101 luoghi magici da vedere almeno una volta nella vita
(2012) e Passeggiate mangerecce per Roma. 344 luoghi dove mangiare e godere delle bellezze della capitale, senza spendere troppo
(2017); quattro libri di narrativa: Cronache dell'anno del cane e altre storie
(2010); L'Estate del riflusso. Quando scoprimmo che il mondo non sarebbe cambiato
(2013), Quei buchi nel muro
(2016) e Il fardello del coleottero
(2018). Ha collaborato per oltre un biennio con l'agenzia DIRE, per la quale ha redatto articoli di turismo nel Lazio. E' direttore dei siti internet Romalavoro.net e museodeidolmen.it; collabora per BlastingNews, InLibertà.it e per Wikipedia, l'enciclopedia on line.
Lo Statuto di Roma Capitale
Principi fondamentali e sua evoluzione nel tempo
La potestà statutaria dei comuni
Autonomia statutaria nel comune medioevale
Lo statuto medioevale era un documento contenente una serie di regole giuridiche disciplinanti molteplici aspetti della vita quotidiana, sia nell’ambito pubblico che privato. I comuni medioevali disponevano di statuti che disciplinavano nella loro sfera speciale, lo ius commune, cioè il diritto romano, inteso come normativa di applicazione generale. Gli statuti comunali, quindi, non potevano prevalere sulla normativa generale dell’autorità superiore da cui dipendevano (la Chiesa o l’Impero) e, a loro volta, gli statuti mercantili di una corporazione o arte non potevano essere in contraddizione con quanto stabilito dagli statuti cittadini.
La biblioteca del Senato della Repubblica conserva una raccolta degli statuti medioevali di comuni, corporazioni, confraternite e associazioni – manoscritti e a stampa – di cui ben centocinquanta scelti tra i più significativi per importanza del contenuto, per rarità, per ricchezza dell’ornamentazione o per eleganza dell’edizione, riprodotti integralmente in digitale¹.
Fu Corrado Chelazzi, direttore della biblioteca dal 1929 al 1941 a pubblicare il Catalogo della raccolta di statuti, consuetudini, leggi, decreti, ordini e privilegi dei comuni, delle associazioni e degli enti locali italiani dal medio evo alla fine del secolo XVIII, in otto volumi tra il 1943 e il 1999².
Le riproduzioni digitali attuali degli statuti sono corredate di descrizione bibliografica attraverso il collegamento alla relativa scheda contenuta nel catalogo di Chelazzi e le immagini, in formato jpg, sono indicizzate carta per carta.
Il Catalogo a stampa presenta un ordinamento alfabetico per località. Nell’ambito della stessa località, i documenti sono ripartiti in tre sezioni: la prima, ordinata cronologicamente, comprende gli atti aventi contenuto normativo o amministrativo di carattere generale (I); la seconda gli atti delle associazioni, corporazioni artigiane, mercantili, professionali (II, 1), confraternite religiose (II, 2) e altre associazioni quali partiti, consorzi nobiliari e familiari, società d’armi (II, 3); la terza, gli atti di enti di rilevanza locale (università degli studi, ospedali, monti di pietà ecc.) (III). Il secondo e il terzo gruppo sono ordinati alfabeticamente secondo la denominazione delle associazioni e degli enti³.
I limiti temporali convenzionalmente accettati per definire cronologicamente il fenomeno statutario e dunque quelli che individuano la raccolta degli statuti della Biblioteca del Senato sono, termine a quo, la pace di Costanza (1183) e, termine ad quem, l’invasione napoleonica in Italia. Nella città di Roma, tale termine può essere spostato alla caduta del potere temporale della Chiesa, cioè al 20 settembre 1870. Da ciò si deduce quanto la produzione statutaria in età comunale sia stata ampiamente prolifica e si sia protratta per tutta l’età moderna.
Per ricostruire la storia degli statuti di Roma c’è un anno certo, il 1143, che segna per la prima volta la proclamazione del libero comune in forma repubblicana.
In quella data, di cui non si conoscono gli estremi sicuri, i romani insorsero contro il Papa; venne occupato il Campidoglio, in quanto sede del Tabularium, cioè il palazzo dove, anticamente, erano conservate le tavole delle leggi.
La rivolta fu opera di piccoli possidenti, funzionari, il cosiddetto "ceto medio che aveva sviluppato una coscienza municipalistica, contrapposta al potere dell’aristocrazia papale delle famiglie
nobili". Questo ceto borghese ante litteram si auto costituì in forma di Senato⁴.
Papa Innocenzo II era morto il 24 settembre 1143, nel mezzo dei tumulti; due giorni dopo fu eletto Celestino II, consacrato il 3 ottobre alla sola presenza dei rappresentanti della nobiltà e che morì a sua volta l’8 marzo 1144, nel monastero di San Gregorio al Palatino, sotto la protezione della famiglia Frangipane. Il successore Lucio II, eletto il 12 marzo 1144, fuggì subito da Roma e, a Ceprano, si accordò con il Re di Sicilia Ruggero I perché lo proteggesse dai suoi avversari e sopprimesse il comune con la forza⁵.
Nel frattempo, in Campidoglio, il Senato auto costituito emanò una "costituzione municipale di cui non è rimasta traccia ma contenente, molto probabilmente, la decadenza del pontefice da qualsiasi funzione di natura temporale. Fu abolita la carica di Prefetto, che era appannaggio di un incaricato pontificio, e fu istituita la carica di
Patrizio" (patricius) rappresentante del comune e presidente del senato. Il numero dei senatori fu fissato a 56, eletti in numero di 4 per ciascuno dei 14 rioni in cui fu confermata la suddivisione della città, in base agli editti augustei. Alla carica di Patrizio fu eletto Giordano Pierleoni⁶.
I tentativi di papa Lucio II non ebbero esito ma, anche all’interno del Senato romano, cominciò a sorgere la necessità di un accomodamento con l’autorità papale. Dello stesso parere fu il nuovo papa Eugenio III, il quale ottenne che il Senato deponesse il Patrizio e ripristinasse la carica di Prefetto, affidandogli le stesse funzioni. Si ebbe così il mutuo riconoscimento delle due autorità, quella papale e quella cittadina, con l’ingresso trionfale del papa in Laterano, intorno al Natale del 1145. L’autonomia comunale di Roma – di cui non sappiamo se già allora avesse forma statutaria – quindi, si conformava e si sottoponeva allo ius commune, cioè all’ordinamento giuridico medioevale, derivante dal diritto romano⁷.
L’autonomia cittadina del comune di Roma ebbe un rafforzamento con il trasferimento del papato da Roma ad Avignone (1309-1377) e la proclamazione, nell’aprile 1347, degli "ordinamenti dello Stato buono" da parte di Cola di Rienzo. Si presume che il primo corpus organico statutario della città di Roma (1363) storicamente pervenuto fino a noi ne sia la sostanziale emanazione. Esso è riprodotto nel volume degli Statuta Urbis conservato nell’archivio della Camera capitolina (Cred. XV, t. 45)⁸.
Il manoscritto, databile al 1460 circa, acquistato dall’archivio capitolino sul mercato antiquariale tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del novecento, si ritiene, infatti che sia la trascrizione più attendibile degli statuti risalenti al 1363. Concerne un insieme di regolamenti e leggi cittadine sui poteri municipali e sulle nuove magistrature. Le norme escludevano il ceto baronale dagli uffici comunali ed erano previste cariche elettive per i cittadini romani⁹. Tre "conservatori" erano a capo della struttura amministrativa.
Nel 1425, tali norme vennero raccolte in un unico testo – il De iuribus et excellentiis Urbis Romae, di Nicolò Signorini – su iniziativa di Papa Martino V. Fu ribadito il valore giuridico dello statuto nei rapporti tra il potere comunale e quello papale, anche per accordi e patteggiamenti¹⁰.
Nel 1469 una commissione incaricata da Papa Paolo II procedette a una riforma organica delle norme statutarie. Il testo venne prima sottoposto al consesso dei vescovi, poi approvato dal Consiglio del popolo romano e, infine, ratificato da Paolo II. Il nuovo statuto fu redatto in tre libri: i primi due dedicati alla legislazione criminale e un terzo all’organizzazione comunale. Capi effettivi della struttura amministrativa municipale furono i conservatori
; organo deliberante il Consiglio, deputato ad assumere decisioni a maggioranza sull’amministrazione cittadina a maggioranza, mentre il senatore rimase solo in campo giudiziario¹¹. Pur nella limitatezza delle sue funzioni, già si intravedeva, in quel corpus di norme amministrative, il principio della separazione dei poteri di Montesquieu, poi accettato e recepito da tutti i sistemi costituzionali democratici.
Una ulteriore riforma dello statuto comunale fu approvata nel 1580 da Gregorio XIII e rimase in vigore fino al 1847, cioè al Motu Proprio di riforma di Pio IX. Con tale avanzata disposizione il papa riconobbe la potestà del governo comunale sulla materia urbanistica (strade, mura e porte, acquedotti e fontane) e sui servizi sanitari e cimiteriali, l’illuminazione pubblica ecc.¹²
La potestà statutaria nella legge 8 giugno 1990, n. 142
Con l’annessione di Roma al Regno d’Italia la preesistente legislazione statutaria del comune di Roma fu abrogata ed entrò in vigore, anche per la nuova Capitale, la legge 20 marzo 1865, n. 2248, rubricata come "legge per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia". La norma costituì sostanzialmente una generalizzazione del cosiddetto decreto Rattazzi (legge Regno di Sardegna 23 ottobre 1859 n. 3702). L’elettorato attivo, le cause di ineleggibilità, la nomina del Sindaco e della Giunta comunale, infatti, non ebbero nessun cambiamento rispetto alla legge del 1859. La norma attribuiva ai comuni, per delega dello Stato, compiti relativi ad attività di interesse nazionale (stato civile, censimento, elezioni, servizio militare) e riguardanti sanità, ordine pubblico e viabilità. Privava però i comuni della potestà statutaria comprendente il potere di auto organizzazione.
Poco prima dello scoppio della prima guerra mondiale si ebbe un riordino della normativa con l’adozione