20 dopo Kurt: 20 anni e 20 dischi dalla morte di Cobain
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Anteprima del libro
20 dopo Kurt - Patrick Poini
fiore.
Premessa
Questo libro ha una duplice funzione. La data di pubblicazione non è casuale perché si tratta innanzitutto di un omaggio a un artista che ha segnato la storia della musica rock, a vent’anni dalla sua scomparsa: Kurt Cobain, l’indimenticato leader dei Nirvana.
Di Cobain e del suo gruppo ho divorato ogni disco edito e inedito, vhs e dvd, biografia, ho comprato, indossato e consumato t-shirt e ho ancora qualche poster attaccato alle pareti della mia camera.
Lui, con i Nirvana, mi ha fatto amare veramente la musica dandomi una coscienza critica per la quale gli sarò grato per sempre. Negli anni Kurt è stato per me come un amico.
Lui, sino alla fine, non ha smesso di amare e ascoltare la musica degli altri, come faceva da bambino quando sognava di diventare una stella del rock. A vent’anni dalla sua controversa morte, ho pensato alla sua e alla mia passione e a tutti i dischi che non ha potuto ascoltare (a eccezione di uno e capirete presto il perché).
Ed ecco che mi sono messo a fare mente locale: quali sono gli album che mi hanno toccato più degli altri dopo la morte di Kurt Cobain e che sono in qualche modo legati alla sua figura, al suo percorso e alla sua sensibilità? Nell’arco di vent’anni, ne ho selezionati altrettanti.
In due decadi di musica sarebbero stati almeno il doppio i dischi che, secondo un giudizio di qualità ovviamente soggettivo, avrebbero avuto le caratteristiche per entrare in questo volume. Così ho voluto dare spazio anche a diversi lavori di band che non hanno venduto milioni di copie o avuto una lunga carriera, ma che ritengo validissime e assolutamente aderenti agli intenti di questo libro. Qualche amante della musica rock, magari mi ringrazierà! Ecco svelato il secondo proposito che mi ha spinto a questa pubblicazione.
Consapevolmente ho tralasciato gruppi e artisti italiani, che difficilmente si sarebbero legati bene a questa storia: sebbene ve ne siano alcuni che per sonorità avrebbero fatto al caso mio, mi sono limitato a scegliere lavori in lingua inglese; il motivo principale, però, è che l’ambiente musicale alternativo nel nostro Paese in questi vent’anni è stato più osteggiato che coccolato e ciò ha impedito agli artisti di avere le stesse possibilità di farsi conoscere, anche a livello internazionale, che si hanno invece in Stati Uniti, Gran Bretagna e persino Finlandia.
Posso affermare che, nello spirito e/o nei suoni, di tutti gli album che ho scelto ci sono caratteristiche alternative rock. Non possono mancare alcuni classici e derivati delle scene grunge e foxcore, generi (o meglio attitudini
) che hanno avuto larga diffusione proprio grazie alla figura, alle doti e al carisma di Cobain.
Per affrontare questo tour nel tempo non mi sono avvalso solo di quegli album, di riviste, libri e siti musicali ma anche di compagni di viaggio che sono tra i veri e propri protagonisti di questo libro.
Tanti musicisti, abituati a suonare sui palchi di tutto il mondo, hanno contribuito con il loro tempo, i loro ricordi e le loro opinioni rispondendo via web alle mie domande sui dischi in cui hanno suonato, su Cobain (qualcuno ha avuto modo di conoscerlo bene) e sulla musica in generale.
I
Live Through This - Hole, USA, Geffen Records, 1994
I’m Miss World
somebody kill me
kill me pills
no one cares, my friends. [1]
È il 12 aprile 1994, Kurt Cobain è morto solo da una settimana e il suo cadavere è stato rinvenuto da appena quattro giorni. Da poche ore a Seattle si è conclusa la lunga e straziante veglia in sua memoria che ha unito nel pianto settemila giovani e decine di musicisti della scena locale ormai affermatisi su scala mondiale; tutti sono sbigottiti per la scomparsa a soli ventisette anni di quel piccolo ragazzo biondo che aveva cambiato la musica per sempre.
Nei negozi esce Live Through This, il secondo album delle Hole, la band della sua vedova: Courtney Love, al secolo Michelle Harrison. A rilasciarlo è la Geffen, la stessa etichetta che aveva spinto i Nirvana in cima alle classifiche di tutto il mondo.
La leggenda vuole che nell’ultima telefonata tra i due, prima che lui fuggisse dal centro di riabilitazione Exodus di Los Angeles per trovare la morte nel loro nido d’amore a Seattle, le avesse detto: Qualunque cosa succeda, devi sapere che hai fatto un bel disco
.
Accanto alla Love e al chitarrista, coautore e cofondatore della band Eric Erlandson due nuovi arrivi al posto della bassista Jill Emery e della batterista Caroline Rue: rispettivamente Kristen Pfaff (proveniente dai Janitor Joe) e Patty Schemel, consigliata alla moglie da Cobain.
Sul disco il fantasma del musicista aleggia prepotentemente.
Tra In Utero dei Nirvana e Live Through This, nella casa di Seattle la coppia del momento fra problemi con droga e armi, scenate, riconciliazioni e una figlia di meno di un anno (Frances Bean Cobain),[2] prendeva spesso in mano carta, penna e chitarra quindi l’influenza deve essere stata reciproca.
La sintonia musicale c’era come dimostrarono insieme l’8 settembre 1993 sul palco del Lingerie Club di Hollywood a un evento contro lo stupro proponendo in acustico Pennyroyal Tea
(Nirvana) e Where Did You Sleep Last Night
(Leadbelly).
Kurt, prima di partire per il suo ultimo tour mondiale, raggiunse persino la moglie in sala registrazione, ai Triclops Sound Studios di Marietta (Atlanta) in Georgia, lanciandosi in jam assieme alla band e facendo i cori per la ballata rock Asking For It
e la nenia Softer, Softest
.
Le Hole incisero anche la rielaborazione di un pezzo originale scritto la Cobain: Old Age
che sarà data alla luce pochi mesi dopo nel singolo di Violet
(una versione acustica era già uscita nel singolo di Beautiful Son), i Nirvana l’avevano già registrato invece durante la session di Nevermind,