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Popolari addio? Un modello da difendere
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Popolari addio? Un modello da difendere
E-book63 pagine46 minuti

Popolari addio? Un modello da difendere

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Info su questo ebook

Le banche popolari sono un luogo oscuro o un modello da difendere? Il decreto Renzi di riforma delle grandi banche popolari accende il dibattito fra sostenitori e critici delle banche popolari. Tra i sostenitori c’è Gianfranco Fabi, già direttore di Radio 24.

Fabi vede la riforma che abolisce le banche popolari come un giallo: «C’è la vittima: le grandi banche popolari. C’è il colpevole: il Governo. C’è l’arma del delitto: il decreto legge del 20 gennaio. Ci sono i complici: il Parlamento. C’è il mandante: la Banca d’Italia e, in secondo piano, la Banca centrale europea».

Il saggio è introdotto da una conversazione tra Giulio Sapelli e Lodovico Festa. Per Sapelli il problema non è contrastare l’innovazione ma salvaguardare il rapporto fra banca e territorio. Lodovico Festa, invece, ritiene che bisognerebbe evitare l’ennesimo intervento sulle banche senza visione sistemica.

Un dibattito apertissimo e molto nervoso.
LinguaItaliano
Data di uscita22 giu 2015
ISBN9788867973828
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    Anteprima del libro

    Popolari addio? Un modello da difendere - Gianfranco Fabi

    contrapposte.

    © 2015 goWare

    Via R. Giuliani, 88 – 50141 Firenze

    http://www.goware-apps.com

    e-mail: info@goware-apps.it

    © 2015 Edizioni Angelo Guerini e Associati SpA

    via Comelico, 3 – 20135 Milano

    http://www.guerini.it

    e-mail: info@guerini.it

    Prima edizione digitale: giugno 2015

    ISBN 978-88-6797-382-8

    Copertina: Giovanna Gammarota e Lorenzo Puliti

    Sviluppo ePub: Elisa Baglioni

    Fateci avere i vostri commenti a: info@goware-apps.it

    Blogger e giornalisti possono richiedere una copia saggio a Maria Ranieri: mari@goware-apps.com

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    Presentazione

    Le banche popolari sono un luogo oscuro o un modello da difendere? Il decreto Renzi di riforma delle grandi banche popolari accende il dibattito fra sostenitori e critici delle banche popolari. Tra i sostenitori c’è Gianfranco Fabi, già direttore di Radio 24.

    Fabi vede la riforma che abolisce le banche popolari come un giallo: «C’è la vittima: le grandi banche popolari. C’è il colpevole: il Governo. C’è l’arma del delitto: il decreto legge del 20 gennaio. Ci sono i complici: il Parlamento. C’è il mandante: la Banca d’Italia e, in secondo piano, la Banca centrale europea».

    Il saggio è introdotto da una conversazione tra Giulio Sapelli e Lodovico Festa. Per Sapelli il problema non è contrastare l’innovazione ma salvaguardare il rapporto fra banca e territorio. Lodovico Festa, invece, ritiene che bisognerebbe evitare l’ennesimo intervento sulle banche senza visione sistemica.

    Un dibattito apertissimo e molto nervoso.

    * * *

    Gianfranco Fabi, giornalista indipendente, nei suoi primi quarant’anni di professione è stato vicedirettore del settimanale Mondo Economico, vicedirettore vicario del Sole 24Ore, direttoredi Radio 24, docente di economia al Master di comunicazione dell’Università Cattolica.

    Introduzione

    di Lodovico Festa e Giulio Sapelli

    Lodovico Festa – Le tue posizioni sulle banche popolari sono ben note. Senza invadere il campo dei «veri» discussori di questo libretto, val la pena riprendere qualche elemento.

    Giulio Sapelli – Un brillante intellettuale, alfiere del pensiero liberista, come Franco Debenedetti, metterà, senza dubbio, alla prova le tesi di chi, come me, è tenacemente convinto della necessità di costruire rapporti articolati tra società e mercato; un grande difensore dell’esperienza del credito cooperativo come Gianfranco Fabi, invece, sa prà ricordare meglio di me non solo i problemi di metodo suscitati dall’utilizzo di un decreto legge per trasformare la forma proprietaria delle grandi banche popolari, ma anche le ragioni di merito. Senza invadere il terreno di discussione delle due qualificate personalità da noi interpellate, quindi, ecco qualche elemento di contesto. A parte la ovvia perplessità sulla forma del «decreto» che, per sua natura, irrigidisce il confronto parlamentare, rispetto al contenuto il provvedimento pare «tagliare con l’accetta» il nodo Popolari, anche se si interviene su diritti di proprietà consolidati in decine di anni e che, di conseguenza, richiederebbero cautela e articolazione. Il problema non è contrastare l’innovazione, ma avere consapevolezza di come, in tutto il mondo, il problema del rapporto tra banca e territorio sia fondamentale. Accanto, e forse prima di un intervento, vi sarebbe bisogno piuttosto di alcune scelte deontologiche utili per la credibilità di una proprietà cooperativa, che le banche stesse dovrebbero assumere di spontanea iniziativa: i manager di questo genere di istituti di credito, per esempio, non dovrebbero avere caratteristiche, in materia di stipendi e formazione, uguali a quelli del settore privato. Le attività delle Popolari, inoltre, dovrebbero limitarsi anche sotto un altro aspetto: comprendo la necessità di usare i derivati per coprire i rischi dell’attività bancaria. Tuttavia, un istituto cooperativo non può pensare di «fare» i bilanci grazie ad attività di puro investimento finanziario, per così dire, speculativo: non è il suo mestiere.

    L.F. – Insomma, la tua è una difesa del cuore del sistema delle Popolari: non influiscono su di te gli argomenti legati alle esigenze di modernizzare forme di proprietà ritenute, ormai,

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