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D’amore, di conquiste e di grasso di balena
D’amore, di conquiste e di grasso di balena
D’amore, di conquiste e di grasso di balena
E-book96 pagine54 minuti

D’amore, di conquiste e di grasso di balena

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Info su questo ebook

Un incidente stradale come opportunità per ripercorrere una vita. Attraverso incubi e confessioni, si fanno vividi agli occhi amori illusi e disillusi. Conquiste roboanti e sconfitte cocenti. La capacità di sorridere fra le lacrime e di ritrovare un senso all'esistenza.
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2012
ISBN9788866187288
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    Anteprima del libro

    D’amore, di conquiste e di grasso di balena - Gennaro Di Bonito

    Appendice

    Prologo

    1 – Sulla strada…

    Quando vedi la morte in faccia chiudi gli occhi sperando che il buio anestetizzi il futuro dolore. L’auto sfrecciava veloce e le cinture apparivano un comfort senza senso, un’appendice inutile, come quella che penzola a molti fra le gambe, senza una particolare ragione di piacere o utilità. Al suo fianco una donna stupenda con un vestitino a fiori attillato, strabordante di gustose carni, sode e libidinose. Un sottile velo di sudore gli rendeva la fronte lucida e dava a lei la possibilità di asciugarlo con un Kleenex, provocandogli, al solo contatto con la pelle, un leggero brivido di piacere ed eccitazione. L’asfalto puzzava di catrame caldo, come se la merda potesse essere passata in forno e servita come piatto della nouvelle cousine. Loro, però, con i finestrini chiusi, poco ne sentivano l’aroma. Il calore era ben ammortizzato dall’aria condizionata e dalla naturale vocazione alla nudità, genitale e non. Mentre la mano di lei sfiorava la cerniera di lui avvertendo un gonfiore per niente anomalo, lui chiuse gli occhi. Si può godere e rigettare sperma quando la morte ti è vicina? Non c’era il tempo di pensare. La macchina andò dritta. A nulla valsero i suoi goffi tentativi di fermarla, né tanto meno le sue preghiere estemporanee ad un Dio a cui non aveva mai creduto. Forse era un incapace. Forse i freni erano stati manomessi. Forse si erano semplicemente guastati e non esisteva nessun seno capace di fungere da efficace airbag. Un contraccolpo fortissimo. I poggiatesta non evitarono il colpo di frusta. Il buio. Forse senza risveglio.

    2 – A tutta velocità

    Il cielo terso non permetteva di scorgere stella alcuna. La luna, coperta da nuvole grigie e di forme indefinite, non rivelava il suo fascino agli innamorati, ma, soprattutto, sembrava aver perso ogni tipo di energia. La sirena dell’ambulanza si confondeva con i rumori delle auto bloccate da un traffico creatosi dal nulla. Il freddo pungente penetrava nelle ossa e le induriva come zucchero grezzo in un cartone aperto dimenticato in cantina. L’auto era distrutta. L’albero no. L’uomo era inerte. Occhi sbarrati. Braccia penzolanti e nessun segno di vita, a parte il sangue che fuoriusciva, zampillante, dalla tempia sinistra, caldo e ancora fumante. Bollente. Il pene molle e appiccicoso. Tutto il sangue, irrorato nei corpi cavernosi da sapienti labbra, era scappato lontano dal dolore di quel corpo all’apparenza distrutto. La donna non era inerte. Rossetto sbiadito. Un taglio sul sopracciglio destro e un ematoma, già visibile sulla coscia sinistra. Cosciente, ma spaesata. Silenziosa. Immobile. La fica ancora bagnata. Troppo. Come se l’impatto l’avesse eccitata ancora di più. Auto della polizia a fare da scorta al dolore. Le luci delle sirene a creare disegni gelidi sulla terra umida. Estrarre i corpi non era semplice. I barellieri avevano occhi persi. Il medico no. Accorgersi dei loro cuori ancora pulsanti alimentava speranze. Tornarsene a casa dopo aver visto due morti non aiuta a dormire sereni e sognare di fare il bagno in un laghetto con ninfette nude e vogliose. Il fatto che fossero vivi, invece, rendeva ancora possibile questa opzione. Chiusi i portelloni dell’ambulanza, una corsa contro il tempo. Tutti avevano paura. Tutti non erano lucidi. Tutti speravano che le ninfette non fossero un sogno da rimandare ad altre notti più tranquille e meno sanguinanti. Tutti non avrebbero mai voluto ricevere quella chiamata. Solo il medico era calmo. Lui sapeva cosa fare. Se c’era o se non c’era qualcosa da fare.

    3 – Una stanza troppo bianca…

    Nella stanza c’è un forte odore di acqua ossigenata che, misto a quello dei fiori, contribuisce a creare la classica atmosfera d’ospedale. Almeno per l’olfatto. Alla vista, purtroppo, basta vedere volti sofferenti. Uomini in camice. Sangue. Suore che recitano rosari senza ottenere nessuna grazia. Lui dorme ancora. È difficile prevedere quando si svegli. Sempre che lo faccia. È un miracolo che sia vivo. Il contraccolpo è stato fortissimo, ma le conseguenze, fortunatamente, non sembrano così gravi come in un primo momento si era immaginato. Forse tornerà lo stesso di ieri. Se si fossero danneggiate le cortecce prefrontali avrebbe vissuto con distacco tutte le situazioni che normalmente gli avrebbero provocato forti scompensi emotivi. Avrebbe vissuto il dolore come qualcosa di distante. Le delusioni come qualcosa di indifferente. L’abbandono come l’equivalente della presenza. Forse sarebbe stato meglio così, ma non sarebbe stato più lui. Non è successo, però. Non si è danneggiato nulla di tutto questo. Il suo corpo è ammaccato e debilitato, ma tutto sommato integro. È come una cinquecento che si schianta contro un tir e resta miracolosamente intatta.

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