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Il cavaliere di Eron - L'avvento -
Il cavaliere di Eron - L'avvento -
Il cavaliere di Eron - L'avvento -
E-book435 pagine5 ore

Il cavaliere di Eron - L'avvento -

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Info su questo ebook

La storia è incentrata sulle avventure del mitico cavaliere di Eron: un guerriero senza macchia e senza paura, proveniente da un altro mondo, pronto ad affrontare chiunque e qualsiasi cosa pur di difendere il regno di Eron ed il suo popolo. A ricoprire questo ruolo sarà chiamata una persona molto particolare che, a prima vista sembrerà estremamente inadatta, ma che, alla fine, si rivelerà forse la carta vincente per sconfiggere il terribile e spietato re Kales di Lamdas ed il suo esercito stregato. Infatti, una potente ed oscura magia avvolge e fortifica i nemici di Eron che, in balìa di una guerra spietata e, apparentemente, senza senso, può solo rivolgere le proprie preghiere al leggendario cavaliere. Azione, intrighi, battaglie, magia, comicità e romanticismo in una storia che vi coinvolgerà e vi terrà col fiato sospeso fino all’ultimo capitolo. La chiave di tutto saranno i dettagli… Quale sarà il destino di Eron e del suo cavaliere?
LinguaItaliano
Data di uscita26 nov 2013
ISBN9788868850777
Il cavaliere di Eron - L'avvento -

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    Anteprima del libro

    Il cavaliere di Eron - L'avvento - - Laura Santella

    www.ilcavalieredieron.jimdo.com

    Prefazione

    "Il cavaliere di Eron - L’avvento" è il primo capitolo dell’omonima saga; la sua stesura è iniziata il 22 Febbraio 2013 ed è terminata il 20 Luglio dello stesso anno (esclusi i controlli finali, per cui è stato impiegato circa un mese, e la parte grafica, a cura di Federica Vivarelli ed iniziata a stesura conclusa).

    La storia è incentrata sulle avventure del mitico cavaliere di Eron: un guerriero senza macchia e senza paura, proveniente da un altro mondo, pronto ad affrontare chiunque e qualsiasi cosa pur di difendere il regno di Eron ed il suo popolo. A ricoprire questo ruolo sarà chiamata una persona molto particolare che, a prima vista sembrerà estremamente inadatta, ma che, alla fine, si rivelerà forse la carta vincente per sconfiggere il terribile e spietato re Kales di Lamdas ed il suo esercito stregato.

    Infatti, una potente ed oscura magia avvolge e fortifica i nemici di Eron che, in balìa di una guerra spietata e, apparentemente, senza senso, può solo rivolgere le proprie preghiere al leggendario cavaliere.

    Azione, intrighi, battaglie, magia, comicità e romanticismo in una storia che vi coinvolgerà e vi terrà col fiato sospeso fino all’ultimo capitolo. La chiave di tutto saranno i dettagli…

    Quale sarà il destino di Eron e del suo cavaliere?

    CAPITOLO 1

    Eron

    "Ed Egli verrà. La sua spada, bianca come l’alabastro e spietata come l’alba, brillerà al Sole di un nuovo giorno. La sua ira si abbatterà sui malvagi per difendere i deboli e gli oppressi. Un grido di libertà si alzerà in aria e un’onda di fuoco sbaraglierà i nemici del popolo. Eron sarà salvata dal suo cavaliere."

    Un pianto rabbioso e disperato incrinava le parole di colui che le pronunciava: un bambino dagli occhi color cenere che ormai non sorridevano più da lungo tempo. Il suo volto aveva perso tutta la gioia e la spensieratezza della sua età, lasciando il posto ad una paura che attanagliava tutta l’anima.

    proruppe, anch’essa in lacrime, un’altra bambina della stessa età; un piccolo cespuglio di capelli biondi dal viso sporco e gli occhi verdi. aggiunse con una nota di speranza la piccola.

    A queste parole, il maestro fece un piccolo sorriso, chiuse il grande libro che teneva sulle ginocchia e si alzò in piedi. Un uomo anziano, dalla lunga e sottile barba bianca, faceva da maestro a questo piccolo gruppo di bambini in una stanza buia e fredda, illuminata solo dalla tenue luce di alcune candele. Il vecchio maestro aveva gli occhi buoni, azzurri come il ghiaccio, e sotto un caldo cappuccio nascondeva un ciuffo di capelli ribelli, bianchi e scompigliati. Portava una lunga veste di velluto blu rifinita con cuciture color oro. Era alto e snello e, se non fosse stato per le mani adunche e piene di calli, tutti l’avrebbero scambiato per un nobile.

    disse in tono rassicurante il vecchio maestro, poggiando la propria mano sulla testa della bambina, che intanto si asciugava le lacrime

    interruppe un altro bambino dall’aspetto goffo e i capelli rossi.

    sorrise ancora il vecchio

    riprese a urlare Maurice:

    urlò Geraldine.

    gridò Maurice tra lacrime avvelenate da rabbia e dolore. Tutti rimasero ammutoliti; il piccolo Maurice, in preda al suo strazio, uscì correndo dalla stanza e, così facendo, si scontrò con un uomo che lo fece cadere a terra.

    Il piccolo, intontito dal colpo, scosse la testa ed alzò lo sguardo, spalancando gli occhi. Tutti gli altri bambini, vedendo chi era appena entrato nella loro stanza, si alzarono da terra e si inginocchiarono solennemente come dei piccoli cavalieri; solo il maestro rimase in piedi, chinando il capo e togliendosi il cappuccio.

    L’uomo, che sembrava avere tra i cinquantacinque e i sessant’anni, indossava una veste blu dai bordi neri, con le maniche lunghe e cuciture dorate sulle spalle e ai polsi; al centro del petto vi era lo stemma del regno: uno scudo diviso a metà da una diagonale bianca; da una parte erano raffigurate quattro stelle bianche, dall’altra la testa di un leone che ruggiva, le prime su fondo blu, la seconda su fondo giallo. L’uomo indossava anche un mantello rosso mattone, stivali e cintura di cuoio, lunghi pantaloni dello stesso colore della casacca ed una sottile corona d’oro sulla testa. Era il re.

    Egli, vedendo il bambino a terra con un’aria sorpresa e spaventata allo stesso tempo, gli sorrise; poi lo aiutò ad alzarsi, sollevandolo di peso. Gli spolverò le braccia e appoggiò le sue grandi mani sulle sue piccole spalle; dopodiché, guardandolo dritto negli occhi, gli disse:

    esclamò Maurice.

    continuò il re sfiorandogli una guancia con la mano Poi, ergendosi di fronte a tutti, cambiò tono ed aggiunse Il re fece una piccola pausa, chiudendo gli occhi; infine riprese con un sospiro

    Le parole e il sorriso del re commossero tutti. Un uomo grande e grosso come lui, con il volto severo e la voce ruvida, che continuava però a credere nel domani più di loro che erano dei bambini. Finalmente un sorriso, anche se rigato da alcune lacrime, si affacciò sul volto di Maurice che, con un filo di voce, ringraziò il suo re.

    riprese il vecchio maestro interrompendo il silenzio Così i piccoli lasciarono lentamente la stanza, in ordine e in silenzio, facendo sfuggire solo qualche saluto e qualche piccolo inchino.

    Una volta che la stanza fu vuota, il re chiuse la porta e si avvicinò al maestro:

    sospirò l’anziano.

    disse concitatamente il re.

    proseguì il re.

    spiegò il mago.

    disse scoraggiato il re aggiunse mestamente.

    Un silenzio assordante calò nella stanza. Re Iron aveva ragione: la situazione era insostenibile. La città di Eron, capitale dell’omonimo regno, era assediata ormai da dieci anni, l’esercito era stato quasi completamente massacrato e il popolo viveva di stenti. I campi, che si trovavano fuori dalle mura, non potevano essere coltivati e le scorte stavano per esaurirsi. I contadini che, mossi dalla fame, osavano uscire dalle mura, venivano uccisi o resi schiavi dall’esercito nemico e gli alleati di re Iron non riuscivano ad avvicinarsi alla città. Persino il regno di Bermax, guidato dal fratello minore di re Iron, Sigfried, che distava alcuni giorni dalla capitale, non poteva essere d’aiuto al regno di Eron, poiché tutti i confini erano sotto il controllo dell’invincibile nemico.

    Il regno di Lamdas era ormai padrone di tutto il territorio di Eron, di ogni sua collina, di ogni sua pianura, di ogni suo fiume e di ogni suo filo d’erba. La bellezza di Eron, famosa in ogni dove, si stava ormai sfaldando sotto i violenti attacchi di Lamdas. Il suo re, Kales, era da sempre un nemico del popolo, ma l’esercito di re Iron ogni volta era stato in grado di difendersi. Da dieci anni, Lamdas governava il destino di Eron solo grazie alla magia. Re Kales infatti, un giorno, chissà come, era entrato in possesso di poteri mai visti prima, che neanche il potente mago di Eron, Leaf, era riuscito a contrastare. E così, i confini di Eron si facevano sempre più stretti di giorno in giorno. L’esercito di Lamdas, rafforzato dalla magia di Kales, risultava invincibile e ormai per il popolo restava una sola speranza: il mitico cavaliere di Eron.

    Infatti, fin dall’alba dei tempi, a Eron vi era questa leggenda: un mitico cavaliere, proveniente da un altro mondo, con una forza sconfinata e illimitati poteri magici, sarebbe comparso ogni qualvolta il popolo di Eron ne avesse avuto bisogno. Con la sua bianca spada ed il suo nero destriero avrebbe difeso i giusti e sconfitto i malvagi. Il cavaliere di Eron avrebbe protetto il regno per sempre, a patto di rimanere sempre e solo un cavaliere; infatti Egli non sarebbe mai potuto salire sul trono, o avrebbe portato la sciagura più nera su tutto il regno. La leggenda narrava anche che il mitico cavaliere fosse già apparso in precedenza, una volta, moltissimi anni prima. Gli scritti che narravano le sue vicende erano numerosi, ma i pochi quadri che lo ritraevano e le altrettanto rare prove della sua reale esistenza erano soprattutto frutto della fantasia di alcuni sognatori. Infatti non erano mai state ritrovate vere e tangibili prove del suo passaggio su quella terra, ma la fede in lui era paragonabile a quella che si può avere in un Dio.

    E così, ormai da dieci anni, il popolo aspettava la venuta del suo cavaliere; invano. Gli uomini morivano in guerra e le donne dovevano allevare i figli a pane, acqua e poco più. La fame portò le malattie, che fecero strage di vecchi e bambini. Erano ormai pochi quelli che ancora nutrivano speranze di salvezza, ma re Iron era uno di loro e non voleva rassegnarsi alla disfatta del suo regno e alla morte della sua gente.

    Così, dopo aver visto la disperazione dei suoi uomini aggrapparsi anche sui loro figli, ordinò al mago di corte di evocare il cavaliere di Eron, qualsiasi cosa questo avesse comportato. Leaf non poteva ribellarsi a un ordine diretto del suo re e così il giorno seguente ebbe inizio il rito di evocazione.

    Re Iron, sua moglie, la regina Kendra, e il principe Phin raggiunsero lo stregone nelle sue stanze, seguiti poco dopo dal comandante dell’esercito, sir Robert di Eron. I tre regnanti entrarono per primi nelle camere assegnate al mago e attesero che li raggiungesse anche il loro cavaliere più fidato. Sir Robert, infatti, conosceva da moltissimi anni i reali, combattendo in giovane età anche al fianco del fratello del re, quando questi abitava ancora a Eron. Il comandante era un uomo più o meno della stessa età del re, forse di poco più vecchio. Aveva i capelli corti e brizzolati e una barba un po’ ispida, ma ben curata. Quando raggiunse i sovrani, indossava, come di consueto, l’uniforme militare: la casacca grigia-bluastra con lo stemma di Eron sul petto, il mantello blu scuro e la spada in vita; nonostante non si intravedesse dalle vesti, il rumore della cotta di maglia che sir Robert portava sotto la divisa era facilmente distinguibile.

    Lo stanzone del mago si trovava nel sottosuolo, nelle fondamenta del castello; erano stati tolti tutti i mobili e la stanza somigliava a una piazza d’armi. Sul pavimento era disegnato un enorme cerchio con della polvere bianca e tutto intorno vi era tracciato uno strano disegno con pietre bianche e altre polveri nere, verdi e rosse. Al centro si ergeva un enorme specchio dai bordi intarsiati d’oro.

    Leaf li stava aspettando davanti a un leggio, sul quale troneggiava un grande e antico libro.

    chiese solennemente il mago al suo re.

    rispose egli altrettanto solennemente

    A queste parole, la regina si tolse dal collo un piccolo gioiello: un rubino rosso, incastonato in una piccola catenina d’oro. Sua Maestà porse al re il gioiello; la mano le tremava come non mai e il suo volto, sempre disteso e rassicurante, era attraversato da un’inquietudine che le attanagliava corpo e mente. I suoi bellissimi occhi azzurri erano sul punto di piangere e non poteva fare a meno di stringere tra le mani una piccola parte della gonna del suo vestito di velluto celeste per cercare di smorzare la tensione che la sconvolgeva oltre ogni previsione. Vedendola così agitata, il principe Phin le prese la mano, facendole lasciare il vestito, e gliela strinse forte. Anche lui temeva il peggio, ma non poteva farsi vedere preoccupato dalla madre, così prese tutto il coraggio accumulato nei suoi ventitré anni e le disse con voce ferma: Sua Maestà si voltò e i due si sorrisero.

    Kendra accarezzò il volto di suo figlio e strinse a sua volta la mano del giovane. Questi, che aveva ereditato dalla madre l’azzurro degli occhi e il biondo dei capelli, cercava di tranquillizzare il più possibile la regina. Con la sua veste da cerimonia bianca, simile a quella del padre come modello, cercava di distrarre la madre baciandole le mani e accarezzandole i capelli; la regina, dal canto suo, rispondeva a ogni gesto del giovane quasi senza pensare.

    Mentre madre e figlio si davano coraggio a vicenda, re Iron consegnò il pendente a Leaf; il mago guardò attentamente il gioiello, poi chiese al re:

    rispose il re senza esitazione.

    Così Leaf fece un sospiro, impugnò saldamente il gioiello, lanciò uno sguardo alla regina e al principe che risposero con il capo e alzò il pendente fin sopra la sua testa verso il cerchio disegnato a terra, quasi a indicare il centro dello specchio che gli si parava di fronte. Dopodiché cominciò a leggere la lunga formula magica scritta nel libro sul leggio.

    Ormai non si tornava più indietro.

    CAPITOLO 2

    Jade

    Un raggio di Sole filtrò dalle nuvole grigie che coprivano il cielo ed entrò nei suoi occhi come per illuminarli. Un’altra interminabile mattina stava per finire, quando Jade si trovò a sorridere per quel piccolo spiraglio di luce.

    DRIIIIIN

    Un vociare confuso e un baccano di sedie e banchi riempivano le aule e i corridoi di quella scuola superiore che si trovava nella periferia della città. Tutti gli alunni correvano verso l’uscita, ridendo e scherzando tra loro. Solo Jade raccolse i suoi libri in silenzio e si incamminò da sola verso la porta.

    Chiese l’insegnante alla giovane.

    rispose ella con un sorriso sottile

    Lungo i corridoi nessuno si fermava a parlare con lei, solo alcuni insegnanti le rivolgevano un saluto; nell’atrio l’aspettava un gruppo di compagni che, come ogni giorno, le riempiva le orecchie di false lusinghe e prepotenti richieste: Neanche un saluto ed ecco che se andavano tutti senza aspettar risposta.

    bofonchiò Jade.

    le rispose uno dei suoi insegnanti che si trovava lì per caso. Si trattava di un uomo sui quaranta, con i capelli neri e il pizzetto. Il classico professore giovanile, vagamente hippy.

    ribatté con tono sarcastico la ragazza riprendendo il discorso.

    aggiunse l’uomo con un sorriso e guardandola da sopra gli occhiali da sole rosso chiaro. Jade ricambiò con uno sguardo poco convinto.

    L’uomo si mise a ridere, poi, vedendo che la giovane non stava ridendo, aggiunse in tono più serio

    rispose con un sospiro Jade

    La giovane uscì finalmente dall’edificio, inforcò la sua bicicletta e si diresse a casa.

    Jade era una ragazza appena maggiorenne, aveva lunghi capelli neri e grandi occhi scuri. Il suo viso era gentile, ma lo sguardo severo lo faceva sembrare quasi spigoloso. La corporatura esile era sempre ben nascosta sotto abiti grandi, ma sportivi; la sua piccola statura contrastava con il suo grande animo, che in pochi riuscivano a scorgere sotto la sua timida insicurezza.

    Arrivata a casa, ripose la bici nel cortile e suonò il campanello; come sempre ad aspettarla trovò la madre, che la accolse con un sorriso:

    rispose Jade in tono monotono e guardandosi intorno.

    l’anticipò la madre aggiunse.

    disse con un sospiro severo la ragazza mettendosi a sedere a tavola.

    aggiunse la madre facendo finta di non aver sentito l’ultima frase della figlia < Sai oggi ho il doppio turno e tornerò tardi.>

    rispose tranquillamente Jade.

    riprese la donna La giovane scosse il capo.

    Erano ormai anni che le cose nella vita di Jade funzionavano a quel modo e non lo sopportava più. L’indifferenza più totale regnava nella sua famiglia, dove tutto era addossato solo sulle spalle di sua madre: una donna buona, ma cocciuta, che rifiutava qualsiasi tipo di aiuto, per poi lamentarsi di non riceverne alcuno. Non che gli aiuti offerti fossero poi molti, ma i pochi che venivano suggeriti da Jade erano rispediti al mittente.

    Ella si sentiva completamente impotente, nella sua vita non aveva il controllo di nulla. Non aveva amici o amiche, le uniche conoscenze erano quelle scolastiche e funzionavano solo a senso unico. Si era accorta di quanto le sue amicizie fossero false solo qualche anno prima, quando, calati i voti per motivi di salute, calarono anche gli amici.

    Questo si era sentita rispondere allora.

    Ma ormai non le importava più. Non era la solitudine a farle male. Ma era l’indifferenza la cosa che più la infastidiva: l’indifferenza di suo padre per lei e sua madre, l’indifferenza del resto dei suoi parenti per la loro situazione, l’indifferenza dei suoi compagni che però la ricoprivano di impegni, l’indifferenza degli insegnanti che non facevano niente per liberarla da quella schiavitù silente, ma che anzi la alimentavano! Jade era al limite.

    Finito il pranzo, la giovane andò in camera sua, si coprì le spalle con una coperta per riscaldarsi e iniziò subito a fare i compiti, i suoi e quelli degli altri. Sentì rientrare suo padre, che non le rivolse neanche un saluto e, d’altro canto, anche lei fece finta di niente.

    Il cellulare veniva tempestato di messaggi dei compagni che elencavano richieste su richieste e a un certo punto Jade si ritrovò a pensare alla sua vita. Non sapeva neanche lei a cosa stava pensando precisamente, però improvvisamente cominciarono a uscire le lacrime. Era da tantissimo tempo che non piangeva e questo la sconvolse ancora di più. Per non dare ulteriori dispiaceri alla madre, aveva smesso di piangere; le poche volte che si concedeva questo sfogo era di notte mentre era a letto, ma si costringeva a non emettere neanche un suono: si strozzava i singhiozzi in gola e faceva scorrere le lacrime sulle tempie in modo che non bagnassero il volto. Una volta smesso di piangere, con il tempo aveva anche smesso di pensare e si era lasciata vivere così, come veniva. Prendeva dalla vita ciò che le passava davanti per caso, senza fare niente per migliorare la sua situazione. Si era arresa.

    Jade corse in bagno con la coperta ancora sulle spalle, prima che qualcuno la potesse vedere, e vi si chiuse dentro. Continuava a frenare i singhiozzi, ma stavolta non ci riusciva. Le lacrime continuavano a uscire e i pensieri ad affollarsi nella sua mente. Quando a un tratto, cercando di calmarsi, si sciacquò il viso e poi si specchiò. Aveva il viso paonazzo, gli occhi rossi e pieni di lacrime; il primo istinto fu quello di distogliere lo sguardo.

    Ma poi, con la fronte bassa e i capelli che le coprivano il viso, disse con voce rotta dal pianto: <È questo che ho fatto finora. Guardavo la mia vita riflessa in uno specchio e visto che ciò che vedevo non mi piaceva, mi voltavo dall’altra parte e lasciavo che tutto rimanesse così, facendo finta di niente.> Le mani le tremavano e il respiro era affannato; poi riprese con voce sempre più decisa: < Ma adesso basta… Non voglio più fuggire. O non avrò più il coraggio di guardare di nuovo né l’immagine riflessa in questo specchio né la mia stessa vita.> Jade batté il pugno sul bordo del lavandino per la rabbia: urlò la ragazza alzando la testa e riflettendosi nello specchio che aveva di fronte. In quel momento Jade si sentì come travolta da una grande ventata d’aria fresca, le sembrò come di respirare per la prima volta.

    E poi…

    CAPITOLO 3

    L'avvento del cavaliere

    Non appena Leaf ebbe completato di recitare la lunghissima formula magica, un lampo illuminò il castello. Un vento violentissimo scosse tutta la stanza e fulmini e saette provenienti dallo specchio colpivano ripetutamente il gioiello che il mago teneva in mano.

    Tutte le torce si spensero e le polveri che segnavano a terra il cerchio magico iniziarono a volare in tutta la stanza. Poi lo specchio divenne completamente nero e improvvisamente le torce che si erano spente si riaccesero da sole e le polveri vennero assorbite all’interno del riflesso.

    Re Iron, la regina, il principe, sir Robert e lo stesso Leaf non credevano ai loro occhi. Le Loro Maestà si abbracciarono a vicenda, mentre il comandante dell’esercito impugnò rapidamente la spada.

    gridò tra il fragore dei tuoni il re, ma non ricevette risposta. Il mago era completamente assorbito da quell’evocazione che richiedeva l’uso di tutti i suoi poteri.

    A un certo punto, tutto d’un tratto, il vento e i fulmini cessarono e tutto sembrò finito: riprese di nuovo il re facendo qualche passo in avanti

    rispose confuso ed esausto il mago che nel frattempo era caduto sulle ginocchia ai piedi del leggio

    li interrupe sir Robert.

    chiese voltandosi re Iron.

    disse il cavaliere indicando con un cenno del capo lo specchio che si trovava al centro della stanza.

    Tutti si voltarono verso lo specchio: nel riflesso vi era un vortice nero e tutti i fulmini che prima si erano scatenati nella stanza erano racchiusi al suo interno.

    esclamò con un sospiro Leaf rialzandosi in piedi.

    chiese il re.

    chiese con voce preoccupata la regina poi guardando il marito aggiunse

    I sovrani si guardarono intensamente, ma prima che uno dei due potesse proferire parola, Leaf li interruppe:

    lo anticipò il principe.

    esclamarono tutti i presenti.

    urlò il re prendendo per la veste il mago

    cercò di scusarsi Leaf.

    esclamò il principe stringendo la madre forte a sé.

    disse in tono severo sir Robert sguainando la spada e avvicinandosi a Leaf.

    il mago, terrorizzato dall’idea che il comandante volesse ucciderlo, venne interrotto dal gesto dell’uomo che strappò il pendente dalla mano dell’anziano.

    Sir Robert gettò il gioiello nel vortice e poi si parò davanti allo specchio impugnando la sua spada:

    Una volta gettato il gioiello, il vortice cominciò a girare sempre più velocemente, diventando man mano sempre più bianco. Poi, all’improvviso, un bagliore accecante illuminò la stanza e un’onda d’urto colpì Robert in modo così forte da farlo cadere a terra. Tutti nella stanza rimasero storditi da quell’esplosione senza fuoco e una volta affievolitasi la luce, i cinque notarono che lo specchio era tornato normale e di fronte a questo giaceva una specie di grosso fagotto.

    Rimasero tutti sbigottiti per un po’, poi sir Robert si rialzò e cominciò ad avvicinarsi lentamente a quella strana cosa informe. A pochi passi di distanza, il comandante si fermò: il fagotto cominciò a muoversi, facendo sussultare tutti. Si trattava di un grande mantello e sotto di esso vi giaceva qualcuno, o qualcosa…

    sussurrò il re.

    rispose sempre a bassa voce il cavaliere. Il mantello continuava a muoversi e si udivano degli strani versi simili a piccoli mugolii provenire da sotto di esso. Il comandante era ormai sopra a quello strano fagotto rosso e puntava la sua spada esattamente al centro di quel mantello, quando la creatura riuscì a trovare un varco nella stoffa e si scoprì emettendo un grande respiro.

    Robert si trovò di fronte a due grandi occhi scuri e un cespuglio di capelli neri che erano riusciti a far capolino da quell’ammasso di stoffa bordeaux.

    Da quello specchio era stata catapultata fuori una giovane ragazza avvolta in una coperta, che adesso si trovava in ginocchio di fronte al comandante dell’esercito. Tutti i presenti rimasero a dir poco sconcertati di fronte ad una cosa del genere; solo dopo alcuni attimi di silenzio, Robert chiese timidamente alla ragazza:

    La ragazza sgranò gli occhi, non capendo cosa quell’uomo le stesse chiedendo ed emise un altrettanto timido: .

    A quel punto si fece avanti Leaf gridando: poi aggiunse avvicinandosi alla ragazza

    La giovane, ancora intontita, rispose in tono confuso e sarcastico:

    chiese sorpreso Leaf.

    ragionò velocemente e in modo confuso la ragazza.

    A quel punto, Robert sorrise, rinfoderò la spada e disse in tono rassicurante: Così dicendo prese le mani della ragazza e l’aiutò ad alzarsi

    rispose intontita la ragazza.

    chiese in tono sarcastico l’uomo.

    chiese nervosamente il mago.

    chiese innocentemente la giovane al comandante.

    proruppe ancora il vecchio.

    esclamò il re. Sua Maestà si avvicinò a sua volta alla ragazza e aggiunse

    rispose mestamente la giovane guardandosi intorno.

    aggiunse sempre in tono calmo il re.

    rispose sir Robert interrompendo il dialogo tra il re e la ragazza.

    esclamò Leaf

    disse il comandante prendendo in mano il gioiello che la ragazza portava al collo.

    esclamò re Iron

    sussurrò Leaf osservando attentamente il pendente della ragazza chiese il mago.

    La ragazza prese a sua volta in mano il gioiello e lo osservò attentamente, poi dichiarò con un filo di voce:

    <È lei.> sentenziò sir Robert.

    La giovane guardò attonita i tre uomini, poi, prima che potesse chiedere spiegazioni, questi si inginocchiarono di fronte a lei. La ragazza rimase ancor più sorpresa, non riuscendo a dire neanche una parola. Poi il re, sempre a testa bassa, cominciò a parlare solennemente:

    La ragazza ancor più confusa, non riusciva a dare un senso alle parole di quell’uomo, era completamente persa e non sapeva cosa dire. In preda al panico, alzò gli occhi e incrociò gli sguardi della regina Kendra e del principe Phin. Quest’ultimo la fissò per un lungo istante, poi, facendo un cenno con il capo alla madre, ne lasciò la mano e si avvicinò alla giovane. Notando che ella lo guardava con occhi forse più

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