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Il cavaliere di Eron - Trilogia completa
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E-book1.173 pagine19 ore

Il cavaliere di Eron - Trilogia completa

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Info su questo ebook

L'intera trilogia epic-fantasy sulle avventure del mitico cavaliere di Eron finalmente raccolta in un unico e-book.
LinguaItaliano
Data di uscita31 lug 2016
ISBN9788822827234
Il cavaliere di Eron - Trilogia completa

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    Anteprima del libro

    Il cavaliere di Eron - Trilogia completa - Laura Santella

    www.ilcavalieredieron.jimdo.com

    Prefazione

    " Il cavaliere di Eron" è una saga epic-fantasy composta da tre libri autoconclusivi raccolti per la prima in quest'unico volume.

    Il cavaliere di Eron - L'avvento

    La storia è incentrata sulle avventure del mitico cavaliere di Eron: un guerriero senza macchia e senza paura, proveniente da un altro mondo, pronto ad affrontare chiunque e qualsiasi cosa pur di difendere il regno di Eron ed il suo popolo. A ricoprire questo ruolo sarà chiamata una persona molto particolare che, a prima vista sembrerà estremamente inadatta, ma che, alla fine, si rivelerà forse la carta vincente per sconfiggere il terribile e spietato re Kales di Lamdas ed il suo esercito stregato.

    Infatti, una potente ed oscura magia avvolge e fortifica i nemici di Eron che, in balìa di una guerra spietata e, apparentemente, senza senso, può solo rivolgere le proprie preghiere al leggendario cavaliere.

    Azione, intrighi, battaglie, magia, comicità e romanticismo in una storia che vi coinvolgerà e vi terrà col fiato sospeso fino all’ultimo capitolo. La chiave di tutto saranno i dettagli…

    Quale sarà il destino di Eron e del suo cavaliere?

    Il cavaliere di Eron - Il ritorno

    Anche questa volta, Jade è costretta a vestire di nuovo i panni del cavaliere di Eron per proteggere il regno di re Iron da una nuova minaccia.

    Un misterioso guerriero, dal volto mascherato e dai grandi poteri magici, attacca improvvisamente la capitale con un esercito apparso dal nulla. Senza motivi apparenti e con una collera inspiegabile, sfiderà apertamente Jade che si troverà a dover intraprendere un nuovo viaggio verso terre a lei sconosciute.

    Antichi miti e nuovi pericoli accompagneranno i nostri eroi negli incantati boschi dell’est, dove si nascondono i resti di un’antica razza; ormai estinta, ma ancora ricca di mistero.

    Riuscirà Jade a riportare la pace ad Eron una volta per tutte?

    Il cavaliere di Eron - Le origini

    Un viaggio in un passato non passato che potrebbe sconvolgere il futuro. Nuove battaglie e vecchi nemici che renderanno questa conclusione una sorta di imprevedibile inizio.

    Conosceremo meglio la storia dei due fratelli Nannit e molte sfumature quasi impercettibili si riveleranno per quello che sono: passi fondamentali nella storia del tempo.

    Passato, presente e futuro si intrecceranno in maniera quasi inestricabile e molti nodi verranno al pettine.

    Jade affronterà nuovamente l’odiato Krempsee, ma stavolta non avrà i suoi soliti alleati a supportarla. Riuscirà comunque a sconfiggere il suo avversario o sarà il demone a governare sul futuro?

    Questa è la resa dei conti che l’universo intero stava aspettando…

    Laura Santella

    IL CAVALIERE

    DI ERON

    - L’AVVENTO -

    CAPITOLO 1

    ERON

    " Ed Egli verrà. La sua spada, bianca come l’alabastro e spietata come l’alba, brillerà al Sole di un nuovo giorno. La sua ira si abbatterà sui malvagi per difendere i deboli e gli oppressi. Un grido di libertà si alzerà in aria e un’onda di fuoco sbaraglierà i nemici del popolo. Eron sarà salvata dal suo cavaliere."

    Un pianto rabbioso e disperato incrinava le parole di colui che le pronunciava: un bambino dagli occhi color cenere che ormai non sorridevano più da lungo tempo. Il suo volto aveva perso tutta la gioia e la spensieratezza della sua età, lasciando il posto ad una paura che attanagliava tutta l’anima.

    proruppe, anch’essa in lacrime, un’altra bambina della stessa età; un piccolo cespuglio di capelli biondi dal viso sporco e gli occhi verdi. aggiunse con una nota di speranza la piccola.

    A queste parole, il maestro fece un piccolo sorriso, chiuse il grande libro che teneva sulle ginocchia e si alzò in piedi. Un uomo anziano, dalla lunga e sottile barba bianca, faceva da maestro a questo piccolo gruppo di bambini in una stanza buia e fredda, illuminata solo dalla tenue luce di alcune candele. Il vecchio maestro aveva gli occhi buoni, azzurri come il ghiaccio, e sotto un caldo cappuccio nascondeva un ciuffo di capelli ribelli, bianchi e scompigliati. Portava una lunga veste di velluto blu rifinita con cuciture color oro. Era alto e snello e, se non fosse stato per le mani adunche e piene di calli, tutti l’avrebbero scambiato per un nobile.

    disse in tono rassicurante il vecchio maestro, poggiando la propria mano sulla testa della bambina, che intanto si asciugava le lacrime

    interruppe un altro bambino dall’aspetto goffo e i capelli rossi.

    sorrise ancora il vecchio

    riprese a urlare Maurice:

    urlò Geraldine.

    gridò Maurice tra lacrime avvelenate da rabbia e dolore. Tutti rimasero ammutoliti; il piccolo Maurice, in preda al suo strazio, uscì correndo dalla stanza e, così facendo, si scontrò con un uomo che lo fece cadere a terra.

    Il piccolo, intontito dal colpo, scosse la testa ed alzò lo sguardo, spalancando gli occhi. Tutti gli altri bambini, vedendo chi era appena entrato nella loro stanza, si alzarono da terra e si inginocchiarono solennemente come dei piccoli cavalieri; solo il maestro rimase in piedi, chinando il capo e togliendosi il cappuccio.

    L’uomo, che sembrava avere tra i cinquantacinque e i sessant’anni, indossava una veste blu dai bordi neri, con le maniche lunghe e cuciture dorate sulle spalle e ai polsi; al centro del petto vi era lo stemma del regno: uno scudo diviso a metà da una diagonale bianca; da una parte erano raffigurate quattro stelle bianche, dall’altra la testa di un leone che ruggiva, le prime su fondo blu, la seconda su fondo giallo. L’uomo indossava anche un mantello rosso mattone, stivali e cintura di cuoio, lunghi pantaloni dello stesso colore della casacca ed una sottile corona d’oro sulla testa. Era il re.

    Egli, vedendo il bambino a terra con un’aria sorpresa e spaventata allo stesso tempo, gli sorrise; poi lo aiutò ad alzarsi, sollevandolo di peso. Gli spolverò le braccia e appoggiò le sue grandi mani sulle sue piccole spalle; dopodiché, guardandolo dritto negli occhi, gli disse:

    esclamò Maurice.

    continuò il re sfiorandogli una guancia con la mano Poi, ergendosi di fronte a tutti, cambiò tono ed aggiunse Il re fece una piccola pausa, chiudendo gli occhi; infine riprese con un sospiro

    Le parole e il sorriso del re commossero tutti. Un uomo grande e grosso come lui, con il volto severo e la voce ruvida, che continuava però a credere nel domani più di loro che erano dei bambini. Finalmente un sorriso, anche se rigato da alcune lacrime, si affacciò sul volto di Maurice che, con un filo di voce, ringraziò il suo re.

    riprese il vecchio maestro interrompendo il silenzio Così i piccoli lasciarono lentamente la stanza, in ordine e in silenzio, facendo sfuggire solo qualche saluto e qualche piccolo inchino.

    Una volta che la stanza fu vuota, il re chiuse la porta e si avvicinò al maestro:

    sospirò l’anziano.

    disse concitatamente il re.

    proseguì il re.

    spiegò il mago.

    disse scoraggiato il re aggiunse mestamente.

    Un silenzio assordante calò nella stanza. Re Iron aveva ragione: la situazione era insostenibile. La città di Eron, capitale dell’omonimo regno, era assediata ormai da dieci anni, l’esercito era stato quasi completamente massacrato e il popolo viveva di stenti. I campi, che si trovavano fuori dalle mura, non potevano essere coltivati e le scorte stavano per esaurirsi. I contadini che, mossi dalla fame, osavano uscire dalle mura, venivano uccisi o resi schiavi dall’esercito nemico e gli alleati di re Iron non riuscivano ad avvicinarsi alla città. Persino il regno di Bermax, guidato dal fratello minore di re Iron, Sigfried, che distava alcuni giorni dalla capitale, non poteva essere d’aiuto al regno di Eron, poiché tutti i confini erano sotto il controllo dell’invincibile nemico.

    Il regno di Lamdas era ormai padrone di tutto il territorio di Eron, di ogni sua collina, di ogni sua pianura, di ogni suo fiume e di ogni suo filo d’erba. La bellezza di Eron, famosa in ogni dove, si stava ormai sfaldando sotto i violenti attacchi di Lamdas. Il suo re, Kales, era da sempre un nemico del popolo, ma l’esercito di re Iron ogni volta era stato in grado di difendersi. Da dieci anni, Lamdas governava il destino di Eron solo grazie alla magia. Re Kales infatti, un giorno, chissà come, era entrato in possesso di poteri mai visti prima, che neanche il potente mago di Eron, Leaf, era riuscito a contrastare. E così, i confini di Eron si facevano sempre più stretti di giorno in giorno. L’esercito di Lamdas, rafforzato dalla magia di Kales, risultava invincibile e ormai per il popolo restava una sola speranza: il mitico cavaliere di Eron.

    Infatti, fin dall’alba dei tempi, a Eron vi era questa leggenda: un mitico cavaliere, proveniente da un altro mondo, con una forza sconfinata e illimitati poteri magici, sarebbe comparso ogni qualvolta il popolo di Eron ne avesse avuto bisogno. Con la sua bianca spada ed il suo nero destriero avrebbe difeso i giusti e sconfitto i malvagi. Il cavaliere di Eron avrebbe protetto il regno per sempre, a patto di rimanere sempre e solo un cavaliere; infatti Egli non sarebbe mai potuto salire sul trono, o avrebbe portato la sciagura più nera su tutto il regno. La leggenda narrava anche che il mitico cavaliere fosse già apparso in precedenza, una volta, moltissimi anni prima. Gli scritti che narravano le sue vicende erano numerosi, ma i pochi quadri che lo ritraevano e le altrettanto rare prove della sua reale esistenza erano soprattutto frutto della fantasia di alcuni sognatori. Infatti non erano mai state ritrovate vere e tangibili prove del suo passaggio su quella terra, ma la fede in lui era paragonabile a quella che si può avere in un Dio.

    E così, ormai da dieci anni, il popolo aspettava la venuta del suo cavaliere; invano. Gli uomini morivano in guerra e le donne dovevano allevare i figli a pane, acqua e poco più. La fame portò le malattie, che fecero strage di vecchi e bambini. Erano ormai pochi quelli che ancora nutrivano speranze di salvezza, ma re Iron era uno di loro e non voleva rassegnarsi alla disfatta del suo regno e alla morte della sua gente.

    Così, dopo aver visto la disperazione dei suoi uomini aggrapparsi anche sui loro figli, ordinò al mago di corte di evocare il cavaliere di Eron, qualsiasi cosa questo avesse comportato. Leaf non poteva ribellarsi a un ordine diretto del suo re e così il giorno seguente ebbe inizio il rito di evocazione.

    Re Iron, sua moglie, la regina Kendra, e il principe Phin raggiunsero lo stregone nelle sue stanze, seguiti poco dopo dal comandante dell’esercito, sir Robert di Eron. I tre regnanti entrarono per primi nelle camere assegnate al mago e attesero che li raggiungesse anche il loro cavaliere più fidato. Sir Robert, infatti, conosceva da moltissimi anni i reali, combattendo in giovane età anche al fianco del fratello del re, quando questi abitava ancora a Eron. Il comandante era un uomo più o meno della stessa età del re, forse di poco più vecchio. Aveva i capelli corti e brizzolati e una barba un po’ ispida, ma ben curata. Quando raggiunse i sovrani, indossava, come di consueto, l’uniforme militare: la casacca grigia-bluastra con lo stemma di Eron sul petto, il mantello blu scuro e la spada in vita; nonostante non si intravedesse dalle vesti, il rumore della cotta di maglia che sir Robert portava sotto la divisa era facilmente distinguibile.

    Lo stanzone del mago si trovava nel sottosuolo, nelle fondamenta del castello; erano stati tolti tutti i mobili e la stanza somigliava a una piazza d’armi. Sul pavimento era disegnato un enorme cerchio con della polvere bianca e tutto intorno vi era tracciato uno strano disegno con pietre bianche e altre polveri nere, verdi e rosse. Al centro si ergeva un enorme specchio dai bordi intarsiati d’oro.

    Leaf li stava aspettando davanti a un leggio, sul quale troneggiava un grande e antico libro.

    chiese solennemente il mago al suo re.

    rispose egli altrettanto solennemente

    A queste parole, la regina si tolse dal collo un piccolo gioiello: un rubino rosso, incastonato in una piccola catenina d’oro. Sua Maestà porse al re il gioiello; la mano le tremava come non mai e il suo volto, sempre disteso e rassicurante, era attraversato da un’inquietudine che le attanagliava corpo e mente. I suoi bellissimi occhi azzurri erano sul punto di piangere e non poteva fare a meno di stringere tra le mani una piccola parte della gonna del suo vestito di velluto celeste per cercare di smorzare la tensione che la sconvolgeva oltre ogni previsione. Vedendola così agitata, il principe Phin le prese la mano, facendole lasciare il vestito, e gliela strinse forte. Anche lui temeva il peggio, ma non poteva farsi vedere preoccupato dalla madre, così prese tutto il coraggio accumulato nei suoi ventitré anni e le disse con voce ferma: Sua Maestà si voltò e i due si sorrisero.

    Kendra accarezzò il volto di suo figlio e strinse a sua volta la mano del giovane. Questi, che aveva ereditato dalla madre l’azzurro degli occhi e il biondo dei capelli, cercava di tranquillizzare il più possibile la regina. Con la sua veste da cerimonia bianca, simile a quella del padre come modello, cercava di distrarre la madre baciandole le mani e accarezzandole i capelli; la regina, dal canto suo, rispondeva a ogni gesto del giovane quasi senza pensare.

    Mentre madre e figlio si davano coraggio a vicenda, re Iron consegnò il pendente a Leaf; il mago guardò attentamente il gioiello, poi chiese al re:

    rispose il re senza esitazione.

    Così Leaf fece un sospiro, impugnò saldamente il gioiello, lanciò uno sguardo alla regina e al principe che risposero con il capo e alzò il pendente fin sopra la sua testa verso il cerchio disegnato a terra, quasi a indicare il centro dello specchio che gli si parava di fronte. Dopodiché cominciò a leggere la lunga formula magica scritta nel libro sul leggio.

    Ormai non si tornava più indietro.

    CAPITOLO 2

    JADE

    Un raggio di Sole filtrò dalle nuvole grigie che coprivano il cielo ed entrò nei suoi occhi come per illuminarli. Un’altra interminabile mattina stava per finire, quando Jade si trovò a sorridere per quel piccolo spiraglio di luce.

    DRIIIIIN

    Un vociare confuso e un baccano di sedie e banchi riempivano le aule e i corridoi di quella scuola superiore che si trovava nella periferia della città. Tutti gli alunni correvano verso l’uscita, ridendo e scherzando tra loro. Solo Jade raccolse i suoi libri in silenzio e si incamminò da sola verso la porta.

    Chiese l’insegnante alla giovane.

    rispose ella con un sorriso sottile

    Lungo i corridoi nessuno si fermava a parlare con lei, solo alcuni insegnanti le rivolgevano un saluto; nell’atrio l’aspettava un gruppo di compagni che, come ogni giorno, le riempiva le orecchie di false lusinghe e prepotenti richieste: Neanche un saluto ed ecco che se andavano tutti senza aspettar risposta.

    bofonchiò Jade.

    le rispose uno dei suoi insegnanti che si trovava lì per caso. Si trattava di un uomo sui quaranta, con i capelli neri e il pizzetto. Il classico professore giovanile, vagamente hippy.

    ribatté con tono sarcastico la ragazza riprendendo il discorso.

    aggiunse l’uomo con un sorriso e guardandola da sopra gli occhiali da sole rosso chiaro. Jade ricambiò con uno sguardo poco convinto.

    L’uomo si mise a ridere, poi, vedendo che la giovane non stava ridendo, aggiunse in tono più serio

    rispose con un sospiro Jade

    La giovane uscì finalmente dall’edificio, inforcò la sua bicicletta e si diresse a casa.

    Jade era una ragazza appena maggiorenne, aveva lunghi capelli neri e grandi occhi scuri. Il suo viso era gentile, ma lo sguardo severo lo faceva sembrare quasi spigoloso. La corporatura esile era sempre ben nascosta sotto abiti grandi, ma sportivi; la sua piccola statura contrastava con il suo grande animo, che in pochi riuscivano a scorgere sotto la sua timida insicurezza.

    Arrivata a casa, ripose la bici nel cortile e suonò il campanello; come sempre ad aspettarla trovò la madre, che la accolse con un sorriso:

    rispose Jade in tono monotono e guardandosi intorno.

    l’anticipò la madre aggiunse.

    disse con un sospiro severo la ragazza mettendosi a sedere a tavola.

    aggiunse la madre facendo finta di non aver sentito l’ultima frase della figlia < Sai oggi ho il doppio turno e tornerò tardi.>

    rispose tranquillamente Jade.

    riprese la donna La giovane scosse il capo.

    Erano ormai anni che le cose nella vita di Jade funzionavano a quel modo e non lo sopportava più. L’indifferenza più totale regnava nella sua famiglia, dove tutto era addossato solo sulle spalle di sua madre: una donna buona, ma cocciuta, che rifiutava qualsiasi tipo di aiuto, per poi lamentarsi di non riceverne alcuno. Non che gli aiuti offerti fossero poi molti, ma i pochi che venivano suggeriti da Jade erano rispediti al mittente.

    Ella si sentiva completamente impotente, nella sua vita non aveva il controllo di nulla. Non aveva amici o amiche, le uniche conoscenze erano quelle scolastiche e funzionavano solo a senso unico. Si era accorta di quanto le sue amicizie fossero false solo qualche anno prima, quando, calati i voti per motivi di salute, calarono anche gli amici.

    Questo si era sentita rispondere allora.

    Ma ormai non le importava più. Non era la solitudine a farle male. Ma era l’indifferenza la cosa che più la infastidiva: l’indifferenza di suo padre per lei e sua madre, l’indifferenza del resto dei suoi parenti per la loro situazione, l’indifferenza dei suoi compagni che però la ricoprivano di impegni, l’indifferenza degli insegnanti che non facevano niente per liberarla da quella schiavitù silente, ma che anzi la alimentavano! Jade era al limite.

    Finito il pranzo, la giovane andò in camera sua, si coprì le spalle con una coperta per riscaldarsi e iniziò subito a fare i compiti, i suoi e quelli degli altri. Sentì rientrare suo padre, che non le rivolse neanche un saluto e, d’altro canto, anche lei fece finta di niente.

    Il cellulare veniva tempestato di messaggi dei compagni che elencavano richieste su richieste e a un certo punto Jade si ritrovò a pensare alla sua vita. Non sapeva neanche lei a cosa stava pensando precisamente, però improvvisamente cominciarono a uscire le lacrime. Era da tantissimo tempo che non piangeva e questo la sconvolse ancora di più. Per non dare ulteriori dispiaceri alla madre, aveva smesso di piangere; le poche volte che si concedeva questo sfogo era di notte mentre era a letto, ma si costringeva a non emettere neanche un suono: si strozzava i singhiozzi in gola e faceva scorrere le lacrime sulle tempie in modo che non bagnassero il volto. Una volta smesso di piangere, con il tempo aveva anche smesso di pensare e si era lasciata vivere così, come veniva. Prendeva dalla vita ciò che le passava davanti per caso, senza fare niente per migliorare la sua situazione. Si era arresa.

    Jade corse in bagno con la coperta ancora sulle spalle, prima che qualcuno la potesse vedere, e vi si chiuse dentro. Continuava a frenare i singhiozzi, ma stavolta non ci riusciva. Le lacrime continuavano a uscire e i pensieri ad affollarsi nella sua mente. Quando a un tratto, cercando di calmarsi, si sciacquò il viso e poi si specchiò. Aveva il viso paonazzo, gli occhi rossi e pieni di lacrime; il primo istinto fu quello di distogliere lo sguardo.

    Ma poi, con la fronte bassa e i capelli che le coprivano il viso, disse con voce rotta dal pianto: <È questo che ho fatto finora. Guardavo la mia vita riflessa in uno specchio e visto che ciò che vedevo non mi piaceva, mi voltavo dall’altra parte e lasciavo che tutto rimanesse così, facendo finta di niente.> Le mani le tremavano e il respiro era affannato; poi riprese con voce sempre più decisa: < Ma adesso basta… Non voglio più fuggire. O non avrò più il coraggio di guardare di nuovo né l’immagine riflessa in questo specchio né la mia stessa vita.> Jade batté il pugno sul bordo del lavandino per la rabbia: urlò la ragazza alzando la testa e riflettendosi nello specchio che aveva di fronte. In quel momento Jade si sentì come travolta da una grande ventata d’aria fresca, le sembrò come di respirare per la prima volta.

    E poi…

    CAPITOLO 3

    L’AVVENTO DEL CAVALIERE

    Non appena Leaf ebbe completato di recitare la lunghissima formula magica, un lampo illuminò il castello. Un vento violentissimo scosse tutta la stanza e fulmini e saette provenienti dallo specchio colpivano ripetutamente il gioiello che il mago teneva in mano.

    Tutte le torce si spensero e le polveri che segnavano a terra il cerchio magico iniziarono a volare in tutta la stanza. Poi lo specchio divenne completamente nero e improvvisamente le torce che si erano spente si riaccesero da sole e le polveri vennero assorbite all’interno del riflesso.

    Re Iron, la regina, il principe, sir Robert e lo stesso Leaf non credevano ai loro occhi. Le Loro Maestà si abbracciarono a vicenda, mentre il comandante dell’esercito impugnò rapidamente la spada.

    gridò tra il fragore dei tuoni il re, ma non ricevette risposta. Il mago era completamente assorbito da quell’evocazione che richiedeva l’uso di tutti i suoi poteri.

    A un certo punto, tutto d’un tratto, il vento e i fulmini cessarono e tutto sembrò finito: riprese di nuovo il re facendo qualche passo in avanti

    rispose confuso ed esausto il mago che nel frattempo era caduto sulle ginocchia ai piedi del leggio

    li interrupe sir Robert.

    chiese voltandosi re Iron.

    disse il cavaliere indicando con un cenno del capo lo specchio che si trovava al centro della stanza.

    Tutti si voltarono verso lo specchio: nel riflesso vi era un vortice nero e tutti i fulmini che prima si erano scatenati nella stanza erano racchiusi al suo interno.

    esclamò con un sospiro Leaf rialzandosi in piedi.

    chiese il re.

    chiese con voce preoccupata la regina poi guardando il marito aggiunse

    I sovrani si guardarono intensamente, ma prima che uno dei due potesse proferire parola, Leaf li interruppe:

    lo anticipò il principe.

    esclamarono tutti i presenti.

    urlò il re prendendo per la veste il mago

    cercò di scusarsi Leaf.

    esclamò il principe stringendo la madre forte a sé.

    disse in tono severo sir Robert sguainando la spada e avvicinandosi a Leaf.

    il mago, terrorizzato dall’idea che il comandante volesse ucciderlo, venne interrotto dal gesto dell’uomo che strappò il pendente dalla mano dell’anziano.

    Sir Robert gettò il gioiello nel vortice e poi si parò davanti allo specchio impugnando la sua spada:

    Una volta gettato il gioiello, il vortice cominciò a girare sempre più velocemente, diventando man mano sempre più bianco. Poi, all’improvviso, un bagliore accecante illuminò la stanza e un’onda d’urto colpì Robert in modo così forte da farlo cadere a terra. Tutti nella stanza rimasero storditi da quell’esplosione senza fuoco e una volta affievolitasi la luce, i cinque notarono che lo specchio era tornato normale e di fronte a questo giaceva una specie di grosso fagotto.

    Rimasero tutti sbigottiti per un po’, poi sir Robert si rialzò e cominciò ad avvicinarsi lentamente a quella strana cosa informe. A pochi passi di distanza, il comandante si fermò: il fagotto cominciò a muoversi, facendo sussultare tutti. Si trattava di un grande mantello e sotto di esso vi giaceva qualcuno, o qualcosa…

    sussurrò il re.

    rispose sempre a bassa voce il cavaliere. Il mantello continuava a muoversi e si udivano degli strani versi simili a piccoli mugolii provenire da sotto di esso. Il comandante era ormai sopra a quello strano fagotto rosso e puntava la sua spada esattamente al centro di quel mantello, quando la creatura riuscì a trovare un varco nella stoffa e si scoprì emettendo un grande respiro.

    Robert si trovò di fronte a due grandi occhi scuri e un cespuglio di capelli neri che erano riusciti a far capolino da quell’ammasso di stoffa bordeaux.

    Da quello specchio era stata catapultata fuori una giovane ragazza avvolta in una coperta, che adesso si trovava in ginocchio di fronte al comandante dell’esercito. Tutti i presenti rimasero a dir poco sconcertati di fronte ad una cosa del genere; solo dopo alcuni attimi di silenzio, Robert chiese timidamente alla ragazza:

    La ragazza sgranò gli occhi, non capendo cosa quell’uomo le stesse chiedendo ed emise un altrettanto timido: .

    A quel punto si fece avanti Leaf gridando: poi aggiunse avvicinandosi alla ragazza

    La giovane, ancora intontita, rispose in tono confuso e sarcastico:

    chiese sorpreso Leaf.

    ragionò velocemente e in modo confuso la ragazza.

    A quel punto, Robert sorrise, rinfoderò la spada e disse in tono rassicurante: Così dicendo prese le mani della ragazza e l’aiutò ad alzarsi

    rispose intontita la ragazza.

    chiese in tono sarcastico l’uomo.

    chiese nervosamente il mago.

    chiese innocentemente la giovane al comandante.

    proruppe ancora il vecchio.

    esclamò il re. Sua Maestà si avvicinò a sua volta alla ragazza e aggiunse

    rispose mestamente la giovane guardandosi intorno.

    aggiunse sempre in tono calmo il re.

    rispose sir Robert interrompendo il dialogo tra il re e la ragazza.

    esclamò Leaf

    disse il comandante prendendo in mano il gioiello che la ragazza portava al collo.

    esclamò re Iron

    sussurrò Leaf osservando attentamente il pendente della ragazza chiese il mago.

    La ragazza prese a sua volta in mano il gioiello e lo osservò attentamente, poi dichiarò con un filo di voce:

    <È lei.> sentenziò sir Robert.

    La giovane guardò attonita i tre uomini, poi, prima che potesse chiedere spiegazioni, questi si inginocchiarono di fronte a lei. La ragazza rimase ancor più sorpresa, non riuscendo a dire neanche una parola. Poi il re, sempre a testa bassa, cominciò a parlare solennemente:

    La ragazza ancor più confusa, non riusciva a dare un senso alle parole di quell’uomo, era completamente persa e non sapeva cosa dire. In preda al panico, alzò gli occhi e incrociò gli sguardi della regina Kendra e del principe Phin. Quest’ultimo la fissò per un lungo istante, poi, facendo un cenno con il capo alla madre, ne lasciò la mano e si avvicinò alla giovane. Notando che ella lo guardava con occhi forse più spaventati dei suoi, le fece la domanda più semplice del mondo:

    esclamò il re alzandosi improvvisamente in piedi poi parlando di nuovo con la ragazza, in tono più umile

    esclamò la giovane sorrise la ragazza; poi rivolgendosi timidamente al principe, aggiunse

    disse il giovane facendo un piccolo inchino. Finalmente Jade poté sorridere; tutta quella tensione si era allentata e così iniziò a parlare.

    disse gentilmente ai due uomini ancora inginocchiati di fronte a lei riprese

    proruppe Leaf

    constatò il re.

    confermò Jade.

    La ragazza scosse mestamente la testa ed aggiunse un velato:

    disse Leaf.

    provò a suggerire Robert.

    <È possibile…> aggiunse la regina che nel frattempo si era avvicinata.

    riprese il mago

    chiese la ragazza sgranando gli occhi poteri?> aggiunse accennando una piccola risata.

    rispose Leaf.

    A quel punto Jade scoppiò in una fragorosa risata che spiazzò tutti i presenti: riprese ancora ridendo La ragazza non riusciva a smettere di ridere, ma poi, notando che gli altri non stavano affatto ridendo, smise di scherzare disse sorpresa la ragazza. I cinque continuarono a stare in silenzio, guardandosi a vicenda riprese ancora una volta Jade

    proruppe il re in tono collerico

    si scusò il mago

    sussurrò Robert che continuava a squadrare la giovane da capo a piedi.

    chiese re Iron ancora con una punta d’ira.

    rispose il re.

    <É vero.> constatò sir Robert

    interruppe Leaf.

    <Cuore di cavaliere, veste di dama> riprese il comandante Sir Robert si voltò verso Jade e, continuando a fissarla, proseguì avvicinandosi

    Jade fissava il comandante con occhi spalancati; quell’uomo che non aveva mai incontrato prima, nutriva una così grande fiducia in lei tale da andare contro la logica comune. Eppure era un uomo adulto, sembrava avere più o meno sessant’anni, e le cicatrici che portava sul volto facevano capire che non era vissuto nella bambagia, in mezzo alle favole di un castello. Nonostante ciò lui era convinto, oltre ogni ragionevole dubbio, che lei fosse il fantomatico cavaliere di Eron.

    riprese il re

    confermò Leaf.

    interruppe Phin

    affermò Robert sfoderando la spada e consegnandola a Jade

    La ragazza prese l’arma senza riuscire a proferire parola. Era confusa, intontita e completamente sconvolta da quello che stava succedendo.

    Quando sir Robert impugnò un’altra spada e si mise in guardia, allora realizzò quello che sarebbe accaduto di lì a poco: Ma le parole convulse di Jade non riuscirono a fermare il comandante, che si lanciò contro la ragazza. Questa emise un grido di terrore e alzò la spada davanti al suo viso, parando miracolosamente il colpo dell’uomo, ma la forza del fendente le fece fare qualche passo indietro.

    disse sorridendo sir Robert.

    ripeté Jade quasi in lacrime con ancora la spada davanti al viso. Ma il comandante era deciso ad andare fino in fondo, così si mosse rapidamente di nuovo verso la ragazza, pronto a sferrare un altro attacco. A quel punto, presa dal panico, Jade impugnò la spada più forte che poteva, chiuse gli occhi e gridò

    A quelle parole una sfera di vento e fuoco avvolse per qualche istante la ragazza, respingendo Robert con una forza tale da scagliarlo quasi dall’altra parte della stanza. L’uomo finì contro una parete e cadde a terra dolorante, mentre tutti gli altri presenti osservarono la scena nel silenzio più assoluto. I loro sguardi erano colmi di sorpresa, paura e felicità allo stesso tempo. Quella era la prova. Il cavaliere di Eron era tornato!

    Jade aprì lentamente gli occhi e vide sir Robert che si alzava lentamente da terra e tutti i presenti che la guardavano con meraviglia. chiese con un filo di voce la giovane, allentando la presa sulla spada. Poi abbassò lo sguardo e vide il pavimento intorno a lei come annerito dal fuoco chiese scioccata. Robert, che nel frattempo aveva raggiunto gli altri, si scambiò uno sguardo d’intesa con il re, che , a sua volta, lo scambiò con tutti gli altri.

    A quel punto i cinque si avvicinarono con passo sicuro alla ragazza, che, invece, era ancora spaventata; quando le furono davanti, le sorrisero e si inginocchiarono di nuovo tutti ai suoi piedi. Jade rimase ancora una volta senza fiato, poi il re pronunciò di nuovo le parole che le aveva già detto qualche minuto prima:

    CAPITOLO 4

    ROSALIE

    Quelli che seguirono furono minuti interminabili per Jade: re Iron, Leaf e gli altri le raccontarono il mito del cavaliere di Eron, come già in passato avesse difeso il regno e come adesso avrebbe dovuto fare di nuovo. Le spiegarono la situazione travagliata che stava lacerando il paese e a quel punto la ragazza non aveva più parole per cercare di convincere i presenti che lei non era e non era mai stata né un cavaliere, né tanto meno un eroe di qualche tipo; lei era solo una secchiona senza coraggio.

    Ma re Iron non voleva ascoltare. La gioia di aver finalmente nel suo castello il mitico cavaliere di Eron, lo rendeva sordo a tutte le parole di Jade e come lui anche Leaf e sir Robert erano a dir poco entusiasti all’idea di dover iniziare da lì a poco, l’addestramento della giovane. Solo la regina Kendra cercava di dare una sorta di conforto a Jade, incoraggiandola a provare e a credere in se stessa; vedere quella giovane ragazza spaesata e impaurita, risvegliava in lei tutto il suo istinto materno e questo fatto era molto gradito da Jade, che non faceva altro che pensare Cosa starà facendo mamma? Cosa direbbe lei di tutto questo?

    L’unico che se ne stava in silenzio era il principe Phin. Infatti lui non credeva affatto che la ragazza fosse il cavaliere di Eron e tutta quella messa in scena non faceva che infastidirlo e preoccuparlo allo stesso tempo: quella ragazza sarebbe stato solo l’ennesimo e inutile sacrificio a quella guerra.

    Dopo le dovute spiegazioni, Leaf e Robert si congedarono, lasciando Jade nelle mani delle Loro Maestà: disse Leaf in tono entusiasta

    chiese frastornata Jade

    combattimento intendete proprio combattimento? Cioè con la spada e tutto il resto?>

    rispose il comandante

    rassicurò il re.

    Nonostante le belle parole, Jade non era affatto tranquilla: I due salutarono anche i sovrani e poi si allontanarono.

    A quel punto, Jade venne accompagnata dalle Loro Maestà per tutto il castello; infatti avrebbe alloggiato proprio tra le mura della corte in quanto cavaliere di Eron. Così la giovane visitò gran parte del castello: la prima stanza a esserle presentata fu la sala del consiglio, dove il re si riuniva con i suoi cavalieri per prendere le decisioni più importanti. Era un enorme stanzone rettangolare con un trono al centro della parete più corta e due lunghe file di sedie, anch’esse simili a troni, sulle pareti laterali; Jade ne contò in tutto venti: Quindi il re dovrebbe avere ben venti cavalieri al suo servizio. Il regno di Eron deve avere un territorio molto esteso. pensò la ragazza mentre il re continuava a descriverle la stanza. Tre grandi finestre poste dietro il trono principale illuminavano la sala e lungo le altre pareti erano posizionate delle piccole lanterne spente. Era una stanza poco elegante, ma strettamente pratica.

    Il secondo pezzo forte fu il salone principale, dove avvenivano le cerimonie più importanti e maestose. Vi si accedeva direttamente dall’atrio principale del castello, da dove presumibilmente entravano gli invitati a corte, mentre i sovrani e gli ospiti più importanti potevano scendere da una lunga scalinata laterale che terminava di fianco all’ingresso principale. In fondo alla stanza vi erano due troni più grandi e uno, leggermente meno maestoso, sulla sinistra. Lungo le pareti laterali della stanza vi erano numerosissimi candelabri, spenti, e sopra di essi una lunga fila di finestre. La stanza era ricca di addobbi, drappeggi bordeaux a ogni angolo e numerose antiche armature appoggiate alle colonne laterali del salone. Il pavimento aveva dei disegni bellissimi, tutti in tonalità beige e arancio con qualche dettaglio in madreperla; il soffitto era affrescato con raffinati dipinti e al centro vi pendeva un enorme lampadario d’oro e cristallo, ricco di candele e nastri color porpora.

    In seguito, a Jade vennero illustrate la sala da pranzo, l’armeria e alcuni alloggi della servitù. Dopodiché fu il turno del giardino di corte.

    Quest’ultimo incantò letteralmente Jade. Era ricco di piante e fiori che non aveva mai visto e altre invece che le ricordavano casa sua. Già. Chissà in quel momento cosa stava accadendo a casa sua? La giovane continuava a chiederselo senza trovare una risposta. Mentre era intenta a pensare, si trovò a fissare un cespuglio di rose; il giardiniere aveva appena finito di annaffiarle ed erano bellissime.

    chiese re Iron a Jade.

    TUMP

    Non appena terminata quella frase si era udito un tremendo grido e qualcosa era caduto sul cespuglio di rose che Jade stava ammirando, distruggendolo.

    Tutti si sporsero sul cespuglio di rose per vedere chi vi era appena caduto dentro. Così fece anche Jade e vide che a cadere sulle rose era stata una ragazzina di circa dodici anni, dai capelli biondi e la pelle candida. La giovane era vestita quasi di stracci ed era completamente coperta di graffi.

    tuonò il re prendendo la ragazza per un braccio, facendola uscire in malo modo dal cespuglio.

    infuriò ancora re Iron strattonando la ragazzina. Questa, con il viso sporco e le lacrime agli occhi, incrociò lo sguardo di Jade, che si rese conto del pericolo che stava correndo la piccola serva. Aveva già capito che in quel mondo tutto ciò che poteva anche solo lontanamente recare offesa o dispiacere al cavaliere di Eron, ovvero a lei, poteva costare molto caro.

    Così, mentre il re elencava i tipi di punizione che avrebbe dovuto subire la giovane, Jade lo interruppe: chiese tra il timido e il solenne.

    rispose prontamente il re, smettendo per un attimo di strattonare la servetta.

    chiese sorpreso il re

    riprese la giovane Jade fece una piccola pausa, guardandosi intorno, cercando di inventarsi qualcosa, poi continuò

    chiese il re, sorpreso che il cavaliere avesse scelto l’angolo più buio del giardino.

    Tutti i presenti rimasero imbambolati davanti a quel discorso farfugliato; poi Jade, rivolgendosi al re, aggiunse: A quelle parole, il re lasciò la ragazzina e balbettò un vago ringraziamento, anche se non aveva ben capito per cosa dovesse ringraziare.

    La giovane era imbarazzata a sua volta e accennò un piccolo inchino. Stava per andarsene, quando Jade la fermò:

    rispose prontamente la servetta fermandosi quasi sull’attenti.

    Jade le si avvicinò, poi le chiese:

    Mentre diceva questo, la giovane teneva lo sguardo basso. Jade prese un fazzoletto dalla tasca e le tamponò del sangue che le usciva da un piccolo taglio sulla fronte, in corrispondenza di una cicatrice che la giovane aveva già; la cicatrice di un brutto vecchio taglio che le attraversava la fronte dall’attaccatura dei capelli fino al sopracciglio sinistro. A quel gesto, la ragazzina alzò lo sguardo, non riuscendo a proferire parola. Una nobile che trattava così una semplice serva non si era mai vista!

    chiese Jade con un sorriso. La giovane rimase senza parole e guardava in modo imbarazzato Jade ed il re; fu questi a rispondere.

    chiese sorpresa Jade

    rispose secco il principe Phin

    Questa risposta gelò Jade e allo stesso tempo la fece infuriare: esclamò la ragazza Vostra Maestà, il vostro cavallo ce l’ha un nome? Il vostro cane ce l’ha un nome?>

    rispose imbarazzato il principe.

    Il principe non rispose e Jade continuò Vostra Maestà, sapreste coltivare una pianta o cucinare un pasto o semplicemente lavare le vostre bellissime vesti senza l’aiuto della servitù?>

    rispose ancora più imbarazzato Phin.

    contrastò il principe cercando di difendersi.

    Un silenzio assordante cadde nel giardino; poi Jade si rivolse al re <É vero che solo il padrone può dare un nome al suo servo?>

    rispose in modo calmo re Iron.

    esclamarono tutti.

    lo interruppe Jade <É possibile?>

    Il re guardò il suo nuovo cavaliere e la piccola serva, che intanto era rimasta sbigottita davanti ad una tale scena: rispose mestamente il re.

    ordinò il re alla ragazzina

    rispose agitata la giovane allontanandosi in fretta e furia.

    La visita del castello continuò per qualche altro minuto, ma in modo più silenzioso rispetto a prima. Poco dopo la regina Kendra si congedò e chiese al figlio di accompagnarla nei suoi alloggi, così Jade rimase sola con re Iron. Un silenzio freddo si insinuò tra i due; Jade si sentiva in colpa per la sfuriata di poco prima, soprattutto pensando a quanto il re aveva desiderato la sua venuta, o quanto meno la venuta del cavaliere di Eron.

    Così, a un certo punto, la ragazza prese tutto il suo coraggio ed iniziò a parlare:

    le rispose il re con un sorriso

    disse ridendo Jade

    Il re sorrise

    sorrise ancora il re <É da quando sei comparsa che ti rivolgi a me e agli altri in modo strano.>

    scusi mentre altre volte dici scusatemi. Ammetto di trovarla una cosa buffa! Si parla così nel tuo mondo?>

    Jade rise, arrossendo:

    Questo allegro scambio di battute risollevò il morale e fece dimenticare la discussione di poco prima. Finalmente, Jade venne accompagnata nelle sue stanze. A lei era riservata un’intera ala del castello: stanze per la servitù a lei dedicata, sala da pranzo, sala da bagno, camera, armeria e stanza dei ricevimenti. La ragazza rimase estasiata dalla bellezza delle camere e dallo stuolo di servitù che le venne assegnata, si sentiva quasi una principessa! Per prima cosa, come è facile immaginare, dette un nome a tutti i suoi servi, o meglio, chiese a ognuno di loro di scegliersi il proprio. Dopodiché, il re la lasciò nella sua stanza e le chiese di raggiungerlo nella sala da pranzo reale quando sarebbe stata l’ora di cena: disse il re a Jade, salutandola.

    Così la ragazza entrò nella sua camera e si buttò sul letto. Che giornata! Neanche quattro ore prima stava studiando matematica e adesso si ritrovava all’interno di un castello, servita e riverita, con il titolo di cavaliere. Ancora non riusciva a capacitarsene.

    TOC TOC

    Jade si alzò di scatto a sedere sul letto:

    La porta si aprì lentamente e sbucò una piccola testa bionda. Era la servetta che il re aveva ripescato tra le rose.

    Così Jade si alzò dal letto e si avvicinò alla giovane per uscire, quando si fermò sulla porta

    La ragazza arrossì. Nella sua breve vita era stata da sempre trattata solo come una serva, non aveva mai pensato a un nome:

    chiese Jade

    La servetta scosse mesta la testa, poi, con voce imbarazzata, disse:

    chiese impacciata il cavaliere.

    rispose la giovane.

    chiese Jade.

    La triste storia della ragazzina, fece scendere un mesto silenzio. Poi riprese, facendo un piccolo sorriso

    chiese Jade.

    spiegò la servetta.

    rispose il cavaliere riprese sorridendo chiese sorpresa Jade. La giovane scosse il capo aggiunse il cavaliere Le due ragazze si squadravano a vicenda, quando ad un tratto

    chiese imbambolata la giovane.

    esclamò felicissima la ragazza aggiunse poi con tono triste.

    La piccola serva sorrise e Jade contraccambiò

    CAPITOLO 5

    RUFUS

    L’indomani, il giorno giunse presto. Jade non aveva quasi chiuso occhio tutta la notte: durante la cena della sera prima, aveva vestito gli abiti di Eron e aveva avuto l’ennesimo colloquio con i sovrani. Il re aveva deciso che l’annunciazione dell’avvento del cavaliere di Eron al popolo, sarebbe avvenuto al ritorno di Jade dall’addestramento, che si sarebbe tenuto nella foresta subito fuori le mura della città.

    La ragazza non aveva ormai più la forza di contraddire re Iron, così si ritirò nelle sue stanze con la promessa che sarebbe diventata il cavaliere che tutti stavano aspettando.

    La violenta luce del mattino trapelava dalle tende, quando qualcuno bussò alla porta di Jade: disse con voce sonnecchiante la giovane.

    sussurrò gentilmente Rosalie aprendo la porta ed entrando nella stanza.

    sospirò Jade.

    commentò con un sorriso la servetta, aprendo le tende. Il Sole accecò per un istante Jade, che si trovò costretta ad alzarsi

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