CHARLOTTE e il mistero del giardino
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Info su questo ebook
In una lussureggiante campagna veronese si consuma il mistero legato a un giardino che cela sguardi indiscreti.
Una magica storia d’altri tempi, improntata al recupero di origini e di una redenzione della memoria che rende consapevoli e legate due giovani donne unite dal gusto per il mistero e la scoperta.
Avventure, memoriali, viaggi, sorprese e intense storie di sentimento costruiscono un racconto di archeologia affettiva intorno alla complessa figura della protagonista che emerge in tutta la sua statura e freschezza, giovane donna ricca di intelligenza e passione che incontra un amore intenso e profondo...
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Anteprima del libro
CHARLOTTE e il mistero del giardino - Gina Cambareri
romanzo.
Capitolo Primo
Si scorgevano, in mezzo alla radura, due occhi lucenti che brillavano come smeraldi.
Erano di un verde così intenso, che, come due stelle, sembrava illuminassero la notte buia.
Charlotte rincorreva il suo coniglietto dicendogli:
-Francois, dove vai! Vieni subito qui! -, quando fu colpita da quello sguardo.
Si accostò lentamente alla siepe, per vedere, se quel piglio appartenesse a qualcuno, o se fosse solo frutto della sua immaginazione.
Improvvisamente, i loro occhi s’incontrarono, ma fu solo per un attimo. Come una stella, che, solcando la volta celeste, appare all’improvviso, e, poi, scompare immediatamente, così avvenne anche per quello sguardo che si era trasformato in un'ombra che fuggiva via.
Non era la prima volta che la ragazza osservava fenomeni strani, infatti, quasi ogni sera, quando si recava in giardino, per portare a spasso il suo coniglietto, notava qualcosa di inconsueto.
Da quando abitava in quell’enorme casa, era convinta che, in essa, vi si nascondesse qualcosa di misterioso.
Partiamo, però, dall'inizio, e facciamo un passo indietro nella storia.
Siamo nel 1810, a Verona, città nella quale il generale Marc Strauss é stato trasferito, al seguito delle truppe austriache.
Aveva condotto con sé la sua giovane figlia di nome Charlotte. Il generale aveva accettato ben volentieri il suo trasferimento in Italia, perché, proprio qui, aveva conosciuto la sua giovane moglie Blanche, della quale si era perdutamente innamorato, non solo per la sua bellezza, ma anche per la gioia che emanava e per l’entusiasmo che metteva in quel che faceva.
Il ritorno in Italia lo faceva sentire più vicino alla moglie, che una morte prematura gli aveva sottratto.
La donna, pur se parigina di nascita, era italiana d’adozione, avendo trascorso la sua infanzia e giovinezza in Italia, a Venezia, presso una nobile e anziana zia che le aveva fatto amare e apprezzare le bellezze artistiche e letterarie della Serenissima, avviandola all’arte della pittura e della scultura, cui la giovane si applicava con passione.
Dopo il matrimonio, Marc e Blanche, si erano trasferiti in Francia, nella campagna parigina, perché la donna amava stare in contatto con la natura, inebriarsi dei suoi profumi, degli odori e colori, cui dava forma e vita nei suoi capolavori artistici.
Blanche, apparteneva ad una nobile e ricca famiglia parigina. Il padre, grazie alle disponibilità finanziarie familiari, aveva avuto la possibilità di frequentare le più prestigiose scuole londinesi. Era quindi molto colto, e conosceva, a memoria, le opere di Shakespeare, soprattutto Romeo e Giulietta, ambientata a Verona. Da qui il suo amore verso questa città.
Infatti, ogni volta che tornava in Italia, dalla figlia, si recavano soprattutto nei luoghi in cui era stata ambientata quest’opera.
Avendo viaggiato molto, egli parlava diverse lingue e aveva avuto la possibilità di conoscere le bellezze artistiche e letterarie dei luoghi visitati, stare in contatto con i popoli, conoscere i loro usi e costumi, non solo in Europa, ma anche oltreoceano, infatti, lui ripeteva spesso questa frase:
-Io, sono cittadino del mondo.
Quando, però, era stanco di viaggiare amava rifugiarsi in una casa in mezzo alla natura, lontano da tutto e da tutti, solo, in compagnia dei suoi familiari.
Il carattere di Blanche era molto simile a quello del padre, del quale apprezzava e condivideva i valori, tanto da accettare di trascorrere la sua giovinezza presso una zia paterna, per poter conoscere l’arte più bella del mondo, quella italiana.
La nonna materna di Charlotte si chiamava Marie, aveva i capelli corvini e ondulati, che mettevano in risalto il colore azzurro dei suoi occhi. Aveva una figura longilinea, ma, allo stesso tempo, formosa.
Era molto bella, non era, però, la sua bellezza a colpire, ma il fascino e l’eleganza, che conquistavano tutti i suoi interlocutori.
Lei, a differenza del marito, amava la vita cittadina, le piaceva vivere in città, in particolar modo a Parigi, dove era cresciuta, frequentando i salotti e le feste mondane, e avrebbe desiderato che la figlia fosse come lei.
Blanche, invece, aveva il carattere del padre, e da lei aveva solo ereditato la bellezza, non nei colori, perché era bionda e con gli occhi verdi, ma nell’aspetto fisico.
Marie, solo per amore del marito, lo seguiva spesso, nei suoi numerosi viaggi, ed accettava di trascorrere molte giornate della sua vita nella casa di campagna, anche se la vita campestre non era nelle sue corde.
Quando non seguiva il marito nei suoi strampalati viaggi, viveva a Parigi con i loro due figli, Blanche e Pierre, gemelli di nascita, ma diversi, sia per aspetto che per carattere.
Pierre aveva i capelli neri come la pece e gli occhi azzurri come l'acquamarina, come la madre, anche se, fisicamente, era simile al padre, alto e robusto. Probabilmente, per questo motivo, si sentiva più grande di Blanche e la considerava la sua piccolina, tendendo sempre a difenderla e proteggerla.
A sua volta, lei si sentiva sicura quand’era con lui, che, nonostante apparisse forte e imperturbabile, in realtà, era una persona sensibile, dolce, amabile e affettuosa, soprattutto nei confronti della sorella.
Erano talmente uniti che, nel momento esatto in cui lei spirò, egli, anche se si trovava a molti chilometri di distanza da lei, senza alcuna ragione apparente, ebbe un mancamento, avvenimento questo che, pur non avendo alcuna spiegazione scientifica, capita spesso ai gemelli.
Nel momento in cui Pierre apprese della morte della sorella, capì che il suo malessere era legato a quell’evento, e si rese conto che l’unico modo per star lontano dai suoi ricordi, era quello di lasciare il lavoro di medico primario, presso un’importante clinica parigina, dove era apprezzato e stimato, per arruolarsi nell’esercito come semplice soldato, lasciando, come si suole dire, il certo per l’incerto, anche perché, in ambito militare, non aveva alcun’esperienza.
Lo fece, per allontanarsi, per sempre, dai luoghi a lui familiari che potevano ricordare Blanche.
I due erano molto legati, da una corda lunghissima che nessuno poteva spezzare, infatti, anche quando erano lontani, perché lui era andato a studiare a Londra e lei in Italia, si scrivevano, continuamente, lunghissime lettere, con le quali si raccontavano quello che era loro successo, condividendo ogni più recondito segreto.
Molti dei loro ricordi erano legati a quella casa in campagna, dove Blanche aveva fatto ritorno dopo il matrimonio.
Per mantenere un legame materiale con l’Italia, Blanche e il marito Marc, decisero di acquistare una casa nella campagna veronese, dove recarsi per ricordare i momenti felici trascorsi insieme, prima del matrimonio.
Con Charlotte ci andarono solo una volta, quando lei era molto piccola, poi, la madre si ammalò e non ci tornarono più.
Per tutti questi motivi, il padre si era convinto che era tempo di far ritorno in Italia.
Capitolo Secondo
Charlotte, al suo arrivo in Italia, aveva appena otto anni, era una bimba molto bella e vivace, i suoi capelli erano di un biondo lucente e i suoi occhi azzurri erano profondi come il mare.
In apparenza, sembrava un angelo sceso in terra, mentre, in realtà, era uno spirito rivoluzionario, una ragazza molto vispa, esuberante, testarda, ma, in fondo, anche molto dolce e sincera.
Charlotte, pur essendo piccola, aveva solo tre anni, quando la madre era morta, aveva di lei dolci ricordi, delle nenie che le cantava per addormentarla, delle coccole che le faceva e dei giorni felici e sereni trascorsi insieme a rincorrersi sui prati.
Nonostante queste fossero delle vaghe reminiscenze, erano, però, rimaste ben impresse nella sua mente.
Ogni volta in cui ripensava a quei bei momenti, il suo cuore si rabbuiava improvvisamente, e diventava triste, anche perché non trovava neanche il sostegno del padre, che, oltre ai suoi numerosi impegni che lo portavano a stare lontano da casa per diverso tempo, era diventato, dopo il grave lutto, un uomo chiuso introverso cupo e molto triste, a differenza di prima, quando era molto allegro, sorridente ed estroverso.
L'unica cosa che le dava conforto, era il suo buffo coniglietto a cui era molto affezionata, che le era stato regalato dal suo caro nonno e, difatti, proprio in suo onore, lo aveva chiamato Francois.
Blanche si sentiva molto sola in quell’enorme casa. L'unica amicizia che era riuscita ad instaurare era stata con la figlia della cuoca, che si chiamava Matilde e prestava servizio, presso di loro, come aiuto cameriera.
La governante, la signorina Annette Daneau, era contraria alla loro amicizia, anzitutto perché, provenendo da due mondi completamente diversi, non potevano pensare di stare a lungo insieme, come speravano, e poi, anche perché, mentre Charlotte era destinata a diventare una nobildonna, Matilde, invece, sarebbe rimasta una semplice cameriera.
La governante appariva come una donna molto autoritaria, dura e forte, sia fisicamente sia caratterialmente, però aveva dimostrato, in diverse occasioni, di saper essere molto affettuosa e dolce con la piccola Charlotte, e, soprattutto dopo la morte della madre, le era stata accanto e l'aveva accudita come una vera e propria figlia.
Così, come ogni mamma che vuole bene alla sua piccola, e desidera anche il meglio per lei, la signorina Daneau voleva che Charlotte diventasse una vera dama della nobiltà.
La ragazza, però, non amava né i fronzoli, né i balli, né, tantomeno, la vita di corte, infatti, essendo molto semplice, amava la vita libera da qualsiasi costrizione e da ogni stereotipo, e non voleva far parte di un mondo che riteneva ipocrita e meschino.
Lei era uno spirito libero, anche perché, in Francia, aveva vissuto in campagna, a stretto contatto con la natura, condividendo tutti i momenti della propria infanzia insieme ai suoi piccoli amici animali, scorrazzando tra i campi, alla ricerca sempre di nuove avventure, per questo, in quella casa, si sentiva come un uccellino, cui sono state tarpate le ali e non riesce più a spiccare il volo.
Capitolo Terzo
Erano trascorsi circa nove anni, e Charlotte diventava ogni giorno sempre più bella.
Nelle giornate in cui il tempo lo permetteva, soprattutto in primavera e in estate, e quando era libera da impegni scolastici e artistici - perché era costretta a prendere lezioni di pianoforte, cosa che a lei non piaceva, perché avrebbe preferito suonare il violino -, trascorreva il tempo libero insieme alla sua amica Matilde, nei momenti in cui questa era libera dal lavoro.
Le due ragazze, di nascosto dalla madre di Matilde e dalla governante, si arrampicavano dappertutto, correvano di qua e di là, comportandosi come due veri maschiacci, facendo tutte quelle cose che non erano adatte e