Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L'undicesima persecuzione
L'undicesima persecuzione
L'undicesima persecuzione
E-book288 pagine3 ore

L'undicesima persecuzione

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Il romanzo di fantascienza che ha previsto il destino dei cittadini della Nuova Europa. Il libro che ti permetterà di comprendere un segreto che pochi conoscono…  

Anno 2052. I Servizi di Informazione della Nuova Unione Europea sono sulle tracce di una ricercatrice che sembra aver messo le mani su qualcosa di grosso, anche se all’apparenza innocuo per la sicurezza dell’Europa e dei suoi felici sudditi.

Il Colonnello Marchand, il più determinato fra i cacciatori di sovversivi, intuisce però che, dietro le innocenti ricerche di una professoressa in cerca di gloria accademica, di una mancata suora e di uno scettico tecnico di laboratorio, si nasconde un pericolo serio e reale, in grado di sconvolgere il tranquillo e annoiato ordine della Comunità rinfocolando i conflitti etnici e religiosi che vent’anni prima avevano devastato il continente.

In questa caccia a un trio di inafferrabili sprovveduti, si inseriscono poliziotti tenaci come mastini e spregiudicati conduttori televisivi, propalatori istituzionali di menzogne e fatui burocrati, ingegnosi emarginati e pacifici contestatori del sistema.
Perché, dopo duemila anni, quelle vecchie pergamene e quei papiri rosi dal tempo costituiscono ancora una minaccia…

Recensioni di due lettori Anobii:

Alberto Costantini non si smentisce. Un romanzo coinvolgente ed accattivante che conferma le doti espositive dell'autore e la sua profonda conoscenza della storia, non disgiunta da una rara abilità nel prefigurare futuri scenari. Un'ottima trama per un film avvincente! (Mattia)

Bellissima distopia. Questo romanzo mi ha davvero colpito, non conoscevo l'autore che poi ho scoperto aver vinto per due volte il Premio Urania. Ora mi spiego il perché. Davvero un bellissimo romanzo. Mi voglio leggere altri suoi libri. Consigliatissimo! (Stefano Aliprandi)
LinguaItaliano
Data di uscita3 ott 2016
ISBN9788868671778
L'undicesima persecuzione

Leggi altro di Alberto Costantini

Correlato a L'undicesima persecuzione

Titoli di questa serie (11)

Visualizza altri

Ebook correlati

Fantascienza per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su L'undicesima persecuzione

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L'undicesima persecuzione - Alberto Costantini

    (1900)

    1.

    Roma, 324 d. C.

    «La lettiga è pronta, domine

    Alcinoo sorrise indulgente: il ragazzo era nuovo, e non s’era ancora abituato al lessico di casa. Non l’avrebbe certo castigato per una simile sciocchezza, ma era bene che il vecchio Diomede lo istruisse in proposito: dopo aver trascorso metà della vita a chiamare domine o kyrie qualcun altro, quegli appellativi gli suscitavano ancora un fastidio quasi fisico, anche se ora venivano cerimoniosamente rivolti a lui, all’ex servo Marco Aurelio Alcinoo, ricco e stimato liberto imperiale.

    Esattamente quarantotto anni da schiavo e quarantotto da padrone: una perfetta geometria dell’esistenza. Di una lunga esistenza. Per la verità, con il suo peculium frutto del lavoro extra presso un banchiere amico, liberto pure lui, aveva iniziato a comperare i suoi primi servi quando egli stesso non era ancora stato affrancato, affittandoli un po’ qua e un po’ là; così, grazie anche al loro lavoro, si era comperato la bramata libertà.

    Un paradosso degno di un filosofo o di un retore: dieci schiavi che lavoravano per far liberare il loro padrone – schiavo.

    «Lascia, puer: il medico dice che devo farcela da solo.»

    Il giovane abbassò il capo, ma senza allontanarsi: l’anno prima un movimento imprudente aveva provocato una piccola frattura alla caviglia del vecchietto, che l’aveva immobilizzato per quattro mesi, nei quali era stato insopportabilmente bisbetico.

    Le vie dell’Urbe rigurgitavano di gente. Anche se non ne condivideva pienamente la politica, doveva riconoscere che il nuovo imperatore sapeva il fatto suo: concedendo alla discussa setta dei cristiani la piena libertà di culto, con un solo tratto di penna aveva eliminato il problema alla radice, evitando nel contempo di scontentare troppo gli elementi più tradizionalisti; senza contare le vittorie riportate contro i barbari e contro gli usurpatori. Mah… è un fatto però che i governanti si giudicano alla fine del loro mandato, e spesso bisogna attendere un paio di generazioni prima di valutarne l’operato.

    Per fortuna, non erano preoccupazioni che lo riguardassero, se non altro, per motivi banalmente anagrafici.

    Chissà cosa voleva da lui l’Augusta… erano anni, forse addirittura decenni, che non riceveva messaggi dalla corte imperiale. Eppure, da giovane era stato di casa nei palazzi del potere.

    Bel paradosso anche quello: da povero schiavo, i suoi piedi avevano consumato i corridoi del Tabularium ed era stato discreto confidente di influenti senatori e persino di qualche principe; diventato un uomo libero e ricco, l’avevano accantonato. Poco male. Che blaterassero pure i signori filosofi dell’autentica libertà interiore: per lui la vera vita era iniziata a quarantotto anni. E tanta era stata la gioia quando gli avevano infilato in testa il copricapo dei liberti, che quell’anno stesso s’era persino sposato, rischiando così di finire in catene ancora peggiori. Ma anche qui, gli dei erano stati propizi, concedendogli una donnina saggia e comprensiva.

    Era un bel po’ che non passava per il foro: oh, non che si potessero ammirare novità tutti i giorni, ma di tanto in tanto qualche ambizioso imperatore vi aggiungeva il suo tocco personale, e pure il figlio del buon Costanzo non aveva mancato di farsi costruire il suo bell’arco.

    Il Palatium… mille anni prima, vi si trovavano solo le capanne di Romolo e dei pastori che l’avevano osservato incuriositi mentre incitava i buoi a tracciare il solco della futura dominatrice del Mondo. Eh, se li ricordava bene, lui, i festeggiamenti per il millennio di Roma, al tempo dell’imperatore Giulio Filippo, quello soprannominato l’Arabo.

    Ehi, aspetta! ecco cosa poteva volere l’Augusta Elena!

    Accidenti, doveva essere completamente rimbambito per non averlo capito subito.

    «Dei buoni! Cosa le racconto io adesso?»

    L’Imperatrice Flavia Giulia Elena era ancora una donna, se non bella, certo distinta, nonostante avesse superato i settant’anni. Per la verità, l’età della madre di Costantino era una specie di segreto di Stato, o più probabilmente lei stessa ignorava il suo anno di nascita: quando Costanzo Cloro se l’era presa come concubina, l’aveva tratta, se non da una stalla della Bitinia, come malignavano i pagani, certo da una condizione estremamente modesta.

    «Alcinoo, vero?»

    «Ai vostri comandi, Augustissima» disse cercando di ricordare quali titoli ancora si potessero attribuire a imperatori e rispettive madri che avevano rinunciato a considerarsi dei in terra.

    «So che hai servito l’Impero con dedizione, tanto da meritarti la libertà» esordì lei facendogli segno che prendesse posto su una sedia preparata per lui. Doveva essersi informata sul suo conto, comprese le condizioni fisiche.

    «La vostra benignità mi confonde, beatissima Domina: ad onta della mia infermità e della decrepitezza di questo vecchio corpo, quasi mi sentirei ringiovanire se potessi in qualche maniera rendermi ancora utile all’Impero.»

    Il che, al di là dell’adulazione, era sostanzialmente vero, dato che negli ultimi anni Alcinoo si era sentito emarginato, soprattutto dopo l’avvento di Diocleziano e dei suoi litigiosi successori.

    «Ti ringrazio, ma considererei un insulto alla tua intelligenza, chiederti se immagini per quale motivo ti ho convocato.

    Alcinoo sorrise, ammirando la capacità della donna di metterlo a suo agio:

    «Al tempo del buon Imperatore Filippo, ho condotto indagini accurate sul caso in questione, e redatto copia di tutti i documenti presenti in tutti gli archivi dell’Impero, pubblici e privati, oltre a riportare i passi degli autori che ne facevano cenno, direttamente dai loro manoscritti o comunque da esemplari ad essi vicinissimi. La trascrizione in duplice copia è stata effettuata da me stesso e da Scilla, il mio aiutante. Da molto tempo i miei calzari non calpestano i pavimenti dei palazzi del potere, ma se tutto è rimasto come allora, quella raccolta dovrebbe ancora trovarsi...»

    «Lo so» lo interruppe con una leggera impazienza l’Augusta «l’ho vista e non posso che complimentarmi per l’ordine e la diligente precisione con cui quei documenti sono stati redatti. Ma quello che io desidero... quello che voglio, sono gli originali

    Alcinoo ebbe un sussulto, ma si riprese abbastanza prontamente da mascherarlo: l’esperienza di schiavo serve anche a questo. Gli originali… dice niente! pensò scandalizzato, ma poi rifletté che personaggi ben più sciocchi e fatui di questa donna potente e tenace avevano provocato danni incommensurabili alle memorie cartacee dell’Impero: se anche quei fascicoli fossero andati persi o deteriorati, ciò non avrebbe impoverito di molto la storia millenaria di Roma. Almeno dal suo punto di vista.

    «Credi che li sapresti recuperare nei diversi archivi?» insistette Elena.

    Alcinoo accennò di sì, senza iattanza, ma quasi rimarcando, nell’espressione del volto, le difficoltà della ricerca. Era incredibile come uno schiavo, soprattutto uno schiavo pubblico, si abituasse a farsi capire con pochi cenni e qualche monosillabo. Beh, con qualche eccezione, ovviamente: l’ingenuo entusiasmo di quell’imperatore Filippo venuto dall’Oriente aveva creato tra loro due una singolare consonanza, anche se i documenti che, in quell’anno millesimo di Roma, il giovane schiavo gli andava sciorinando sul tavolo da lavoro, suscitavano reazioni molto diverse: scetticismo aperto in lui, interesse e crescente eccitazione nel suo signore.

    Un’ancella entrò con un calice di vino. Elena era parca, ma, a quanto gli risultava, i cristiani almeno non proibivano il vino. Dei buoni! era proprio lui: lo riconosceva dall’aroma, quel vino speciale, che gli imperatori sorseggiavano nei pochi anni in cui reggevano l’impero, in attesa che l’usurpatore di turno li detronizzasse, così come loro avevano spodestato i predecessori.

    «Non ti devi preoccupare, sarà mia cura far redigere copie perfette, che verranno ricollocate al loro luogo» lo rassicurò l’Imperatrice intuendo il motivo dell’imbarazzo.

    Alcinoo abbassò il capo con deferente assenso.

    Solo allora quella che sembrava un’immobile statua policroma appoggiata alla colonna prese vita, materializzandosi in uno schiavo, che si avvicinò al vecchio liberto.

    «Accompagna il nostro ospite ovunque desideri andare, e ripeto ovunque, fosse pure nello studiolo privato del mio augustissimo figlio.»

    Non c’era bisogno di accompagnatori: la posizione di ognuno di quei rotoli gli era famigliare come i ripostigli di casa sua.

    L’intera storia alla quale non era riuscito a credere.

    2.

    Spagna, fronte dell’Aragona, 1813

    Ma che razza di marmaglia è questa?

    Il tenente William Bayle maledisse per l’ennesima volta se stesso per aver accettato quell’incarico, Wellington per averglielo affidato e il Governo di Sua Maestà per quell’assurda campagna fra puzzolenti caproni e papisti assatanati. Certo, anche lui in India c’era andato pesante con gli indigeni, ma quei prigionieri erano bianchi, by Jove, anche se si trattava di dannatissimi francesi.

    «Che c’è, inglés, ti fa schifo il sangue?»

    Di tutti i caproni papisti che infestavano l’Aragona, Pedro era senz’altro il peggiore: un autentico bandito, diventato comandante guerrigliero per uno di quei penosi scherzi di cui sembra compiacersi il destino.

    Però, lì comandava lui.

    «No, Pedro: è che i prigionieri si chiamano così perché vengono tenuti in prigione, e restituiti alle loro famiglie quando la guerra è finita. ¿Entiendes

    «Hai ragione, amigo» si intromise Pilar, una bellezza bruna, coi capelli che le scendevano fino al cinturone, donna di Pedro e, a quanto si sussurrava, anche di non pochi altri capi della guerrilla, «il guaio è che noi le prigioni non le abbiamo, e non possiamo portarci dietro tutta questa gente.»

    William strinse i denti, ma dovette ammettere che la pulzella aveva ragione: un esercito di bandidos, frati, donnine allegre, disertori e sbandati, era già tanto se riusciva a sopravvivere, e quei pochi moschetti inglesi che aveva portato in omaggio non potevano, da soli, fare la differenza.

    I ragazzini-soldati di Napoleone erano stati privati delle calzature e dei pantaloni; qualcuno anche della giubba; italiani o napoletani, a giudicare dalla divisa. Beh, tanto peggio per loro, avrebbero dovuto darsela a gambe quando gliene era stata offerta la possibilità: nell’Esercito di Sua Maestà Britannica c’erano interi reggimenti formati da disertori italiani.

    Non molti di loro, in verità, capivano cosa li attendesse; erano reclute, e forse i superiori li avevano tenuti all’oscuro di quale razza di nemico dovevano fronteggiare. Meglio così: quando il frate fosse arrivato con il crocefisso da baciare, sarebbe rimasto loro soltanto il tempo per una breve preghiera, prima che le palle di piombo gli spaccassero il cuore.

    Purché si sbrigassero.

    La scarica lo fece sussultare appena.

    Meno male, anche questa era fatta; l’avrebbe appuntata sul suo diario, alla luce della lampada. Quindici fanti in meno a disposizione di Napoleone per le sue guerre contro la Civiltà.

    «Un milagro» balbettò Pilar facendo irruzione nella sua tenda con gli occhi dilatati e le labbra che le tremavano; «un milagro» ripeté sollevando lentamente lo sguardo verso il cielo. «Vieni con me, inglese.»

    Il corpo del soldato era disteso supino. Sul panciotto candido fioriva una macchia rosso acceso, il cui epicentro era indubitabilmente il cuore. Eppure, quel giovane ancora respirava, quantunque a fatica, nonostante i segni evidenti lasciati dall’impatto del proiettile.

    «È ben curioso» osservò l’inglese senza perdere un’oncia della sua flemma.

    «Più che curioso» completò Pedro «ma non un miracolo, almeno non ancora» aggiunse.

    In questo almeno i due si trovavano d’accordo: quel brigante rispettava preti e frati, ma non c’era traccia di superstizione in lui, e l’aveva constatato quella volta che, contro il parere dei suoi guerrilleros, non aveva esitato a far sparare su un collegio religioso per stanare i francesi che vi si erano asserragliati, ponendo a rischio la vita di dodici incolpevoli suore e delle loro educande.

    «Probabilmente aveva sotto il panciotto qualche oggetto duro che ha fermato la palla: quand’ero nelle nostre ex colonie d’America, ho sentito di un tizio salvatosi dalle frecce degli indiani grazie alla Bibbia che portava sotto la giacca.»

    «Allora è vero che Dio qualche volta fa i miracoli anche per voi protestanti» ghignò Pedro. «Fatemi luce, voialtri!»

    Il soldatino, perché non poteva avere più di vent’anni, era del tutto incosciente. William scosse la testa pensando a quanti giovani come lui erano stati sacrificati alla smania di grandezza di quel mostro partorito dalla selvaggia Corsica. Nonostante il pallore, poteva dirsi un bel ragazzo, con un viso dai tratti regolari, quasi femmineo.

    Una volta spogliato, con l’attenzione che si doveva a un presunto miracolato, apparve chiara la natura dell’oggetto interpostosi fra lo sparo e la morte: era una medaglia di bronzo, deformata al centro dalla palla e penetrata profondamente nelle carni del soldato; probabilmente anche lo sterno era rimasto incrinato dall’impatto.

    «Nessun mistero, dunque» concluse l’inglese: «togliete di mezzo il ciondolo e ripetete la fucilazione o, se vi garba, cacciategli una palla in testa, accertandovi che fra i capelli non ci sia un’altra medaglietta.»

    Pedro guardò dubbioso il frate, cappellano della banda, che fungeva anche da medico e speziale. Con l’aiuto di una pinzetta staccò dal muscolo pettorale la medaglia, e la osservò alla luce della lampada.

    «Sanctae Helenae; curioso, non è una santa che si invoca di frequente.»

    «Come vede, frate, nessun miracolo» ribadì Pedro.

    «Al tempo, amico, al tempo. Dio opera in modo misterioso, a volte infrangendo le leggi di Natura da Lui stesso stabilite, ma ancora più spesso servendosi di esse, come diligenti esecutrici dei Suoi comandi. Quante probabilità c’erano che un ciondolo di metallo potesse salvare la vita di questo soldato? Una su cento? Ammetto che una su cento non costituisce un miracolo. Ma quante possibilità c’erano, signori miei, che due palle distinte scagliate da due diversi fucili colpissero lo stesso punto nello stesso istante?» e dicendo così, mostrò un secondo proiettile, ridotto a un disco schiacciato tra la medaglia e la prima palla.

    «Questa me la devo proprio annotare» riconobbe l’inglese.

    «E questo ragazzo lo prendo sotto la mia protezione» aggiunse subito il frate.

    Gli altri guerriglieri si guardarono con tono di approvazione, e neppure Pedro si azzardò ad obiettare. 

    3.

    Spagna, fronte dell’Aragona, 1814

    L’ultimo assalto degli insorti si era infranto ancora prima di arrivare a contatto con le baionette.

    Il capitano Ansaldi stava pensando che quello scontro somigliava più a un folle suicidio che a un combattimento, ma non poteva non ammirare il valore di quei pazzi spagnoli: avevano difeso il vecchio convento con un eroico quanto inutile fanatismo, rifiutando ogni offerta di resa. Soltanto l’incendio scoppiato alle loro spalle li aveva stanati, sempre che qualcuno non avesse addirittura preferito farsi arrostire vivo dalle fiamme. Doveva esserci una bella biblioteca, per alimentare quell’inferno: lui lo sapeva bene, visto che aveva trascorso dieci anni chiuso in un convento della natia Romagna, prima di saltare il muro di cinta per seguire Napoleone. Peccato per quei libri. E peccato per il bottino, anche se, in fin dei conti, l’oro e l’argento non bruciano; anzi, meglio se i suoi ragazzi trovavano, al posto degli ostensori e delle pissidi, qualche chiazza di metallo fuso e rappreso: meno scrupoli religiosi, tanto di guadagnato.

    «Soldato Baldi Rinaldo, càncher maledetto, vuoi farti ammazzare dai tuoi?»

    Ma da dove veniva quel figlio di una cagna? E cosa portava in spalla?

    «Mi perdoni, capitano: ho voluto darci un’occhiata dentro, prima che gli altri ragazzi ci mettessero il naso.»

    Sì, doveva essere rimasto offeso al cervello quella volta che i guerriglieri l’avevano fucilato e s’era salvato lui soltanto. Grazie a un frate, a un inglese e a una immaginetta sacra, diceva. Dopo che la cavalleria francese l’aveva liberato dalla prigionia, per settimane la medaglia di Sant’Elena con le ammaccature delle due palle aveva fatto bella mostra di sé davanti alla fureria; poi il sergente era stato costretto a toglierla di lì, perché venivano anche dagli altri battaglioni a vederla e a toccarla.

    «Che hai trovato, figliolo, il tesoro dell’Inquisizione?»

    Una vampata di luce bruciante gli esplose davanti, arroventandogli i baffi:

    «Dannazione, filiamocela, ragazzo, che qui finiamo arrosti.»

    Quando raggiunsero gli altri dietro il muretto di cinta, dell’antico convento e della piccola cappella di epoca tardo-visigota rimanevano soltanto cumuli di macerie annerite.

    «Non c’è da stupirsi» stava spiegando Rinaldo: «le cantine del convento contenevano abbastanza olio da illuminare tutta Madrid, e tanti libri da rimpolpare le biblioteche di Parigi.»

    «... oltre a un idiota che ha rischiato la vita per niente» aggiunse il capitano calcandogli il cappello fino agli occhi. Non c’era niente di peggio che un maledetto asino di soldato persuaso di essere immortale e invulnerabile; ciò nonostante, gli voleva bene come a un figlio, e un po’ figli suoi lo erano tutti quei contadini e bovai che cercava invano di trasformare in guerrieri.

    «Per niente magari no» osservò uno dei suoi compagni; «dai, Rinaldo, aprila quella cassa, che vediamo cosa contiene» propose.

    Ma Rinaldo esitava, e continuava a guardarsi la medaglia, confrontandola con il coperchio della cassetta.

    «Sì, è una coincidenza curiosa» ammise Ansaldi facendosi immediatamente serio: «anche nella tua medaglia c’era Sant’Elena in atto di scoprire la vera croce di Cristo, e la scritta è identica a questa sulla cassa: Beatae Helenae divi Imperatoris Constantini matri. Contento?»

    «Che volesse dire qualcosa, capitano?» chiese il sergente Degani «intendo... tutte queste coincidenze...»

    «Vuol dire che siamo soldati e non terziarie francescane. Il Baldi si è solo lasciato suggestionare dall’aver trovato in una vecchia biblioteca una cassetta con lo stesso disegno della sua medaglia fortunata: chissà, magari tutto attorno ce n’erano altre trecentosessantacinque con disegnati altrettanti santi.»

    «No, Capitano» disse lui «vi giuro che ho trovato soltanto questa cassetta, e pareva che il fuoco la volesse risparmiare, perché le fiamme la lambivano, ma non la attaccavano.»

    «Cosa dici se la apriamo e ci diamo un’occhiata?» propose il sergente. «Magari chiamiamo qui un prete a dare prima una bella benedizione...»

    Il capitano lanciò un’imprecazione di conio bassa Romagna e sparò un colpo di pistola sulla serratura. Il contraccolpo fece sollevare il coperchio come una molla a scatto.

    «Che vi dicevo?» esclamò trionfante il capitano buttando rapido l’occhio sulle pergamene: «solo cartacce, probabilmente superstizioni clericali, assurdi privilegi nobiliari, roba da medioevo... ecco qui, se volete ve ne legg...»

    I soldati rimasero esterrefatti ad osservare il capitano che, immobile, non pronunciava parola, quasi gli si fosse seccata la lingua.

    «Capitano, si sente bene?» chiese il caporale Bianchi.

    «Capitano?» insistette il sergente.

    «Dio mio...»   

    4.

    L’insegnamento scolastico è libero, e presidio primo della Libertà.

    Art. 16 della Costituzione della Nuova Unione Europea

    Nordestitalia, distretto 12, agglomerato urbano PD,

    20 maggio 2052

    I bar del centro avevano ancora alzato i prezzi. Anzi, no: il verbo era stato tacitamente quanto tassativamente vietato, e sostituito con un più pudico adeguati. Mai una volta che li adeguassero al ribasso, pensava Martina. Comunque, ne valeva la pena, almeno una volta nell’arco dell’anno scolastico, di farsi un aperitivo in Piazza dei Signori.

    E pensare che, quando era ancora una normale studentessa di liceo, la Coca-cola o la Fanta delle sei e mezza costituivano quasi un rito. Poi era passata al bianchetto con la cipollona e l’acciughina arrotolata attorno all’oliva come un minuscolo serpente, e quindi… quindi basta, finito tutto: l’affitto prima,

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1