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Brivido milionario: Harmony Collezione
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Brivido milionario: Harmony Collezione
E-book159 pagine2 ore

Brivido milionario: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Flavia Lassiter, giovane bellezza inglese, non si è mai trovata a suo agio nel bel mondo frequentato dal padre. Convocata a un altro dei suoi sontuosi party, scopre che la sua unica funzione è quella di essere compiacente con un ricco investitore. Ma a lei non importa: se anche la sua presenza può essere sfruttata come esca, il suo cuore non è in vendita, ed è ben protetto da uno scudo di ghiaccio.

Anche se la sola presenza di Leon Maranz le trasmette brividi in tutto il corpo, minacciando di incrinare ogni sua certezza.
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2019
ISBN9788858995822
Brivido milionario: Harmony Collezione
Autore

Julia James

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Brivido milionario - Julia James

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Dark Side Of Desire

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2012 Julia James

    Traduzione di Paola Mion

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-582-2

    1

    Leon Maranz prese un bicchiere di champagne all’ingresso del vasto salone nell’appartamento dell’esclusivo Regent’s Park Residence e si guardò intorno. Era il genere di ricevimento che conosceva bene. Uno di quelli in cui gli ospiti, per quanto disparati, avevano un denominatore comune: la ricchezza. Molta ricchezza.

    Per capirlo bastava dare un’occhiata alla marea ininterrotta di abiti firmati che le signore indossavano, per non parlare del luccichio dei gioielli che ornavano colli, orecchi e polsi. Le donne avevano tutte quell’aspetto di felini viziati, e gli uomini erano altrettanto uniformati dal loro tentativo di proiettare un’immagine di sicurezza e valore agli occhi del mondo.

    Leon fece una smorfia. Quello stereotipo ostentato non sempre garantiva che dietro le spalle ci fosse un solido patrimonio. Come per istinto, il suo sguardo fendette la folla alla ricerca del suo obiettivo. Alistair Lassiter voltava la schiena all’entrata, ma lui non ebbe alcuna difficoltà a riconoscerlo, così come a cogliere quella nota di tensione di cui gli altri ospiti erano forse ignari. Lo fissò per un lungo attimo, poi distolse l’attenzione, portandosi il bicchiere alla bocca. Ma anche così se ne accorse.

    Una donna lo stava guardando.

    Non si trovava accanto a Lassiter, ma Leon ne colse la figura al margine della sua visione. Come lo avvertirono le sue antenne sensibili, lo stava fissando con un’attenzione che rivelava che non si era resa conto della sua consapevolezza dello scrutinio. Ma Leon era abituato a essere oggetto dell’interesse femminile da circa una ventina d’anni, anche prima di aver cominciato a costruire il suo patrimonio che, come sapeva bene, rappresentava una delle sue principali attrattive. Molto più eccitante per loro della sua notevole altezza e del suo aspetto forte e oscuro, che erano state le sue sole doti quando era giovane e povero. Anni passati a godere di ciò che quelle belle donne potevano offrirgli l’avevano reso scaltro nel capire quando qualcuna era interessata a lui.

    E questa decisamente lo era.

    Bevve un altro sorso di champagne, girando lievemente il capo nel farlo, per metterla a fuoco.

    Tipo inglese, con il delicato viso ovale, naso sottile e grandi occhi limpidi. I capelli castani erano acconciati in uno chignon che sarebbe apparso severo in una donna meno bella, così come il suo abito di seta sarebbe apparso banale su una donna che non avesse un corpo perfetto.

    Ma lei era perfetta: vita sottile, fianchi arrotondati e, a dispetto della scollatura modesta, un seno generoso. L’abito senza maniche scopriva le lunghe braccia armoniose mentre l’orlo finiva un poco sopra le ginocchia mettendo in mostra belle gambe rese ancor più lunghe dai tacchi alti.

    L’impressione d’insieme era, nonostante il suo stile severo, o forse a causa di esso, conturbante, e faceva sembrare banale o eccessiva qualsiasi altra donna. Leon avvertì un guizzo di anticipazione. Contro ogni aspettativa, la serata pareva non limitarsi a essere solo una questione di affari, dopotutto...

    Sollevò lo sguardo fino a intercettare quello di lei, e immediatamente una cortina sembrò scendere sul viso della donna, come una maschera che le alterasse i lineamenti. Una maschera di ghiaccio che congelò la sua espressione.

    Era come se d’un tratto guardasse attraverso di lui, anzi, come se lui non esistesse neppure, non appartenesse al suo stesso universo. Bruscamente si voltò, girandogli la schiena.

    Un’emozione gli scoppiò dentro, una che non sentiva da tanto, tanto tempo. Per un attimo mantenne lo sguardo su di lei, poi cominciò a muoversi tra la folla.

    Flavia forzò un sorriso gentile sulle labbra, come se fosse interessata a quello che i suoi vicini stavano dicendo, qualunque cosa fosse. Aveva altro per la testa che non fare gentile conversazione con gli ospiti di suo padre.

    Non desiderava trovarsi lì, nell’opulento appartamento di suo padre al Regent’s Park Residence. L’ipocrisia di quel fatto la nauseava: giocare a fare la figlia viziata e annoiata di un ricco magnate quando entrambi sapevano che la verità era ben diversa.

    Cosa gliene importava di quello stupido ricevimento, di stare lì a fare bella mostra di sé in quel lussuoso appartamento disegnato appositamente per impressionare e ostentare la ricchezza del padre? Era tutto vetro e cromo, con accessori stravaganti e senza gusto, mobili appariscenti e suppellettili preziose ben esposti, e lei si sentiva del tutto aliena in quel contesto.

    Avrebbe tanto voluto essere a casa! Nel cuore della campagna nel Dorset, nella vecchia dimora in pietra grigia in stile georgiano che amava così tanto, tra i mobili con i quali era cresciuta, circondata dai campi e i boschi in cui aveva scorrazzato, tra i sentieri che aveva percorso in bicicletta, veloce e selvaggia, ma facendo sempre - sempre - ritorno a casa. La casa dei nonni che lei aveva adorato, che l’avevano cresciuta con amore dopo che sua mamma era morta tragicamente. Ma Harford House era un altro mondo rispetto al luccicante, lussuoso appartamento di suo padre, e lei non era libera di andarsene, per quanto lo desiderasse con tutta se stessa.

    Spostò il peso del corpo da un piede all’altro, non essendo abituata ai tacchi, bevve un sorso d’acqua e cercò di ascoltare la conversazione. Non aveva idea di chi fosse la coppia che le stava parlando, ma probabilmente l’uomo era di qualche utilità a suo padre. Flavia sapeva bene che altrimenti non sarebbe stato lì. Suo padre divideva le persone in due categorie: quelle che potevano tornargli utili, e quelle che poteva ignorare. Lei, sua figlia, apparteneva a entrambe.

    Per la maggior parte della sua vita aveva fatto parte della seconda categoria. Quelli che potevano essere ignorati. Ignorati e rifiutati. Come aveva fatto con sua madre. Oh, sì, si era preso il disturbo di sposarla, una volta che lei era rimasta incinta, ma l’aveva fatto solo, come Flavia aveva scoperto da poco, perché i genitori di lei gli avevano dato una sostanziosa somma di denaro. In apparenza era stato per aiutarli nella loro vita insieme, ma in realtà si era trattato di un premio per invogliarlo a sposare la loro figlia incinta.

    Il denaro gli aveva fornito il capitale di cui aveva bisogno per avviare il suo impero d’affari. Le cose di cui invece non aveva alcun bisogno erano una moglie e una figlia, e circa sei mesi dopo la nascita di Flavia le aveva rispedite entrambe nel Dorset e si era trovato un’altra donna. Una ricca divorziata. E non era stata l’ultima, in ogni caso. Una volta che lei gli aveva assicurato un cospicuo incremento di capitale, lui era passato a un’altra.

    Era un sistema che aveva ripetuto mentre continuava ad ammassare la sua fortuna. Un lampo di cinismo apparve negli occhi di Flavia. Ora i ruoli si erano invertiti. Di questi tempi le donne facevano di tutto per ringiovanire, e suo padre era quello che forniva loro il denaro che volevano per continuare ad apparire attraenti ai suoi occhi. Suo padre era abituato ad avere il meglio, e la sua ricchezza glielo consentiva.

    Si guardò intorno. Quell’appartamento valeva alcuni milioni di sterline, vista la sua collocazione e le finiture raffinate. Ed era solo una delle sue proprietà. Aveva un’altra casa nel Surrey, un appartamento a Parigi in uno dei quartieri più esclusivi, una villa a Marbella e una su una spiaggia delle Barbados.

    Flavia non era stata in nessuna di esse, e non voleva andarvi. Non avrebbe voluto essere neppure lì. Ma tre anni prima sua nonna aveva avuto bisogno di una protesi all’anca, e suo padre era stato brutalmente schietto. «La vecchia può avere la sua operazione privata, ma si tratta solo di un prestito, e tu lo ripagherai intervenendo alle mie feste per intrattenere i miei ospiti, in modo che tutti vedano quanto sei meravigliosa, affascinante e bene educata, così quelli che pensano che io sia un arricchito dovranno ricredersi!»

    Lei avrebbe voluto rifiutare, ma come poteva quando le liste del servizio sanitario nazionale erano così lunghe e sua nonna, oltre ad avere dolore, era sempre più depressa per la propria inabilità e per la crescente povertà? Harford House, la casa in pietra in cui Flavia era cresciuta, era un pozzo senza fondo. Come tutte le vecchie e grandi dimore necessitava di manutenzioni costose che avevano dilapidato tutte le sostanze della nonna vedova. Non c’era alcuna possibilità di trovare il denaro per un’operazione privata.

    Così, a dispetto della sua profonda riluttanza a contrarre un debito con il padre, Flavia aveva accettato il patto e adesso, tre anni dopo, stava ancora ripagandolo nel modo in cui lui pretendeva.

    Convocata a Londra per recitare il ruolo della figlia compiacente, tirata a lustro e cinguettante, scambiava insulse chiacchiere con gente di cui non poteva importarle di meno, ma che suo padre voleva o impressionare o sfruttare per i propri affari. Interpretava una parte, come se fosse un’attrice. Un ruolo che detestava per la falsità e l’ipocrisia, con il padre che in pubblico la trattava come se fosse la luce dei suoi occhi, ubbidiente e devota, mentre la realtà era molto diversa.

    Adesso poi, il compito era diventato anche più gravoso. Da quando la nonna aveva fatto l’operazione all’anca, per fortuna con successo, la sua mente aveva cominciato a deteriorarsi e nei due anni precedenti la sua demenza era andata peggiorando sempre più. Per questo lasciarla anche solo per pochi giorni, come stava facendo in quel momento, la rendeva ansiosa e preoccupata. Anche se la signora Stephens, la donna che veniva regolarmente ad aiutarla un paio di giorni alla settimana per permetterle di andare a fare la spesa, si occupava della nonna quando lei era assente, la sua preoccupazione non diminuiva. Ma quella settimana suo padre aveva insistito.

    «Niente dannate scuse!» aveva gridato. «Non me ne importa niente della vecchia! Prendi il primo treno. Ho degli invitati importanti domani sera, e cerca di essere al meglio.»

    Flavia si era accigliata. Non tanto per l’ordine, ma perché aveva avvertito una nota insolita nella voce del padre. Cinicamente, aveva pensato che fosse a causa della recente discordia tra lui e la sua ultima fidanzata, Anita, che in quel momento stava dall’altra parte della stanza, con una fortuna intorno al collo. Era un’amante esigente e forse la sua avidità stava cominciando a lievitare troppo.

    L’impressione che suo padre fosse preda di qualche tensione era cresciuta quando Flavia era giunta a Londra. Lui le era apparso preoccupato.

    «C’è un ospite particolarmente importante questa sera, e voglio che tu sia gentile con lui... hai capito?» Gli occhi duri l’avevano esaminata. «Dovresti essere in grado di catturare il suo interesse... gli piacciono le donne e gli piacciono di bell’aspetto. Ce la farai, no? E non avere sempre quell’aria gelida... perché diavolo non puoi essere un po’ più calorosa, non lo so proprio!»

    Era una vecchia accusa, che Flavia aveva sempre ignorato. Era gentile, civile, socievole con gli ospiti di suo padre, chiunque essi fossero, ma niente più di questo. C’era un limite all’ipocrisia...

    «Calorosa come Anita?» aveva suggerito melliflua, sapendo che suo padre odiava il modo in cui Anita flirtava con altri uomini.

    La rabbia gli aveva attraversato il viso, ma l’aveva respinta. «Donne come lei ottengono dei risultati! Sanno come trattare con gli uomini per avere quello che vogliono. Tu invece non fai il minimo sforzo. Bene, questa sera dovrai sforzarti. Come ti ho detto, è importante.»

    Disprezzando quelle tattiche grossolane, Flavia era andata ad accogliere i primi ospiti della

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