Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

In aiuto del visconte
In aiuto del visconte
In aiuto del visconte
E-book251 pagine4 ore

In aiuto del visconte

Valutazione: 5 su 5 stelle

5/5

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Gentlemen of Honour 1

Parigi-Londra, 1812
Celeste Fournier anni fa ha donato il suo cuore e la sua innocenza all'unico uomo che abbia mai amato. Poi la sua vita è stata un susseguirsi di avversità e disavventure. Ora è venuta a sapere che proprio quell'uomo, il Maggiore Summerley Shayborne, Visconte di Luxford, si trova in Francia, ed è in serio pericolo: la sua copertura come spia è saltata e tutte le agenzie parigine lo stanno cercando. Celeste è la sola, grazie alla sua posizione all'interno di un gruppo governativo francese, in grado di aiutarlo, ed è disposta a rischiare qualunque cosa pur di riuscirci. Inaspettatamente, però, la missione di salvataggio si trasforma in un viaggio di riscoperta dell'amore, di perdono del passato e di desiderio di tornare a sognare un futuro insieme... futuro che sarà possibile solo se riusciranno a sfuggire al nemico.
LinguaItaliano
Data di uscita20 dic 2018
ISBN9788858992074
In aiuto del visconte
Autore

Sophia James

Neozelandese, laureata in Letteratura inglese e Storia all'Università di Auckland, ha scoperto la passione per la scrittura leggendo insieme alla sorella gemella i romanzi di Georgette Heyer.

Leggi altro di Sophia James

Autori correlati

Correlato a In aiuto del visconte

Titoli di questa serie (1)

Visualizza altri

Ebook correlati

Narrativa romantica storica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su In aiuto del visconte

Valutazione: 5 su 5 stelle
5/5

1 valutazione0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    In aiuto del visconte - Sophia James

    successivo.

    1

    Parigi, Francia, giugno 1812

    Il maggiore Summerley Shayborne aprì la porta dell'alloggio in Rue St. Denis e vi trovò ad attenderlo una giovane donna avvolta dalle ombre della sera.

    Portava un paio di occhiali dalle lenti spesse, e i capelli di un bianco immacolato erano raccolti morbidamente sulla nuca. Lui non aveva mai visto capelli di un colore simile, in una persona di quell'età, quindi ne dedusse che non fossero i suoi.

    «Sono qui per mettervi in guardia, monsieur

    Shay vide il luccichio di una lama nella sua mano sinistra prima che lei la nascondesse.

    «Per mettermi in guardia da cosa, madame?» Non riusciva a identificarne l'accento. Il suo francese aveva una cadenza neutra, difficilmente localizzabile.

    «Savary, il capo della polizia, vi sta tenendo d'occhio da tempo.» La sua dizione era precisa mentre proseguiva nel discorso. «Avete avuto troppe conversazioni riguardo alle questioni militari francesi, al Campo di Marte e nei café, e la gente inizia a farsi delle domande.» Poi accese una candela e si voltò, sottraendosi alla luce. Quando la fiamma prese vita, la candela illuminò lui, lasciando il volto della donna nella penombra. «Si vocifera persino che, dopotutto, possiate non essere un ufficiale americano» riprese lei.

    «Chi siete?»

    La donna emise una breve risata, tutt'altro che divertita, e un improvviso, gelido brivido corse lungo la schiena di Shay.

    «La politica non fa prigionieri. Una sola mossa falsa, e sarete morto. Nemmeno uno straniero affascinante e curioso è immune a una coltellata tra le costole.» La sua immobilità era amplificata dal baluginio della fiamma. «La polizia sarà qui a giorni per farvi delle domande. Siete una spia di incommensurabile valore per entrambe le parti, maggiore Shayborne, ma arriva sempre il momento in cui la fortuna ci volta le spalle.»

    Lui si sorprese udendo quelle parole. «Perché mi dite questo?»

    «Passato...» mormorò lei avvicinandosi alla porta e aprendola con cautela, prima di scivolare nel buio.

    Shay non si mosse, pietrificato sul posto dall'improvvisa comprensione di quanto la donna aveva detto.

    Passato...

    Al di là dell'accento, c'era qualcosa di familiare nel timbro della sua voce, dietro le lenti spesse, nascosto sotto quella parrucca bianca. Un ricordo. Qualcosa che gli rimescolava il sangue. Rimase il più immobile possibile nel tentativo di agguantare quella lontana sensazione.

    Percorreva le strade che conducevano a Palais Royale con il passo sicuro di chi sapeva dove andare, attraversando i vicoli verso Rue de Petit Champs, camminando in fretta, ma non troppo, per non destare attenzione. Era una calda serata di giugno, e l'imminente calura estiva già traspirava dall'acciottolato e dai muri rivolti a sud. Davanti a sé vide che la taverna in cui spesso si fermava brulicava di gente. Confondendosi nell'ombra, sollevò il cappuccio del mantello di seta. La nuova e costosa parrucca bianca era nascosta in una tasca, perché dava troppo nell'occhio.

    Non voleva vedere nessuno, quella sera, per non dover dare spiegazioni. Desiderava lavarsi e sedersi sul suo balcone con un bicchiere di Pouilly-Fumé che aveva acquistato il giorno prima a Le Marais da un bottegaio ebreo che aveva ottimi contatti nella fertile valle della Loira, ricca di vigneti.

    Voleva stare sola.

    Avrebbe dovuto mandare qualcun altro ad avvertire Shayborne. Avrebbe potuto scrivergli un biglietto, o sussurrare il suo messaggio al buio senza accendere la candela. Avrebbe potuto trasmettere l'informazione attraverso uno qualsiasi dei vari metodi sicuri e pratici, ma non lo aveva fatto. Era andata da lui e gli aveva sussurrato esattamente ciò che, invece, avrebbe dovuto tenere per sé.

    Storia...

    Una parola ricoperta di sangue e vergogna. Una parola che l'aveva trasformata dalla ragazza che era stata nella donna che era diventata.

    Aveva rivelato il proprio gioco perché il Dipartimento di polizia e il Ministero della guerra presto sarebbero stati sulle sue tracce, oltre che su quelle di Shayborne, e perché, dopo sei anni di fuga, aveva esaurito tutte le possibilità.

    Sarebbe stato un miracolo se non fosse morta prima di lui, la spia inglese che aveva scatenato un putiferio in tutta la Francia dopo la sua fuga a Bayonne e poi, anziché tornare al sicuro in Spagna, come tutti si aspettavano, aveva preso la strada verso nord, dirigendosi tra le braccia di Napoleone.

    Perché?

    Conosceva la risposta.

    Shayborne si trovava lì per capire cosa sarebbe potuto accadere, e dove l'imperatore avrebbe impiegato il suo potere, dove avrebbe ammassato il suo esercito, se in Russia o sul Continente. Ottenere quell'informazione avrebbe potuto cambiare il corso della guerra, e il generale britannico Arthur Wellesley attendeva dietro le quinte della costa spagnola del nord per capire quale direzione avrebbe dovuto prendere.

    In passato, il suo interesse sarebbe stato più alto, e lei avrebbe teso l'orecchio ai mormorii dei generali o alle lamentele dei vari ministri, e avrebbe ascoltato con attenzione.

    Adesso, però, sapeva che la verità si nascondeva dietro un cumulo di menzogne. Non ne poteva più di inganni e imbrogli, e aveva raggiunto il limite, in quella città che non considerava più sua.

    Aveva commesso l'errore di affidare documenti sensibili a un corriere che, ora lo sapeva, l'aveva ingannata, e buona parte di una famiglia era morta a causa sua. Tuttavia, ancora non riusciva a comprendere come fosse avvenuto il tradimento. Qualcuno tra le alte sfere aveva dato ordine di eliminare la famiglia Dubois, ma era stato suo il nome coinvolto in quella tragedia, sua la reputazione, sua la vita minacciata da quell'assassinio. Quelle che erano morte erano state brave persone, persone innocenti, inconsapevoli delle nefaste e deteriori conseguenze di una guerra, persone che si erano trovate nel posto sbagliato nel momento sbagliato, due delle quali erano solo bambini. L'orrore la consumava.

    A volte, senza una ragione particolare, il suo cuore iniziava a battere talmente forte che pensava sarebbe crollata a terra senza più riuscire a respirare, con l'odio conficcato in gola come una lisca di pesce.

    Imprecando tra sé, esaminò le strade che le erano rimaste aperte. Non sarebbe potuta tornare in Inghilterra, anche se lo avesse voluto. Avrebbe dovuto scomparire, cambiare identità, ma prima doveva assicurarsi che i superstiti della famiglia Dubois fossero al sicuro. Glielo doveva, così come avrebbe dato loro il denaro che aveva ricavato dal suo ruolo di spia e che ora si trovava in un luogo in cui avrebbe potuto essere prelevato in qualsiasi momento. Sì, poteva, e doveva essere fatto.

    I porti erano chiusi e protetti da barricate, e chiunque si fosse imbarcato sarebbe stato accuratamente controllato. Anche così, però, lei avrebbe trovato il modo di dirigersi verso qualsiasi città europea e, una volta fuori dai confini di Parigi, non avrebbe più corso il rischio di venir smascherata.

    Aggrottò la fronte. Tuttavia sapeva anche di non poter lasciare il maggiore Shayborne alla mercé di coloro che intendevano ucciderlo. Era rimasta stupita quando lo aveva visto entrare nei propri alloggi e si era resa conto che si trattava davvero di lui. Dopo tutti quegli anni non si aspettava di rivederlo, e di certo non nel cuore del territorio nemico.

    I suoi occhi erano più dorati di quanto rammentasse, il suo volto più magro. I suoi capelli erano tinti di nero, ne era certa, e il tempo era stato più clemente con lui di quanto fosse stato con lei.

    «Che peccato...» mormorò, sapendo che la delusione del tradimento aveva lasciato segni profondi sulla sua fronte.

    Un tempo era stata bella, quando era arrivata lì per la prima volta insieme a suo padre, otto anni prima. Cercò di scacciare la tristezza e di concentrarsi sulla strada verso casa. Attraversò Place de la Bourse e il primo arrondissement, silenzioso ed elegante, diretta verso Rue St. Berger. Lì gli edifici erano meno curati, le dimore meno sontuose, le strade più strette. Un cane si mise ad abbaiare, e lei si fermò per qualche istante in attesa che cessasse, prima di riprendere a salire silenziosamente su per la scala a chiocciola. Un'altra rampa di scale prima di arrivare alla porta di casa sua. Controllò la serratura e trovò il capello ancora integro che vi aveva attaccato. Il sottile strato di polvere che aveva appositamente sparso dinnanzi alla porta non riportava orme. Girò la chiave nella serratura ed entrò.

    Il buio. Il silenzio. Chiudendo gli occhi con un sospiro di sollievo, ripercorse mentalmente, come faceva ogni sera al suo ritorno, il tragitto fatto.

    Nessuno l'aveva seguita. La luce delle lanterne non aveva rivelato ombre alle sue spalle, nessuna minaccia aveva ostacolato il suo percorso. Non aveva intravisto pericoli nascosti, né nei vicoli più stretti e angusti, né nella luminosa Rue de Louvre.

    Adesso quella era la sua casa, quella piccola parte di Parigi. La conosceva come le sue tasche... ogni volto, ogni pietra, ogni rumore. Tutto ciò garantiva la sua sicurezza, ma comportava l'inevitabile isolamento, nonostante fosse ormai abituata a stare sola.

    Nel suo appartamento c'era molto poco, ma a lei piaceva così. Così aveva vissuto per tutte quelle settimane, mesi e anni, da quando suo padre era stato assassinato. Così era sopravvissuta, dopo essere stata gettata nel caos.

    Storia...

    Non avrebbe dovuto sussurrare quella parola. Quando aveva visto il luccichio dei suoi occhi, si era resa conto di averlo fatto solo per vanità.

    Shayborne sarebbe riuscito a far buon uso dell'informazione che gli aveva dato? Aveva a disposizione solo pochi giorni per lasciare Parigi. Celeste era trasalita trovandoselo davanti. Nessuno, a eccezione di Jules, il suo contatto al Ministero della guerra, aveva immaginato chi potesse essere, ma era solo questione di tempo. Presto lo avrebbero capito anche tutti coloro che lo stavano cercando.

    Celeste aveva pagato profumatamente Jules affinché tenesse la bocca chiusa per quarantotto ore. Presumibilmente, non ne sarebbero passate più di ventiquattro. Quel segreto valeva una piccola fortuna, e l'agente che ne era a conoscenza lo avrebbe venduto a caro prezzo. Forse non avrebbe resistito nemmeno dodici ore?

    Anche McPherson, il vecchio gioielliere scozzese che cercava di scoprire la verità sui movimenti di Napoleone, era un sospettato

    Facendo due più due, lo avrebbero smascherato presto. Lord Summerley Anthony William Shayborne. Summer, come lo chiamava lei. Summer, però, non era più suo. Le vicende della vita li avevano separati per sempre, trasformando due ragazzi innocenti in due persone irriconoscibili.

    Celeste tirò le tende e uscì sul balcone, avendo cura di restare contro il muro. Cercava di farsi vedere il meno possibile, perché era pericoloso. E faceva sempre in modo di avere qualcosa alle spalle, qualcosa di solido e robusto.

    Aprì il mantello e allentò i lacci del corpetto, lasciando che la brezza della notte le accarezzasse la pelle. I capezzoli le si indurirono, mentre sollevava il viso verso l'alto, chiudendo gli occhi.

    I ricordi...

    Il suo corpo contro di lei, la sua forza, il suo calore. Aveva pensato a quelle cose, dopo che suo padre era morto e lei era stata presa. Solo il ricordo di Shayborne l'aveva salvata. Il modo in cui lui aveva pronunciato il suo nome, la notte, sotto il cielo stellato del Sussex, era musica, per le sue orecchie, e sentirlo dentro di sé era stato come una canzone. Aveva sempre avvertito un senso del pericolo in lui. La violenza e il coraggio accompagnati da una calma glaciale, una combinazione misteriosa e intrigante che l'aveva catturata. Era un uomo in grado di superare qualsiasi ostacolo e di uscire sempre vittorioso.

    Notre Père, qui es aux cieux...

    Le parole del Padre Nostro calmarono i suoi nervi. Istintivamente, portò la mano in tasca, dove teneva il rosario di suo padre, e fece scivolare le dita sui grani di giaietto.

    Giacere con Summer era stata una cosa di cui non si era mai pentita, né allora, né poi. Rammentava la ragazza che era stata, la sua innocenza, così come la sua arroganza. Le donne giovani e belle si comportavano tutte in quel modo, con quell'altezzosa spavalderia, oppure l'aveva fatto solo lei? Be', ora non più.

    Abbassò gli occhi e vide le cicatrici sul suo polso sinistro, linee bianche e sbiadite. Le sfiorò con le dita, sorprendendosi una volta di più nel constatare che quel punto era diventato insensibile. Ecco cos'era diventata: una persona che aveva conosciuto il terrore ed era sopravvissuta.

    Si rammaricò di aver tagliato i capelli tanto corti. Le ciocche corte e ispide le solleticavano il viso.

    Sollevando il bicchiere di Pouilly-Fumé, bevve il vino tutto d'un fiato, e se ne riempì subito un altro, mentre già l'ansia iniziava a recedere.

    Shay chiuse le tende, prima di accendere altre due candele e sistemarle ai lati del camino.

    Era stanco di Parigi, stanco dei sotterfugi, del buio. Aveva riconosciuto l'identità della sua visitatrice dopo pochi minuti che lei se n'era andata.

    Celeste Fournier. Erano passati otto anni da quando l'aveva vista l'ultima volta, in Inghilterra. A quel tempo era stata lodata per la propria bellezza, ma lui aveva amato più di qualsiasi altra cosa le sue debolezze, la vulnerabilità che nascondeva dietro il sorriso.

    Amato? Una parola troppo forte, forse, anche se a diciotto anni il cuore è incline agli eccessi.

    Sentendo bussare alla porta, si voltò. Era tornata? Aprì il chiavistello, e Richard Cunningham entrò. Shay richiuse in fretta la porta alle sue spalle. Il recente avvertimento di Celeste continuava a risuonare nella sua mente.

    «Hai l'aria di chi ha visto un fantasma, Shay.»

    «Forse è così.»

    Il nuovo venuto non riuscì a nascondere la preoccupazione mentre si avvicinava al tavolo e si versava da bere. Un brandy della migliore qualità. I gusti di Cunningham erano impeccabili anche quando era agitato.

    «Problemi in vista, Shay. Ieri qualcosa ha sconvolto i servizi segreti parigini, il risultato è che adesso ognuno lavora per sé, e la paura di ritrovarsi con un coltello piantato nella schiena è diventata quanto mai reale.»

    «Ti riferisci all'assassinio della famiglia Dubois?»

    «Ah, allora ne hai sentito parlare... Da chi? Gira voce che le spie di Napoleone siano determinate a sterminare chiunque si mostri in disaccordo con le idee dell'imperatore. Ciò include le famiglie di coloro che hanno la temerarietà di criticare un regime che molti sanno essere corrotto. Si dice che abbiano ricevuto documenti incriminanti, carte che sollevano domande sulla loro lealtà alla Francia. Napoleone è impazzito, con questa sua brama di potere!»

    «Minacce» replicò Shay, «minacce ventilate in un'illusoria speranza di grandezza. Se conquisterà la Russia, nessuno più riuscirà a impedire a Bonaparte di governare il mondo.»

    «Sarà l'inverno a metterlo in ginocchio, ricorda le mie parole» decretò Cunningham. «Ci sono migliaia e migliaia di miglia tra Parigi e Mosca.»

    «Hai intenzione di partire? Di andartene?» Shay abbassò gli occhi sulla sacca vicino alla porta.

    «Sì, stanotte stessa. Vieni con me. È l'unica scelta possibile.»

    Solo quindici minuti prima Shay lo avrebbe fatto. Avrebbe riempito sommariamente la sua sacca e avrebbe lasciato la città. Aveva compiuto il suo dovere, inviato i suoi rapporti.

    Invece scosse il capo. «No. C'è una cosa che devo concludere.»

    Pensò a Celeste, al dono che gli aveva fatto in quel fienile a Langley, con il sole invernale che penetrava attraverso i vetri sporchi di una finestra. Le sue gambe lunghe e perfette... il sorriso triste.

    «James McPherson è al corrente del pericolo?» C'erano anche altre persone da considerare.

    «Se ancora non lo è, significa che i suoi canali non funzionano come dovrebbero. È finita, non capisci? Non c'è più niente che possiamo fare per impedire una guerra che sfida qualsiasi buonsenso. Se il piccolo generale vuole suicidarsi, perché dovremmo restare qui a fare il bagno nel suo sangue?»

    «Dove sei diretto?»

    «A nord, verso la costa. Scommetto che ci sono pescatori che danno più valore all'oro che alla politica e che, avendone la possibilità, mi traghetteranno dall'altra parte del Canale.»

    «Ti auguro buona fortuna, e che Dio ti accompagni.»

    «Tu non vieni?»

    «Credo sarai più al sicuro senza di me. La mia copertura è saltata, l'ho saputo oggi.»

    «Santo cielo! E allora perché diavolo resti?»

    «Solo per poco. Partirò domani sera.»

    «In tal caso trovati un'altra uniforme. Ho sentito dire che stanno dando la caccia a tutti gli americani inviati dal presidente Madison.»

    «La notizia mi è già arrivata, grazie.»

    «Quando tornerai a casa, ci sarà un ottimo brandy ad attenderti in un club di Londra.»

    «Me ne ricorderò.»

    «Sei stato un eroe, Shay, sia in Spagna che in Inghilterra, ma ricordati che si vive una volta sola.»

    «E si muore una volta sola.»

    «Anche.»

    Dopo che se ne fu andato, Shay finì di bere il cognac che Cunningham si era versato. Spense le candele, aprì le tende e si sedette a guardare la luna a malapena visibile dietro le nubi che si andavano formando.

    Ancora un giorno, e sarebbe finito tutto. La sua guerra. I servizi segreti. La libertà. Non riusciva nemmeno a immaginare di tornare a casa a Luxford e di essere felice.

    Guy Bernard la stava aspettando, il mattino seguente, di buon'ora, mentre Celeste camminava furtivamente nel mercato affollato di Les Halles, con pane e focaccine dolci nella cesta che aveva sulle spalle. Se avesse prestato più attenzione, avrebbe potuto semplicemente evitarlo, ma quando si ritrovarono a faccia a faccia, le fu impossibile farlo. Lui aveva il viso arrossato, e una postura rigida delle spalle che lei non poté fare a meno di notare.

    «Sei diventata una traditrice, chérie?» Il suo saluto grondava sarcasmo. «Dopo il fiasco dei Dubois, si vocifera che tu stia lavorando per gli inglesi.»

    «Ciò implicherebbe che io dia più peso all'esito della missione di quanto non faccia, Guy.» Con quelle parole gli gettò in faccia la verità, perché entrambi giocavano allo stesso gioco, e nemmeno per un istante Celeste aveva pensato che lui operasse mosso da una spiccata lealtà verso la Francia. Erano entrambi disposti a lavorare per chiunque li pagasse profumatamente, e quella era la loro forza e al tempo stesso la loro debolezza. Quando lo vide rilassarsi, le sue dita si allontanarono dal pugnale che teneva in tasca, e Celeste liberò un sospiro di sollievo.

    Aveva bisogno di conoscere le sue intenzioni, di capire quale sarebbe stata la sua mossa successiva e, sebbene sapesse che sarebbe stato più saggio fuggire, una vocina dentro di lei le suggerì di essere paziente. Senza i contatti di Guy con il sancta sanctorum dell'agenzia, sarebbe morta già da anni.

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1