Storie vere mai accadute
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Questa raccolta di racconti potrebbe essere la risposta.
Attraverso un passato che forse non è mai esistito e mondi paralleli dominati da esseri che scavalcano qualunque limite, dalle barriere solide alla morte, fino a padroneggiare perfettamente l’ubiquità, i personaggi del libro si rincorrono attraverso amori violenti e dolci vendette per dimostrare che le storie vere non accadono mai.
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Anteprima del libro
Storie vere mai accadute - Vanessa Zavanella
eterno.
Chi vola non sa camminare
La giovane donna era in piedi sul gradino più alto della scala che portava alla cantina.
Di fronte a lei prendeva forma una larga strada, perché non c’era una porta a proteggere il suo mondo sotterraneo.
Sentiva bene la canzone che i ragazzi avevano messo alle sue spalle per farsi compagnia mentre spostavano la mobilia da una stanza all'altra. Il ritmo le prese le gambe e i lunghi capelli neri cominciarono a ondeggiarle lungo i fianchi, ma era ferma nella propria preoccupazione.
Chiuse gli occhi sul volto pallido e inspirò piano.
Si gettò perpendicolarmente alle scale, controllando con perfezione ogni singolo aspetto del movimento. Offrì la spalla sinistra e una porzione della guancia allo spostamento lieve dell'aria. Abbassò il sedere e sfilò più vicina ai gradini, senza peso. Vide che quattro sui amici stavano spostando un letto da una stanza a quella di fronte, bloccandole il passaggio.
Decise che un po' di divertimento non poteva farle male.
Sorrise in modo misterioso e sfilò sotto l'unica, stretta apertura tra il materasso e il pavimento. Mentre lo faceva, alzò con grazia il mento verso le molle ed ebbe una fugace visione della cantina: un lungo corridoio colorato, sgargiante, che sembrava essere stato dipinto senza nessuna apparente logica, se non quella di usare solo colori i caldi, separava due file di porte perfettamente regolari, una di fronte all'altra, in legno massiccio.
Si voltò per godere l'espressione ammirata degli amici: non si stancavano mai di vederla giocare a mezz'aria.
Continuando a scivolare verso la propria meta, rivolse un sorriso radioso ai suoi spettatori e alzò con studiata lentezza le braccia lungo i fianchi facendo un cenno, come per dire voilà.
Tornò a concentrarsi sui propri pensieri e veleggiò più rapidamente verso l'unica porta in fondo al corridoio, di fronte alle scale. Quando arrivò a poca distanza da questa, si accovacciò, ancora sospesa sul pavimento, di fronte all'uscio. Bussò con convinzione. «Nastagio, vi prego, apritemi.»
Non ricevette nessuna risposta, se non un rumore di conati soffocati.
La giovane aprì lentamente. La stanza era buia.«Nastagio, il vostro silenzio m'è pesante come un fardello...»
L’uomo chiamato Nastagio divenne improvvisamente visibile dalla penombra, perché la ragazza aveva lasciato uno spiraglio aperto.
Stava seduto su un'alta sedia e teneva ben stretta una botte tra le gambe. Quando apriva la bocca per sfogare il rigurgito, si poteva vederne uscire una grande testa appartenente a un uomo, cianotica; ma nel giro di qualche istante, l'essere veniva completamente espulso, lasciando solo una fugace apparizione delle gambe. Questo atto gli provocava la disarticolazione dolorosa della mascella e una lacrima gli scorreva lungo una guancia.
Lei si avvicinò cupa alla botte, supina, e guardò nel contenitore: era già pieno per metà.
Passò una mano gentile sui capelli dell’uomo chinato e sussurrò:
«Nastagio, venite con me, fuori dalla cantina. Stare qui vi porta questi crudeli pensieri».
Nastagio scacciò la carezza e disse, guardandole il volto:
«Non uscirò da questa stanza finché non avrai imparato a correre».«Ma voi sapete ch'io non riesco a correre! Finché sto sospesa, l'aria mi sorregge amichevole, ma appena poso piede a terra... Mi lega le gambe senza via d'uscita.»
L’uomo abbassò lo sguardo e riprese a vomitare.
Lei continuò:
«Perché non vi piace guardare i miei arabeschi alati? Agli altri nostri amici divertono moltissimo».
Detto ciò si fece trascinare verso sinistra da un rapido movimento con la mano e il braccio, avvitandosi graziosamente sul dorso; fece poi un'inaspettata capriola all'indietro e si afferrò i piedi, prendendo la forma di un cerchio.«È così bello volare, mio buon amico. Perché non imparate voi la mia arte, anziché io la vostra?»«Tu non voli, Tamara. Ti limiti a stare sospesa per aria. E comunque, qui ho da fare. Se desideri che continuiamo gli esercizi per correre, ben venga. Altrimenti, lasciami in pace.»
Nastagio riprese a vomitare con impegno. Tamara incrociò gambe e braccia e cominciò a ruotare come un fusillo nell'acqua della pentola.
Planò con precisione sotto il volto dell'amico, che, non avendola vista, le lanciò un cadavere addosso. La ragazza lo afferrò senza fatica, anche se l'urto la spostò lievemente verso il cerchio della botte.
Quando lui si accorse che il corpo non era caduto, aguzzò lo sguardo verso il basso e si spaventò non poco, finché non vide, sotto l'uomo livido, Tamara che lo stringeva, ridendo a crepapelle.
Nastagio fece schioccare la lingua con impazienza e buttò le braccia lungo i fianchi.«E va bene, sia. Usciamo.»
La giovane fece una forte esclamazione di gioia e veleggiò con delicatezza verso l'uscita.
Per ingannare l'attesa, si mise a giocare con un enorme lampadario, non presente prima che la ragazza entrasse nella stanza di Nastagio.
Notò le decorazioni di ampi drappi rossi, che pendevano fino a terra con lunghezze diverse.
Tamara si divertiva placidamente, facendoli scorrere sul suo corpo sinuoso.
D'un tratto le venne un'idea divertente. Prese un membro del suo pubblico estasiato e lo sollevò fino al soffitto, senza nessuna difficoltà.
Improvvisarono un'elegante valzer attorno alla sfera cristallina, che riluceva a causa della luce proveniente dall'apertura della cantina.
Quando lo riportò sul pavimento, circondata da risate festose, arrivò Nastagio.
Era cupo, molto diverso da come apparivano gli altri inquilini.
Prese per mano Tamara, quasi a invitarla a scendere, ma lei non fece segno di accorgersene e tenendo strette le