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Bloody Rome: Ricordi dall'Epidemia Z
Bloody Rome: Ricordi dall'Epidemia Z
Bloody Rome: Ricordi dall'Epidemia Z
E-book168 pagine2 ore

Bloody Rome: Ricordi dall'Epidemia Z

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Info su questo ebook

L'ispettore Marcus Conti Perez lavora in una Roma post-epidemia sanificata grazie al vaccino che immunizza dal Solanum, il terribile virus che ha riportato in vita i morti e che per poco non ha spazzato via l'intera umanità. Il vaccino ha funzionato, ma a lungo termine gli effetti collaterali potrebbero essere peggiori della piaga. Anche Marcus, attraverso la lenta necrosi della gamba, comincia a subirli. Intanto però la "vita" continua e, mentre gli zombi veri, "i rossi", sono scomparsi, la popolazione umana al di sopra dei vent'anni si è trasformata in qualcosa di diverso. Nella Città Eterna, Marcus viene chiamato a indagare su uno strano caso: una stanza d'albergo colma di cadaveri che, apparentemente, si sono sbranati a vicenda. Eppure dovrebbero essere tutti immuni dalla malattia. Comincia da qui la difficile ricerca di una verità che lo porterà a scoprire una terribile organizzazione intenta a diffondere una versione del Solanum potenziata e ancora più letale. Tra colpi di scena, azione e depistaggi, una storia emozionante, intensa, che rivela un personaggio molto particolare, assolutamente fuori dalle righe, in un'atmosfera dalle tinte cupe e apocalittiche.
LinguaItaliano
Data di uscita27 nov 2014
ISBN9788868510626
Bloody Rome: Ricordi dall'Epidemia Z

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    Anteprima del libro

    Bloody Rome - Agostino Palmisano

    Agostino Palmisano

    Bloody Rome

    Ricordi dall’Epidemia Z

    arkadia

    © 2014 arkadia editore

    Trattandosi di opera di fantasia, qualsiasi riferimento a cose o persone

    realmente esistenti e da considerarsi puramente casuale

    Collana Narratori Eclypse 48

    Prima edizione novembre 2014

    isbn 9788868510626

    Arkadia Editore

    09125 Cagliari – Viale Bonaria 98

    tel. 0706848663 – fax 0705436280

    www.arkadiaeditore.it

    info@arkadiaeditore.it

    1

    Bagno di sangue.

    Quando Marcus entra nella camera d’albergo apertagli da un receptionist, quello che trova ha qualcosa del genere: la prima impressione, quel tipo di struttura logica immediatamente generata solo dalla propria carne, non dalla mente, l’idea di trovarsi di fronte a un bagno di sangue, appunto.

    Oltre al complessivo disordine regnante nella suite, la cosa più evidente è la massa di corpi galleggiante nella piccola vasca idromassaggio al centro del salone principale. L’idromassaggio è spento ma una soffice schiuma rosea lambisce quelle porzioni di cadaveri affioranti dal magma ematico.

    E di sangue in giro, però, ce n’è poco: qualche goccia è sul tappeto del salotto in tessuto a fantasia floreale, qualche schizzo sulle tende in lino crema e qualche rivolo, ben coagulato, sul pavimento attorno alla vasca. Il senso di disordine è generato soprattutto dai vestiti strappati e sparpagliati alla rinfusa e dal cibo sbranato bestialmente abbandonato ovunque: polli allo spiedo addentati e lanciati contro il muro e i quadri pseudo-impressionisti che li decorano grossolanamente, pizze maxi smozzicate e gettate a terra, bottiglie di spumante usate con tanto di quello zelo da lavare l’intero mobilio.

    Insomma, lì dentro si stavano divertendo a profusione quando all’improvviso qualcuno è entrato in scena a rovinare la festa o, più semplicemente, uno o più invitati hanno perso ogni freno trasformandosi in cannibali.

    Né Marcus né il giovane receptionist al suo fianco hanno però di che stupirsi: la scena è una delle tante varianti che in quei giorni l’intera città è costretta a subire. Lo spettacolo della violenza efferata ritorna, rigurgitata dal buio passato. Ovunque scoppiano carneficine immotivate come se una strana forma di virus psicotropo si diffondesse sotterranea, senza altri sintomi se non, appunto, il cannibalismo.

    Qualcuno comincia a parlare di nuove droghe sconosciute. Ma questi qualcuno, spesso e volentieri, sono i soliti imbecilli che alla tv discutono di tutto, quindi di niente. Nessuno che faccia qualche accenno agli zombi rossi, come se non fossero mai esistiti, come se oramai la peste fosse scomparsa da secoli, quando nella realtà delle cose è trascorso solo un decennio o poco più dal suo apparire, una dozzina d’anni che hanno trasformato l’umanità in una straziante comunità di sopravvissuti dediti all’occultamento della storia.

    L’ultimo caso accertato è di appena quattro anni addietro.

    Ma ciò non conta. Per tutti il Solanum non esiste più, l’intera popolazione mondiale è stata vaccinata, quindi è impossibile che il virus possa diffondersi. La versione ufficiale delle cose ha sempre un che di rincuorante anche se si riferisce a un olocausto nucleare o a pandemie senza rimedio.

    Marcus si volge verso il ragazzo che gli è di fianco e lo scopre intento a messaggiare distrattamente sul cellulare, assorto nelle solite sciocchezze dei giovani lavoratori che sognano altro: qualcosa di indefinito e luccicante che puntualmente non si avvererà mai.

    «Quando ha capito che le cose non andavano bene qui dentro?»

    Il ragazzo si ridesta svogliato, scollando lo sguardo dal piccolo schermo lcd: «Circa un’ora fa è arrivata una donna al banco della reception dicendo di essere un’invitata del signor Gancia e che la aspettavano nella suite.»

    «Come si chiamava?»

    «Ha detto di annunciarla col nome di Laura.»

    «E dove sarebbe adesso questa Laura?»

    La domanda suona un po’ stupida, ma tant’è. Nel suo lavoro usa spesso domande stupide per attirare l’attenzione dei suoi interlocutori.

    «E che ne so io? Se n’è andata subito. Ho provato a chiamare di sopra ma non rispondevano. Allora le ho detto che non c’era nessuno e questa Laura ha cominciato a protestare, dicendo che non era possibile perché il signor Gancia l’aveva sentito un’ora prima, invitandola nella sua suite.»

    Marcus registra nella mente il primo facile indizio: controllare le telefonate di Gancia.

    «Quindi diciamo che questa Laura è arrivata verso le dieci, giusto?»

    «Credo di sì.»

    Marcus torna a osservare il bagno di sangue senza sangue, avvicinandosi di qualche passo e notando nuovamente come la sua maledetta gamba sinistra continui a non rispondere a dovere. Sa già che da lì a un mese la dovrà trascinare sperando che almeno la destra regga un altro po’.

    «E lei quindi è salito su?»

    «Come?»

    Marcus legge l’indecisione del ragazzo come una mancanza di rispetto. Tornando a guardarlo lo ritrova immerso nello schermo lcd del maledetto aggeggio. Glielo strappa di mano e mima il gesto di lanciarlo fuori dalla porta. Alle rimostranze del giovane sbotta come il più classico dei poliziotti da film: «Senti ragazzino, sono qui per lavorare e devo pure sbrigarmi. Tu sei obbligato a darmi retta, a collaborare e a farlo come dico io. Quindi datti una regolata, altrimenti ti prendo a calci nel culo.»

    L’effetto è quello sperato e il ragazzo diventa un agnellino col cellulare che, tornato tra le sue mani, si infila mesto e silenzioso nella tasca dei pantaloni.

    Nel frattempo arrivano gli uomini della polizia scientifica, il magistrato di turno e il medico legale reperibile, tutte logiche conoscenze dell’ispettore Marcus Conti Perez.

    La prima cosa da fare è fotografare tutto, fotografare l’impossibile. Solo dopo ci si può mettere in azione accompagnati dalle immagini e dai brevi filmati che documentino la correttezza delle procedure in atto. Se c’è una cosa che il Solanum ha insegnato è questa: un’idea persa è un’idea da zombi, un particolare dimenticato è un’idea zombi che ti ha infettato, come insegna Burroughs.

    Il corpo in cima alla massa morta è quello di una giovane di razza caucasica a cui è stato strappato un braccio che giace leggermente spolpato appena sotto il pelo della pozza rossa. Oltre a ciò la ragazza è stata vandalizzata con un morso alla mammella sinistra che è affondato nel tessuto adiposo dell’organo, strappandone una buona porzione. Il dottor Sartor Cavallo ha atteso che quelli della scientifica facessero il loro lavoro. Comincia a studiarla solo dopo che sgomberano il campo facendo adagiare i resti in un luogo in cui possa esaminarla meglio.

    È evidente che anche lui ha problemi con gli arti inferiori, d’altronde sono quasi sempre le prime parti del corpo che cominciano a spegnersi. Inoltre Sartor Cavallo è dieci anni più vecchio di Marcus, quindi può considerarsi un miracolato se cammina ancora.

    Dopo un paio di minuti che armeggia col corpo si rivolge a Marcus: «Senti, questa qui è morta dissanguata, però prima anche lei si è concessa il banchetto. In bocca ci sono brandelli di carne cruda.»

    «Dici che è solo una zombi bianca?»

    «Certo, che discorsi sono questi?»

    «E se fosse rossa? E se tutti questi qui fossero rossi e si risvegliassero in questo momento?»

    «Non dire scempiaggini. Guarda qua», Sartor prende il capo della ragazza con entrambe le mani e lo ruota, poi scosta una ciocca di capelli dietro l’orecchio dove la cicatrice bluastra del vaccino anti-Solanum è ancora molto evidente. «Vedi, vaccinata di fresco, al massimo avrà ventidue anni. È ancora perfetta, non sembra nemmeno una bianca.»

    «Sarà come dici, però non capisco perché un bianco si metta a fare il pazzo come un rosso.»

    «Ancora non ne sappiamo niente, tutti quelli che ho visto finora sembrano semplicemente impazziti. Niente droghe, niente virus, niente batteri. Solo un po’ di candida dalle parti delle gonadi più vitali.»

    Marcus è stupito: «Addirittura c’è chi conserva la candida? Allora vuol dire che il vaccino non è poi così perfetto come ci fanno credere.»

    «Non lo so. Forse è qualche ceppo mutato, lo stanno ancora studiando.»

    Il dottore termina la visita preliminare superficiale, prende appunti e richiude la ragazza nel classico sacco di plastica nero. Poi passa al secondo cadavere, altro servizio fotografico con contemporaneo spostamento sul pavimento e una controllata veloce alle fauci. Per avere cinquant’anni e le gambe quasi andate il dottore se la cava ancora alla grande anche senza bastoni o grucce. Marcus lo osserva quasi ammirato: «E questo qui?»

    «Idem. Carne cruda in bocca e vaccino effettuato. Negroide, età stimata sui trent’anni. Questo sarà morto più in fretta della ragazza, guarda. L’uomo ha uno squarcio al centro dell’addome, una parte dell’intestino è stato tirato fuori, addentato, strappato e gettato in vasca.»

    «Ma aveva ancora l’addome vitale?»

    «Abbastanza, sembrerebbe poco necrotico. Lo studierò meglio più tardi. Anche perché sulle gambe segni evidenti di necrosi non ce ne sono affatto.»

    «E allora avrà gridato parecchio, come si fa a farsi sbranare così, senza urlare? Tu continua, devo capire se ci sono almeno testimoni che abbiano sentito qualcosa.» Marcus fa alcuni passi in direzione della porta, poi si gira di scatto verso il dottore: «Senti, ma come fai con le gambe?»

    «Quali gambe?» Tira su il lembo del pantalone e mostra orgoglioso una lucente tibia nera. «Guarda, due protesi in carbonio nuove di zecca. Con le gambe vecchie adesso sarei dietro una scrivania a trascrivere referti. Cosa c’è, stai cominciando a farti fare preventivi in giro? Se vuoi ti consiglio un ortopedico che è la fine del mondo.»

    «Ancora no, le mie tre gambe sono perfette, ma grazie lo stesso. E poi ricordati, la fine del mondo è passata da un pezzo.» E mentendo si gira tornando ai sui compiti di investigatore della verità altrui.

    Marcus rientra a casa che sono le tre del mattino. Nel frattempo la suite in cui è avvenuto il massacro è stata sigillata e posta sotto sorveglianza. Di guardia c’è un poliziotto mentre tutti gli altri sono andati via.

    Non è molto stanco e le idee vorticano fuori e dentro la carne senza far danni, mentre la mente è affollata dai corpi dei cannibali appena riportati alla tranquillità di una bella cella frigorifera dell’obitorio sempre affollato. Intanto la gamba sinistra pulsa perdendo sensibilità.

    Il ragazzetto della reception pare aver dato una versione attendibile, le cose sembrano filare lisce. Ripercorre il film di quanto è accaduto.

    Alle ore dieci di sera del 23 agosto, al New Ambassador Hotel di Roma, sito in piazza Nuova Resistenza, già piazza Servi della Rivoluzione, si presenta una giovane donna di razza caucasica sui venticinque anni, dice di chiamarsi Laura e chiede di farsi annunciare all’ospite della suite 902, tale Gancia Antonio Roberto, manager milanese in trasferta in quel di Roma già da un paio d’anni. Svolge la sua attività principale nel campo farmaceutico. I tre invitati, ritrovati accatastati sul cliente della suite 902, sembra siano arrivati ognuno per conto proprio, tra le otto e le otto e un quarto. Oltre a loro nessun altro s’è fatto annunciare.

    Quindi, al momento dell’arrivo di Laura, nella camera ci sono quattro persone, compreso Gancia.

    Il receptionist, tale Luigi Silva, originario di Napoli, chiama la suite. I tre tentativi non danno risposta, Gancia sembra non esserci. La suddetta Laura non sembra convinta ed è evidentemente infastidita. È certa che Gancia debba essere in camera perché invitata per una piccola festicciola non più di un’ora prima. Silva riferisce l’impressione che si possa trattare di una escort.

    Laura chiede di riprovare. Silva ritenta e chiama, ma anche questa volta non risponde nessuno. La ragazza tira fuori il cellulare e, a sua volta, effettua una chiamata veloce il cui contenuto sfugge a Silva in quanto nel farla la ragazza si gira di spalle e si allontana di qualche passo verso l’uscita. Chiuso il cellulare, rivolgendosi di nuovo al ragazzo, gli chiede la cortesia di riferire a Gancia del suo arrivo e che è convinta che sia in camera e non abbia voluto rispondere.

    Laura va via ma, dopo alcuni minuti, circa dieci, ecco squillare il telefono della reception. Silva risponde, come al solito, con cortesia professionale. Dall’altra parte del telefono una voce maschile con leggero accento slavo dice che nella suite di Gancia è avvenuto un omicidio, poi riaggancia.

    Silva, che non è ancora interamente decerebrato dalla tecnologia per non cogliere le coincidenze di cui è stato protagonista, decide di andare a dare un’occhiata. Chiede al suo collega appena tornato da una seduta spiritica in bagno, tale Sandro Ruggi Ruvos, di sostituirlo al bancone e va su al nono piano. Prima bussa, poi ribussa. Infine, data l’assenza di risposte dall’interno, decide di rischiare ed entra col l’ausilio del suo passepartout. Appena l’immagine dell’interno gli si para davanti, torna fuori chiudendosi la porta alle spalle e si precipita alla sua postazione per chiamare la polizia la cui stazione più vicina si trova a pochi isolati da piazza Nuova Resistenza, più precisamente in via Nuova Repubblica Libera.

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