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Un lungo inverno
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E-book219 pagine3 ore

Un lungo inverno

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Info su questo ebook

Un letto troppo pieno, quello del Professore di matematica Alessandro Berti, da dividere con una moglie con la quale ormai era tutto finito e due bambini che erano diventati la sua unica ragione di vita. Un letto troppo vuoto, quello di Carlotta, una giovane e nuova impiegata del liceo classico che non ha amici, non crede più nell'amore e vive solo per se stessa. Un'ostinata fantasia, un amore impossibile, travolgente e sconvolgente metterà a dura prova i due, finché qualcosa di più grande di loro gli darà una possibilità, un'occasione che non possono perdere.
LinguaItaliano
EditorePubMe
Data di uscita3 mag 2017
ISBN9788871631141
Un lungo inverno

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    Anteprima del libro

    Un lungo inverno - Elena Cecconi

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    PREFAZIONE

    di Daniela Ruggero

    Mi è stato chiesto di scrivere la premessa di questo nuovo romanzo di Elena e quindi eccomi qui.

    Ammetto che in prima battuta mi sono venuti i capelli bianchi per la responsabilità che mi è stata data, che cosa dovrei dire? E se le mie parole scoraggiassero i lettori? Con lo stomaco chiuso per l'emozione, ho letto in stesura questa storia e le parole si sono riversate da sole sul foglio.

    Sono una romantica anomala, preferisco un horror alle storie d'amore e sapete perché?

    Perché piango... Alla fine io piango sempre... e alla fine ho pianto anche questa volta.

    L'amore, questo sconosciuto e ricercato sentimento che sostiene l'universo.

    Se chiedessimo a mille persone di descrivere l'amore lo farebbero in così tanti modi che alla fine saremmo confusi.

    Ebbene io posso dirvi come la vedo io.

    L'amore è quel vulcano che ti esplode dentro e ti porta via trascinandosi nel suo magma caldo. Ti fa perdere la ragione. Le stagioni si mescolano tra di loro e il freddo non esiste più. La fame, la sete, il sonno diventano elementi accessori perché quando chiudi gli occhi lo fai per vedere il suo viso, i suoi occhi e ti cullano l'anima e ti sciolgono come neve al sole. Cammini sollevato da terra e tutto ti sembra perfetto. Quando riesci a trovare qualcosa che ti ancora alla vita con tanto trasporto l'unica cosa che puoi, che devi fare, è quella di nutrirti di un sentimento così profondo da rigenerati.

    Carlotta lo ha trovato il suo amore. Lo ha incontrato e lo ha riconosciuto. Ha sentito i brividi lungo la schiena, lo stomaco chiudersi e la bocca seccarsi.

    Carlotta sa esattamente che cosa sente quando incrocia nei corridoi della scuola quel professore così bello e sensuale da soffocarti. Sa anche che non gli appartiene e che quel corpo che la attira a sé scalda un'altra donna.

    Ma per quanto due pianeti cerchino di stare lontani, se attratti da una forza magnetica non possono far altro che entrare in collisione.

    Questo romanzo si sussegue in una danza di sospiri e palpiti.

    Ogni momento vissuto dai protagonisti è intenso e disarmate.

    Difficile non affezionarsi a ogni parola, che ti lascia un solco di immagini e umori dentro il cuore tali che non vorresti staccarti mai e vivere con tutti i protagonisti le loro vicende. In alcuni momenti avrei voluto stringere forte Carlotta e in altri invece le avrei detto di darsi una svegliata.

    Ecco, quando una storia arriva a farti parlare con i protagonisti significa che l'autrice ha saputo trasmetterti parte delle loro vite.

    Elena Cecconi ci ha regalato una storia d'amore appassionata e avvincete.

    Se con A piedi Nudi verso te e Semplicemente perfetta ha fatto sognare con un meraviglioso colpo di fulmine, in questo romanzo ci dà una visione della vita diversa. Più matura e travagliata. Ci mostra un'altra faccia di quel sentimento che muove il mondo. Una storia di vita quotidiana che diventa la storia di tutti.

    Non mi resta altro che augurarvi buona lettura. Spegnete il telefono. Preparatevi una buona tisana calda e lasciatevi cullare.

    CAPITOLO 1

    Come ogni mattina il professor Alessandro Berti fu costretto a lasciare il suo letto molto presto, doveva fare posto alle sue due piccole pesti, che puntualmente si svegliavano alle 5 per infilarsi sotto le coperte con mamma e papà.

    Come ogni mattina resistette ben poco ai calci, ai pugni e alle tirate di capelli, quindi si alzava sempre prima delle 6, si preparava un caffè, leggeva il giornale sul suo iPad in bagno e dopo una doccia tornava in camera per svegliare tutti.

    Da lì cominciava il suo inferno. Gloria, cinque anni, saltava sul letto per svegliare Tommaso, otto anni, che non voleva mai alzarsi per andare a scuola.

    Sua moglie Laura lasciava per prima il letto, un groviglio di capelli biondi attaccati alla testa e un pigiama di flanella fuxia le davano un aspetto orribile la mattina. Chissà perché però, fino a qualche anno fa, la trovava adorabile appena sveglia.

    Si ritrovavano insieme per la colazione in cucina, dopo aver rincorso i figli per il corridoio, costringendoli a lavarsi e vestirsi per la scuola. Ogni mattina era un tripudio di caos.

    Menomale che almeno la macchina era partita, perché a volte anche quella dava dei problemi, contribuendo a peggiorare notevolmente la giornata del professore, che come al solito era partita male.

    Lui accompagnava Tommaso alla scuola elementare, che si trovava a poca distanza dal liceo classico in cui insegnava matematica, mentre la moglie si occupava di portare la piccola Gloria alla scuola materna dall'altra parte della città, dove si trovava l'ufficio commerciale in cui lavorava part-time come impiegata.

    Come ogni mattina il professore scese dall'auto e si sistemò la tracolla, in modo da non sgualcire la giacca blu scuro, che portava sopra una camicia, un paio di pantaloni classici, e una sciarpa di cachemire legata al collo. Era alto e aveva una figura importante, capelli di media lunghezza e barba incolta. Saliva i gradini del liceo e cercava subito con lo sguardo quella ragazza, una nuova impiegata che la scuola aveva assunto in sostituzione della signora Lidiana, andata in pensione dopo una vita passata in quel liceo.

    Era stato un dispiacere per molti salutare la signora Lidiana, la quale aveva rappresentato una vera istituzione del liceo e a tutti sarebbe mancata moltissimo. Ma dal giorno dopo il piccolo rinfresco fatto in suo onore, la nuova impiegata aveva sostituito degnamente il posto di Lidiana, almeno agli occhi del professor Berti.

    Era una boccata d'aria fresca per lui, non era bellissima e non faceva niente per esserlo, ma lui la immaginava senza quei grandi occhiali, sognava di sciogliere quei lunghi capelli neri che portava sempre legati sulla testa, fantasticava sul suo corpo nascosto sotto ai jeans e ai maglioncini di lana.

    Ogni mattina lo salutava dandogli il buongiorno, alzando a malapena lo sguardo su di lui. Sicuramente non meritava le sue attenzioni e lo vedeva come un topo da biblioteca, con i suoi gilet di maglia e la camicia abbottonata fino all'ultimo bottone, gli occhiali sul naso e la barba da fare, non sapeva che sotto a tutto quello c'era un campione di nuoto, con un fisico di pietra e un bisogno impellente di un corpo da scaldare.

    Lui avrebbe voluto indossare qualcosa di diverso, per farsi notare da lei, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo. Non sarebbe stato giusto. La sua famiglia era la cosa più importante.

    Era cresciuto con due genitori separati il professore, e aveva promesso a se stesso che non avrebbe mai fatto vivere ai suoi figli quella sofferenza che aveva vissuto lui. Aveva promesso che si sarebbe preso cura di Laura per tutta la vita, lo aveva fatto davanti a Dio, in una chiesa piena di invitati, con gli occhi pieni di amore, quell'amore che ora non riusciva più a sentire, in nessun angolo della sua mente.

    Perché? Se lo chiedeva continuamente. Perché non ci amiamo più? I figli hanno certo contribuito al nostro allontanamento, ma il momento di pappe e pannolini è passato da un pezzo, e non riusciamo ancora a recuperare un po' del nostro rapporto. Un po' del nostro essere coppia. I figli sono la tomba dell'amore!

    Non la cercava ormai più sotto le lenzuola, dopo l'ennesimo rifiuto, aveva capito che doveva starsene al suo posto. Era così da anni ormai.

    Quella era diventata la sua vita. Una routine schiacciante, che il professore non riusciva a dominare, nonostante tutti gli sforzi.

    Aveva provato a lasciare i bimbi dai nonni e portarla in un ristorante romantico, quello dove andavano sempre da fidanzati. Era stata una bella serata, avevano fatto anche l'amore quella notte, ma la sera dopo era tornato tutto come prima. Sarebbe stato disposto a portarla a cena fuori ogni sera, se fosse servito, ma sapeva benissimo che i problemi erano ben altri.

    Due anni prima aveva provato anche a seguirla, pensando che magari si fosse innamorata di un altro uomo, aveva persino crackato le sue password con l'aiuto del suo miglior amico Stefano, esperto di computer, per poter controllare la sua posta elettronica e il suo profilo di Facebook. Quello che ne era venuto fuori era un continuo e petulante lamentarsi della sua vita, con le sue amiche e con gente a lui sconosciuta, ma niente che lo facesse pensare a un tradimento.

    Quindi il problema era da cercarsi esclusivamente nel loro rapporto, lui lo sapeva bene, ma non poteva fare di più di quanto non stesse già facendo, diceva lui, ne era certo.

    Pensava a tutto questo, mentre prendeva dal suo armadietto in sala professori i testi per la prossima lezione con la quinta A.

    Quando sentì qualcuno schiarirsi la voce si voltò verso l'ingresso.

    «Buongiorno a tutti, un po' di attenzione per favore!»

    L'impiegata nuova, che ancora non sapeva come si chiamasse, stava in piedi poco oltre la soglia, con le guance rosse per l'emozione e la voce tremante.

    Posò immediatamente i libri nell'armadietto e lo chiuse. Vi si appoggiò con la spalla e si mise in ascolto, la stava fissando, ma lei non lo vedeva, continuava a guardare i fogli che aveva in mano.

    «Allora i colloqui generali sono stati fissati per mercoledì prossimo sedici novembre, dureranno tutto il pomeriggio. Ho qui lo schema con le vostre postazioni, ogni aula potrà ospitare due insegnanti.»

    Sistemò con l'indice gli occhiali sul naso e continuò, lanciando un'occhiata proprio in direzione del professor Berti, uno dei pochi che le stava prestando attenzione, il quale avrebbe giurato di averla vista di nuovo arrossire.

    «Attacco il foglio in bacheca, così potete controllare voi stessi. Grazie.» Girò su se stessa e uscì dalla stanza.

    Gli altri professori ripresero le chiacchiere, mentre il professor Berti rimase immobile, fissandosi le punte delle scarpe eleganti. Gli piaceva davvero quella ragazza, se non avesse avuto famiglia, avrebbe sicuramente flirtato con lei.

    Ma quale flirtare? diceva a se stesso, non l'hai mai fatto nemmeno con tua moglie.

    Infatti si erano conosciuti all'università, Laura aveva fatto il primo passo, quando gli aveva chiesto di studiare insieme e non si erano più lasciati. Dopo pochi mesi lei aveva mollato l'università perché era incinta di Tommaso, e comunque non aveva nessuna voglia di continuare a studiare. Così disse allora, ma lui era convinto che quella era stata la prima vera causa di rottura fra di loro.

    Prese i suoi libri e si avviò verso l'aula della quinta A, dove lo aspettava il compito in classe, quindi ben due ore di assoluto silenzio, durante il quale avrebbe controllato solo che i suoi studenti non copiassero fra di loro.

    Furono due ore lunghissime, ogni tanto il professore si alzava per camminare fra i banchi, tanto per sgranchirsi le lunghe gambe muscolose, osservava con attenzione le facce dei propri studenti, osservava i fogli protocollo a quadretti, alcuni scarabocchiati fino a non capirci niente, altri completamente bianchi, i più veloci da correggere, bastava fare un grosso tre con la penna rossa.

    Lo aspettava un pomeriggio di lavoro in sala professori, non avrebbe potuto farlo a casa, con le sue piccole pesti che gli giravano intorno.

    A volte ci aveva provato, spinto da Laura che lo rimproverava di passare poco tempo con loro, ma appena tirava fuori i libri e i fogli protocollo dalla sua ventiquattrore, alla piccola Gloria veniva voglia di far merenda e a Tommaso di giocare a palla in giardino. Non poteva sottrarsi ai suoi figli e così finiva per correggere i compiti fino a tarda notte. Anche quelli erano sempre motivi di scontro, Laura non capiva la sua professione e il professore non faceva niente per fargliela capire.

    Quindi aveva deciso, anche quel giorno sarebbe rimasto al liceo a correggerli, tanto avrebbero finito comunque per litigare.

    Avrebbe così usato del tempo di qualità per stare con i suoi figli e dedicarsi completamente a loro. Aiutare Tommaso con i compiti e leggere una storia a Gloria mentre le rimboccava le coperte. Avrebbe così evitato litigate e scenate inutili. Sarebbe poi andato nel suo letto a leggere un libro, mentre la moglie in salotto avrebbe aspettato che la luce del comodino si spegnesse per raggiungerlo nel letto. La routine di casa Berti.

    All'ora di pranzo avrebbe voluto sedersi con gli altri professori a un tavolo del bar del liceo, molti adottavano la sua strategia, molti altri se ne tornavano a casa, lui era quasi sempre lì per pranzo, mangiando il primo del giorno scritto con il gesso colorato sulla lavagnetta, oppure, come quel giorno, comprando un panino al volo da mangiare in sala professori mentre correggeva un compito.

    Aveva l’abitudine di fotocopiare i compiti in classe dei suoi allievi più bravi, quelli in cui era raro che usasse la sua penna rossa, e a fine anno li regalava agli studenti stessi, rilegati con cura. Era convinto che quella gratificazione stimolasse in loro la voglia di studiare la sua materia.

    Quindi finite le opportune correzioni, prese i tre compiti in classe del caso e la tessera per le fotocopie e si avviò nel sottoscala dove era posizionata la macchina a disposizione per i docenti, proprio di fronte ai bagni.

    ****

    Carlotta non riusciva a scegliere il maglioncino da indossare quella mattina. Era rimasta indietro con le lavatrici e il tempo piovoso di fine ottobre non l’aiutava. Avrebbe aspettato il fine settimana per farne un paio e portarle all’asciugatrice self-service, adesso finalmente aveva un lavoro, un lavoro sicuro che le occupava l’intera giornata, non poteva star dietro al bucato.

    Scelse quello beige, in fondo era carino, anche se le andava un po’ stretto. Non amava che le sue curve apparissero dai vestiti, soprattutto perché lavorava in un liceo e non voleva essere osservata o additata da un branco di studenti affamati, che, al massimo, avevano solo sei anni meno di lei.

    Viveva da sola, in un appartamento in affitto, che divideva fino a poco tempo prima con il suo fidanzato Marco. Lui l’aveva lasciata qualche giorno prima che le arrivasse la conferma del nuovo posto di lavoro, un lavoro che le avrebbe permesso di pagarsi l’affitto anche da sola.

    Marco e la sua amante potevano andarsene al diavolo, lei ce l’avrebbe fatta anche senza tornare da mamma e papà. Certo quell’appartamento era troppo grande per una persona sola, quindi andava in cerca di qualcosa di più piccolo e meno dispendioso, ma non avrebbe mai chiesto un aiuto a nessuno, era troppo orgogliosa.

    Scese la scale e salì sul suo scooter, la scuola distava solo un paio di chilometri e quindi non doveva nemmeno comprarsi un’auto.

    Arrivò a scuola in anticipo, e come ogni mattina tolse il casco e dette una ravvivata ai capelli raccogliendoli in una coda. Era molto più comodo lavorare a testa bassa sulla scrivania con i capelli legati.

    Andò al bar del liceo, prese un cornetto e un caffè macchiato. Poi uscì per fumare una sigaretta, mentre aspettava le colleghe per iniziare il suo lavoro.

    Si trovava bene con loro, per fortuna non aveva avuto problemi a inserirsi, anche perché la sua timidezza e la sua voglia di lavorare, non l’avevano esposta più di tanto al giudizio delle colleghe, figurarsi a quello dei professori, che non la degnavano di uno sguardo, forse non si erano nemmeno accorti che lei lavorasse lì.

    Solo un professore le dava sempre il buongiorno. Non era anziano, anzi, forse aveva poco più di trent'anni, aveva un bel fisico, anche se lo copriva sotto dei vestiti assurdi. Sembrava uscito da un romanzo degli anni settanta. Era un professore di matematica, il professor Berti.

    Una volta mentre era in pausa a fumare una sigaretta, lo aveva visto parlare con un collega, era in piedi, di spalle, aveva le mani in tasca e i pantaloni aderivano perfettamente al suo corpo, rivelando un sedere

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