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Il ventaglio sulla pelle (eLit): eLit
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E-book162 pagine1 ora

Il ventaglio sulla pelle (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Un ventaglio che, muovendosi, si proietta verso l'aria, scarpe dal tacco chiodato che, dando un ritmo, riportano a un contatto con la terra: questi sono i due estremi del flamenco, che con la sua magia può aiutare le donne a rinascere dopo un evento traumatico. Questa è la filosofia di Isabel Blanco, bailaora per passione e investigatrice per lavoro, due anime in un unico corpo.

Quando un misterioso serial-killer inizia a uccidere ballerine di flamenco a Roma e in Spagna, Isabel non può non sentirsi chiamata in causa, soprattutto perché le donne uccise hanno un tatuaggio che le accomuna tra loro e le unisce proprio a lei, che porta impressa sulla pelle la stessa immagine, creata da un tatuatore di Granada.

Non resta che partire e tornare alla terra da cui Isabel e il flamenco hanno origine.





Un thriller avvincente, un inno all'arte del flamenco e alla dignità intangibile della donna. Barbara Sarri riesce a raccontare il cuore dei personaggi e ci aiuta con sapienza a farli vivere dentro di noi. -

Gianni Maritati, vicecaporedattore TG 1 Cultura



Un thriller lieve e intenso scritto con la delicatezza e l’efficacia di una donna che della danza e della scrittura ha fatto la sua strada più matura. -

Claudia Frattini, caporedattore Edizioni La Freccia Ferrovie dello Stato Italiane



Un libro straordinario, sul tema più scottante dei nostri tempi: giallo, rosa, ma anche rosso sangue. Un romanzo che non si può descrivere, bisogna assolutamente leggerlo! -

Mirella Delfini, giornalista e scrittrice



Barbara Sarri, oltre alla scrittura, ha due passioni: il flamenco e i cavalli. E si vede! Nel suo romanzo seduce il lettore al ritmo cadenzato dei tacchi chiodati, poi lo lancia al galoppo della tensione narrativa. -

Salvatore Basile, regista sceneggiatore scrittore
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2017
ISBN9788858966471
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    Anteprima del libro

    Il ventaglio sulla pelle (eLit) - Barbara Sarri

    successivo.

    PARTE PRIMA

    1

    Una rosa non un pugno!

    Silenzio, vetro appannato. Spengo la macchina e rifletto. Sento freddo: dentro, fuori, ovunque. Sono all'appuntamento settimanale col Centro Antiviolenza Una rosa non un pugno!, un impegno che ho preso da circa due anni e che mi fa sentire bene. La verità è semplice: ogni volta che vedo quelle donne so di aver scelto il giusto.

    Scendo e le mura del centro mi avvolgono.

    In un attimo sono nella sala dove balliamo; le ragazze mi vengono incontro, mi sorridono, sento i loro sguardi subito più vivi, e allora in fretta corro a cambiarmi: vestito, scarpe, ventaglio...

    Sono pronta, sono Isabel vestita da flamenco. Il ballo può aiutare le donne che hanno subito violenza!

    La lezione inizia. Non mi piace parlare in pubblico, ma con loro è diverso.

    «Benvenute, anche a tutte voi che vedo per la prima volta. Mi chiamo Isabel e fra poco entreremo nel mondo del flamenco.»

    Le guardo, sono curiose e attente a ogni mio gesto.

    «Per prima cosa, ricostruiamo un nostro spazio, state a distanza l'una dall'altra. Un tempo la scrittrice Virginia Woolf parlò di una stanza che ogni donna dovrebbe avere tutta per sé... Ebbene, noi abbiamo il nostro spazio e lo abbiamo vicino ad altre persone. Questo perché siamo tutte uniche, ma siamo anche un gruppo, unico nella sua essenza. E proprio qui, in questo luogo, dove i vostri piedi si uniscono, siamo noi stesse. Adesso, prima di iniziare a muoverci, chiudete gli occhi e ascoltate la musica.»

    Chiudono gli occhi, sono bellissime, anche nel loro dolore, autentiche e senza paura. Il flamenco farà la magia, restituirà loro un contatto forte con la terra, e allo stesso tempo le proietterà nell'aria con l'abanico, il ventaglio.

    Luisa, Virginia, Sara, Marzia, Corinna, e le altre che sono venute oggi e delle quali devo ancora imparare i nomi. Manca Adelina, la donna che balla da più tempo...

    Quando riaprono gli occhi sono con loro. S'inizia e i piedi diventano uno strumento per fare musica, si raccoglie energia dal suolo, le dita si muovono, le braccia giocano con l'aria, cercano forza ma anche sorrisi e sogni.

    Le mani imparano un ritmo prima sordo poi sonoro. Sono momenti di un'altra realtà nella quale il corpo comanda l'anima e la rilassa con dolcezza ma anche con vigore e gioia.

    Il tempo vola, la lezione finisce. Mentre sto uscendo, noto che le nuove arrivate leggono la locandina del corso, mi fermano e mi indicano la poesia:

    Un gesto sulle note,

    il fruscio di una gonna,

    un ventaglio si apre e si chiude

    eleganza, forza, vita...

    Questo e molto di più è il flamenco,

    è orgoglio, cuore e sangue.

    Voglia di ribellarsi al dolore

    e di amare con dolcezza.

    Scoprire TE STESSA

    in equilibrio anche da sola.

    «Forse abbiamo capito!»

    Le guardo, le abbraccio, sento le loro mani nelle mie che cercano comprensione e affetto.

    Capire è difficile quanto doloroso: la violenza ti rende succube e non è facile liberarsi, poi all'improvviso ci si riesce, si ritorna a volare.

    E io ne so qualcosa.

    La suoneria del telefono canta Un tiro al aire, un'alegrías di Camarón.

    Leggo il nome di chi mi chiama... Un ago mi sfiora, a volte buca forte, altre pizzica soltanto. Dopotutto anch'io voglio guarire col flamenco.

    Devo correre al lavoro. Un nuovo caso mi aspetta, per questo il cellulare squilla in continuazione.

    Entro nel Centro Investigativo e sento che sarà difficile. Lui è lì, al computer, impegnato sul nuovo caso.

    «Finalmente, Isabel» mi dice.

    «Ciao, Cristian, non riuscivo proprio a...»

    I nostri occhi s'incontrano appena e sento di nuovo la sua bocca addosso, il suo odore e i gesti che mi sanno togliere ogni difesa.

    «Va bene, ma ora sbrigati, questa è la tua nuova pistola.»

    La prendo e la controllo, non l'ho mai usata prima. Lo guardo indecisa. «Mi hanno dato questa? Preferivo la Glock 17!»

    «Dai, non fare polemica, sai usare anche quella, è simile alla Glock 17, vai che ti aspettano.» E mi indica la porta dell'ufficio del capo.

    «Vado.»

    «Ciao.»

    «... ciao.» Un saluto banale è un graffio aperto sul cuore.

    Prima che riesca a girare la maniglia, un brivido mi coglie: Cristian si è messo il mio profumo, quello che gli ho donato a Natale dello scorso anno, mi accorgo solo adesso che si è alzato e cerca dei documenti negli archivi vicino alla porta.

    Per chi lo ha fatto?

    Sono vittima di una gelosia che mi corrode da tempo; vorrei dire a Cristian tantissime cose, quello che penso, che voglio, invece taccio e resto a fissare la maniglia.

    Un istante raccoglie pensieri. I suoi per esempio, quelli che usa come fini armi per tenermi lontana e per vivere la sua semplice vita, come la chiama, più banale, più facile senza un Noi. Ma può essere semplice una vita?

    Un istante innalza un muro. Lo scopro con lui che, pieno di difese, sceglie sempre di non mostrarsi e di far uscire il suo lato più duro, per nascondere quello che io un tempo (o ancora adesso?) amavo follemente.

    Poi un ricordo, proprio su quella fragranza che mi ha inondato con forza, una frase uscita dalle sue labbra dopo... un attimo di silenzio. Con te anche i silenzi sono parole. Chiudo gli occhi e le mie particelle sono già unite alle sue, hanno preso la postazione ideale nel mondo, la casa tanto desiderata. La congiunzione ideale, talvolta fuggita, scansata, allontanata, magicamente riproposta anche soltanto dal quel profumo.

    Esistono persone che sono casa... non solo quando ci fai l'amore, nei loro incastri perfetti, nei quali ti senti in pace con tutto il resto, ma anche nelle sensazioni; scopri come certe frasi, dette al momento giusto, possono trasformare rabbia in passione, dolore, in voglia di vivere, di assaporare particelle di vita altre da te.

    Un istante può raccogliere... una casa. Puoi decidere di lasciarla, varcando una porta che hai davanti. È quello che sto facendo io adesso.

    Cancello quel profumo.

    Maniglia, porta, lieve cigolio. Entro. È fatta. Devo andare e non posso pensare ad altro. Isabel Blanco l'investigatrice è già sorridente.

    2

    Letto di morte e d'arte

    Il capo mi fa cenno di sedermi. Posa la sigaretta e mi guarda con sufficienza. «Ciao, Isabel, non rispondi mai al telefono» mi dice scocciato.

    Al tavolo ci sono Luis, Maurizio e Agata. Sistemo la pistola nel fodero e mi siedo, con la sensazione di un'aria pesante intorno a me.

    Luis viene da Pesaro, si è trasferito qui dopo gli studi di criminologia, si è innamorato di Roma durante una vacanza e non l'ha più lasciata. I suoi quarant'anni lo rendono pieno di fascino e... di donne.

    Prima sua fedele spasimante, anche se non vuole che si noti, è Agata, bionda, occhi verdi, uno verde e l'altro marrone per essere precisi, sta facendo la tesi in criminologia e ha un futuro nell'investigazione. È sveglia, capace, caparbia.

    «È arrivata la signorina flamenca!» sussurra a Luis.

    «Sempre in ritardo, a farsi aspettare...» le risponde l'altro.

    Maurizio è il saggio del gruppo, a cui tutti chiediamo consiglio nei momenti critici: lavora al Centro Investigativo da quando è nato, è la persona più disponibile e più tollerante che conosca. Ha insegnato a tutti anche perché il nostro capo non ha mai avuto la pazienza per farlo.

    Luis e Agata mi squadrano con attenzione mentre mi tolgo la giacca. La mia maglia rosa disturba, lo so. L'attenzione sui miei gesti s'interrompe quando un pugno sul tavolo ci fa sobbalzare tutti.

    «Che cosa aspettiamo ancora? Si può spegnere la luce!» urla il boss.

    Il boss si chiama Rodolfo Bassi. Dopo la sua passione giovanile per le spy story, ha iniziato il suo progetto investigativo in centro, a Roma, vicino a piazza di Spagna.

    Si è trasferito a Ostia cinque anni fa per poter passare tutte le sue pause sulla spiaggia. È un patito del mare e da un anno a questa parte ha iniziato a delegare invece di seguire ogni caso personalmente, ma il rituale presentazione caso e assegnazione compiti è da sempre lo stesso. E i suoi ordini non si possono discutere.

    «Subito!» Agata si precipita, serve Rodolfo in tutto, come una stagista deve fare.

    Il proiettore è pronto, attaccato al tablet, iniziano a scorrere le slide. Il silenzio è rotto dallo scroscio di un bicchiere d'acqua che Rodolfo si sta versando. Nel buio si sente che la sorseggia e poi che appoggia il bicchiere.

    L'odore della sua maglia sudata mi dà la nausea. Non so come fa la sua segretaria Lucilla a lavorare tutto il giorno nella sua stessa stanza. Forse perché è innamorata di lui sin dai tempi romani, ma da quando i momenti in spiaggia di Rodolfo si sono allungati, le colazioni con lei sono diminuite, e la poveretta sembra caduta in una depressione senza via d'uscita. Inoltre i tailleur super attillati della nostra Agata e l'andatura con il bacino sempre in lordosi già da diversi mesi fanno distrarre tutti gli uomini del centro.

    «Vi ho chiamato d'urgenza per una cosa che presto sarà su tutta la stampa. Ci chiedono aiuto in un albergo spagnolo in zona Casal Palocco, guardate che cosa è successo.»

    Casal Palocco è una delle zone residenziali più belle del Municipio X di Roma, un luogo verde con giardini e ville.

    Dopo le prime slide dell'albergo, il capo fa un fermo-immagine su una in particolare.

    «Avete visto? Ve ne ho stampata una ciascuno.»

    «Non ci posso credere!» esclama Luis.

    «Credici eccome.»

    La foto viene ingrandita sulla parete. Sento una risatina arrivare da dietro.

    «Isabel! Mi ricordano qualcuno!» trilla Agata.

    «Che battuta infelice...» sussurra Maurizio.

    Nella foto ci sono due donne, vestite da flamenco, stese senza vita su un letto matrimoniale stile Art Déco. Il letto è la cornice del quadro. Le rose rosse sono sparse ovunque. Quattro ventagli delimitano gli angoli del materasso. Le donne, una rossa e l'altra bionda, sembrano ancora ballare.

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