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Il dio d'acqua
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E-book202 pagine2 ore

Il dio d'acqua

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Una ragazzina orfana, un professore di matematica, una giovane antropologa scoprono una diversa chiave di lettura della Bibbia che decifrano con l'aiuto della cabala ebraica e di un popolo del Mali, i dogon, possessori di una cultura fuori dal tempo e di impossibili conoscenze cosmologiche. Una teoria rivoluzionaria che scardina convinzioni e certezze maturate in migliaia di anni: l'intelligenza umana è un dono di esseri provenienti dalla costellazione del Cane Maggiore, da un mondo orbitante intorno alle stelle Sirio e Sirio B. Un viaggio nel tempo, nello spazio, oltre le quattro dimensioni.
LinguaItaliano
Data di uscita24 mag 2022
ISBN9791221409734
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    Anteprima del libro

    Il dio d'acqua - Ugo Sestieri

    CAPITOLO 1

    Lara

    Nessuno riusciva a comprenderla.

    Lara si sentiva proprio stupida, la stima, molto poca per la verità, che provava verso se stessa era oramai quasi svanita.

    Nessuno, nella Città dei Ragazzi, sembrava comprendere il profondo malessere di una ragazzina nel sentirsi bollare da tutti con l’epiteto infamante: ‘più di tanto non può fare, poverina’.

    Quante volte aveva ascoltato i suoi insegnanti pronunciare quelle sette stupide parole, quante notti insonni aveva passato ripensando a quella frase crudele.

    Nella Città dei Ragazzi dove era ospite da sempre tutti le volevano bene e la trattavano con affetto, ma lei leggeva continuamente nei loro occhi compassione e pena per le sue limitate capacità e per l’espressione perennemente assente impressa sul suo viso triste.

    Quel giorno non era diverso dagli altri: era cominciato male, come il solito, con le battute delle sue compagne di stanza ironiche e affettuose allo stesso tempo.

    Durante la colazione la sua mente aveva cominciato a vagare senza una meta precisa tra mille idee appena abbozzate, tra i numeri strani che tanto amava e che erano diventati i suoi amici inseparabili, tra pensieri e sogni disordinati.

    Aveva cercato, disperatamente cercato, di mantenere viva l'attenzione nelle prime due ore di lezione, aveva lottato con tutte le forze contro la sua mente che approfittava di ogni occasione per evadere dall’aula.

    Ma quando la professoressa di storia aveva cominciato a parlare della ‘politica estera di Bismark e dell'isolamento della Francia nel 1870’, non c'era stato più nulla da fare, ogni sforzo si era dimostrato inutile e la mente di Lara era fuggita via per esplorare libera e felice altri luoghi.

    Libera e felice fino al momento in cui la voce dell'insegnante non l'aveva riportata alla realtà con una domanda diretta e, per lei, priva di senso… «Allora Zaccari, la politica estera di Bismark? Me ne vuoi parlare per favore?»

    Tutti i suoi tentativi di organizzare una risposta erano stati vani, come vani si erano dimostrati gli sguardi imploranti lanciati verso le compagne che, oramai, non provavano neppure più ad aiutarla tanto era radicata in loro la convinzione, anzi la certezza, che non sarebbe stata comunque in grado di rispondere.

    La reazione della professoressa non si era fatta attendere e, dopo l'immancabile sermone sul disinteresse dei giovani verso la storia, l'insegnante si era fatta sfuggire, pure se sottovoce, le parole spietate: ‘d'altronde più di tanto non può fare, poverina’.

    No, in effetti nessuno riusciva a comprenderla e questo, più di ogni altra cosa, l’avviliva e l’umiliava profondamente.

    E adesso doveva pure affrontare due ore di matematica con il nuovo professore. In realtà non era soltanto lei a essere preoccupata, le sue compagne odiavano quell'astratta materia, nessuno era mai riuscito a spiegare loro a cosa potesse servire nella vita conoscere l'algebra o le equazioni e, certamente, il vecchio insegnante andato in pensione non aveva saputo far loro cambiare idea.

    Per Lara, però, era diverso: tra tutte le materie, la matematica occupava un posto privilegiato nella sua mente, ne amava la logica, l'eleganza, l'astrattezza che le consentivano di spiccare il volo oltre le pareti, la scuola, oltre la piatta quotidianità.

    Adorava i numeri, i misteri che essi racchiudevano e che la facevano sognare: per lei equazioni e problemi erano fantastici mondi da esplorare, labirinti da cui fuggire dopo aver affrontato incredibili avventure.

    Il vecchio insegnante non aveva avuto, però, una visione tanto poetica e avventurosa della scienza esatta, non aveva saputo comprendere il modo di ragionare di quella ragazzina difficile e problematica, non ne aveva approvato i voli pindarici, i processi logici inusuali che seguiva, la visione fantastica che proponeva. Per lui la matematica era scienza, non c'era spazio al suo interno per la fantasia.

    Lara si era quasi convinta che così dovesse essere: i numeri erano solo numeri, le equazioni solo equazioni e non fantastici labirinti. Quasi convinta, resisteva in lei ancora una speranza che non voleva cancellare perché la sua capacità di astrarsi, d’immaginare, di giocare con i numeri le dava la sensazione di non essere l'ultima tra gli ultimi, la sensazione di essere solo ‘diversa’ dagli altri.

    Diversa, non ultima, si ripeteva e il pensarlo era la sua salvezza, la via per fuggire dal luogo grigio in cui lei, orfana, era da sempre stata costretta a vivere.

    Persa nei pensieri, neppure sollevò lo sguardo quando la porta dell’aula si aprì e le compagne e i compagni si alzarono in piedi. Le occorsero parecchi secondi per rendersi conto che il nuovo insegnante era entrato e che, afferrata una sedia, si era seduto in mezzo a loro senza dire una parola.

    L’osservò sorpresa, senza dubbio era un tipo fuori dal comune: magro, anzi magrissimo, con i capelli ricci e arruffati, vestito senza alcun rispetto per i colori. Notò, però, alcuni inconfondibili tocchi di vanità: una sciarpa rossa accuratamente avvolta attorno al bavero della giacca, un basco blu, gli occhiali tondi che lo facevano somigliare a uno di quei personaggi dei primi del Novecento tante volte visti sui libri di storia.

    Ma furono gli occhi pieni di entusiasmo a colpire, più di ogni altro particolare, la sua attenzione e a renderle immediatamente simpatico il nuovo professore.

    «Silvia Salvini», la voce dell’insegnante risuonò nell’aula.

    «Presente».

    «Elena Persichetti».

    «Sono io, professore».

    «Franco Rosati».

    «Eccomi, prof».

    «Lara Zaccari».

    Silenzio.

    «Lara Zaccari».

    Ancora silenzio.

    «Chi è Lara?», il professore alzò contemporaneamente la voce e lo sguardo.

    «Lara… Sono io», un sussurro che sembrò provenire da altri mondi.

    E, come sempre, un sussurro accompagnato dai sorrisi appena dissimulati dei compagni.

    «Mi dispiace averti distratto dai pensieri, Lara», il tono fermo dell’insegnante costrinse ragazze e ragazzi al silenzio.

    «Roberto Giacinti».

    «Presente».

    «Fabiana Simoni».

    «Sono io».

    L’appello continuò senza più mormorii per lunghi secondi.

    «Adesso tocca a me presentarmi», il professore si alzò in piedi, si avvicinò alla lavagna e vi disegnò sopra un gigantesco Pi Greco. «Mi chiamo Ivan Marietti e ho una stravagante passione per i numeri e i loro segreti», sorrise complice fissando uno a uno i ragazzi. «È mia intenzione trasmettervi un po’ di questa mia strana passione. Lo so, sarà un compito arduo, ma sono sicuro che alla fine uscirò vincitore».

    Gli sguardi di Lara e del professore s’incontrarono per un brevissimo istante, ma alla ragazza quell'istante fu sufficiente per essere certa di aver trovato un alleato, qualcuno con cui poter condividere la sua passione per i numeri, qualcuno con cui cercare vie di fuga dagli immaginari labirinti nei quali la sua mente troppo spesso vagava instancabile.

    CAPITOLO 2

    Barbara

    Barbara sprofondò nel sacco a pelo e si rannicchiò nella stessa posizione che assumeva da bambina quando arrivavano le prime fredde giornate d'autunno.

    Faceva freddo, un freddo intenso e, nonostante la sua abitudine ad affrontare situazioni estreme, si sentì persa.

    Ma la sensazione durò solo un istante.

    Le scoperte fatte e il pensiero del popolo straordinario con cui aveva trascorso gli ultimi quindici mesi le restituirono l’entusiasmo aiutandola, ancora una volta, a sopportare le proteste del suo corpo sfinito.

    Certo, un anno e mezzo prima, quando era stata convocata dal professor Trani per un ‘colloquio informale’, così era scritto nella lettera giuntale inattesa, non si sarebbe sicuramente aspettata di dover partire per il Mali. E, ancora meno, si sarebbe aspettata di dover passare quindici mesi all’interno di grotte scavate nella montagna per studiare un popolo incredibile e una cultura misteriosa come quella dei ‘dogon’.

    Il vecchio professor Trani, oltre ad essere il famoso antropologo di cui lei aveva letto avidamente tutte le opere, si era dimostrato un uomo brillante e coltissimo, uno dei pochi studiosi cui Barbara non aveva saputo dire di no. Eppure una parte di lei lo aveva fortemente desiderato tanto era il bisogno di condurre di nuovo una vita normale dopo l'ultimo estenuante anno passato nella foresta amazzonica, lungo le rive del Rio Ucavali.

    A farla convincere definitivamente, però, era stato uno straordinario libro che il professore le aveva consigliato di leggere: ‘Il dio d’acqua’ dell'etnologo Marcel Griaule.

    Barbara era rimasta turbata da quel testo scritto intorno al 1930 e non aveva sicuramente previsto che la sua vita sarebbe radicalmente cambiata nel conoscere le incredibili scoperte fatte da Griaule.

    Aveva trascorso giorni e notti fantasticando sul vecchissimo e cieco saggio Ogotemmeli che, solo dopo quindici anni di vita trascorsi con l’etnologo, ritenne Griaule degno di conoscere la complessa cultura dei dogon.

    Aveva passato intere giornate riflettendo sulle inspiegabili cognizioni astronomiche di quel popolo misterioso, era rimasta folgorata nel leggere che il dio Amma, creatore dell'universo, aveva inviato sulla terra, da un mondo orbitante intorno alla stella Sirio, degli esseri anfibi, i ‘nommo’, con il compito di trasmettere le loro conoscenze.

    Aveva sentito vacillare le sue certezze di antropologa quando era venuta a sapere della discesa dei nommo sul nostro pianeta a bordo di ‘una grande nave circolare’ e della descrizione che questi esseri avevano fatto della stella Sirio e della sua compagna Potolo, una piccola nana bianca invisibile a occhio nudo scoperta e fotografata per la prima volta solo nel 1970 e chiamata oggi Sirio B.

    Era rimasta ancora più sconcertata dalla conoscenza che Ogotemmeli aveva del tempo di rivoluzione della piccola stella, cinquanta anni, e del suo enorme peso specifico: dati precisi che sarebbero stati scoperti e verificati solo molti anni dopo.

    Il professor Trani le aveva anche parlato di leggende diffuse intorno a Sirio fin da tempi antichissimi e presso civiltà che mai avevano avuto contatti tra loro: tutte narravano di un dio dal corpo di pesce e dalla testa umana che, sceso sulla terra, aveva trasmesso agli uomini la conoscenza, un dio chiamato Oannes dagli antichi sumeri, Dagon dai filistei, Nommo dai dogon.

    No, indubbiamente non era stato soltanto il professor Trani a farle decidere di partire per il Mali dove, tra le rocce a grande altezza, si trovano le dimore dei dogon.

    Lei era un'antropologa ambiziosa, avida di conoscenze, e non poteva lasciarsi sfuggire un'occasione tanto importante e colma di appassionanti segreti.

    Così, quattro mesi dopo l’incontro con Trani, era partita solitaria per il Mali e, dopo un faticoso viaggio su mezzi di fortuna, aveva raggiunto le grotte dei dogon.

    Con loro aveva passato quindici lunghi mesi conquistandosi la fiducia del misterioso popolo e facendo scoperte che lo stesso Griaule non aveva saputo comprendere ottant’anni prima.

    Adesso, rannicchiata dentro il sacco a pelo all'interno di una costruzione incassata nella roccia, lontana dalla civiltà che non amava troppo, Barbara rifletteva sulle sue scoperte e sull'uso che ne avrebbe fatto una volta tornata nel mondo cosiddetto civile.

    Era piena di dubbi, incerta e impaurita per le conseguenze che le sue conoscenze avrebbero potuto provocare. Soprattutto per i dogon.

    L'unico sollievo era sapere che, tornata all’università, avrebbe avuto vicino il professor Trani e quella certezza l’aiutò finalmente a ritrovare un po’ di pace.

    CAPITOLO 3

    Qabbalah

    Ancora pochi minuti e finalmente la tortura sarebbe finita: tre ore di spiegazioni su Verga e il Verismo erano veramente troppe anche per il più paziente tra gli studenti.

    Non che Lara non amasse Giovanni Verga, anzi aveva letto con passione sia ‘I Malavoglia’ che ‘Mastro Don Gesualdo’, ma, ancora una volta, si trovava a constatare come molti professori riuscivano a rendere noiosi i libri che fuori da quelle mura sarebbero stati sicuramente affascinanti e coinvolgenti.

    Il suono improvviso della campanella la riportò alla realtà. Adesso avrebbe dovuto sopportare il solito sermone del professore di religione che non riusciva a comprendere, o meglio non voleva comprendere, il motivo per cui lei preferisse chiudersi in biblioteca piuttosto che seguire le sue lezioni.

    Non andò così, non ci fu nessun sermone. Semplicemente il professore, appena entrato nell'aula, le diede un libro e la pregò di leggerlo in biblioteca con attenzione, con molta attenzione.

    Lara non rimase sorpresa nell’appurare che si trattava della Bibbia e, appena arrivata in biblioteca, posò il libro sulla sedia che aveva accanto.

    «Sbagli a non provare neppure a sfogliarlo», il nuovo professore di matematica comparso all’improvviso alle sue spalle prese la Bibbia tra le mani e fece scorrere velocemente le pagine. «È un libro fondamentale anche per chi non crede. Lo sai che nasconde segreti che hanno appassionato decine di studiosi delle epoche più diverse?»

    La ragazza fissò Ivan indecisa se essere arrabbiata o incuriosita per quell’intromissione nel suo mondo.

    «Segreti appassionanti? Ma se la Bibbia racconta della creazione dell'uomo, di Adamo ed Eva, del serpente, di Noè e del diluvio: una favola, una bella favola e nient'altro».

    «Certo è così se uno si limita a leggerla in modo superficiale, ma hai mai pensato che ci sono altri modi di leggere un libro? Soprattutto un libro considerato sacro come la Bibbia. E lo stesso discorso si potrebbe fare per il Corano, per il Vangelo oppure, andando molto indietro nel tempo, per il Libro di Thoth, il primo testo dell'umanità

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