Cacciare... Si può? - Marco Biffani
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Tutto ti sembra strano ma avverti la carica di entusiasmo per una giornata di caccia che tutti sperano fruttuosa. Ti attira il brivido dell’avventura. Tutto è nuovo, mai provato prima. Non sai cosa ti aspetta, ma intuisci che si presenti bello ed eccitante. Che valga la pena di essere vissuto. Che sei un privilegiato. Lo racconterai ai tuoi compagni che ne saranno invidiosi.”
In questo saggio l’autore, anche se attratto dalla bellezza della natura, è alla ricerca del tiro più veloce, più rapido, più preciso, come se il suo fucile fosse una propaggine di sé. Descrive, con minuzia di particolari, la cura dell’arma, delle cartucce, dell’esercizio venatorio, con numerosi, curiosi (e pericolosi) aneddoti della sua lunga pratica di questo sport (iniziata fin da bambino), convinto che non “togliesse nulla a nessuno” fino a che, un giorno, un daino ed una bimba…
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Cacciare... Si può? - Marco Biffani - Marco Biffani
9788867521357
Può darsi che l’istinto atavico della caccia sia ancora presente nel DNA del maschio.
Ma le regole che ci siamo imposte per sopravvivere nella vita di tutti i giorni, lo hanno sicuramente ridotto in un angolino delle nostre cellule.
Probabilmente chi diventa cacciatore è perché discende da una famiglia di cacciatori e sin da piccolo ne ha assorbito gli umori
, imparato le tecniche, familiarizzato con gli animali, i boschi e l’uso delle armi.
Essere svegliato a cinque anni in piena notte, vestirsi in un clima di cospirazione, riappisolarsi al buio in automobile per il suo ronzio, l’odore del tabacco, il parlare a bassa voce dei convenuti. Risvegliarsi al buio, in aperta campagna insieme al padre e agli zii vestiti in modo strano. Con gli stivali, i berretti, i fucili. Essere investito dal freddo del mattino, dall’odore forte della campagna ancora coperta di rugiada che scricchiola sotto i piedi. Avvertire l’eccitazione dei presenti, ascoltare le loro battute scherzose, lo svuotare le scatole delle munizioni e il riempire accuratamente le cartucciere da cui penzolano i cappioli per le prede, il secco rumore degli otturatori e vederli allontanare alle luci dell’alba dopo essersi divisi gli appostamenti.
Tutto ti sembra strano ma avverti la carica di entusiasmo per una giornata di caccia che tutti sperano fruttuosa. Ti attira il brivido dell’avventura.
Tutto è nuovo, mai provato.
Non sai cosa ti aspetta, ma intuisci che si presenti bello ed eccitante. Che valga la pena di essere vissuto. Che sei un privilegiato. Lo racconterai ai tuoi compagni che ne saranno invidiosi.
Tirare la lunga cordicella della civetta meccanica o degli specchietti rotanti stando nascosto in un cespuglio, o sotto l’ombra di un albero, ti fa sentire utile. Che partecipi fattivamente a quella avventura. Che inganni con abilità quegli uccelli che si considerano cosa di tutti. Che tutti potrebbero catturare, ma che solo i più preparati ci riescono.
E ti sorprende l’abilità del vecchio zio che, stando seduto, nascosto, prende la mira e spara con precisione abbattendo la preda e ti invita ad andare a raccoglierla in zone anche difficili, mettendo a dura prova la tua capacità di ricerca per il mimetismo dell’animale che si confonde con il terreno.
E la prima sensazione di ripulsa nel raccogliere con le mani la prima allodola insanguinata. Morta. E consegnarla per essere incappiata, sotto le espressioni di apprezzamento dello zio che ti fa sentire quasi indispensabile.
Osservare quel vecchio fucile, pesante, a due canne con i cani esterni, le rare volte che ti viene porto (purtroppo scarico), imbracciarlo e brandeggiarlo come per sparare. E desiderare di avere dieci anni di più per potere diventare un vero cacciatore.
Portare al fianco i morbidi e serici mazzi di allodole come trofei e all’incontro con gli altri verificare se il tuo è più pieno vantando l’abilità nella cacciata alla quale hai partecipato anche tu, con esclamazioni di soddisfazione e di vanto se lo è veramente.
Scegliere gli arbusti più diritti, sfrondarli per farli divenire degli spiedi acuminati e robusti per reggere il peso delle salsicce (bucate ben bene preventivamente con una punta) e farli girare sul fuoco approntato da qualcuno della compagnia che ti insegna anche come farlo in mezzo alla campagna senza appiccare incendi (e che anche tu hai contribuito a preparare con la ricerca di rami secchi nel bosco). Ed imparare a premere il panino tagliato intorno alla salsiccia che, cuocendosi, lacrima succose gocce che debbono insaporire la mollica del panino in vista di un finale appetitoso.
Mangiare in compagnia intorno al fuoco tra le vanterie della caccia appena finita, sulla distanza del colpo più difficile, la velocità d’imbracciata, il numero delle prede catturate o il minimo numero di colpi sparato per abbatterle. Cominciando a capire, nel tempo, chi le spara più grosse.
Sentendosi partecipe di una avventura che si può ripetere ogni settimana. La domenica. Quando il tempo atmosferico si prospetta favorevole e la pausa dal lavoro lo consente ai cacciatori.
E la delusione quando non si