Delos Science Fiction 174
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Con il numero 174 prende il via la stagione autunnale di "Delos Science Fiction", la nostra storica rivista edita ormai da oltre vent'anni e diretta da Carmine Treanni. La copertina è dedicata a "Fantastic 4", ma lo speciale prende solo come spunto il disastrato film di Josh Trank per fare un ragionamento sulla fantascienza e il suo ruolo nell'industria dell'intrattenimento. Si parla di "Ant-Man", di parla di William Gibson, mentre un'intervista con lo scrittore Alessandro Forlani è l'occasione per parlare di "Clara Hörbiger e l'invasione dei Seleniti", nuova serie steampunk che ha da poco esordito in ebook. Nelle rubriche si parla di un fumetto creato dal grande Alejandro Jodorowsky, delle nuove uscite sul mercato americano e delle cinque astronavi più strane della fantascienza. Il racconto è di Filippo Radogna.
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Anteprima del libro
Delos Science Fiction 174 - Carmine Treanni
Radogna
Thread
Alien Nation e i rifiuti
di Bauman
Una riflessione sul problema dell'immigrazione con l'aiuto di un b-movie e di un sociologo.
Articolo di Carmine Treanni
California, 1988. Nel deserto del Mojave atterra un’enorme nave spaziale con 300mila profughi fuggiti dal pianeta Tencton (caduto in mano a una dittatura che ha reso i suoi abitanti schiavi), senza possibilità alcuna di tornare indietro. Gli alieni sono capaci di adattarsi alla vita sulla Terra, e differiscono dagli umani sostanzialmente nel fatto di avere la testa a forma d’uovo. Poiché costoro possono essere molto utili, perché dotati di speciali qualità, vengono inseriti nelle grandi città, dove sono però visti con disprezzo e diffidenza dagli umani. Ma loro vogliono integrarsi e far carriera. Li chiamano neoinseriti.
Qualcuno avrà riconosciuto la trama di un film dal titolo Alien Nation. Si tratta di un b-movie diretto da Graham Baker con James Caan e Mandy Patinkin, dove per l'appunto alcuni alieni sbarcavano sulla Terra in cerca di fortuna. Sembra la perfetta sintesi di ciò che è accaduto quest'estate sulle coste italiane, e che ormai accade da molti anni: gli immigrati che sbarcano e che scappano da fame e guerra in cerca di una vita migliore. La differenza, rispetto agli anni passati, è che stavolta l'Europa sembra essersi fatta carico del problema, quando fino ad oggi c'erano solo i paesi di frontiera a occuparsi in qualche modo di loro, come l'Italia, la Grecia e Malta.
Gli abitanti del pianeta Tencton sono profughi, e nello specifico degli schiavi, scappati da una società di tipo dittatoriale. Ciò che chiedono agli umani è semplicemente asilo politico, la possibilità cioè di inserirsi nel nostro mondo (o meglio nell’America reaganiana). Se la fantascienza, con questo piccolo film aveva profetizzato
ciò che sta accadendo oggi in Europa, qualcun'altro ne aveva già descritto gli scenari, non da un punto di vista fantascientifico
, ma da quello realistico
. Il sociologo Zygmunt Bauman ha definito, nel suo libro Vite di scarto, rifiuti umani
proprio alcune categorie di persone che la società moderna relega ai margini. Bauman individua tre tipologie di persone che nella modernità stanno soccombendo, diventano di fatto rifiuti umani: la Generazione X
, i migranti per motivi economici
e i richiedenti asilo
.
I primi rifiuti individuati sono i giovani nati negli anni Settanta, la cosiddetta Generazione X. È l’esercito dei lavoratori precari, coloro che hanno dovuto abbandonare per sempre la certezza del posto fisso e fare dell’incertezza il leit motiv della loro vita. È ciò che accade – per tornare alla metafora del film Alien Nation – ai neoinseriti, i quali vengono sì inseriti, ma solo per essere sfruttati dall’economia dominante che nella pellicola di Baker è sostenuta dalla politica di Reagan. Poi ci sono i migranti per motivi economici
. Costoro sono, ancor prima della Generazione X, i primi ad aver attraversato il confine che segna lo spartiacque tra chi è dentro
la società moderna e chi ne è fuori
. In passato i paesi cosiddetti in via di industrializzazione – spiega Bauman nel libro – scaricavano la popolazione in esubero in quei territori sottopopolati e in cui la modernizzazione non era stata ancora avviata. Si eliminava così a monte qualsiasi problema di disequilibrio socio-economico che tale popolazione non produttiva poteva creare alle società avanzate. Ora che non esistono più aree vergini
in cui poter scaricare i rifiuti umani, perché la modernizzazione è arrivata anche lì, si verifica un paradosso: i paesi che accoglievano i rifiuti umani sono ormai diventati moderni ed industrializzati e, in quanto tali, producono rifiuti umani che, a loro volta, si riversano di nuovo verso i primi paesi industrializzati. È un circolo vizioso figlio della globalizzazione.
All’ultima categoria di scarti umani, il sociologo inglese dedica gran parte del suo libro, e cioè a quella de i richiedenti asilo
. Costoro, oltre ad essere anch’essi rifiuti umani, sono anche totalmente estranei al corpo sociale, ed in prospettiva non hanno alcuna possibilità di inserirsi nella società e diventare in qualche modo produttori e/o consumatori. E allora, ci spiega Bauman, i rifiuti che non possono essere eliminati si cerca di contenerli, di metterli dentro un contenitore a chiusura ermetica: fuor di metafora ciò di cui parla il sociologo inglese non è altro che la nascita di aree in cui vengono isolati i rifugiati, aree che sono all’apparenza nate per proteggerli, ma che in realtà sono dei veri e propri ghetti dove rinchiudere i rifugiati e placare la coscienza della moderna società. Ma quali sono questi ghetti di cui parla Bauman in Vite di scarto? Se guardiamo alla sola Italia, non dobbiamo gettare lo sguardo troppo lontano. I campi nomadi presenti nelle periferie di molte città italiane e i centri di identificazione ed espulsione (CIE) dislocati in Italia, che hanno la funzione di accogliere i cittadini extra comunitari giunti irregolarmente sul territorio nazionale sono un esempio lampante