Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Rimozione Forzata: Legio X vol. 1
Rimozione Forzata: Legio X vol. 1
Rimozione Forzata: Legio X vol. 1
E-book531 pagine9 ore

Rimozione Forzata: Legio X vol. 1

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Alice Cooper è una giovane donna come tante, un po’ pantofolaia e ancora inesperta.
Trascinata dalle amiche ad una festa, incontra Bill, un uomo affascinante e misterioso. Una passione immediata e inevitabile li travolge e lei lo segue in albergo, convinta di poter trascorrere la notte con lui, senza troppe conseguenze.
Peccato che il destino abbia in serbo qualcosa di molto diverso.
Lui, infatti, non è chi dice di essere. Non si chiama Bill, ma Tom Fabius Buteo e non è un uomo, ma un vampiro millenario, un Centurione della Decima Legione, la preferita di Giulio Cesare.
Scaraventata a forza in un mondo che non le appartiene e tutt’altro che fantastico, Alice si ritroverà legata a lui anima e corpo, combattuta tra il desiderio bruciante e l’odio profondo. Esperienze dolorose e scoperte inquietanti le insegneranno che non può più tornare indietro e, soprattutto, che nemmeno lo vuole.
Così Alice proverà a tutti di non essere un fiorellino delicato, ma di possedere la tempra di una guerriera.
LinguaItaliano
EditoreEmma Black
Data di uscita9 feb 2016
ISBN9788892551626
Rimozione Forzata: Legio X vol. 1

Leggi altro di Emma Black

Correlato a Rimozione Forzata

Ebook correlati

Narrativa romantica paranormale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Rimozione Forzata

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Rimozione Forzata - Emma Black

    Emma Black

    decoration

    Rimozione Forzata

    Legio X vol. 1

    Questo libro è un’opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell’autrice e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale.

    Il libro contiene scene esplicite di sesso e violenza, pertanto se ne sconsiglia la lettura a minorenni e persone particolarmente sensibili.

    UUID: cae4d4a6-2957-11e9-acee-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Ringraziamenti

    Questo libro è dedicato a Trip,

    che con entusiasmo mi ha sostenuta sin dall'inizio, quando la trama non era che un sogno confuso.

    Sei la coautrice virtuale migliore del mondo: senza di te, molte pagine sarebbero rimaste bianche.

    Sei una vera amica ed è per questo che ti cedo Cédric.

    Un ringraziamento speciale ai miei lettori,

    che mi seguono sui social, mi offrono pareri, mi scaldano il cuore: senza di voi, non varrebbe la pena!

    Quando avete tempo, recensitemi dove volete, perché la vostra opinione conta, sempre!

    Si ringrazia il sito www.pixabay.com per l'immagine di copertina.

    Ringrazio anche di cuore il mio amico Riccardo Simone per averla modificata ad hoc.

    Per ulteriori informazioni, visitate i seguenti indirizzi:

    Facebook www.facebook.com/EmmaBlackAuthor

    Twitter www.twitter.com/emmablackauthor

    Instagram www.instagram.com/legioxauthor

    Email legioxauthor@yahoo.com

    Indice dei contenuti

    Ringraziamenti

    1. Il Principio e la Fine

    2. Morto, ma non troppo

    3. Un'amara scoperta

    4. Sogno e passione

    5. Torture e vestiti

    6. Sotto copertura

    7. Il galà

    8. Allontanamento

    9. Libertà

    10. Tatuaggi e un risveglio

    11. Il rapimento

    12. Se mi mordi, stai male

    13. Nozioni di storia

    14. A casa

    1

    Il Principio e la Fine

    Alice abbassò il finestrino, si guardò intorno confusa e lo rialzò velocemente.

    Nella lista di luoghi che aveva immaginato come eventuale ritrovo per una festa a tema gotico, la tranquilla periferia di Starville, poco a sud di New York, non era affatto inclusa.

    Un club raffinato, sì. Una villa privata, anche. Un paesino rinomato per l’annuale sagra del maiale in crosta? Improbabile.

    Si grattò il mento, rimuginando tra sé e continuando a guardarsi intorno perplessa.

    Gina, sei sicura che questo sia il posto giusto? Io vedo solo tanto sterrato e alberi di ogni tipo. Non ci saremo perse?

    Gina, lo sguardo determinato e fisso davanti a sé, scosse i suoi lunghi riccioli neri, per l’occasione ancora più voluminosi del solito.

    Tranquilla, le indicazioni sono accurate. Vedi? Lo dice anche il gps!

    Alice si sistemò meglio gli occhiali allentati sul naso e notò, con una punta di panico, che il suddetto gps mostrava solo un grande spazio vuoto e marrone, fuori da ogni cartina.

    Be’, sappiamo bene quanto sia affidabile il tuo senso dell’orientamento, cara la apostrofò con ironia Clara, seduta nel vano posteriore, facendo roteare gli occhi. La sua gemella Amber rivolse ad Alice un’occhiataccia.

    Comunque l’importante è arrivarci! Siamo già così in ritardo…

    Lei rivolse uno sguardo di disapprovazione ad entrambe. Che c’è? La colpa è vostra, non mia! Per giorni vi ho ripetuto che sarei rimasta volentieri a casa, a finire la maratona di Supernatural. Mi sono fatta convincere solo perché mi avete teso un agguato e vi siete attaccate al citofono. A proposito, l’attore che interpreta Bartholomeus è un gran figo! Sapete come si chiami?

    D’un tratto il grido eccitato e rompi timpano di Gina riempì l’abitacolo.

    Eccolo! Il posto è questo! Vi faccio scendere davanti a quel bestione, così non rovinate i tacchi, mentre io parcheggio.

    In effetti, quasi per miracolo, erano finalmente giunte davanti a un edificio a pianta quadrata, vecchio, basso e scrostato, a malapena illuminato da pochi pali della luce, circondato su due lati da un bosco fitto e verdeggiante. A prima vista, lo si sarebbe potuto scambiare per una di quelle fatiscenti costruzioni, abbandonate da tempo e infestate da animali randagi o individui poco raccomandabili, dalle quali la gente si tiene alla larga. Solo il massiccio portone d’ingresso sembrava nuovo, a giudicare dal luccichio della vernice nera. Sul terzo lato della costruzione si notava un parcheggio già affollato, con auto disposte in file ben serrate.

    Il buttafuori, un pezzo d’uomo alto più di due metri, vestito di nero e con le spalle larghe quanto il Minnesota, prese a fissarle con intensità da capo a piedi, come avesse la vista ai raggi x. Sebbene fosse un tantino inquietante, era evidente che l’unica cosa che gli interessasse fosse eseguire bene il proprio lavoro e le ragazze rimasero sui gradini d’ingresso in timoroso silenzio, senza mai fissare apertamente le due pistole di grosso calibro che l’uomo ostentava sui fianchi. L’unico rumore percepibile era un costante cicalio, proveniente dal bosco, ma quello non sembrava pericoloso. Poi Gina arrivò quasi a precipizio, in una mano le sue scarpe tacco dodici, color rosso sangue (per essere in tema aveva detto), nell’altra l’invito di gruppo per la festa, che era riuscita a procurarsi grazie all’assidua frequentazione di un forum online sui libri urban fantasy. Lo consegnò al buttafuori quasi ammiccando, cosa che fece di nuovo roteare gli occhi a Clara e, quando lui aprì il portone, avanzò senza esitare, trascinandosi dietro le altre.

    Si ritrovarono in un piccolo ingresso, spoglio e piuttosto lercio. Della favolosa festa, nessuna traccia.

    Non è eccitante? squittì Gina, spalancando gli occhioni truccati di nero in modo teatrale e abbassando ancora di più la scollatura del suo striminzito vestito di pelle, senza spalline.

    Alice, in verità, temeva solo di veder sbucare all’improvviso un ratto gigante o un tossicomane strafatto, con il laccio emostatico ancora sul braccio. Deglutì a vuoto, stringendosi di più ad Amber che, come lei, non aveva alcun buon presentimento, però aveva avuto il buonsenso di tacere, per non scatenare un litigio. Certe volte Gina era davvero esasperante.

    Un altro buttafuori le raggiunse, spuntando da una porticina laterale. Stesso abbigliamento sobrio, simile corporatura da wrestler, identiche armi alla cintura. Anche lui lesse l’invito, le squadrò con attenzione, quindi indicò una logora tenda beige in broccato, tutta bucherellata dai tarli, e se ne tornò da dove era arrivato, senza fornire alcuna indicazione supplementare.

    Gina si mise a saltellare per l’emozione.

    Vi rendete conto? Stiamo per partecipare ad una delle feste più esclusive di tutto il nord America! Immaginate se dovessimo incontrare qualche attore famoso! Magari Patt…

    Piantala dai! sbottò Clara. Si stava trattenendo da parecchio ed era già stufa di quella pagliacciata. Secondo me, ci sarà solo una marea di sfigati, agghindati da Dracula e con una quantità assurda di cerone sul viso. Sai che novità! New York è piena zeppa di posti così.

    Gina, però, era troppo presa dalle sue fantasie e, a metà frase, aveva già scostato di lato la polverosa tenda, scoprendo un'altra porta blindata. La toccò con un’imbarazzante deferenza, quindi abbassò la maniglia. Rimasero tutte e quattro a bocca aperta quando, pochi passi oltre, si ritrovarono in un contesto del tutto diverso. La sala era ampia, raffinata, abbellita da arredi sobri e luci soffuse, nei toni del viola. Al centro erano stati sistemati piccoli tavoli rotondi, quasi tutti già occupati, mentre spaziosi e comodi divani abbracciavano l’ambiente, fino a una zona bar piuttosto affollata. Sulla destra, in fondo, spiccava l’ennesima guardia di sicurezza, in rigida posizione davanti ad un’altra porta nera. Il vocio era intenso, ma il salone era insonorizzato e tutti i presenti sembravano godersi, chi ridendo, chi bevendo, la loro seratina. Nessuno, però, indossava maschere o costumi, come loro si aspettavano. Al contrario, gli uomini erano vestiti con completi eleganti ma non eccessivi e le donne, giovani e in grande forma fisica, sembravano modelle di Victoria’s Secret.

    Alice pensò che si sarebbe fermata volentieri al bar, per un drink d’incoraggiamento: se poi avesse incontrato un faccino carino e fosse scattata qualche scintilla, le cose potevano farsi interessanti. Non che fosse probabile, però le sembrava giunto il momento di iniziare a divertirsi come una qualunque ragazza della sua età. In fondo, non avrebbe avuto per sempre ventiquattro anni e non era intenzionata a rimanere vergine ancora a lungo.

    Gina le aveva assicurato che sarebbe stato semplice come bere un bicchiere d’acqua. L’aveva convinta lei a partecipare a quel party dark, straparlando per giorni di uomini affascinanti, sensazioni forti e, più spesso di quanto Alice avrebbe gradito, della possibilità di sesso selvaggio. Insomma, un’esperienza a suo dire indimenticabile. Non che non avesse fiducia in lei, ma quando si trattava di creature mitiche e oscure, l’amica aveva una vera e propria ossessione.

    Sussurrando e muovendo i fianchi più del solito, la vide dirigersi a piccoli passi svelti verso il buttafuori. Lei e le altre la seguirono sospirando. Mostrarono l’invito un’ultima volta e, finalmente, entrarono nel Covo dei Vampiri.

    Dio, che mal di testa! Questa serata è un incubo! gridò Clara, massaggiandosi nervosamente le tempie.

    Da tre ore erano immerse nel caos più totale, bombardate dalla musica a volume davvero alto, spintonate dalla folla smaniosa dei danzanti e da chi, travestito come il proprio personaggio demoniaco preferito, socializzava e amoreggiava senza inibizioni, tra i tavoli e i divanetti neri e blu. Tuttavia, più che una favolosa ed esclusiva festa a tema, ad Alice sembrava un comunissimo cosplay: le borchie e la pelle finta andavano per la maggiore, seguiti a ruota da accessori in acciaio, come catene, orecchini e collane, indossati da ambo i sessi. Coloro che avevano scelto di truccarsi, lo avevano fatto con l’intento di esagerare, dando sfogo a tutta la loro creatività. Pertanto, il Covo brulicava di volti pallidi e smunti, bocche di un rosso fiammeggiante e occhi truccatissimi nei colori più scuri. Qualcuno si era disegnato dei buchi sul collo e sui polsi. Una ragazza ne sfoggiava un paio sulla gamba, all’altezza dell’arteria femorale, proprio sotto il bordo dei suoi slip rossi microscopici. O forse era una gonna? Alice preferì non indagare oltre e si fece più vicina all’amica.

    L’aria era diventata subito opprimente per Clara: non sopportava nulla di quella ridicola serata e, come se non bastasse, poco prima aveva battibeccato con una ragazza che indossava lenti a contatto tigrate, perché questa credeva, erroneamente, che il suo schiavo le avesse mostrato il piercing ai genitali.

    Tra dieci minuti vado via, il tempo di recuperare Amber, prima che quel tipo con la catena al collo la convinca a indossare guinzaglio e museruola. Tu ti accodi?

    Alice scosse la testa e prese a massaggiarsi le caviglie stanche, accorgendosi solo in quel momento che il suo delizioso drink, che sul menù si chiamava Juicy Vein, era quasi terminato.

    Resto. La musica non è nelle mie corde, ma mi sto divertendo e finché sono in ballo...

    Clara aggrottò la fronte. Sei sicura di sentirti bene? Hai controllato che il drink non fosse drogato? Di questi tempi non si può mai dire!

    Ahimè, solo un pochino di alcol e tanto succo di mirtillo. Pare che vampiri e licantropi siano piuttosto morigerati, almeno nel bere. Lo stesso non si può dire per quel tipo, laggiù in fondo. Lo vedi?

    Clara guardò nella direzione indicata. Cristo! Quello non può essere il suo torace, non con tutti quei peli! Dicono che gli scoiattoli si stiano estinguendo, adesso sappiamo perché: quel matto se li è incollati tutti sul petto!

    Incurante del fatto che l’uomo in questione si fosse accorto di essere stato additato, Alice scoppiò in una risata fragorosa. Rideva così forte che le vennero le lacrime agli occhi e i crampi allo stomaco, ma non poté trattenersi dal guardare l’uomo lupo una volta ancora.

    Qualcun altro, però, attirò la sua attenzione. A posteriori, non avrebbe saputo spiegare come, perché o se ci fosse stato un particolare, un evento casuale a dirottare il suo sguardo un metro più a sinistra. Aveva bevuto troppo? Gli occhiali le erano di nuovo scivolati sul naso? Oppure si era trattato solo di un capriccio del destino? Perché, in fondo, un motivo doveva esserci se, di punto in bianco, l’uomo che sperava di incontrare da sempre le era apparso davanti, in un affascinante, irresistibile involucro di carne e ossa. E che occhi magnetici aveva! Per giunta, lo sconosciuto ricambiava il suo sguardo con una tale intensità, che sembrava quasi volesse inghiottirla in un solo boccone. Famelico e tenebroso, riusciva anche a distanza a provocarle uno scombussolamento totale di viscere, mente e cuore. Ogni particella del suo corpo ne era attratta in maniera irresistibile e non c’era logica, né morale, che potesse indurla alla ragione: doveva averlo. Doveva essere sua.

    Avvertì, più che sentirla, Clara domandare qualcosa, ma era come se tutti i rumori circostanti fossero di colpo cessati e ogni persona, ogni oggetto, fosse caduto nell’oblio, eccetto lei e quell’uomo. Il quale la fissava implacabile come un predatore, un attimo prima di sbranare con ferocia la vittima tremante, sì, ma altrettanto smaniosa di ricevere quei morsi.

    In quel frangente, con le orecchie quasi assordate dal furioso ruggito del suo petto, Alice poté solo obbedire al desiderio che, lento e bruciante come lava incandescente, si stava riversando nelle zone più erogene del suo corpo, annullando ogni inibizione, travolgendo muscoli e nervi, riscrivendo il suo dna, per imprimervi il marchio, unico, di quegli occhi. Occhi scuri, intensi, paralizzanti, che viaggiavano su di lei come su di un’autostrada, con l’intento di memorizzare la posizione di ogni singola, vibrante cellula.

    Alice li vide avvicinarsi in pochi, preziosi secondi, che a lei parvero un’eternità; socchiudersi, diventare due fessure strette, sotto ciglia folte e lunghe, e scrutarla nella speranza di carpire i suoi segreti.

    Sono Bill.

    Ecco, era successo. Erano bastate poche sillabe, pronunciate da una voce sensuale e dal timbro più erotico al mondo, ed era andata. Finita.

    Immobile nel silenzio che seguì, Alice si prese il tempo di sfiorare con lo sguardo i suoi capelli castani, scuri, lisci e lunghi fin oltre il colletto della camicia nera. Immaginò di poterli toccare e arricciarli intorno al dito, come faceva con i propri, per sentirne la morbidezza.

    Il viso di quello sconosciuto pareva un’opera d’arte, con quel naso dritto di forma romana, gli zigomi alti e ben definiti, le labbra carnose e rosse, che spiccavano sulla pelle tanto chiara. Il labbro inferiore, soprattutto, istigava a delinquere. A differenza degli altri uomini, non era truccato, né travestito da buffone. Indossava pantaloni aderenti ma sobri, scarpe nere stringate e con la punta intarsiata e aveva una giacca in mano, stretta così forte da raggrinzirla tutta.

    Alice avrebbe voluto presentarsi, doveva farlo, ma aveva la bocca asciutta e tutti i pensieri sconci che le affollavano la mente le avevano tolto l’uso della parola. Fu Clara a farlo al posto suo.

    Ciao Bill. Addio Bill. Salutaci il tuo amico scoiattolo disse col suo solito tatto, congedandolo con un gesto impaziente della mano.

    Bill, tuttavia, restò fermo dov’era, disinteressato a quello sgarbato invito. Meravigliandosi della propria stupidità, Alice si affrettò a rimediare, tendendo il braccio verso di lui.

    Sono Alice Cooper.

    Curiosamente, Bill osservò la piccola mano e parve indeciso sul da farsi. Quindi le sue dita lunghe gliela strinsero forte. Un lampo rapidissimo, un guizzo quasi impercettibile comparve nei suoi occhi, che ora si erano spalancati per uno stupore di cui Alice non comprendeva la ragione. Il suo volto sembrò sbiancare di più ma, dopo una frazione di secondi, si ricompose e, di nuovo padrone di sé, Bill le sorrise.

    Il cuore di Alice fece le capriole. Con un gesto nervoso, si scostò una ciocca di capelli dal viso e la portò dietro l’orecchio, senza riuscire a distogliere lo sguardo. Era altissimo. Aveva un fisico snello e scolpito che persino i modelli potevano solo sognare e che, in qualche modo, Alice sapeva essere naturale, piuttosto che costruito in palestra.

    Perché mai, dunque, si era avvicinato proprio a lei, con tutte le donne nel locale? Sospirò, costringendosi a lasciargli la mano, calda e morbida.

    Lui sembrava troppo per lei. Quanto poteva durare quello sciocco flirt? Il passato le insegnava che, una volta che quell’adone avesse notato quanto lei fosse piccola e tonda, nonché senza esperienza in campo affettivo, avrebbe addotto qualche scusa e rincorso la prima sventola in vista. Lui era un gigante, lei un puffo. Uno carino, ma comunque un puffo. Se poi avesse prestato ascolto alla sua lingua tagliente, si sarebbe dileguato alla prima battuta. Tanto valeva togliersi subito il pensiero e, in un certo senso, metterlo alla prova.

    Si alzò dal divano per iniziare a prendere le distanze, ma ebbe un improvviso capogiro e, prima di rendersene conto, si ritrovò con le sue solide braccia avvolte intorno alla vita. Lui la sovrastava di almeno mezzo metro, eppure quel contrasto non destò in lei il disagio che aveva temuto, quanto invece un senso di piacevole conforto, di sicurezza. Sperò che fosse così anche per lui.

    Ti senti bene? le chiese Bill, con una nota di preoccupazione nella voce.

    Sì, non è niente. Mi sono alzata troppo in fretta. Non osava guardarlo in faccia e leggergli la delusione negli occhi.

    Siediti finché non passa, io torno subito.

    Con galanteria, la mise giù e puff! Sparì. Amareggiata, Alice rimase seduta sul bordo del divano.

    Sapevo che sarebbe andata a finire così però… Cavolo, stasera batto ogni record! Se l’è svignata in quanto, due minuti netti? Mise il broncio, mentre ancora cercava di trovarlo fra la folla. Non riesco proprio a capire cosa ci sia di sbagliato in me, che faccia spaventare gli uomini in questo modo. Tu credi che… Credi che si veda che io sono ancora…? Si morse il labbro. Non osava pronunciare la parola vergine nemmeno ad alta voce.

    Clara si avvicinò al suo orecchio per rispondere. Non fare la cretina, certo che no! Non è scappato, guarda: sta solo prendendo da bere. Però non abbassare troppo presto la guardia, c’è qualcosa in lui che mi fa venire i brividi.

    Sì, sì, va bene mormorò senza convinzione, ammirando le gambe lunghe di Bill che, con elegante andatura e un bicchiere in mano, stava tornando rapido verso di loro. La camicia nera, appena aperta sul davanti, mostrava un torace scolpito e senza ombra di peli. Osservandolo di spalle, aveva già notato quanto fosse ben proporzionato e, sebbene non ci fosse nel suo modo di vestire alcun dettaglio che spiccasse, le sembrava impossibile non aver notato prima la sua stazza intimidatoria e la bellezza antica, d’altri tempi.

    Prendi, ho pensato che dell’acqua fresca ti avrebbe aiutato. Qui dentro fa troppo caldo le disse con premura, sedendosi al suo fianco.

    La stoffa morbida dei pantaloni, a contatto con le sue gambe scoperte, la rese di colpo consapevole di quanto il vestito nero mono spalla che aveva indossato fosse risalito troppo in alto, per i suoi gusti. Imbarazzata, bevve a grandi sorsate e l’acqua colò anche sul mento. Bill, velocissimo, raccolse le gocce con un dito, sfiorandole con delicatezza la bocca.

    Il contatto, non premeditato ma quasi familiare, paralizzò entrambi. Era come se si fossero già toccati in una precedente vita e ora stessero rinnovando la conoscenza. O, forse, avevano sognato di farlo e ora scoprivano quanto la realtà potesse essere ugualmente sconvolgente. Gli occhi di Bill, scuri e imperscrutabili, ebbero un breve moto d’inquietudine, poi risalirono fino a fissarsi in quelli verdi di lei.

    Non lo conosceva, eppure Alice poteva dire con certezza che provasse un desiderio intenso quanto il proprio. La sua bocca, così piena e invitante, era a pochi centimetri di distanza e lei si domandò trepidante che sapore avesse, mentre il suo profumo, fresco ed energico, con un vago sentore di zenzero, s’imprimeva nella sua memoria.

    Bill le offrì un sorrisetto sghembo. Doveva averle letto la voglia in faccia. Senza fretta, si portò il dito bagnato in bocca e succhiò. Il gesto malandrino le mandò in fiamme il basso ventre e lei ringraziò il cielo di essere già seduta, altrimenti le gambe di gelatina non l’avrebbero sorretta.

    Alle sue spalle, Clara si schiarì la voce. Forza, andiamo, questo posto è pieno di pazzi da legare. Si alzò e, senza troppe cerimonie, la tirò su per un braccio.

    Con uno scatto felino degno di un velocista olimpionico, Bill la bloccò: occhi negli occhi, le sussurrò, con un tono davvero persuasivo, che poteva andarsene da sola.

    Alice non corre alcun pericolo, sarò un gentiluomo. Ti suggerisco di cercare tua sorella. Credo che lei abbia bisogno di te, in effetti.

    Clara, molto irritata, per un attimo parve voler rispondere a tono ma, dopo che lui le ebbe rivolto una lunga occhiata, di quelle che non ammettono repliche, li salutò con un cenno del capo, dirigendosi verso Amber.

    In parte stupita per l’arrendevolezza della sua amica, ma altrettanto sollevata di non doverla convincere a lasciarli soli, Alice si rilassò e prese a giocherellare col bicchiere.

    Allora domandò esitante cosa ti ha portato a questa festa?

    Lui si risedette, accavallò le gambe e distese un braccio intorno alle sue spalle, con fare quasi protettivo.

    Affari rispose, liquidando la questione.

    Si era messo a osservarla come fosse un cruciverba da risolvere, ma lei non si lasciava intimidire con tanta facilità. Sperava piuttosto di conoscerlo meglio e in fretta, prima che qualche altra donna lo puntasse.

    Di cosa ti occupi?

    Rimozioni forzate.

    Un breve sorriso, poi di nuovo quello scrutinio silenzioso, ma stavolta il suo sguardo scese più in basso, sul petto che, appena chiamato in causa, si tese e si gonfiò. Una goccia di sudore le scivolò proprio in mezzo ai seni e Bill restò a fissarla, affascinato. Era bello da mozzare il fiato e, quando restava immobile, come in quel momento, lo si sarebbe potuto scambiare per una statua. Perfetto, senza difetti apparenti, quasi fosse appena emerso da un pezzo di granito, per opera di Michelangelo in persona. Lo tradiva solo la mano poggiata sulle gambe, che si apriva e chiudeva di continuo a pugno.

    Alice, allora, gli rivolse un sorriso di comprensione. Non era l’unica ad essere tesa, ma cosa c’era da temere? Si piacevano, era evidente e, se avesse giocato bene le sue carte, quella sarebbe stata una serata indimenticabile.

    Incrociò i piedi e si strofinò una caviglia col tacco. Notò subito che quel piccolo gesto aveva attratto l’attenzione di Bill e ne approfittò per distendersi di più sullo schienale del divano. Per puro caso, con la testa vicinissima al suo braccio.

    Ho intravisto un programma televisivo che si chiama proprio Rimozioni Forzate: è quello che fai anche tu?

    Sono desolato, non guardo la tivvù da… diciamo pure molto tempo, quindi non sono sicuro di sapere a cosa tu ti riferisca. Il mio lavoro è complicato da descrivere. Si potrebbe dire, con una certa approssimazione, che ripulisco la città dalla spazzatura.

    La sicurezza che trasudava dal suo atteggiamento era quasi ipnotica. Se faceva lo spazzino, doveva essere il più colto ed elegante di tutti. Era tornato a guardarla negli occhi e la sua mano, quasi si muovesse in modo indipendente dalla sua volontà, prese ad accarezzarle lieve il ginocchio più vicino. Un’onda di eccitazione le incendiò i sensi, bloccando le parole successive in gola.

    E cosa… cosa fai per distrarti, dopo il lavoro, se non guardi la tivvù? balbettò, sentendosi arrossire.

    Certo che una cosa più cretina non poteva dirla. Proprio lei, che dopo ore trascorse alla scrivania, nel tempo libero faceva di tutto, tranne che restare seduta a fissare uno schermo. Eccezion fatta per le avventure dei fratelli Winchester, non seguiva altro e optava sempre per qualche attività all’aperto.

    Bill sembrò essersi perso nei suoi pensieri. Forse la domanda non aveva una risposta facile.

    Non molto, a essere onesti. La mia è una professione impegnativa, mi assorbe completamente, sette giorni su sette e, per svolgerla al meglio, devo anche dormire e recuperare le forze. Tuttavia, stasera mi sento determinato a svolgere attività più soddisfacenti.

    Ah, ecco cos’era quel luccichio malizioso! Sentendosi più audace del solito, Alice gioì in segreto della propria fortuna: sì, stasera avrebbe finalmente detto addio alla sua ingombrante verginità e benvenuto alla libertà sessuale di cui tutti sembravano godere, eccetto lei.

    Se mi consenti, posso chiederti come mai partecipi a questa festa? Sei anche tu un’estimatrice del paranormale, una di quelle donne che coltivano fantasie assurde sulle proprietà erotizzanti dei morsi dei vampiri?

    Per sottolineare il concetto, sollevò un sopracciglio e inclinò il capo verso un gruppo chiassoso, seduto poco oltre. C’erano sarcasmo nella sua voce e uno sdegno strano, mal celato dal tono stizzoso.

    Alice rivolse la sua attenzione alle persone in questione e fu assalita dalla voglia di coprirsi gli occhi per la vergogna. Il meno eccentrico tra gli uomini indossava un lungo spolverino marrone, corredato da un cappello da cowboy e stivali logori, alti fino al ginocchio. In una mano, ostentava un pezzo di legno e fingeva di voler impalare una delle donne, tutt’altro che impaurita dalla sua performance e intenta, semmai, a tastargli il davanti dei pantaloni, addentando il suo collo con dei canini di plastica da cinque dollari.

    Sospetto si senta un moderno Van Helsing… le sussurrò, stando a meno di due centimetri dal suo orecchio. Le sfiorò il collo con le labbra e Alice chiuse gli occhi, lasciandosi andare all’indietro, sul suo petto.

    Come sperava, il braccio di Bill la circondò, trasmettendole una sensazione di calore che si irradiò in tutto il corpo. Le dita lunghe e delicate della mano libera avevano cominciato a muoversi sulla pelle liscia della coscia, senza risalire oltre l’orlo del vestito. Prima però che la situazione si facesse più bollente, lui si scostò e le offrì il braccio.

    Vieni, balliamo.

    Il deejay aveva scelto proprio quel momento per passare a una musica dal ritmo meno lugubre e più orecchiabile, sulla quale fosse più semplice ballare. Non lo fu altrettanto trovare uno spazio in cui inserirsi, ma Bill riuscì a farsi largo, come se la sua sola presenza, imponente ed elegante, inducesse la gente ad allontanarsi in soggezione. Per quanto la riguardava, più vicini erano, meglio si sarebbe sentita.

    Abbandonandosi alla melodia concitata e trascinante, Alice socchiuse gli occhi e prese a ondeggiare sinuosa, giocando con i propri lunghi capelli castani, che ricaddero leggeri sulla schiena. Ballare le era sempre piaciuto, ma quella sera voleva esibirsi per lui: mostrargli la sua femminilità dolce e travolgente, nella speranza che, entro poco, lui le chiedesse di andare a casa. Insieme.

    Purtroppo, però, il tempo trascorreva e Bill non la stava sfiorando né abbracciando e neppure le si era spiaccicato addosso tutto eccitato. Ebbe il terrore di averlo perso nella ressa e aguzzò la vista per ritrovarlo, invece, proprio davanti a sé. Serio e immobile, la studiava con un’espressione tanto intensa da farle contrarre lo stomaco. I suoi occhi erano diventati due pozze nere, profonde e magnetiche. Una strana energia, tanto evidente da essere quasi tangibile, si stava sprigionando dal suo corpo, facendolo apparire in qualche modo meno reale e più pericoloso.

    C’è qualcosa che non va? domandò perplessa.

    Io… Niente, non importa.

    La sua voce fu quasi un sussurro, eppure le vibrò dentro, facendo risuonare, una dopo l’altra, tutte le sue paure. La trovava troppo diversa dal suo tipo? Lei forse non era abbastanza per lui? Le lacrime minacciarono di affacciarsi, ma Alice le ricacciò indietro e, gonfia d’orgoglio, lo ignorò, continuando a ballare.

    Funzionò. Bill emerse pian piano dal suo torpore e, muovendo alcuni passi in modo rigido, le si accostò.

    Perdona la mia goffaggine. È passato così tanto tempo dall’ultima volta che ho ballato, che ho il terrore di pestarti i piedi.

    La dolcezza insita in quelle poche parole la spiazzò: voleva credergli con tutta se stessa, ma temeva potesse mentire e lei doveva proteggere il suo cuore, prima di tutto.

    Non devo piacerti per forza. Sei libero di andartene quando vuoi. Troverò qualcun altro con cui trascorrere la notte.

    Lasciò che l’allusione echeggiasse nell’aria, quindi richiuse gli occhi per non vederlo andar via. Invece, con una presa d’acciaio, lui la strinse a sé, si chinò sui suoi capelli e ne odorò il profumo alla vaniglia, inspirando a fondo in modo un tantino esagerato. Le sue mani iniziarono a muoversi sulla schiena di Alice, tracciando figure astratte, quasi stessero dipingendo.

    La sensazione fu nuova e inebriante per lei, che infatti sentì scivolare via le ultime remore. Dandosi coraggio, fece scorrere le mani su di lui, dal torace scolpito fino al collo lungo e aggraziato. Con i palmi, gli accarezzò il mento, risalì lungo le guance lisce e, dopo aver solleticato le orecchie, infilò le dita tra i capelli morbidi, attirandolo di più verso di sé.

    Di nuovo il corpo di Bill parve vibrare di quella potente, inspiegabile energia. Lo stava eccitando? Bene, l’intenzione era proprio quella.

    Come se fosse il movimento più naturale del mondo, riportò le proprie mani verso il basso e, una volta arrivate là dove, sotto la camicia, poteva avvertire con distinzione i capezzoli inturgiditi, li titillò appena. Quindi si esibì in tutta una serie di mosse, ancheggiando, sfiorandolo, stuzzicando il suo interesse a ritmo di musica.

    Bill fece aderire i loro corpi accaldati e, come per magia, iniziarono a vibrare insieme. La frenesia crescente della canzone li indusse a restare incollati, finché lui non la prese per farla voltare di schiena. Afferrò una grossa ciocca dei capelli di Alice e le tirò indietro la testa, scoprendole il collo. Si chinò e, mentre lei si preparava a un languido bacio, Bill la sorprese, fingendo di morderla a bocca aperta, come un vampiro. Lei sospirò a lungo e sperò di non apparire troppo ridicola. Le sue reazioni, però, erano genuine e incontrollabili, perché sentiva di essere attratta alla follia da Bill e, quando si spinse all’indietro col bacino, avvertì con chiarezza quanto lui lo fosse a sua volta.

    In quel momento, non le importò più di essere sfacciata, né che qualcuno potesse giudicarla una donna facile. Voleva godersi ogni istante e al diavolo cosa avrebbero pensato gli altri! Aveva un bisogno struggente di sentirlo addosso, pronto, voglioso, capace di qualunque follia. Persino di prenderla davanti a tutti, nel bel mezzo della pista da ballo. Così qualche istante dopo, approfittando di un calo delle luci, cedette al desiderio e, incurante delle conseguenze, prese le grandi mani di Bill e se le portò sui seni, che lui afferrò e strizzò come se non attendesse altro.

    Come prima, le sfuggì un gridolino incoerente e acuto, seguito da un mormorio di puro piacere. La lingua e i denti di Bill eseguirono uno splendido numero tra il collo e l’orecchio e, mentre il battito del suo cuore subiva un’improvvisa impennata, lei gli cedette il controllo. Fu allora che Bill la fece voltare verso di sé e la baciò.

    Non appena le loro labbra si toccarono, la terra smise di girare e il tempo rallentò, fino a fermarsi. Avvinghiati in una stretta appassionata, si persero in un bacio che sembrava non voler finire mai. Per lunghi momenti le loro bocche, calde e affamate, si nutrirono l’una dell’altra, senza mai separarsi né stancarsi. A volte Alice si ricordava di dover respirare, ma Bill non gliene dava il tempo, preso com’era a divorarla intera. Era come se avesse trovato la sua droga preferita e non avesse intenzione di disintossicarsi.

    Aspetta! riuscì a dirgli, boccheggiando per incamerare un po’ di ossigeno.

    Sul suo volto si dipinse un’espressione di curiosità, subito rimpiazzata da un’altra di piena comprensione, quando la vide portarsi una mano al petto, che si sollevava e abbassava in rapida successione.

    Ti chiedo scusa, a volte dimentico quanto io possa essere… ossessivo.

    Vorrei solo prendere un po’ fiato, non mi lamentavo mica!

    No, infatti, ma… È che quando mi piace qualcosa, e succede di rado, la voglio fino in fondo.

    Le sue parole trasudavano desiderio e il suo corpo, ancora così vicino, dimostrava quanto fossero sincere. Alice decise di prendere il toro per le corna.

    Recupero la mia borsa e andiamo?

    Bill sorrise radioso, mostrando una fila di denti bianchi e curati. Ho una stanza in un hotel qui vicino. Raggiungi l’uscita, se non ti spiace, penserò io alla tua borsa e alla mia giacca.

    Fa’ presto.

    Da vero gentiluomo, prese le sue mani, le baciò e si allontanò in tutta fretta. Solo in quel momento, vedendolo perdersi nella calca, Alice ricordò di non essere arrivata da sola. Come da accordi, si avvicinò alla prima delle sue amiche che riuscì a trovare; nel caso specifico Gina, che era intenta ad ascoltare le appassionanti avventure di un presunto cacciatore di vampiri, seduto accanto a lei, col torace nudo e gli addominali così scolpiti da sembrare piccoli lingotti. Le comunicò che sarebbe andata via con Bill e temette che Gina le augurasse buona fortuna, ma l’amica era troppo presa dalle sue nuove conoscenze per badare a lei. E Alice, che non aveva intenzione di lasciare nulla al caso, la salutò in fretta. Quindi, poiché era a due passi dalla porta, si voltò per cercare Bill.

    Lo vide mentre, con la sua borsa in mano, discuteva animatamente con un uomo grassoccio e calvo. Per meglio dire, l’uomo parlava in modo concitato e Bill se ne stava ad ascoltare, impassibile. Poi quell’individuo disse qualcos’altro, facendo un passo indietro e un’espressione feroce si dipinse sul bellissimo volto di Bill. Fulmineo, agguantò il poveretto all’altezza della trachea e strinse. I piedi dell’uomo si sollevarono dal pavimento e lui implorò, farfugliando come poteva. Bill lo tenne sospeso qualche altro secondo, quindi lasciò la presa e si pulì la mano sui pantaloni, come avesse toccato dell’immondizia. Mormorò a denti stretti qualcosa e l’uomo, massaggiandosi il collo arrossato, inchinò più volte la pelata per ringraziarlo. Infine si lanciò a passo svelto nella folla danzante e scomparve.

    Alice distolse con rapidità lo sguardo. Non le piaceva quello che aveva visto. Per niente. Se c’erano cose che odiava, erano la prepotenza e la violenza. E aveva visto entrambe in Bill, in modo inequivocabile. Stava iniziando a riconsiderare la decisione che aveva preso, quando lui la raggiunse e, senza perdere altro tempo, se la tirò dietro, fuori dalla baraonda mascherata e dentro la notte oscura.

    2

    Morto, ma non troppo

    Quel silenzio prolungato la stava facendo impazzire.

    Seduta al suo fianco nella Mercedes, Alice iniziava ad avere seri ripensamenti e, per quanto si sforzasse di negarlo, dovette comunque ammettere che il sexy programmino che si era immaginata fosse ormai sfumato.

    Certo era un vero peccato! Lo guardò di sottecchi ancora una volta, costringendosi a non sbavare. Era di una bellezza sconcertante, quasi irreale, ma purtroppo aveva occhi solo per la strada. Era così concentrato da non accorgersi nemmeno più di averla accanto. Aveva acceso l'auricolare per parlare con qualcuno, forse un collaboratore. Gli sentì pronunciare le parole falsa pista e azzeramento e rabbrividì per la freddezza con cui aveva sottolineato adesso. Era evidente che non fosse consigliabile contraddirlo, quando impartiva un ordine. Poi si accorse che lei poteva ascoltare e passò a parlare in tedesco.

    Incredula per quello sgarbo e propensa a mandarlo a quel paese nel più breve tempo possibile, Alice tornò a osservare il buio fuori dal suo finestrino. Passarono altri minuti, poi la sua domanda improvvisa la fece sobbalzare.

    Non hai risposto. Non mi hai detto perché eri a quella ridicola festa. Tu e le tue amiche non avevate di meglio da fare?

    Di nuovo quella stizza, quel tono di fastidio e, allo stesso tempo, di derisione. Siccome rispondergli per le rime non le sembrò opportuno, visto che guidava lui e temeva che la scaricasse in mezzo al nulla, si limitò a fare spallucce.

    Volevamo provare qualcosa di diverso. Del resto, non mi sembra che sia andata tanto male, visto che tu ed io ci siamo incontrati, no?

    Sì, ma non avevi davvero nient’altro da fare? insistette. Un appuntamento galante, magari, o il cinema? Perché invece eri proprio là, proprio stasera?

    Se davvero ci tieni a saperlo, è stata Gina. Prima di venire alla festa è passata da casa mia e mi ha costretta, in pratica. Mi ha anche scelto il vestito. Non voleva che mi perdessi questa esperienza incredibile. Omise il fatto che le avesse anche abbinato la biancheria intima: era un dettaglio non richiesto.

    Bill ci rimuginò sopra per un bel pezzo. La questione doveva essere piuttosto seria per lui.

    Sospirando, gli disse: Magari era solo destino.

    In quell’istante, si voltò a guardarla furibondo, come avesse bestemmiato in modo imperdonabile ma, prima che Alice potesse spiegarsi, un’auto nera, sbucata da una strada laterale, li tamponò bruscamente di lato, sopra la ruota sinistra. L’urto violento l’avrebbe scaraventata con la testa contro il parabrezza, se non avesse indossato la cintura di sicurezza, ma anche così avvertì con distinzione il colpo di frusta al collo.

    Bill, accanto a lei, reagì con maggiore prontezza e, dopo aver frenato ed evitato di sbandare, dette una rapida occhiata negli specchietti retrovisori.

    Alice pensò che avrebbe spento il motore per sbrigare le pratiche automobilistiche di rito e, in un certo senso, ne fu sollevata. Almeno avrebbe smesso di tormentarla sullo stesso argomento, con quel fastidioso tono canzonatorio. Invece lui ripartì talmente veloce da fare stridere e fumare le gomme sull’asfalto. L’altra auto fece altrettanto, inseguendoli.

    Alice era terrorizzata. Ma che fai? Fermati subito! Potrebbero essersi fatti male anche loro!

    Bill non le dette retta e anzi, accelerò per distanziarli, per di più spostandosi verso strade secondarie e meno frequentate.

    Sei pazzo? Chiameranno la polizia! Fermati!

    Solo la disperazione nella sua voce sembrò colpirlo e distrarlo dalla folle corsa in cui si era lanciato. Allora le rivolse uno sguardo più dolce, parlandole in modo accondiscendente, come fosse una bambina.

    Non preoccuparti, stellina. Nessuno si è ferito in modo grave, nemmeno tu, visto che non fiuto odore di sangue. Purtroppo conosco chi ci ha tamponato: non è gente con cui intrattenere una conversazione civile. E fidati, chiamare la polizia è l’ultimo dei loro pensieri.

    Cosa? Li conosci? Non saranno mica tuoi concorrenti! E se sono mafiosi?

    Alice sapeva di esagerare ma, pur essendo lei stessa una pessima guidatrice, voleva che le regole stradali fossero rispettate. Una volta chiarita la faccenda, sarebbe tornata più che volentieri alla sicurezza del suo piccolo appartamento, lasciandosi alle spalle tutta quella folle storia.

    Credimi, a breve saremo al mio hotel e sarà come se nulla fosse successo.

    Come no! borbottò, massaggiandosi il collo.

    Forse per tranquillizzarla, Bill la toccò proprio in quel punto. Sentire di nuovo la sua mano calda e forte su di sé la calmò più di quanto le piacesse ammettere. Il suo pollice si mosse lungo la clavicola, eseguendo un movimento così rilassante da indurre sonnolenza.

    Non essere tesa, li abbiamo già seminati, vedi? Il peggio è passato. Sta un po’ meglio il tuo bellissimo collo?

    Stupita di sentirsi meglio, in effetti, Alice mormorò di piacere, crogiolandosi nella consapevolezza di quel primo, prezioso complimento. Forse aveva ragione lui, il peggio era passato. Lei non conosceva quella gente, lui invece sì. Magari si era allarmata troppo per una banale schermaglia tra rivali in affari. La notte poteva ancora essere tutta per loro e riservare quella tanto attesa svolta romantica di cui Alice aveva bisogno.

    Si distese meglio sullo schienale, cercando di non pensarci più, e poco dopo giunsero all’ingresso dell’hotel. Anziché parcheggiare sul davanti, Bill guidò fino a raggiungere l’entrata per il parcheggio interrato. Aspettò che la sbarra automatica si alzasse e poi affrontarono una serie di curve, fino al piano meno tre. L’aiutò con garbo a uscire dall’auto, ma continuò a guardarsi intorno con fare circospetto, fino all’ascensore. Era proprio evidente che fosse più nervoso di prima, oltre che di nuovo assente. Alla faccia della bella serata.

    Alice si schiarì la voce. Bill, non credo che sia il caso di… mm… andare fino in fondo. Sai, il torace mi fa parecchio male e io…

    Cosa intendi? Fammi vedere.

    Allungò il braccio per toccarla sullo sterno ma proprio allora, sbucando quasi dal nulla, due grossi SUV neri arrivarono facendo stridere le gomme sull’asfalto, per poi frenare di botto a pochi metri di distanza. Gli sportelli, tutti e otto, si aprirono in contemporanea al loro ascensore.

    Bill, esterrefatto e, se possibile, ancora più pallido, la spinse frettolosamente nel vano ascensore, di lato, ed ebbe appena il tempo di gridarle: Stai giù!, prima che una pioggia di proiettili si abbattesse su di loro. Su di lui, in particolare.

    Inchiodata dal terrore al muro, Alice lo vide immolarsi sulla soglia per proteggerla, con le braccia spalancate, e farsi crivellare di colpi per quelli che furono i secondi più interminabili della sua giovane vita. Mentre poi alcuni proiettili riuscivano a passare oltre la protezione offerta dal suo corpo, mandando in frantumi il grosso specchio all’interno dell’ascensore, Alice si strinse forte le braccia al petto e iniziò a tremare, piangere e pregare, tutto nello stesso momento. I criminali là fuori sparavano senza pietà e, se Bill

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1