La casa tra le nuvole
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Anteprima del libro
La casa tra le nuvole - Laura Moscato
Laura Moscato
La casa tra le nuvole
La casa tra le nuvole
2016 Laura Moscato
Copyright 2016 Laura Moscato
http://lauramoscato.blogspot.it/
https://www.facebook.com/LauraMoscatoscriverelavita/
moscatolaura82@gmail.com
Editing testo a cura di Rita Cioce
http://www.ioscrivoitaliano.it
info@ioscrivoitaliano.it
Copertina: foto di Daniel Balzan
Editing grafico: Daniel Balzan
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daniel.balzanjack@gmail.com
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Supporto alla pubblicazione digitale: Gaetano Virgallito
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un prodotto di Simplicissimus Book Farm
A Simone e Stefano
Lo scopo di una relazione è decidere quale parte di voi stessi vi piacerebbe che venisse allo scoperto, non quale parte di un altro potreste catturare e trattenere.
Neal Donald Walsch
1
Alice: Puoi dirmi per favore, da che parte dovrei andare da qui?
Stregatto: Tutto dipende da dove vuoi arrivare.
Lewis Carroll
Fabio fermò la macchina sul ciglio di una strada sterrata.
Il panorama era mozzafiato, il mio sguardo vagava su una distesa infinita di vigneti, sembravano dipinti da una mano abile d’altri tempi. I colori caldi delle foglie di vite si mischiavano con maestria al verde cobalto del bosco.
Il vento soffiava facendo frusciare le fronde di alberi rigogliosi e abitati da minuscoli uccellini canterini che sembravano darci il loro benvenuto. Scesi dall’auto e respirai a pieni polmoni quell’aria che profumava di timo e altre erbe aromatiche. Un sentiero si inerpicava su per la collina penetrando nel bosco sinuosamente.
Guardai mio marito e sorridendo mi alzai in punta di piedi per sfiorargli le labbra con un bacio.
Lui scaricò i bagagli e aprì la porta posteriore dell’auto; sul sedile, avvolta in una copertina gialla, dormiva serena la nostra cagnetta bianca con il musetto marroncino chiaro: Stella sembrava ancora un cucciolo, a vederla tutta così rannicchiata, in realtà erano già tre anni che faceva parte della famiglia.
L’accarezzai cercando di svegliarla e aprì gli occhi all’istante, drizzando le orecchie per carpire tutti i rumori che la circondavano.
La strada era stretta e in discesa; un torrentello scendeva lì vicino e il rumore dell’acqua mi rilassò facendomi sentire immediatamente in armonia con tutta quella meraviglia.
Proseguimmo a piedi lungo il sentiero, Stella era felice di iniziare quella nuova avventura e saltellava da una parte all’altra ogni volta che un insetto coraggioso si metteva sulla sua strada. Era un piacere guardarla…
Il pensiero andò a mio figlio Andrea e fui avvolta, senza preavviso, da un velo di malinconia.
«È bellissimo qui, però è un po’ strano senza Andrea.»
«Stavo pensando la stessa cosa; ma vedrai che, in queste due settimane, starà benissimo al mare con i nonni. Si divertirà un sacco con tutta quella sabbia. Certo sentirà la nostra mancanza ma sono sicuro che starà bene.»
«Lo spero…»
«Avevamo bisogno di questa vacanza e di un po’ di tempo per noi, non credi?»
«Sì, hai ragione! Non è il caso di rattristarci, Andrea starà benissimo.»
Fu nel bel mezzo di questi discorsi che ad un certo punto scorgemmo un grande cascinale ed un cartello su cui c’era scritto:
La casa tra le nuvole
– Agriturismo e maneggio.
Eravamo arrivati.
2
Il destino ti aspetta sulla strada che hai scelto per evitarlo.
Proverbio Arabo
«Buongiorno!»
La voce arrivò da un punto imprecisato alla destra della strada; pochi secondi dopo un giovane di circa trent’anni sbucò da dietro un acero portando al passo un cavallo bruno dall’aspetto molto docile.
«Buongiorno…»
«Siete i coniugi Melis, vero?»
«Sì, forse siamo un po’ in anticipo.»
«No, siete in perfetto orario; vi stavamo aspettando. Io sono Paolo, piacere!»
Pronunciando queste parole il ragazzo allungò la mano ed io la strinsi, poi fece la stessa cosa con Fabio. Ci accompagnò nell’agriturismo, liberò il cavallo nel recinto e rivolgendosi di nuovo a noi:
«Il principale è occupato in una lezione con alcuni ragazzini ma, appena avrà terminato, sarà a vostra disposizione. Venite, vi accompagno al vostro chalet; si affaccia direttamente sul lago e si trova in una posizione davvero spettacolare.»
«Grazie, non vedo l’ora di vederlo» dissi.
Quel posto era davvero bellissimo! Bastava girare lo sguardo per perdersi tra gli alberi folti del boschetto o tra i giochi di luce che si riflettevano nel lago.
«Come si chiama il cane?»
«Stella, è una femmina.»
«È molto carina e vedo che non le manca la voglia di giocare!»
«No, in più è terribilmente curiosa!»
«Beh, è una femmina!»
Paolo guardò Fabio in modo complice e i due sorrisero divertiti.
«Sì, può essere questo il motivo» risposi alzando gli occhi al cielo.
Lo chalet era una piccola casetta di legno con un bel porticato che si affacciava sul molo. Tutto era curato nei minimi particolari: le tende, il tavolino sul terrazzo, il dondolo; ogni cosa aveva un suo posto e il tutto era stato arredato con gusto.
«È davvero molto bello» dissi.
«Sì, è vero, mia moglie si è occupata dell’arredamento e il tocco femminile si vede.»
«Paolo, posso chiederle se possiamo darci del tu?» chiesi.
«Certo! Anche se non me lo avessi chiesto, non sarei riuscito a darvi del lei ancora per molto. Mi piace avere un rapporto schietto, credo che inutili formalismi riescano solo ad allontanarci dagli altri.»
«Hai ragione. In quanti lavorate qui?» chiese Fabio.
«C’è Luca, il proprietario, che si occupa un po’ di tutto; ci siamo Carla ed io che gestiamo l’agriturismo; Federica, la sorella di Luca, che si occupa dell’ippoterapia e poi ci sono alcuni uomini che aiutano Luca nella gestione del maneggio, ma sono tanti e magari i nomi li imparerete poco per volta. Adesso vi devo lasciare ma, come vi ho detto, tra un po’ verrà Luca da voi; pian piano, ci conoscerete tutti, spero che vi troverete bene.»
«Ne sono sicura. Grazie.»
«Ciao, a dopo!»
Paolo si allontanò e io e Fabio iniziammo a disfare i nostri bagagli guardandoci attorno con curiosità.
Stella continuava ad annusare ogni angolo della stanza e sembrava apprezzare la sua nuova sistemazione. C’era molta luce e le tende colorate donavano all’ambiente un’atmosfera dorata, calda e rassicurante.
Iniziai a disporre i vestiti nell’armadio quando, all’improvviso, Fabio si avvicinò e mi cinse la vita, facendomi voltare verso di lui.
«È molto bello qui e quel letto sembra molto comodo» mi disse guardandomi con occhi maliziosi.
«Ma vuoi già andare a dormire? Sei così stanco?»
«In realtà avevo in mente qualcos’altro…»
«Qualcos’altro?» dissi facendo finta di non capire le sue intenzioni.
«Sì, per esempio potrei farti un po’ di solletico!» e così dicendo mi buttò sul letto ed io iniziai a ridere scongiurandolo di smetterla.
Incominciò a baciarmi sul collo, ed io mi abbandonai a quei baci, dimenticandomi di tutto il resto.
All’improvviso sentimmo bussare alla porta e, con un certo disappunto da parte di entrambi, andai ad aprire. Certo non mi sarei mai immaginata quello che sarebbe accaduto.
Continuavo ad osservare muta ed inebetita l’uomo davanti a me, mentre lui mi guardava con gli occhi sgranati, incapace di muovere un muscolo.
Com’era possibile che davanti a me ci fosse quel
Luca? Com’era possibile che il proprietario dell’agriturismo fosse l’unico uomo che in tutti quegli anni avevo cercato di dimenticare senza mai riuscirci davvero?
Eppure lui era lì di fronte a me.
Nessuno dei due parlava, mentre Fabio assisteva alla scena cercando di capire cosa stesse succedendo.
«Viola! Questa sì che è una sorpresa!»
«Ciao Luca… sì, è davvero una sorpresa.»
Fabio mi guardò stranito, per cui gli spiegai che ci conoscevamo da tanto anche se erano parecchi anni che non ci vedevamo. Luca gli strinse la mano e poi rivolse di nuovo lo sguardo verso di me.
«Ma allora è tua tutta questa meraviglia?» domandai.
«Sì…»
Luca non era cambiato poi molto dall’ultima volta che l’avevo visto: erano passati almeno dieci anni ma sembrava che il tempo su di lui non avesse lasciato il segno.
«Venite, sediamoci qui fuori, così io mi riprendo dalla sorpresa e voi mi raccontate come mai siete finiti in questo agriturismo.»
Avevo davanti a me i due uomini più importanti della mia vita, ed ero completamente dominata dalle emozioni e dalla confusione.
«Ti trovo bene sai? Da quant’è che non ci vediamo?»
«Sono quasi dieci anni. Vedo che alla fine il tuo sogno l’hai realizzato. Questo posto è magnifico!»
«Sì. Ero arrivato ad un punto in cui il lavoro al centro diurno non mi bastava più e il contatto perenne con la malattia psichiatrica mi stava logorando. Mi sentivo in trappola, a volte mi mancava addirittura il respiro; poi tu mi conosci, non riesco a stare troppo tempo fermo nello stesso posto. Un giorno mi è arrivata una lettera da un notaio: mio zio era morto e, non avendo alcun figlio a cui lasciare la sua tenuta e conoscendo la mia passione per i cavalli, aveva deciso di lasciarmi in eredità tutto questo. Non aspettavo altro: ho mollato tutto e sono venuto a vivere qui e non mi sembra ancora vero che tu possa essere qui davanti a me…»
«Io mi devo ancora riprendere…»
Continuavamo a fissarci increduli, ancora stupiti dall’inatteso incontro. Nei pochi attimi che seguirono mi dimenticai di mio marito; avevo immaginato molte volte di rivederlo e ora che quel tempo era arrivato mi sentivo strana, inondata da emozioni a cui non ero nemmeno in grado di dare un nome, ma di una cosa fui certa: Luca mi era mancato tantissimo.
«Di solito i clienti mangiano nel salone; ma se vi va, potete cenare con noi, Paolo l’avete già conosciuto, vi mancano solo Carla e quella peste di mia sorella Federica; che ne dite?»
«Mi farebbe molto piacere Luca, ma…»
«Dobbiamo ancora finire di sistemare i bagagli» concluse Fabio fissandomi.
Guardai Fabio mentre valutavo mentalmente l’offerta di Luca e non sapendo bene cosa fare mi decisi a rispondere.
«Oggi è un po’ complicato, siamo stanchi e penso che ceneremo qui nello chalet. Nei prossimi giorni verremo di sicuro.»
Luca mi sorrise e decise di non insistere.
«Adesso devo andare. Ci vediamo presto!» disse.
«Ciao» rispose Fabio.
«A presto! Mi ha fatto piacere rivederti!»
Rientrammo in casa; richiusi la porta dietro di me e rimasi assorta a fissarla per alcuni secondi.
Fabio mi osservava appoggiato allo stipite.
«Precisamente quando l’hai conosciuto?»
«Durante un tirocinio; sono almeno dieci anni che non ci vediamo. Non mi aspettavo proprio di rivederlo.»
«Me ne sono accorto.»
«Dai, non fare il geloso. È normale essere sorpresi in situazioni come questa.»
«Certo, non ti sto dicendo niente. Vorrei solo capirci qualcosa in più, tutto qua.»
«Durante il tirocinio eravamo diventati molto amici. È stato bello rivedersi; non c’è molto altro da aggiungere.»
Fabio rimase zitto ed io mi avvicinai dandogli un bacio sulla guancia, sperando potesse porre fine alla discussione. Non volevo che se ne accorgesse ma mi sentivo strana ed il mio unico desiderio, in quel momento, era trovare un posto dove poter stare da sola, per questo andai verso il bagno fingendo una irresistibile voglia di fare una doccia.
«Vado a farmi la doccia.»
«Fai come vuoi» mi rispose sedendo sul divano e appoggiando la testa all’indietro.
Aprii l’acqua calda e mi misi sotto il getto diretto. L’acqua scrosciava sulla mia testa ed insieme a lei, i ricordi.
3
Per me i giorni amati furono quelli dove l’impossibile rimase conservato nel cuore e non quelli che lo realizzarono.
Erri De Luca
Avevo conosciuto Luca durante un’esperienza di volontariato in un centro diurno psichiatrico; si occupava di tutte le attività con i cavalli.
Io non avevo mai avuto esperienza con loro, ma osservarli così da vicino mi incuriosiva e spaventava allo stesso tempo: erano davvero grandi e di fronte alla loro maestosità mi sentivo piccola. Luca mi aveva spiegato che prendersi cura degli animali e delle scuderie aiutava gli ospiti del centro a riprendere contatto con la loro parte sana
.
Fin da subito divenne il mio punto di riferimento, grazie a lui anche la realtà del centro mi sembrò un po’ meno difficile. Se chiudo gli occhi, lo vedo ancora, appoggiato ad un albero, intento a spiegarmi che in un lavoro come quello dell’educatore era normale sentirsi insicuri; il momento della relazione era così veloce che non ti lasciava il tempo di pensare, il più delle volte si agiva d’istinto e non si era mai sicuri di niente.
«Con l’esperienza riuscirai», mi aveva detto «a trovare la giusta distanza e ti renderai conto che con ogni persona costruirai un equilibrio diverso: questo è uno degli aspetti più duri del nostro lavoro.»
Durante quell’estate di volontariato dovetti affrontare dei momenti bui che mi portarono a chiedermi se davvero il lavoro da educatrice facesse per me. Per fortuna Luca era lì anche per ascoltare i miei sfoghi e per darmi forza.
A volte era veramente difficile relazionarmi con gli ospiti del centro, c’erano delle emozioni che non riuscivo a contenere. Mi sentivo agitata e questo succedeva senza un motivo preciso; piuttosto che arginare la sofferenza della persona accanto a me, la gravavo anche della mia angoscia: sentendomi stupida e inutile.