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Rudolf Worsted
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E-book198 pagine2 ore

Rudolf Worsted

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Info su questo ebook

Commedia letteraria, non teatrale, dai tratti moderni su sfondo retrò. Rudolf Worsted si è talmente abituato a vivere tenendo separati cervello e cuore, che questa sua sconnessione gli sembra normale. Per sua fortuna incontra qualcuno che non pensa come lui.
LinguaItaliano
Data di uscita31 mar 2016
ISBN9788892602960
Rudolf Worsted

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    Anteprima del libro

    Rudolf Worsted - Domenico Dignati

    Capitolo 1

    Cinquant’anni di vita non l’avevano reso saggio, ma prudente sì, soprattutto nei confronti delle donne, con le quali istaurava solo relazioni formali e distaccate. Alcuni lo giudicavano superbo, altri pensavano fosse accidioso, misogino, qualcuno invece sosteneva che fosse sostanzialmente un timido. Tutto questo era vero solo in parte, salvo la superbia che proprio non lo riguardava. In realtà era una persona sensibile, intelligente e possedeva un sesto senso da investigatore.

    Per Evelyn, sua sorella, era solo un uomo adulto, che viveva come un ragazzo chiuso a riccio su se stesso, incurante del tempo che passava.

    Rudolf Worsted, invece, non si sentiva più giovane da molti anni, ma il pensiero di invecchiare in solitudine non lo spaventava affatto. Aveva divorziato quarantenne, dopo sette anni di matrimonio, passati malamente con una donna un poco più giovane di lui. Lei lo aveva sposato soprattutto perché aveva visto in lui un uomo di carattere, una persona alla quale affidarsi totalmente. Prima di allora Rudolf aveva avuto scarse frequentazioni femminili, e tutte deludenti perché ogni volta veniva lasciato. Dopo quelle esperienze si era fatto l’idea di non piacere alle donne e quando incappò in una ragazza colta e carina che gli faceva una corte spietata, si sentì così gratificato e felice da pensare che la sua vita sarebbe finalmente cambiata in meglio. Si sentiva più aperto ed aveva recuperato un sorriso perso da tempo, ma le cose cambiarono presto. Lei, ancora immatura, faceva coincidere la propria sicurezza con la sensazione di essere amata, scambiando l’amore con una richiesta continua di attenzione. Lui per un po’ sostenne questa parte, ma quando si rese conto che qualsiasi cosa facesse non riusciva mai a soddisfare pienamente la domanda di sicurezza della moglie, cominciò a chiudersi nuovamente in se stesso. Vissero così sette anni permeati d’insoddisfazioni e incomprensioni, finché un giorno lei gli chiese il divorzio. Lui accettò senza riserve e la ringraziò per un gesto che da parte sua non avrebbe mai avuto il coraggio di compiere. La fine di quella storia comunque lo segnò pesantemente generandogli un mai più risolto senso di fallimento. Si convinse di non essere adatto a sostenere un rapporto di convivenza con una donna, e neppure di essere in grado di soddisfare alcuna richiesta affettiva. Tornò così a vivere da solo e in un primo tempo, nonostante il malessere profondo che si portava dentro, non sentendosi più accusare della sofferenza della moglie, ritrovò un relativo benessere, ma per poco tempo. Buona parte della sua attenzione era occupata a evitare sistematicamente di mettersi nei guai per una seconda volta, e questo a lungo andare contribuì a formare in lui un’ingombrante e paralizzante corazza psicologica.

    Giornalista apprezzato, si occupava di cronaca al Free News Club, il più importante quotidiano di Bellville, ma era anche un noto scrittore di romanzi.

    Le sue storie si ispiravano a fatti realmente accaduti. In una di queste, l’agiatezza borghese di una famiglia per bene, veniva sconvolta dal comportamento del rampollo più giovane che in poco tempo diventò drogato e rapinatore. In un altra raccontò la storia di un operaio in cassa integrazione che, avendo vinto dieci milioni al superenalotto, si diede alla pazza gioia. Moglie e figlia temendo che potesse dilapidare quella fortuna ottennero la sua interdizione dal tribunale. Il poveretto andò su tutte le furie e, dopo aver preso a sediate le due donne, finì per essere ricoverato in una clinica psichiatrica.

    Rudolf aveva la capacità, quasi medianica, di immedesimarsi nei suoi personaggi. La sua scrittura era chiara e semplice, ma le sue narrazioni non lasciavano mai intravvedere qualcosa di positivo. Traduceva in parole una carica emotiva repressa che si sfogava poi nei finali con il trionfo di una discutibile idea di giustizia.

    Niente di nuovo quindi, ma quel che bastava per coinvolgere i lettori ai quali non chiedeva, tra le righe, di abbandonare il pessimismo, ma di farsene una ragione di vita.

    Fu questo malefico potere di coinvolgimento che gli fece ottenere un buon successo di pubblico. Quello parziale ottenuto dalla critica invece venne dal fraintendimento di un giornalista televisivo che interpretò le sue storie in modo simbolico. Costui andò così lontano dal seminato che, durante una trasmissione in diretta, gli chiese di svelare il criptico mistero esoterico nascosto fra le righe di un suo libro e Rudolf non seppe più cosa dire. Per fortuna non tutti la pensavano così.

    Se le sue storie erano tratte dalla cronaca, i personaggi invece ricalcavano i tratti che lui attribuiva a quelli che considerava i suoi nemici. Raramente s’ispirava agli amici, e l’attore principale era sempre una proiezione di se stesso. Nel romanzo in cui il figlio drogato faceva il rapinatore, il ritratto della famiglia del giovane, combaciava con quella dei vicini che avevano abitato nell’appartamento accanto al suo, persone ricche, ignoranti e colpevoli di parlare ad alta voce in attesa dell’ascensore.

    Un figlio drogato e rapinatore avrebbe costituito un serio problema per qualunque famiglia e Rudolf questo regalo lo volle fare proprio a loro.

    Nello scrivere quella storia, fece dire al giovane, durante un’intervista televisiva dopo la sua condanna, che aveva iniziato la carriera criminale perché non sopportava l’alto volume di voce di genitori e fratelli. Nella sua stanza non poteva più ascoltare in santa pace le delicate musiche rinascimentali che amava tanto. Dopo qualche anno di sopportazione, cadde in un profondo stato di depressione dal quale cercò di uscire con la droga, ma soprattutto con le rapine, dalle quali ricevette molta più soddisfazione.

    Mentre scriveva commentava, anche ad alta voce, le situazioni più significative, auto-compiacendosi o lanciando improperi, come quella volta in cui, immaginando di parlare con i vecchi vicini della porta accanto, disse:

    Sarei diventato così anch’io se fossi cresciuto nella vostra famiglia. Questo ragazzo è una povera vittima. L’unica persona educata e sensibile in una casa di bottegai. L’avete rovinato voi e adesso ve lo tenete... Imbecilli!

    Nonostante Rudolf non fosse cattivo e, in fondo, sensibile, i sentimenti che lo animavano erano spesso legati alla rivalsa, alla punizione se non addirittura alla vendetta. Tutta questa sua negatività usciva dal profondo pozzo psichico che le frustrazioni subite in età adolescenziale avevano scavato dentro di lui. Era stato segnato dai soprusi patiti nei cinque anni di collegio e da quelli subiti dal padre, che intenzionato a farlo crescere ben temprato nei confronti della vita, l’aveva spesso punito anche ingiustamente. Il carattere chiuso Rudolf l’aveva preso da lui, ma non la flemma e l’abitudine di parlare fin troppo lentamente, che era tutta sua. Evelyn, la sorella, invece, aveva una somiglianza impressionante con la madre, sia nell’aspetto che nel modo di fare, aperto e bonario.

    Aveva letto tutti i suoi lavori, ma non gliene era piaciuto nessuno.

    Nei tuoi romanzi c’è tutta la provincia, con le sue cattiverie e le sue fantasie depravate. Perché non provi a cambiare genere? Il talento non ti manca e neanche l’immaginazione. Dovresti scrivere dei gialli.

    Quelle critiche non lo facevano arrabbiare, anzi, lo mettevano di buonumore perché gli ricordavano quelle, affettuose e mai ingiuste, di sua madre.

    Evelyn aveva vent’anni meno di lui. Sposata con tre figli, era medico, vice-primario in medicina generale presso l’ospedale universitario. Andava a trovarlo spesso, anche se le sue visite non avvenivano in giorni e orari fissi. Entrava in cucina, preparava un caffè e dopo averlo interrogato sul suo stato di salute, gli chiedeva immancabilmente se avesse trovato una fidanzata. Rudolf apprezzava le attenzioni della sorella, ma fingeva disappunto: Non capisco perché ci tieni così tanto. Dovresti saperlo che sto bene da solo.

    Ogni giorno, verso le undici del mattino, Rudolf Worsted si presentava in redazione, leggeva le notizie d’agenzia, parlava al telefono con i suoi informatori, poi decideva con il caporedattore l’argomento che avrebbe trattato nel numero del giorno dopo.

    Una mattina squillò il telefono di casa sua. Erano le nove e mezza e stava ancora dormendo. La sera prima era stato in redazione fino a mezzanotte e poi a casa si era piazzato davanti al computer fino alle tre, tentando senza alcun risultato di scrivere la prima pagina di un nuovo romanzo.

    Si svegliò e dopo qualche annaspamento, alzò la cornetta del telefono che stava sul comodino.

    Pronto.

    Sono Ernest. Vieni in redazione c’è qualcosa di molto interessante... pronto mi senti?

    Sì, ti sento. Che c’è per chiamarmi così presto?

    Una storia incredibile. Ne parliamo in redazione. Sbrigati.

    D’accordo, sarò lì fra un’ora.

    No, prima. Fai presto.

    Va bene. Sto arrivando.

    Era il suo capo, Ernest Friemm. Aveva appena compiuto quarant’anni e dirigeva il Free News Club. Quella poltrona se l’era ben guadagnata, per impegno e bravura, ma soprattutto perché, cinque anni prima, aveva salvato il giornale dalla bancarotta. Il vecchio editore era intenzionato a chiuderlo, ma lui, che allora era un semplice aiutante di redazione, diede vita ad un circolo per la difesa della stampa indipendente. Animato fin da ragazzo da un’etica cattolica progressista aveva partecipato a molte battaglie per i diritti civili, senza però schierarsi con un partito politico, dato che in lui convivevano idee liberali e socialiste. Quando, brandendo un megafono, parlò per la prima volta a un pubblico di trenta persone davanti alla sede del giornale fu subito chiaro a tutti i presenti che quel ragazzo aveva del carisma da vendere. In poco tempo riuscì a convincere gli ambienti politici e religiosi più disparati a finanziare una sottoscrizione che evitò la chiusura del giornale. Fu così che da semplice aiutante diventò, per acclamazione di popolo, il numero uno della carta stampata.

    Il giornale quintuplicò la tiratura e dopo qualche mese di difficile autogestione fu acquistato da Robert Bogaty, un riccone, filantropo e narcisista, desideroso di diventare l’uomo più amato della città.

    Ernest aveva un carattere leonino, era sempre al centro dell’attenzione e stabiliva ritmi e priorità. Spesso si metteva in disparte a braccia conserte ed ascoltava quello che dicevano gli altri, finché, come un giudice di tribunale, sentenziava quello che non poteva essere più ridiscusso. Se aveva un’idea cui teneva molto, non vi rinunciava neppure se aveva contro la maggioranza dei redattori. Chiedeva fiducia, qualche volta scommetteva e non perdeva mai. Tutti, dai cronisti ai fattorini, tolleravano le sue manifestazioni assolutiste e lo apprezzavano per il coraggio, l’intelligenza e la generosità che non mancava mai di esprimere.

    Rudolf bussò alla sua porta.

    Avanti, ah sei tu. Buongiorno.

    Buongiorno capo. Ho fatto prima che ho potuto.

    Accomodati. Vuoi del caffè?

    Sì, grazie.

    Ernest premette il pulsante dell’interfono:

    Nina, per favore, due tazze di caffè. Grazie

    Nina, la sua segretaria, arrivò immediatamente con un thermos di caffè bollente sempre pronto per l’occasione.

    Era una ragazza di trentacinque anni, infelicemente sposata, bella, alta, bruna, molto efficiente sul lavoro. Socievole con tutti, anche se non aveva mai accettato le avances di nessun collega. Nutriva una particolare e segreta simpatia per Rudolf, al quale, piaceva a sua volta, ma che avessero una comunanza di feeling lei non lo immaginava neppure. La corazza di Rudolf era in grado di renderlo impermeabile a qualsiasi penetrazione di sesto senso femminile.

    Grazie. Vai pure. Le disse Ernest.

    Prima mi fa correre poi se la prende comoda... Pensò Rudolf del suo capo, ma Ernest lo smentì immediatamente.

    C’è una cosa grossa in ballo... una storia delicata. Vorrei affidarla a te.

    Sono tutt’orecchi.

    Il tuo amico Martin Fish, lo sceriffo, ha denunciato il sindaco Jean Patron per abuso di potere.

    Rudolf si sporse in avanti. Cavolo! Che cosa è successo?

    Il nostro caro primo cittadino è incappato in una delle postazioni fisse per il controllo elettronico della velocità, che lui stesso ha fatto piazzare il mese scorso. Lo sceriffo avrebbe potuto cestinare le due belle foto con la targa della sua macchina e l’abitacolo in primo piano; invece no, gliele ha spedite a casa per raccomandata.

    E’ legittimo. Lo sceriffo ha fatto il suo dovere.

    No, aspetta, la storia non è finita qui. Sulla foto, quella presa davanti, si vede chiaramente che il sindaco stava viaggiando con una giovane donna bionda, che sicuramente non era la moglie.

    Accidenti, che fregatura e la first lady, naturalmente, l’ha vista.

    Sì, ha ricevuto la busta, ha capito che si trattava di una multa e l’ha aperta. E’ successo un casino, Emma Rybak ha riconosciuto la bionda. Si tratta di Cynthia, una ragazza che lavora in Comune, sul conto della quale era già circolato un pettegolezzo che coinvolgeva il sindaco. La Rybak è una donna pratica e intelligente e non ha mai voluto dar credito alle dicerie, ma di fronte all’evidenza si è sentita presa per i fondelli e si è infuriata.

    Come hai fatto a sapere queste cose?

    La lite è avvenuta l’altro ieri. Questa mattina l’avvocato di Emma Rybak ci ha telefonato informandoci della vicenda. Lei ha chiesto il divorzio. Al marito gliela vuol far pagare pubblicamente. Dopo dieci minuti, però, ha telefonato l’avvocato della controparte, che evidentemente sapeva, non so come, della telefonata che avevamo ricevuto prima, per informarci che il suo cliente ha sporto querela per abuso di potere nei confronti dello sceriffo.

    Che casino hanno messo in piedi, e come al solito per una donna... comunque dubito che la denuncia abbia un seguito, Martin non ha esercitato alcun abuso.

    Forse. Però, avrebbe potuto consegnare personalmente la busta a Jean Patron, che è sempre in municipio. Sapeva che inviando per posta la raccomandata sarebbe stata ricevuta dalla moglie. L’accusa che gli viene rivolta è di avere agito in quel modo per creargli volutamente dei problemi. Si sa che i due non si sono mai sopportati e che sono politicamente avversi.

    Rudolf scosse la testa. Che storia assurda. Hanno tutti e tre una bella gatta da pelare.

    Lo sceriffo farà muovere il sindacato. Del resto ne ha tutto il diritto, e il sindacato è uno dei nostri sostenitori politici e morali, così come lo è Jean Patron e l’associazione benefica Wealth and Generosity di cui sua moglie è presidentessa.

    Ernest fece una pausa e Rudolf l’interpretò come se il suo capo vivesse un momento di difficoltà.

    Sì, capisco, la situazione è delicata. Non possiamo scontentare nessuno... cominciò a dire, ma Ernest lo interruppe:

    Ma che cavolo dici? Noi rappresentiamo un giornale libero e per quanto mi riguarda sindaco e consorte possono anche andare al diavolo. Semmai mi dispiace per Martin Fish. No, la situazione non è delicata per noi, è delicata per loro e noi dobbiamo aiutarli.

    E perché?

    Perché? Sono nostri sostenitori, no? Abbiamo un dovere nei confronti del giornale.

    Ah, certo, certo. Ma cosa possiamo fare?

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