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Dal diario di un cane e altri scritti
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Dal diario di un cane e altri scritti
E-book155 pagine2 ore

Dal diario di un cane e altri scritti

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Info su questo ebook

Eccentrica, originale, oltraggiosa: difficile definire l'opera di Oskar Panizza, scrittore e psichiatra perseguitato e incarcerato per i suoi scritti. Autore di numerosi pamphlet antireligiosi, Panizza pubblicò il suo "Dal diario di un cane" alla fine dell'Ottocento. Le riflessioni di un cane di piccola taglia, solo in apparenza innocue, ci restituiscono un curioso quanto illuminante ribaltamento di prospettiva: umani gli animali, bestiali gli uomini. E sullo sfondo i pregiudizi, anche e soprattutto religiosi, che attraversano tutta l'opera dell'autore tedesco e che in questo libro si concretizzano nella claustrofobica e velenosa "Locanda della Trinità".
LinguaItaliano
Data di uscita26 apr 2016
ISBN9788893040402
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    Anteprima del libro

    Dal diario di un cane e altri scritti - Oskar Panizza

    9788893040402

    Dal diario di un cane

    Il mondo si regge sull’intelligenza del cane

    Zend-Avesta

    Il cane è una parte dell’uomo stesso

    Brehm

    Il cane è necessario all’esistenza della società umana

    Cuvier

    aprile

    Proprio oggi mi hanno venduto al mio nuovo padrone. Io vengo dalla campagna. Da ieri sono in città. Tutto è nuovo per me. Posso dire che da ieri mi accorgo di essere un cane. Penso. Prima ero inconsapevole di tutto. Pensare è faticoso e una vera tortura per me. Ciò che mi preoccupa è che non lo si fa spontaneamente. Non sono felice come prima, ma più superbo.

    Avevo già osservato, nelle mie precedenti dimore, che gli uomini abitano tutti insieme in piccole cucce. Ma qui sono orrende, di pietra, enormi. Le strade color ocra s’allungano, fiancheggiate sui due lati da pesanti costruzioni di pietra che superano di molto la leggendaria abilità dei tassi. Questi edifici in muratura sono muniti di spioncini da cui gli uomini fulmineamente sporgono la testa. Ho notato che se una testa sbuca da un muro, un’altra spunta immediatamente di fronte. La prima testa agita un cencio bianco e l’altra rimane perfettamente immobile, ma a poco a poco il suo labbro superiore si solleva e scopre una fila di denti bianchi. E questo che significa? A che servono queste smorfie?

    Qui, gli uomini sono come le case: molto diversi da quelli che ho conosciuto. Là, si trascinavano gemendo con volti tagliati con la scure. Qui, invece, i contrasti non mancano. Ognuno sceglie la propria andatura. Si possono fare, a scelta, grandi gesti o accigliarsi oppure ancora mettere in evidenza il posteriore o il petto. Nulla impedisce di dondolarsi camminando come un’anatra, di dimenarsi fischiettando. È molto apprezzato mostrare la lingua e i denti. Se si preferisce, si possono sistemare sul proprio naso delle piccole finestrelle dietro cui roteano a piacimento dei globi biancastri.

    Quanta confusione e varietà! All’inizio lasciavo correre, ma adesso provo il bisogno di osservare e di classificare tutto. Ecco perché intendo tenere un catalogo del materiale umano. Ma da dove cominciare? E dove trovare un modello per classificare questo materiale? Forse bisognerebbe cominciare dalla parte posteriore.

    aprile

    Ho girato molto. Sono morto di fatica. Che nostalgia del mio villaggio! Che intenso accordo colla natura, laggiù! Mentre qui, che monotonia, un mondo imprigionato nella pietra! Laggiù, un cielo infinito, che tutti i giorni è diverso… alberi, foreste, mucchi di letame che rinvigoriscono il nostro fiuto… dei muuu! muuu! e dei coccodèèè! Qui un mondo barricato e, all’interno, questa razza umana che saltella, brulica e sembra condannata a gesticolare e a digrignare i denti.

    Non ho ancora capito come fanno a intendersi. È vero che avvicinano spesso le loro teste e scoprono la dentatura superiore, ma i loro nasi mi sembrano troppo corti perché possano riconoscersi, come facciamo noi. Oltre ciò, le loro bocche emettono un fracasso indiavolato, una vera sparatoria incrociata, subito seguita da gesticolazioni esagitate. Comunque, non riescono a capirsi, perché queste discussioni durano delle ore, si animano… e loro si mettono a scalpitare, ad agitarsi, a scambiarsi colpi, a mostrare la lingua per poi alla fine separarsi, ansimanti, la fauci schiumanti. Razza penosa, hai bisogno di fendere l’aria con grandi gesti e di sconvolgere il viso per esprimere ciò che vuoi!

    Non riesco a staccare gli occhi dalle case. Nel mio piccolo villaggio nessuno guardava mai attraverso la finestra, se non per sorvegliare una gallina in cortile. Quei poveretti restavano seduti nella stanza più grande, serravano le gambe e tremavano di freddo. Qui, lunghi colli sbucano continuamente attraverso gli innumerevoli spioncini e compare il bianco degli occhi, tanto li spalancano e li strabuzzano. Perché? E poi, che cosa mai vedono, se non dei loro simili: dei cani… volevo dire, degli uomini.

    Qui gli spioncini nei muri hanno tutt’altro scopo. Ce n’è dappertutto, sulle facciate e persino sopra i tetti. E in tutti, gli stessi volti, lividi e miserabili. Secondo me, cercano di vedere da lassù, al di sopra delle case vicine, i campi, gli alberi, le foreste. Ma, all’improvviso, impediscono la vista al loro dirimpettaio. Quest’ultimo, irritato per essere condannato alla contemplazione della sua solita, noiosa strada, costruisce a sua volta ancora più in alto. È adesso l’altro che non vede più niente… fin quando non ricomincia a costruire… Non è forse un tipo di monogamia incorreggibile, sconosciuta a noialtri cani? Spero di potere un giorno descrivere questa tendenza che hanno gli uomini a riunirsi, preferibilmente in gran numero e ad innalzare, come castori, gigantesche costruzioni e sempre più alti muri, per l’esasperazione del vicino. Oggi sono troppo stanco.

    Il mio nuovo padrone è un uomo con un bastone in mano. La cima di questo bastone è ornata di un pomo bianco e liscio. Se ne serve come piede o bacchetta per regolare la sua andatura. Tutti i pomeriggi mi porta in una sala molto alta, completamente chiusa, piena d’un vapore dall’odore molto particolare e dove si viene assaliti da scricchiolii, da ticchettii, da risolini: insomma, una specie di fabbrica di rumori. Ci incontro anche qualche mio consimile che ha l’aria di essere abituato a tutto ciò.

    aprile

    A proposito del bastone e del pomo luccicante. Il mio padrone non se ne serve né come piede né come bacchetta per tenere il tempo, ma piuttosto per bastonarmi.

    aprile

    Ho sguazzato nell’acqua tutta la giornata e mi sono fatto innaffiare ben bene. Una giornata di pioggia infame che ho vissuto in modo del tutto differente che in campagna. Laggiù si sente la terra inghiottire con godimento i bianchi e interminabili fili dal cielo. Un rumore, che si sente per chilometri e chilometri, immerge ogni cosa in una tristezza senza fine. È come una grandiosa officina. Qui, invece, sul terreno impermeabile, tra edifici di pietra, le torri e le case, la pioggia si precipita alla rinfusa dall’immenso sciacquone del cielo, tirato da non si sa chi. Gli uomini ci sguazzano dentro e non capiscono da dove possa venire tutta questa porcheria.

    Io non sono che un piccolo cane, ma a forza di scalpitare per ore intere dietro tutta questa gente trafelata, mi riprende la vecchia tentazione di andare a vedere un po’ più da vicino questa strana razza, di esaminarla e di studiarla mettendola a confronto coi cani. E che io sia impagliato se, oggi stesso, non scopro un qualche principio di classificazione. Mi è appena tornata in mente una distinzione che si applica perfettamente a questa razza saltellante e sgraziata: presso alcuni, il corpo termina con due tubi o colonne, rigide come bacchette e della grossezza di un tronco d’albero, grazie alle quali si spingono innanzi, penosamente e a balzelloni, il che contribuisce indubbiamente a dare loro quell’andatura goffa. Presso gli altri, la parte inferiore del corpo si svasa a forma di campana, il che permette loro, nonostante tutto, di avanzare, un po’ come dei ricci. Può darsi che esistano, in questa città da commedia, altre variazioni della specie umana, ma finora sono sempre riuscito a rapportarle a questi due tipi. Ecco perché ci si può immaginare la mia sorpresa alla scoperta, proprio oggi, durante il mio vagabondaggio e a ciò favorito dalla mia piccola taglia, negli uomini che terminano a campana che, sotto questa pelle, che era spiaccicata attorno ad essi in un modo molto sorprendente, c’erano le gambe (naturalmente di un altro tipo) ma che malgrado tutto sono membra articolate e che si muovono. E, se non mi sbaglio, questa separazione del corpo in due ha origine non molto in alto. Che scoperta! Quanta varietà nelle creazioni della natura! E a che cosa mai pensava, essa, nella circostanza? Così, questi esemplari voluminosi e gonfiati in basso hanno, sotto questo gonfiore, delle gambe! Sono riuscito a scoprire tutto ciò oggi, molto distintamente, quando parecchie di queste guaine per gambe, colossali e a forma di campana, si sono sollevate un po’. Così la natura permette agli uni di mostrare le loro gambe (e dio sa che movimenti a spirale che ci fanno!), mentre dà agli altri la possibilità di nasconderle in una specie di campana corporea, dato che questo rivestimento è in parte cavo! Per riassumere: alcuni mostrano le gambe ed altri le nascondono. Queste due specie sono ben definite. Può però anche darsi che, in una razza così instabile, io possa trovare (in altre città) delle terminazioni che ignoro, a forma di medusa o di piovra, per esempio. Ma queste due sono sicure: quelli che mostrano le gambe e quelli che le nascondono. Che scoperta! E che cosa mi riserva l’avvenire? Mi gira la testa!

    aprile

    Il mio padrone è uno di quelli che mostrano le gambe. Un soggetto formidabilmente spassoso. Un esemplare straordinariamente elastico. Questa tendenza che ci hanno inculcato, a noialtri cani, a seguire sempre un odore (e costretti come siamo dal destino ad affezionarci a quello di un uomo), ci porta ad essere i testimoni, del tutto involontari, delle bizzarrie di questa razza zoppicante e fiacca. Le follie del mio padrone superano l’immaginabile. Egli mostra i suoi denti volentieri e sembra in tal modo volere esprimere qualche cosa di preciso. Quando andiamo a passeggio insieme, si gira ogni due o tre passi per guardarmi, emette una specie di stridio con la bocca, quindi mi gratifica di piccole pacche sulla schiena e denuda la fila superiore dei denti. Solo il cielo sa che cosa vuole dire con tutto ciò! La sua testa è composta di due parti: egli ne stacca spesso quella superiore e, sempre svelando abbondantemente i denti, la rivolge verso uno dei suoi congeneri. Quest’ultimo, però, non è affatto disposto a partecipare a questo atto di follia e si accontenta, il più spesso, di spostare appena appena la parte in questione per dimostrare che anche la sua testa è divisibile. Mi cascano le braccia.

    aprile

    Sono ritornato nella fabbrica di rumori dove il mio padrone mi porta ogni pomeriggio con sorprendente regolarità. La maggior parte dei frequentatori è accovacciata lungo le pareti e su sgabelli di velluto, in gran confusione. Si versano dentro il corpo una brodaglia nera tanto fetida che gli fuma la gola. Subito dopo, dalla loro bocca esce un terrificante fracasso. Bordate di rumori, di strilli, di botta e risposta, di

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