La capra di Chagall
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È una vicenda simbolica e surreale di un tale, spaventato e perduto per una incognita strada sterrata, mobile e vacillante, infestata da una marea moltissime noiose bestioline. Nel procedere s’imbatte in una singolare capra parlante di nome Giuseppe, sedicente amica del pittore Marc Chagall e di un certo violinista frequentatore di tegole e tetti. La capra diventa la guida e indispensabile compagna di viaggio (come un paradossale Virgilio o l’angelo per Tobiolo) del tale lungo il fascinoso cammino, popolato di apparizioni anche paurose, fino alla tappa finale, una nuvola vuota. Il testo è composto di venti capitoli, in prosa e in versi, come un andante cantabile che accompagna i due viandanti. I passi dei due pellegrini sono illustrati da quindici immagini a china disegnate prima di scrivere i testi, lasciando lavorare, parlare il subconscio dell’autore attraverso il disegno; poi ha scritto i capitoli prendendo spunto o “ispirazione” dai sogni/segni stessi, dalle figure che aveva disegnato. Un sistema di lavoro quasi magico, concentrato in uno stato di quasi totale abbandono.
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Anteprima del libro
La capra di Chagall - Mario E. Bianco
Tavola dei Contenuti (TOC)
1. La strada rollante
2. La capra viandante
3. Utensili per camminare
4. Istruzioni per l’uso
5. Movimenti minori
6. Non è questo un dormire
7. Non è tanto, non è poco, non si sa mai…
8. Sala d’aspetto
9. Quadri di un’esposizione
10. Altre forme, altre cornici
11. Sosta sperimentale
12. Riavviarsi
13. C’è ancora da fare
14. Occorre proseguire come da programma prefissato
15. Dubbi del caso
16. Casi personali
17. La foresta degli specchi
18. Metterci le mani
19. Ancora più in fondo
20. Lo specchio vuoto
golem / narrativa
©
2019
Miraggi Edizioni
via Mazzini
46
,
10123
Torino
www.miraggiedizioni.it
Progetto grafico Miraggi
Finito di stampare a Borgoricco (PD)
nel mese di aprile
2019
da Logo srl
per conto di Miraggi Edizioni
su Carta da Edizioni Avorio – Book Cream
80
gr
Prima edizione digitale: maggio
2019
isbn
978-88-3386-033-6
Prima edizione cartacea: aprile
2019
isbn
978-88-3386-031-2
1. La strada rollante
E andava andava andava la strada
cioè anche stava
ma sembrava che andasse
perché in genere le strade stanno ferme
però questa andava si muoveva
e il tale camminava sulla strada.
E il tale la guardava, ogni tanto,
fissava anche i suoi piedi posati
o lentamente avanzanti su quel suolo instabile,
una sorta di tapis roulant di terre e sassi
che talvolta parevano ballonzolare.
Si permetteva di pensare
che la somma dei movimenti,
il proprio e quello della via,
forse si sommavano o forse si sottraevano
perché non era ben chiaro
se il moto proprio fosse come quello stellare
che par ci sia ma è la Terra che si muove e rigira per gli spazi,
se il moto della carreggiata andasse nello stesso suo senso,
e aveva dubbi sulla parola senso
appioppata al verso, alla direzione che stava tenendo
cioè che prendevano i suoi passi.
Per di più gli pareva non fosse buona cosa
che le strade si muovessero di moto proprio,
anzi,
non solo la carreggiata pareva mobile ma pure morbida
il che dava notevole instabilità,
anche insicurezza, anche disagio mentale,
perché la mente già si sa è poco stabile,
di per sé,
specie se si mettono i piedi su sostanze vacillanti o labili,
specie se si scopre che si portano ai piedi
calzature poco affidabili:
esemplari di pantofole a quadri blu e grigi
da casa di riposo ovvero ospizio
con suola detestabile perché soffice.
Quindi il tale considerò:
che la strada era tretticante e pure morbida
che le scarpe cioè babbucce o meglio ciabatte
erano poco solide, sicure e di certo odiose
e che forse era cosa buona & giusta…
parole, figure mentali queste che suonarono pesanti
come echi congelanti
persi tra navate oscure e aridi pilastri.
Gli prese di contro uno sconforto, una forma di urto cardiaco
che lo gettò in ulteriore agitazione.
E si fermò.
Poi ritornò a fissare strada e ciabatte,
lasciando da parte messe e meste cerimonie,
riprese il filo della cosa buona & giusta:
guardare bene dove ficcava i piedi
perché quel luogo veramente basculante lo stava inquietando.
E i bordi della strada, o rotabile,
(per quanto di rote o ruote non se ne vedessero in giro, per fortuna),
parevano pure essi poco consistenti
anzi si potrebbe dire piuttosto vaporosi, tipo nebbiosi, anzi caliginosi.
Però il tale considerò che:
un paracarro era in vista,
(e vabbè che quello andava e veniva
a seconda del moto inconsulto della strada),
però, insomma, c’era e si avvicinava,
era confortante perché era bianco e nero e solido e rugoso
come di consueto un poco sozzo
di mota e catrami e polveri e fili d’erbacce ormai secche,
di gran lunga gradevole, tuttavia,
perché sicuramente infilzato sul quel ciglio da almeno un secolo,
anzi di simili oggetti ovvero steli, cippi o pietre miliari,
con stemmi o cifre o scritte,
se ne scorgevano in lontananza, forse in avvicinamento,
tuttavia ondulanti in lenta traslazione,
come al solito piuttosto inquietante.
Lo sguardo e l’attenzione del tale dovevano muoversi in continuo
alternandosi
dal suolo terroso ai sassi ai ciottoli alle ciabatte
che spesso parevano incollarsi alla superficie fremente
e inglobare nelle flosce suole
frammenti vari di materie ignote
pietruzze sassolini festuche e simili fastidiose minuzie.
Ad una sosta benché mossa
alzò gli occhi dalla ciabatta che evitava ghiaie ballerine
per spostarli più avanti ad un orizzonte provvisorio
ove si profilava una sorta di forca caudina o sbilenco traliccio di tre pali
somigliante a quelle porte del football americano
o del salto con l’asta
che il tale vagamente ricordava,
forse, e anche detestava.
Trafitti da un errante ricordo e altro timore
la mente e il cuore strabordavano
in squilli di suonerie infelici, scolaresche urlanti, aste per salto oscillanti.
Ma la strada andava andava andava,
mai sostava, anzi spingeva il tale,
pareva incurvarsi
estroflettere una gobba per premerlo alle reni
e spostarlo in avanti ancora e oltre fino al primo paracarro
che non aveva segni o colori netti,
biancastro stava e minimamente ondulava
ingiallito in parte dalla macchia forse recente
di una pisciata di bestia ignota,
forse zoppicante, forse inconsistente.
Lo sguardo del tale stava fisso
sull’incognito di quei tre pali della forca o porta
che era ben stabile, non ondulava affatto,
come le forche antiche erette da millenni,
semplice & essenziale
stava ad allietare e coronare la strada
quale una merenda avvelenata
su tovaglia a quadri rossi in un lussureggiante prato verde.
La strada estroflessa,
animata e serpentesca, spintonava il tale alle reni,
e come un sedile o culla lo stringeva al bacino
lo accompagnava fino alla soglia della porta
gli spostava la nuca la testa verso l’alto
affinché gli occhi si potessero ben fissare
sul palo di sopra,
quello orizzontale.
Però si dà, o dette, questo non si sa,
il caso che il palo suddetto,
apparentemente ben fisso e stabile
come la coppia dei suoi ritti compari,
prendesse a muoversi lentissimamente, a scricchiolare,
a spostarsi sull’asse medesimo di rotazione
con placida caduta di scorza cortecce e filamenti vegetali
accennando infine ad una sorta di slegatura o sfilamento dai perni
che lo fissavano ai pali gemelli verticali
preludendo così con sottili cigolii & crepitii
ad una possibile caduta,
che poi avvenne senza fracassi.
Ma non succede nulla al tale di danno fisico
ovvero di male ferite o traumi
per lo schianto della maledetta stanga
che gli cade dietro la schiena
e non colpisce affatto la brutta gobba spingente della strada
perché essa stranamente è tornata come nulla fosse,
alla normalità, ovvero:
al suo solito ignobile, forse colpevole e maligno, ballonzolio.
Il tale, già allibito, avverte ora molta paura
e pensa che la strada che va che spinge e scricchiola
sia proprio sua nemica per ignoti motivi,
come il luogo stesso tutto,
coi suoi ritti porte e forche e paracarri lerci, caligini sozze e stupidi sassi.
Tuttavia pare abbia sventato la botta sul capo, sulla schiena,
di quel palo maledetto ch’è sparito dalla strada,
assunto, divorato,
in un lampo inghiottito.
Tuttavia gli resta ignoto perché la strada balli e si dimeni
in una danza ossessiva senza ritmo alcuno,
a volte tanto lenta con moto da scarabeo stercorario
altre stramba folle caracollante,
rullando su inaudibile cadenza.
Ora gli resta tutto estraneo, anzi nemico,
luogo strada pali ritti pietre nebbie.
Detestare tutto il luogo pare ovvio,
tuttavia non sa cosa sia ovvio, né l’ha mai saputo,
anzi la parola ovvio gli suona sconosciuta, aliena,
e senza senso alcuno.
Vede solo un senso, il senso di quel moto che pare procedere
davanti ai suoi piedi & alle sue ciabatte
le quali, con proprio impulso,
trascinano il loro contenuto e ciò che sta di sopra.
2. La capra viandante
Andando avanti ché questo era da fare
e non si poteva arrestare
il tale guarda il tutto con meno meraviglia
piuttosto accigliato si lascia trascinare in quel perfido tratturo.
Farsa assurda e inspiegabile con gli odiosi sassolini cretini
che danzano fremono e caracollano
a