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La capra di Chagall
La capra di Chagall
La capra di Chagall
E-book142 pagine1 ora

La capra di Chagall

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È una vicenda simbolica e surreale di un tale, spaventato e perduto per una incognita strada sterrata, mobile e vacillante, infestata da una marea moltissime noiose bestioline. Nel procedere s’imbatte in una singolare capra parlante di nome Giuseppe, sedicente amica del pittore Marc Chagall e di un certo violinista frequentatore di tegole e tetti. La capra diventa la guida e indispensabile compagna di viaggio (come un paradossale Virgilio o l’angelo per Tobiolo) del tale lungo il fascinoso cammino, popolato di apparizioni anche paurose, fino alla tappa finale, una nuvola vuota. Il testo è composto di venti capitoli, in prosa e in versi, come un andante cantabile che accompagna i due viandanti. I passi dei due pellegrini sono illustrati da quindici immagini a china disegnate prima di scrivere i testi, lasciando lavorare, parlare il subconscio dell’autore attraverso il disegno; poi ha scritto i capitoli prendendo spunto o “ispirazione” dai sogni/segni stessi, dalle figure che aveva disegnato. Un sistema di lavoro quasi magico, concentrato in uno stato di quasi totale abbandono.
LinguaItaliano
Data di uscita29 giu 2020
ISBN9788833860336
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    La capra di Chagall - Mario E. Bianco

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    1. La strada rollante

    2. La capra viandante

    3. Utensili per camminare

    4. Istruzioni per l’uso

    5. Movimenti minori

    6. Non è questo un dormire

    7. Non è tanto, non è poco, non si sa mai…

    8. Sala d’aspetto

    9. Quadri di un’esposizione

    10. Altre forme, altre cornici

    11. Sosta sperimentale

    12. Riavviarsi

    13. C’è ancora da fare

    14. Occorre proseguire come da programma prefissato

    15. Dubbi del caso

    16. Casi personali

    17. La foresta degli specchi

    18. Metterci le mani

    19. Ancora più in fondo

    20. Lo specchio vuoto

    golem / narrativa

    ©

    2019

    Miraggi Edizioni

    via Mazzini

    46

    ,

    10123

    Torino

    www.miraggiedizioni.it

    Progetto grafico Miraggi

    Finito di stampare a Borgoricco (PD)

    nel mese di aprile

    2019

    da Logo srl

    per conto di Miraggi Edizioni

    su Carta da Edizioni Avorio – Book Cream

    80

    gr

    Prima edizione digitale: maggio

    2019

    isbn

    978-88-3386-033-6

    Prima edizione cartacea: aprile

    2019

    isbn

    978-88-3386-031-2

    1. La strada rollante

    E andava andava andava la strada

    cioè anche stava

    ma sembrava che andasse

    perché in genere le strade stanno ferme

    però questa andava si muoveva

    e il tale camminava sulla strada.

    E il tale la guardava, ogni tanto,

    fissava anche i suoi piedi posati

    o lentamente avanzanti su quel suolo instabile,

    una sorta di tapis roulant di terre e sassi

    che talvolta parevano ballonzolare.

    Si permetteva di pensare

    che la somma dei movimenti,

    il proprio e quello della via,

    forse si sommavano o forse si sottraevano

    perché non era ben chiaro

    se il moto proprio fosse come quello stellare

    che par ci sia ma è la Terra che si muove e rigira per gli spazi,

    se il moto della carreggiata andasse nello stesso suo senso,

    e aveva dubbi sulla parola senso

    appioppata al verso, alla direzione che stava tenendo

    cioè che prendevano i suoi passi.

    Per di più gli pareva non fosse buona cosa

    che le strade si muovessero di moto proprio,

    anzi,

    non solo la carreggiata pareva mobile ma pure morbida

    il che dava notevole instabilità,

    anche insicurezza, anche disagio mentale,

    perché la mente già si sa è poco stabile,

    di per sé,

    specie se si mettono i piedi su sostanze vacillanti o labili,

    specie se si scopre che si portano ai piedi

    calzature poco affidabili:

    esemplari di pantofole a quadri blu e grigi

    da casa di riposo ovvero ospizio

    con suola detestabile perché soffice.

    Quindi il tale considerò:

    che la strada era tretticante e pure morbida

    che le scarpe cioè babbucce o meglio ciabatte

    erano poco solide, sicure e di certo odiose

    e che forse era cosa buona & giusta

    parole, figure mentali queste che suonarono pesanti

    come echi congelanti

    persi tra navate oscure e aridi pilastri.

    Gli prese di contro uno sconforto, una forma di urto cardiaco

    che lo gettò in ulteriore agitazione.

    E si fermò.

    Poi ritornò a fissare strada e ciabatte,

    lasciando da parte messe e meste cerimonie,

    riprese il filo della cosa buona & giusta:

    guardare bene dove ficcava i piedi

    perché quel luogo veramente basculante lo stava inquietando.

    E i bordi della strada, o rotabile,

    (per quanto di rote o ruote non se ne vedessero in giro, per fortuna),

    parevano pure essi poco consistenti

    anzi si potrebbe dire piuttosto vaporosi, tipo nebbiosi, anzi caliginosi.

    Però il tale considerò che:

    un paracarro era in vista,

    (e vabbè che quello andava e veniva

    a seconda del moto inconsulto della strada),

    però, insomma, c’era e si avvicinava,

    era confortante perché era bianco e nero e solido e rugoso

    come di consueto un poco sozzo

    di mota e catrami e polveri e fili d’erbacce ormai secche,

    di gran lunga gradevole, tuttavia,

    perché sicuramente infilzato sul quel ciglio da almeno un secolo,

    anzi di simili oggetti ovvero steli, cippi o pietre miliari,

    con stemmi o cifre o scritte,

    se ne scorgevano in lontananza, forse in avvicinamento,

    tuttavia ondulanti in lenta traslazione,

    come al solito piuttosto inquietante.

    Lo sguardo e l’attenzione del tale dovevano muoversi in continuo

    alternandosi

    dal suolo terroso ai sassi ai ciottoli alle ciabatte

    che spesso parevano incollarsi alla superficie fremente

    e inglobare nelle flosce suole

    frammenti vari di materie ignote

    pietruzze sassolini festuche e simili fastidiose minuzie.

    Ad una sosta benché mossa

    alzò gli occhi dalla ciabatta che evitava ghiaie ballerine

    per spostarli più avanti ad un orizzonte provvisorio

    ove si profilava una sorta di forca caudina o sbilenco traliccio di tre pali

    somigliante a quelle porte del football americano

    o del salto con l’asta

    che il tale vagamente ricordava,

    forse, e anche detestava.

    Trafitti da un errante ricordo e altro timore

    la mente e il cuore strabordavano

    in squilli di suonerie infelici, scolaresche urlanti, aste per salto oscillanti.

    Ma la strada andava andava andava,

    mai sostava, anzi spingeva il tale,

    pareva incurvarsi

    estroflettere una gobba per premerlo alle reni

    e spostarlo in avanti ancora e oltre fino al primo paracarro

    che non aveva segni o colori netti,

    biancastro stava e minimamente ondulava

    ingiallito in parte dalla macchia forse recente

    di una pisciata di bestia ignota,

    forse zoppicante, forse inconsistente.

    Lo sguardo del tale stava fisso

    sull’incognito di quei tre pali della forca o porta

    che era ben stabile, non ondulava affatto,

    come le forche antiche erette da millenni,

    semplice & essenziale

    stava ad allietare e coronare la strada

    quale una merenda avvelenata

    su tovaglia a quadri rossi in un lussureggiante prato verde.

    La strada estroflessa,

    animata e serpentesca, spintonava il tale alle reni,

    e come un sedile o culla lo stringeva al bacino

    lo accompagnava fino alla soglia della porta

    gli spostava la nuca la testa verso l’alto

    affinché gli occhi si potessero ben fissare

    sul palo di sopra,

    quello orizzontale.

    Però si dà, o dette, questo non si sa,

    il caso che il palo suddetto,

    apparentemente ben fisso e stabile

    come la coppia dei suoi ritti compari,

    prendesse a muoversi lentissimamente, a scricchiolare,

    a spostarsi sull’asse medesimo di rotazione

    con placida caduta di scorza cortecce e filamenti vegetali

    accennando infine ad una sorta di slegatura o sfilamento dai perni

    che lo fissavano ai pali gemelli verticali

    preludendo così con sottili cigolii & crepitii

    ad una possibile caduta,

    che poi avvenne senza fracassi.

    Ma non succede nulla al tale di danno fisico

    ovvero di male ferite o traumi

    per lo schianto della maledetta stanga

    che gli cade dietro la schiena

    e non colpisce affatto la brutta gobba spingente della strada

    perché essa stranamente è tornata come nulla fosse,

    alla normalità, ovvero:

    al suo solito ignobile, forse colpevole e maligno, ballonzolio.

    Il tale, già allibito, avverte ora molta paura

    e pensa che la strada che va che spinge e scricchiola

    sia proprio sua nemica per ignoti motivi,

    come il luogo stesso tutto,

    coi suoi ritti porte e forche e paracarri lerci, caligini sozze e stupidi sassi.

    Tuttavia pare abbia sventato la botta sul capo, sulla schiena,

    di quel palo maledetto ch’è sparito dalla strada,

    assunto, divorato,

    in un lampo inghiottito.

    Tuttavia gli resta ignoto perché la strada balli e si dimeni

    in una danza ossessiva senza ritmo alcuno,

    a volte tanto lenta con moto da scarabeo stercorario

    altre stramba folle caracollante,

    rullando su inaudibile cadenza.

    Ora gli resta tutto estraneo, anzi nemico,

    luogo strada pali ritti pietre nebbie.

    Detestare tutto il luogo pare ovvio,

    tuttavia non sa cosa sia ovvio, né l’ha mai saputo,

    anzi la parola ovvio gli suona sconosciuta, aliena,

    e senza senso alcuno.

    Vede solo un senso, il senso di quel moto che pare procedere

    davanti ai suoi piedi & alle sue ciabatte

    le quali, con proprio impulso,

    trascinano il loro contenuto e ciò che sta di sopra.

    2. La capra viandante

    Andando avanti ché questo era da fare

    e non si poteva arrestare

    il tale guarda il tutto con meno meraviglia

    piuttosto accigliato si lascia trascinare in quel perfido tratturo.

    Farsa assurda e inspiegabile con gli odiosi sassolini cretini

    che danzano fremono e caracollano

    a

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