Il caffè di Sheffield

Di Ilaria Mainardi

Sono nato in una fabbrica di dolciumi. Sono molto giovane ma non so quanto e non mi chiamo, nel senso che non ho un nome. Ma la mia storia la potete leggere, se volete. E non è semplice.
Dopo la sua disavventura, mio padre ha cercato di metterci in guardia, me e la mamma. Ma non ho capito subito contro chi o cosa. Per questo abbiamo sempre viaggiato alla ricerca di un posto sicuro passando per la drogheria di Mr. Caine fino a Sheffield, nella dimora della signora Whitenshaw che un giorno, quel giorno, invita a pranzo alcuni nobili italiani. Il caffè che la signora offrirà alla fine riserverà una sorpresa, come la marionetta con il corpo molle di stoffa di cui mi raccontava sempre la mamma. Si chiamava WS, William Shakespeare nientedimeno. Ed era fragile quanto me. Potevo sciogliermi come niente, effettivamente...
Nuove consapevolezze hanno costellato il mio cammino fino alla casa di Sheffield e mi hanno svelato i misteri di mio padre e ho capito tutto in un attimo. Se all’inizio il mio tentativo di fuga fosse riuscito, chissà ora se il mio destino si sarebbe compiuto così come è capitato. Era forse destino che il mio destino si compiesse così?
Scusate... il caffè è bollente.

• Lingua: Italiano
• Editore: Officine Editoriali
• Data di uscita: 6 set 2014
• ISBN: 9788898041374

Anteprima del libro

Il caffè di Sheffield

Ilaria Mainardi

Copyright© Officine Editoriali 2014

Prima edizione eBook Settembre 2014

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ISBN 978-88-98041-37-4

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Foto di copertina:

Ernst Ludwig Kirchner - Dodo am Tisch (Interieur mit Dodo), 1909 Öl auf Leinwand, 120,5 x 90 cm - Kirchner Museum Davos, Rosemarie Ketterer Stiftung

«It would have been nice to have had unicorns»

Tom Stoppard, Rosencrantz and Guildenstern Are Dead

SOMMARIO

Avvertenze di lettura

Il caffè di Sheffield

Avvertenze di lettura

Non so perché si scrivano racconti, forme brevi di pensieri, storie frammentate, frammentarie, di paesaggi mentali che fanno capolino fra gli arbusti. Appaiono per poco, senza disturbare. Si celano subito dopo, fra la fitta vegetazione di un ricordo già svanito nel momento in cui lo si rende verbo. È l’apparente paradosso secondo il quale il tempo non esiste perché quando lo si pensa è già passato,  e nel futuro, esso è solo in potenza.

Davvero, non so perché si scrivano racconti e non so neppure cosa sia un racconto – lo so se penso alle forme della narrazione, e già mi viene il dubbio che i miei siano altro – ma posso immaginare cosa abbia rappresentato, per me, scriverne alcuni, dare voce a un flusso improvviso. Oddio, sembra che stia parlando di urina!

No, non so cosa sia un racconto, ma ne ho scritto uno nel quale ravviso, o vorrei scorgere, concedetemelo, la dote magica dei fool shakespeariani – di tutti i fool – ovvero la capacità di guardare il mondo in maniera obliqua, vedendone una porzione, magari distorta, ma forse più ampia. Non ci saranno i matti, quelli veri, ma la categoria sarà da intendersi piuttosto in senso narratologico.

Le vicende risulteranno, fin dall’incipit, stranianti, e così anche le caratteristiche dei protagonisti, alieni, evanescenti, impalpabili, girovaghi in un mondo che non deve per forza essere quello che conosciamo, e allo stesso tempo concreti, densi, come l’aria ossidata di Sheffield, località citata nel titolo. All’interno del